Accettare le condizioni - Capitolo 16
di
Glorfindel
genere
dominazione
“mmmm, mmmm, mmmm, mmmm, mmmm” non riuscivo a gemere liberamente, mio fratello mi teneva con una mano dietro la nuca e con l'altra mi tappava la bocca. Non voleva che facessi rumore mentre, nuda, ero a cavalcioni su di lui che con ritmici e possenti colpi di reni mi infliggeva affondi pesanti nella fica. Doveva parlare con mio padre, era dietro di me, non lo vedevo ma sentivo la sua voce, si stavano organizzando per il viaggio che avrebbero fatto in giornata. Mi teneva la faccia un po' girata verso un lato in modo che non potessi guardarlo mentre tranquillamente mi scopava e chiacchierava ormai già da una buona mezz'ora. Era arrivato in camera che ancora dormivo, come da ordini ero sempre completamente nuda in modo da essere pronta all'uso, mi aveva spinta da un lato del letto, si era steso al mio fianco e mi aveva tirato sopra di se impalandomi la fica asciutta senza troppe attenzioni. Quella penetrazione ruvida mi aveva destata rapidamente, avevo appena fatto in tempo a metterlo a fuoco che mi ritrovai la sua lingua in bocca. Venni coinvolta in un profondo bacio che ricambiai automaticamente, mi strinse a se e iniziò a chiavarmi mentre mi sussurrava in un orecchio:
“sono venuto un po' in anticipo che poi dobbiamo andare, ti chiavo un po' finché non arriva papà, non vorrei che scopassi troppo poco oggi. Ti dovremo scopare in due questa mattina, sai, il dottore ci tiene che ogni tua giornata inizi e finisca con il sesso ma visto che poi partiremo e che questa sera sarai sola ci è stato dato il permesso di scoparti in due questa mattina così avrai la dose per tutto il giorno e sarai apposto anche per la rata serale”
Detto questo mi aveva girato la faccia da una parte e aveva iniziato un lento andirivieni nella fica che si era allagata, aveva recuperato il telecomando e aveva acceso la TV, uno di quei canali che piace a lui con tutti servizi da uomini su come si fa questo e come si costruisce quello. Se ne stava li comodo, sdraiato, muovendo solo il bacino per limarmi la patatina mentre io, abituata, mi lasciavo andare ai miei doveri appoggiando la testa e accettando docile il suo cazzo che mi scavava e le sue mani che mi frugavano qui e la.
Piagnucolavo un po' solo quando mi torturava i capezzoli, li adorava e aveva giurato di allungarli il più possibile quindi ad ogni seduta gli dedicava molta, dolorosa, attenzione. In effetti mio padre arrivò dopo una mezz'oretta, non lo vidi visto che la porta era dietro di me ma lui ebbe di certo una visuale perfetta del mio culo aperto e della mia fica sfondata, mio malgrado ero bollente e sentivo gli umori colare lungo le cosce, ero certa di averne ricoperto anche il cazzo che avevo dentro fino alle palle. Mio padre mi salutò distrattamente e iniziò a parlare con il figlio che subito:
“dai che è tardi, muoviti, ora facciamo sul serio, io voglio partire”
e fu con quelle parole che i suoi affondi divennero cattivi, violenti e che io incomincia a gemere forte, fu in quel momento che mi chiuse la bocca con la sua mano costringendomi ad un sommesso:
“mmmmmm, mmmmmm, mmmmmm, mmmmmm”
Mentre il piacere mi avvolgeva sentivo rumore di vestiti che scendono seguiti poi “schiaff, mmmmm, schiaf, mmmmm” due sonore sberle, mani forti, ruvide, sui miei bianchi e sodi glutei, la pelle che si scalda, che si arrossa e ora le mani mi afferrano il culo, lo aprono con forza, “ahi”, lo sento che si allarga, la rosellina in mostra, più sensibile all'aria e poi umido, bagnato, scivola sul mio ano scendendo verso la fica martoriata, la saliva sul culo poi più niente, solo una mano ad imbavagliarmi e un cazzo a scavarmi. Un rumore secco, lo schiocco di qualcosa di plastica, forse un tappo, passi poi la punta di un dito, umida, no unta, sul forellino, ci gira attorno poi penetra, tutto, un grosso dito tutto nel mio culo, è unto, mi sta lubrificando e gira, rigira, esce un po', palpa bene tutto intorno, ma cosa sentirà dentro il mio culo? riaffonda e poi esce solo per ritornare raddoppiato, due dita tutte dentro, girano e si allargano, questo fa male, più di un cazzo, ahi, quando le allarga sento il culetto seguire la loro forma e cedere e poi esce. So già cosa sta succedendo, servizio doppio per coprire tutta la giornata aveva detto, i due chiacchierano tranquillamente dell'itinerario mentre sento le mani di mio padre appoggiarsi pesantemente sul culo, si fa posto fra le mie gambe e quelle di mio fratello, si mette comodo e sento la sua cappella turgida sbattere contro di me:
“aspetta, smetti di sfondarla per un attimo, solo un attimo o non le centro il culo”
La cappella si punta la mio buchino, spinge, penetra, “ahi”, si fa spazio, mi allarga, all'inizio è sempre strano, doloroso, andrebbe fatto piano, cerco di rilassarmi ma lui piano non fa, dicono tutti che è per il mio bene, che devo abituarmi per essere pronta a prenderlo nel culo in ogni momento ma non funziona proprio così e io sento la pelle del mio anellino tendersi, “mmmmmm”, una fitta, molto forte, come se mi si strappasse ma orma dura un attimo e lui è tutto dentro di me. Sono li, sdraiata fra due uomini, schiacciata dal loro peso, con i buchi così pieni, mi sento così dilatata, sfondata e loro, nel ricominciare a chiacchierare su quale fosse la strada migliore da seguire mi scopano forte ma così forte, senza un ritmo preciso, ogn'uno come vuole e io, in un miscuglio fra la tristezza del mio cuore e il non capire il mio corpo che ne gode mi abbandono contro la mano di mio fratello che continua a soffocare sia i lamenti che i gemiti. Non si rivolgono a me, non c'è cattiveria ne amore, è come se stessero facendo un lavoro, mi chiavano in quel modo, mi aprono per una buona mezz'ora, mi sfiniscono e poi mi riempiono entrambe i canali con la loro sborra mentre si abbandonano di peso, schiacciandomi in mezzo ai loro corpi caldi e sudati. Non hanno smesso di chiacchierare un secondo, neanche ora che si sono messi in piedi davanti a me, neanche mi guardano mentre aspettano. Un po' indolenzita mi alzo, mi inginocchio e pulisco i loro cazzi alla perfezione, fino ai coglioni, lavandoli con la lingua e la saliva ed asciugandoli sul mio viso. La mia colazione stamani è sborra, anzi, avanzi di sborra mischiata agli umori della fica, a lubrificante e al sapore del mio ano, il tutto servito su due cazzi che mi hanno appena lasciata con i buchi che ancora sento aperti e pulsanti. Una volta finito mi salutano con il solito bacio sulla fronte e se ne vanno dicendo
“ci vediamo domani”
Sola, sarei stata sola fino all'indomani. Niente dottore, niente famiglia, niente condizioni da accettare, sola e normale, finalmente una ragazza normale. Colazione all'ora di pranzo, pigiama, dio, non credevo potesse mancarmi un pigiama ma sempre nuda è un po' come sempre indifesa e ora il pigiama mi sembrava l'armatura di un cavaliere medievale. Alla fine alle 16 ero ancora nel divano a guardare la tv a gambe incrociate con un pacchetto di patatine giganti sulle cosce e una vecchia puntata di E.R. in TV, George, amore mio ma la mente non era con me, non riuscivo proprio ad evitare di pensarci, di pensare a Marco e alla sua lettera:
“ti stanno ingannando, posso aiutarti, credimi”
Il cellulare era li, nel cuscino affianco a me e la tentazione, la speranza, Marco, tutto era troppo forte. SMS Posso vederti? Pochi secondi, neanche il tempo di andare in ansia, di pentirmi di aver premuto invio; SMS Alle 18 a casa mia, puntuale.
Alle diciotto ero davanti alla porta di casa sua, avevo imparato ad essere ubbidiente negli ultimi mesi, lui mi aprì, non ebbi neanche il tempo di dire ciao, mi afferrò per la camicia e mi tirò a lui deciso facendomi affondare nelle sue labbra, le sue forti braccia che mi alzarono di perso per il culo e mi misero in braccio a lui mentre mi perdevo in un intenso, romantico e lussurioso bacio li sull'uscio. Risi, risi di gusto assieme a lui mentre ci sbaciucchiavamo, lasciai che mi portasse in casa e che mi adagiasse nel divano, mi dovette staccare a forza da lui e poi, stupita, mi fermò mentre gli slacciavo i pantaloni:
“aspetta, non sei qui per questo, vero?”
Un alone di tristezza e ansia mi avvolse “già”, non sono qui per questo. Lui vide il mio sguardo cambiare, lesse la tristezza in me:
“ti ho detto che posso aiutarti, fidati di me, non diventare triste, risolveremo tutto se lo vorrai”
Quelle parole non ebbero molto effetto, come poteva lui cambiare le cose, la scelta in fondo era stata mia e non avevo nessuna intenzione di rimangiarmela, come poteva salvarmi da me stessa?
“non è così semplice Marco, adoro che tu voglia proteggermi, salvarmi ma non puoi. Se vuoi, per favore, dimmi quello che sai e io ti dirò tutta la verità, la meriti”
I suoi occhi fissi, sicuri, nei miei che luccicavano un po’:
“vorresti dirmi tutta la verità? Non mi hai ascoltato? Ti ho detto, chiaramente, che posso aiutarti, posso risolvere. Ia so già la verità, non vuoi credermi? Affar tuo ma la so e non dico che sia una cosa semplice ma posso assicurarti e giurarti che è molto meno complessa di quanto tu creda.
…
Ahhhh, lo vedo dai tuoi occhi, non mi ascolti, ho giurato e io mantengo sempre la mia parola, lo sai bene, ne faccio un principio di vita ma tu, saccente ragazzina, non vuoi credermi. Con te devo dimostrare ma se andremo avanti sappi che dovrai avere molta più fiducia in me, sappi che dovrai credere in me senza avere bisogno di alcuna prova ma per ora vediamo cosa succede se ti dico che so come curare tua madre senza l’aiuto di quel sedicente dottore”
Rimasi a bocca spalancata, il mio cervello era vuoto, sapeva e diceva di poter risolvere e… e io avevo così bisogno di una luce di speranza dove vi era solo buoi. Non riuscivo a parlare, stavo li a guardarlo a bocca spalancata e questa volta non era per ingoiare il suo cazzo.
Sorrideva, aveva affondato la saccente ragazzina e sorrideva, giustamente. Provai a dire qualcosa, muovevo la bocca ma non usciva niente e lui sorrideva e mi fece cenno di tacere con il dito:
“prima, però, dimmi una cosa! Tu, Tania, vuoi l'aiuto del pubblico ufficiale che è a tua completa disposizione, in modo completamente gratuito e che farà l'impossibile per te o vuoi l'aiuto dell'uomo che potrebbe innamorarsi di te ma che dovrai ripagare?”
Finì quella frase con un tono malizioso dal significato inconfondibile e mi fece sorridere di gusto, mi sentivo così sola, abbandonata da tutti, anche da quella famiglia per cui avevo accettato tutta quella storia, avevo così bisogno di qualcuno che mi amasse.
Non potei non notare che vi era un contrasto però, dovevo ripagare, ancora, come se passassi da una gabbia ad un’altra e credo che lui se ne accorse perché smise di sorridere e parlò:
“perdonami, sono stato stupido a non pensare a quello che stai attraversando, stupido a non pensare che un mio gioco malizioso per te potesse equivalere ad una situazione simile a quella da cui ti sto promettendo di liberarti. Scusa, mi rimangio tutto, conosci i miei segreti privati ma mai e poi mai potranno essere più importanti di ciò che vuoi tu, che desideri. Mai e poi mai io ti forzerei, mai e poi mai…”
Non la smetteva più, era nel panico, gli dovetti tappare la bocca con la mano:
“shhhhh, sorrisi, ho capito, non ho frainteso, so ciò che vuoi ma so che rispetterai sempre la mia volontà, ho capito e se me lo permetti vorrei risponderti e farti una domanda:
“io voglio l'uomo ma tu, Marco, vuoi essere ripagato dalla donna che potrebbe innamorarsi di te o dalla schiava che ormai sai esserci in me?”
Ci mise un istante, rifletteva:
“Tania, voglio la schiava che potrebbe innamorarsi di me, quella che sa che se mi dicesse no a tutto mi avrebbe comunque al suo fianco, quella che mi dice si perché desidera ardentemente accontentarmi e non perché è costretta”
Mi tolse il fiato, in me c'era qualcosa che non capivo, la dominazione su di me aveva un forte fascino, un forte effetto ma la dominazione che stavo subendo mi disgustava e in quel momento, per la prima volta mi trovai ad intravedere, come di sfuggita, migliaia di sfumature diverse che potevano essere chiamate dominazione:
“sono ai tuoi ordini padrone Marco”
Marco aspettava di essere il mio padrone da anni, da quando stavamo assieme, da quell'esperienza di una notte. Marco era sempre stato convinto che in me ci fossero delle tendenze sado maso e voleva esplorare insieme quel mondo che tanto lo affascinava e lo attraeva e ora sentirsi chiamare padrone era stato come dare un calcio ad una mina inesplosa e sepolta da troppo tempo. Mi prese per le spalle, senza fatica mi alzò, mi girò e mi costrinse a novanta gradi, le mani appoggiate al divano, le gambe distese e affiancate.
Rapido sentii le sue mani cercare all'altezza della cinta, trovare il bottone dei mie pantaloni, slacciarlo per poi, d'un colpo, tirarli giù fino alle caviglie assieme agli slip neri di pizzo. Mi trovavo prona, con le chiappe nude esposte e quell'uomo alle mie spalle, quell'uomo a cui avevo appena dato carta bianca e cosa aspettarsi da un uomo che desidera provare la dominazione da una vita? Vista la posizione mi ero già rassegnata a riceve una sonora dose di sculacciate, sentii le sue mani prendere con forza i miei glutei, palparli e stringerli come appropriandosene per poi allargarli, se avessi potuto avrei divaricato le gambe per agevolarlo ma i pantaloni me lo impedivano e quindi fu con la forza che mi divaricò tanto che alla fine sentii le labbra della mia fica aprirsi lasciando libero un fiume di umori.
Tremavo appena, avevo paura e voglia e non sapevo se e quanto sarebbe stato in grado di controllarsi ma, inaspettatamente, dove attendevo che calasse la mano arrivò la sua bocca, sospirai rumorosamente sentendo la lingua lapparmi il culo con ardore, percorrere l'ano lentamente e con forza cospargendolo di saliva, forzare appena l'apertura con la punta e poi leccare ancora, insistente, scendendo sempre più in basso. Quel lavoro di lingua mi aveva messo una voglia incredibile mentre lui mi percorreva ovunque, sfiorando le grandi labbra, passando rasente al clitoride che sentivo come dovesse scoppiare, girando attorno a tutto il mio sesso per poi tornare ancora all'ano, ancora giù, ancora su.
Miagolavo come una gatta in calore, mi teneva aperta con le mani e leccava, avrei voluto spalancare le cosce ma non riuscivo e allora spingevo il culo indietro, cercavo di muovermi quando era vicino alla fica per fargliela leccare, per far si che la smettesse di evitarla, ero sfinita, piegavo le gambe e scodinzolavo speranzosa, come a supplicare e fu li che una sculacciata, forte ma veramente forte mi raggiunse. Sentii la forma della sua mano stamparsi nelle mie carni, pulsava il dolore, si allargava il bruciore facendomi eccitare ancora di più:
“stai ferma puttana”
“si padrone, perdono è che ho tanta voglia di te”
Si fermò, non potevo vederlo, sentivo solo le sue mani che mi tenevano aperto il culo ma sapevo che mi stava guardando e poi affondò tutto il viso dentro di me, la lingua si immerse nel lago che ero in mezzo alle gambe e iniziò a leccarmi come un forsennato, come un pazzo, con forza, con passione, in profondità, spingeva talmente sul clitoride che riuscivo a sentire la ruvidità della sua lingua. Urlavo come una pazza, involontariamente mi muovevo e sculettavo tanto che lui perdeva la presa e gli sfuggivo di bocca e allora mi afferrò per le cosce e mi alzò di peso. Era in piedi, completamente in piedi, le mie cosce sigillate dalle sue mani che stringevano forte e alzavano in modo che il mio culo fosse a portata della sua bocca. Con le mani mi tenevo al divano in quella strana posizione, piegata in avanti come una bambola senza volontà mentre lui, imprigionatami, attanagliò i miei orifizi con la lingua e mi leccò senza sosta fino a che, tremante, senza fiato, venni travolta da un orgasmo così violento e così lungo che quando cessò mi ci vollero almeno dieci minuti per smettere di tremare. Mi tenne sua prigioniera leccandomi per tutto il tempo dell'orgasmo, le sensazioni divennero così forti che lo implorai di smettere ma lui non mi ascoltò minimamente, solo quando anche respirare divenne difficile mi lasciò e mi fece accasciare sul divano.
Stavo ancora tremando quando lo vidi accovacciarsi vicino a me:
“è ora che ti racconti quello che ho scoperto ma devi sapere che a me piace giocare quindi le regole sono queste; quando ti sarai ripresa io mi siederò sul divano e tu, da brava cagnetta, ti metterai in ginocchio fra le mie gambe, mi tirerai fuori l'uccello e te lo infilerai in bocca. Non devi farmi il classico pompino ma solo guadagnarti il mio aiuto, le mie informazioni. Sappi che io parlerò solo quando avrai tutto la mia asta in gola, non devi avanzarne neanche un millimetro e parlerò solo fino a quando la terrai li, se la farai uscire mi fermerò e aspetterò che tu mi ingoi di nuovo per continuare. Ora riposati mia incredibile donna, per te ho tutto il tempo del mondo”
Lo guardavo negli occhi un po' divertita per il gioco, uomini, tutti maiali ma poi, mia incredibile donna, beh, non era poi molto ma il mio cuore perse un battito.
…CONTINUA. IL RACCONTO TI E' PIACIUTO? LO HAI ODIATO O ALTRO? DARE UN'OPINIONE AIUTA A MIGLIORARSI glorfindel75@gmail.com
“sono venuto un po' in anticipo che poi dobbiamo andare, ti chiavo un po' finché non arriva papà, non vorrei che scopassi troppo poco oggi. Ti dovremo scopare in due questa mattina, sai, il dottore ci tiene che ogni tua giornata inizi e finisca con il sesso ma visto che poi partiremo e che questa sera sarai sola ci è stato dato il permesso di scoparti in due questa mattina così avrai la dose per tutto il giorno e sarai apposto anche per la rata serale”
Detto questo mi aveva girato la faccia da una parte e aveva iniziato un lento andirivieni nella fica che si era allagata, aveva recuperato il telecomando e aveva acceso la TV, uno di quei canali che piace a lui con tutti servizi da uomini su come si fa questo e come si costruisce quello. Se ne stava li comodo, sdraiato, muovendo solo il bacino per limarmi la patatina mentre io, abituata, mi lasciavo andare ai miei doveri appoggiando la testa e accettando docile il suo cazzo che mi scavava e le sue mani che mi frugavano qui e la.
Piagnucolavo un po' solo quando mi torturava i capezzoli, li adorava e aveva giurato di allungarli il più possibile quindi ad ogni seduta gli dedicava molta, dolorosa, attenzione. In effetti mio padre arrivò dopo una mezz'oretta, non lo vidi visto che la porta era dietro di me ma lui ebbe di certo una visuale perfetta del mio culo aperto e della mia fica sfondata, mio malgrado ero bollente e sentivo gli umori colare lungo le cosce, ero certa di averne ricoperto anche il cazzo che avevo dentro fino alle palle. Mio padre mi salutò distrattamente e iniziò a parlare con il figlio che subito:
“dai che è tardi, muoviti, ora facciamo sul serio, io voglio partire”
e fu con quelle parole che i suoi affondi divennero cattivi, violenti e che io incomincia a gemere forte, fu in quel momento che mi chiuse la bocca con la sua mano costringendomi ad un sommesso:
“mmmmmm, mmmmmm, mmmmmm, mmmmmm”
Mentre il piacere mi avvolgeva sentivo rumore di vestiti che scendono seguiti poi “schiaff, mmmmm, schiaf, mmmmm” due sonore sberle, mani forti, ruvide, sui miei bianchi e sodi glutei, la pelle che si scalda, che si arrossa e ora le mani mi afferrano il culo, lo aprono con forza, “ahi”, lo sento che si allarga, la rosellina in mostra, più sensibile all'aria e poi umido, bagnato, scivola sul mio ano scendendo verso la fica martoriata, la saliva sul culo poi più niente, solo una mano ad imbavagliarmi e un cazzo a scavarmi. Un rumore secco, lo schiocco di qualcosa di plastica, forse un tappo, passi poi la punta di un dito, umida, no unta, sul forellino, ci gira attorno poi penetra, tutto, un grosso dito tutto nel mio culo, è unto, mi sta lubrificando e gira, rigira, esce un po', palpa bene tutto intorno, ma cosa sentirà dentro il mio culo? riaffonda e poi esce solo per ritornare raddoppiato, due dita tutte dentro, girano e si allargano, questo fa male, più di un cazzo, ahi, quando le allarga sento il culetto seguire la loro forma e cedere e poi esce. So già cosa sta succedendo, servizio doppio per coprire tutta la giornata aveva detto, i due chiacchierano tranquillamente dell'itinerario mentre sento le mani di mio padre appoggiarsi pesantemente sul culo, si fa posto fra le mie gambe e quelle di mio fratello, si mette comodo e sento la sua cappella turgida sbattere contro di me:
“aspetta, smetti di sfondarla per un attimo, solo un attimo o non le centro il culo”
La cappella si punta la mio buchino, spinge, penetra, “ahi”, si fa spazio, mi allarga, all'inizio è sempre strano, doloroso, andrebbe fatto piano, cerco di rilassarmi ma lui piano non fa, dicono tutti che è per il mio bene, che devo abituarmi per essere pronta a prenderlo nel culo in ogni momento ma non funziona proprio così e io sento la pelle del mio anellino tendersi, “mmmmmm”, una fitta, molto forte, come se mi si strappasse ma orma dura un attimo e lui è tutto dentro di me. Sono li, sdraiata fra due uomini, schiacciata dal loro peso, con i buchi così pieni, mi sento così dilatata, sfondata e loro, nel ricominciare a chiacchierare su quale fosse la strada migliore da seguire mi scopano forte ma così forte, senza un ritmo preciso, ogn'uno come vuole e io, in un miscuglio fra la tristezza del mio cuore e il non capire il mio corpo che ne gode mi abbandono contro la mano di mio fratello che continua a soffocare sia i lamenti che i gemiti. Non si rivolgono a me, non c'è cattiveria ne amore, è come se stessero facendo un lavoro, mi chiavano in quel modo, mi aprono per una buona mezz'ora, mi sfiniscono e poi mi riempiono entrambe i canali con la loro sborra mentre si abbandonano di peso, schiacciandomi in mezzo ai loro corpi caldi e sudati. Non hanno smesso di chiacchierare un secondo, neanche ora che si sono messi in piedi davanti a me, neanche mi guardano mentre aspettano. Un po' indolenzita mi alzo, mi inginocchio e pulisco i loro cazzi alla perfezione, fino ai coglioni, lavandoli con la lingua e la saliva ed asciugandoli sul mio viso. La mia colazione stamani è sborra, anzi, avanzi di sborra mischiata agli umori della fica, a lubrificante e al sapore del mio ano, il tutto servito su due cazzi che mi hanno appena lasciata con i buchi che ancora sento aperti e pulsanti. Una volta finito mi salutano con il solito bacio sulla fronte e se ne vanno dicendo
“ci vediamo domani”
Sola, sarei stata sola fino all'indomani. Niente dottore, niente famiglia, niente condizioni da accettare, sola e normale, finalmente una ragazza normale. Colazione all'ora di pranzo, pigiama, dio, non credevo potesse mancarmi un pigiama ma sempre nuda è un po' come sempre indifesa e ora il pigiama mi sembrava l'armatura di un cavaliere medievale. Alla fine alle 16 ero ancora nel divano a guardare la tv a gambe incrociate con un pacchetto di patatine giganti sulle cosce e una vecchia puntata di E.R. in TV, George, amore mio ma la mente non era con me, non riuscivo proprio ad evitare di pensarci, di pensare a Marco e alla sua lettera:
“ti stanno ingannando, posso aiutarti, credimi”
Il cellulare era li, nel cuscino affianco a me e la tentazione, la speranza, Marco, tutto era troppo forte. SMS Posso vederti? Pochi secondi, neanche il tempo di andare in ansia, di pentirmi di aver premuto invio; SMS Alle 18 a casa mia, puntuale.
Alle diciotto ero davanti alla porta di casa sua, avevo imparato ad essere ubbidiente negli ultimi mesi, lui mi aprì, non ebbi neanche il tempo di dire ciao, mi afferrò per la camicia e mi tirò a lui deciso facendomi affondare nelle sue labbra, le sue forti braccia che mi alzarono di perso per il culo e mi misero in braccio a lui mentre mi perdevo in un intenso, romantico e lussurioso bacio li sull'uscio. Risi, risi di gusto assieme a lui mentre ci sbaciucchiavamo, lasciai che mi portasse in casa e che mi adagiasse nel divano, mi dovette staccare a forza da lui e poi, stupita, mi fermò mentre gli slacciavo i pantaloni:
“aspetta, non sei qui per questo, vero?”
Un alone di tristezza e ansia mi avvolse “già”, non sono qui per questo. Lui vide il mio sguardo cambiare, lesse la tristezza in me:
“ti ho detto che posso aiutarti, fidati di me, non diventare triste, risolveremo tutto se lo vorrai”
Quelle parole non ebbero molto effetto, come poteva lui cambiare le cose, la scelta in fondo era stata mia e non avevo nessuna intenzione di rimangiarmela, come poteva salvarmi da me stessa?
“non è così semplice Marco, adoro che tu voglia proteggermi, salvarmi ma non puoi. Se vuoi, per favore, dimmi quello che sai e io ti dirò tutta la verità, la meriti”
I suoi occhi fissi, sicuri, nei miei che luccicavano un po’:
“vorresti dirmi tutta la verità? Non mi hai ascoltato? Ti ho detto, chiaramente, che posso aiutarti, posso risolvere. Ia so già la verità, non vuoi credermi? Affar tuo ma la so e non dico che sia una cosa semplice ma posso assicurarti e giurarti che è molto meno complessa di quanto tu creda.
…
Ahhhh, lo vedo dai tuoi occhi, non mi ascolti, ho giurato e io mantengo sempre la mia parola, lo sai bene, ne faccio un principio di vita ma tu, saccente ragazzina, non vuoi credermi. Con te devo dimostrare ma se andremo avanti sappi che dovrai avere molta più fiducia in me, sappi che dovrai credere in me senza avere bisogno di alcuna prova ma per ora vediamo cosa succede se ti dico che so come curare tua madre senza l’aiuto di quel sedicente dottore”
Rimasi a bocca spalancata, il mio cervello era vuoto, sapeva e diceva di poter risolvere e… e io avevo così bisogno di una luce di speranza dove vi era solo buoi. Non riuscivo a parlare, stavo li a guardarlo a bocca spalancata e questa volta non era per ingoiare il suo cazzo.
Sorrideva, aveva affondato la saccente ragazzina e sorrideva, giustamente. Provai a dire qualcosa, muovevo la bocca ma non usciva niente e lui sorrideva e mi fece cenno di tacere con il dito:
“prima, però, dimmi una cosa! Tu, Tania, vuoi l'aiuto del pubblico ufficiale che è a tua completa disposizione, in modo completamente gratuito e che farà l'impossibile per te o vuoi l'aiuto dell'uomo che potrebbe innamorarsi di te ma che dovrai ripagare?”
Finì quella frase con un tono malizioso dal significato inconfondibile e mi fece sorridere di gusto, mi sentivo così sola, abbandonata da tutti, anche da quella famiglia per cui avevo accettato tutta quella storia, avevo così bisogno di qualcuno che mi amasse.
Non potei non notare che vi era un contrasto però, dovevo ripagare, ancora, come se passassi da una gabbia ad un’altra e credo che lui se ne accorse perché smise di sorridere e parlò:
“perdonami, sono stato stupido a non pensare a quello che stai attraversando, stupido a non pensare che un mio gioco malizioso per te potesse equivalere ad una situazione simile a quella da cui ti sto promettendo di liberarti. Scusa, mi rimangio tutto, conosci i miei segreti privati ma mai e poi mai potranno essere più importanti di ciò che vuoi tu, che desideri. Mai e poi mai io ti forzerei, mai e poi mai…”
Non la smetteva più, era nel panico, gli dovetti tappare la bocca con la mano:
“shhhhh, sorrisi, ho capito, non ho frainteso, so ciò che vuoi ma so che rispetterai sempre la mia volontà, ho capito e se me lo permetti vorrei risponderti e farti una domanda:
“io voglio l'uomo ma tu, Marco, vuoi essere ripagato dalla donna che potrebbe innamorarsi di te o dalla schiava che ormai sai esserci in me?”
Ci mise un istante, rifletteva:
“Tania, voglio la schiava che potrebbe innamorarsi di me, quella che sa che se mi dicesse no a tutto mi avrebbe comunque al suo fianco, quella che mi dice si perché desidera ardentemente accontentarmi e non perché è costretta”
Mi tolse il fiato, in me c'era qualcosa che non capivo, la dominazione su di me aveva un forte fascino, un forte effetto ma la dominazione che stavo subendo mi disgustava e in quel momento, per la prima volta mi trovai ad intravedere, come di sfuggita, migliaia di sfumature diverse che potevano essere chiamate dominazione:
“sono ai tuoi ordini padrone Marco”
Marco aspettava di essere il mio padrone da anni, da quando stavamo assieme, da quell'esperienza di una notte. Marco era sempre stato convinto che in me ci fossero delle tendenze sado maso e voleva esplorare insieme quel mondo che tanto lo affascinava e lo attraeva e ora sentirsi chiamare padrone era stato come dare un calcio ad una mina inesplosa e sepolta da troppo tempo. Mi prese per le spalle, senza fatica mi alzò, mi girò e mi costrinse a novanta gradi, le mani appoggiate al divano, le gambe distese e affiancate.
Rapido sentii le sue mani cercare all'altezza della cinta, trovare il bottone dei mie pantaloni, slacciarlo per poi, d'un colpo, tirarli giù fino alle caviglie assieme agli slip neri di pizzo. Mi trovavo prona, con le chiappe nude esposte e quell'uomo alle mie spalle, quell'uomo a cui avevo appena dato carta bianca e cosa aspettarsi da un uomo che desidera provare la dominazione da una vita? Vista la posizione mi ero già rassegnata a riceve una sonora dose di sculacciate, sentii le sue mani prendere con forza i miei glutei, palparli e stringerli come appropriandosene per poi allargarli, se avessi potuto avrei divaricato le gambe per agevolarlo ma i pantaloni me lo impedivano e quindi fu con la forza che mi divaricò tanto che alla fine sentii le labbra della mia fica aprirsi lasciando libero un fiume di umori.
Tremavo appena, avevo paura e voglia e non sapevo se e quanto sarebbe stato in grado di controllarsi ma, inaspettatamente, dove attendevo che calasse la mano arrivò la sua bocca, sospirai rumorosamente sentendo la lingua lapparmi il culo con ardore, percorrere l'ano lentamente e con forza cospargendolo di saliva, forzare appena l'apertura con la punta e poi leccare ancora, insistente, scendendo sempre più in basso. Quel lavoro di lingua mi aveva messo una voglia incredibile mentre lui mi percorreva ovunque, sfiorando le grandi labbra, passando rasente al clitoride che sentivo come dovesse scoppiare, girando attorno a tutto il mio sesso per poi tornare ancora all'ano, ancora giù, ancora su.
Miagolavo come una gatta in calore, mi teneva aperta con le mani e leccava, avrei voluto spalancare le cosce ma non riuscivo e allora spingevo il culo indietro, cercavo di muovermi quando era vicino alla fica per fargliela leccare, per far si che la smettesse di evitarla, ero sfinita, piegavo le gambe e scodinzolavo speranzosa, come a supplicare e fu li che una sculacciata, forte ma veramente forte mi raggiunse. Sentii la forma della sua mano stamparsi nelle mie carni, pulsava il dolore, si allargava il bruciore facendomi eccitare ancora di più:
“stai ferma puttana”
“si padrone, perdono è che ho tanta voglia di te”
Si fermò, non potevo vederlo, sentivo solo le sue mani che mi tenevano aperto il culo ma sapevo che mi stava guardando e poi affondò tutto il viso dentro di me, la lingua si immerse nel lago che ero in mezzo alle gambe e iniziò a leccarmi come un forsennato, come un pazzo, con forza, con passione, in profondità, spingeva talmente sul clitoride che riuscivo a sentire la ruvidità della sua lingua. Urlavo come una pazza, involontariamente mi muovevo e sculettavo tanto che lui perdeva la presa e gli sfuggivo di bocca e allora mi afferrò per le cosce e mi alzò di peso. Era in piedi, completamente in piedi, le mie cosce sigillate dalle sue mani che stringevano forte e alzavano in modo che il mio culo fosse a portata della sua bocca. Con le mani mi tenevo al divano in quella strana posizione, piegata in avanti come una bambola senza volontà mentre lui, imprigionatami, attanagliò i miei orifizi con la lingua e mi leccò senza sosta fino a che, tremante, senza fiato, venni travolta da un orgasmo così violento e così lungo che quando cessò mi ci vollero almeno dieci minuti per smettere di tremare. Mi tenne sua prigioniera leccandomi per tutto il tempo dell'orgasmo, le sensazioni divennero così forti che lo implorai di smettere ma lui non mi ascoltò minimamente, solo quando anche respirare divenne difficile mi lasciò e mi fece accasciare sul divano.
Stavo ancora tremando quando lo vidi accovacciarsi vicino a me:
“è ora che ti racconti quello che ho scoperto ma devi sapere che a me piace giocare quindi le regole sono queste; quando ti sarai ripresa io mi siederò sul divano e tu, da brava cagnetta, ti metterai in ginocchio fra le mie gambe, mi tirerai fuori l'uccello e te lo infilerai in bocca. Non devi farmi il classico pompino ma solo guadagnarti il mio aiuto, le mie informazioni. Sappi che io parlerò solo quando avrai tutto la mia asta in gola, non devi avanzarne neanche un millimetro e parlerò solo fino a quando la terrai li, se la farai uscire mi fermerò e aspetterò che tu mi ingoi di nuovo per continuare. Ora riposati mia incredibile donna, per te ho tutto il tempo del mondo”
Lo guardavo negli occhi un po' divertita per il gioco, uomini, tutti maiali ma poi, mia incredibile donna, beh, non era poi molto ma il mio cuore perse un battito.
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