La donna di casa - parte 1
di
Inchiostro&Miele
genere
trio
È da tempo ormai che vivo solo; nel mio appartamento, nella mia stanza, le pareti sono tutte bianche, con qualche quadro sparso qua e là, come macchie di colore inerme esposte a mascherare l'assenza, il senso di vuoto, che si respira tra queste pareti.
Alcune mattine, appena sveglio penso a qualche tempo fa, a quando aprendo gli occhi lo vedevo dormire, russare, al mio fianco. E mi dava fastidio il suo respiro rumoroso, mi costringeva a circondarmi di cuscini le orecchie: silenzio!
Ora invece il silenzio mi uccide, mi si ferma in gola impedendomi di parlare; io non parlo e lui vince. È certo che vince, con chi potrei parlare? Da solo? Talvolta soltanto il rumore delle macchine, dei motorini, dato che abito ai piani bassi, rompe un po' la monotonia della mia vita silenziosa.
Ma non sto scrivendo per piangermi addosso, ci mancherebbe. È che voglio raccontare, raccontare com'è che, forse, sono riuscito ad interrompere questo mio isolamento, ed evadere dal mio eremo e ritornare nel mondo.
Ho conosciuto un ragazzo una mattina, era in fila come me al bancone dei salumi. Ci eravamo guardati, niente di che, ma poi, alla cassa, nel momento di andar via, lui mi saluta, ed io ricambio, con un sorriso.
La cosa finisce lì, ognuno a casa sua, nessun intreccio di corpi o di lingue.
Smetto di pensare all'evento - dato che una piccolezza del genere, nella noia della mia vita, può essere definita evento -, anche perché non lo incontro per più giorni, e riprendo la mia routine.
Libri, film, cucina, e di tanto in tanto, quando non se ne può più, un po' di pulizie a casa. Per chi si stesse chiedendo "ma tu non lavori, non fai niente nella vita?", gli risponderò che il periodo nel quale si svolge il racconto, il periodo dell'incontro, è limitato a quelle poche settimane di ferie ad agosto che possiede ognuno di noi impiegati.
Durante la stagione lavorativa, almeno, sono tanto stanco da non aver più tempo per nient'altro - amore, hobby, etc...
Giorni dopo, sempre al supermercato, questa volta allo scaffale dei biscotti, mentre smanettavo tra le buste cercando un sapore nuovo, mai provato, lui passò alle mie spalle, con un carello ricolmo di roba varia, da bottiglie di birra a confezioni di uova.
- Ciao - fu naturale che gli dicessi, dato che c'eravamo già salutati una volta, e questo bastava per non essere più due sconosciuti qualunque.
- Hey ciao - mi rispose accorgendosi di me all'improvviso, non mi aveva ancora notato, e mi si fermò di fianco, arrestando il carrello.
Lo guardai, essendosi fermato mi aspettavo che volesse dirmi qualcosa, non so, darmi a parlare, ed infatti mi fece:
- comunque, io mi chiamo Lorenzo.
- io Valerio, piacere - e ci stringemmo la mano, e la sua strinse forte, con le vene gonfie, che quasi mi fece un tantino male.
- mi aspettavo di vederti in questi giorni, non sei sceso a fare la spesa?
- Si, sono sceso
- È strano che non ci siamo incontrati, allora!
- Già.
Si allungò ad afferrare una scatola di cereali della Kellogg's, poi mi guardò e disse, come se si vergognasse di quello che aveva preso - sono per il mio fratellino.
- Hai un fratello? - chiesi mentre riprendevamo a camminare, ora fianco a fianco, tra i reparti del supermercato.
- Yes, ho un fratellino più piccolo, quindici anni... i miei genitori stanno poco a casa, ed io non lavoro ancora, studio, quindi ho molto tempo libero, e mi prendo io cura di lui... quando loro non possono
- Un ragazzo modello - dissi ridacchiando.
- Eh già, mi tocca esserlo - e rise anche lui.
La conversazione continuò un altro bel po' di tempo, ma non vale la pena riportarla, dato che non si discusse di niente di diverso da quello di cui discutono tutti, ogni volta che conoscono una persona nuova: lavoro, famiglia, hobby e amore.
Mi disse d'essere fidanzato con un ragazzo davvero bello, un tale Giuliano, e mi invitò a casa sua, "quando vuoi", mi disse.
Qualche giorno dopo, allora, incontrandolo di nuovo, tra i reparti, gli dissi:
- Ti va se oggi pomeriggio passo da te?
- Certo che mi va, anzi, fai una cosa, resta pure per cena, che ordiniamo un paio di pizze.
Non avevamo concordato un orario, così mi presentai verso le 20:30, ritenendo troppo presto le 20:00 e troppo tardi le 21:00.
- Hey, tu devi essere Valerio
- Si, tu Giuliano
- Si, esatto... Lorenzo è sceso ad ordinare le pizze, prende delle margherite, per te va bene, no?
- Si, certo
- Comunque vieni, ti faccio vedere la casa e poi ci sediamo un po' sul divano, così ci conosciamo anche noi... così evitiamo che si parli solo a coppie di due.
L'appartamento era molto spazioso per una coppia di due ragazzi giovani: due bagni, due camere da letto ( una inutilizzata, dato che dormivano insieme ), un salotto bello ampio.
Parlammo poi di inezie, cose futili, come erano state quelle di cui avevo parlato con Lorenzo al supermercato, e mentre discorrevamo, ebbi modo di osservare bene il suo volto. Notai dei lineamenti molto raffinati ed eleganti e degli occhi chiari, ma nonostante questo, un'aria davvero virile, da maschio eterosessuale.
Nei suoi modi, nella sua voce, nel suo aspetto, non c'era la benché minima traccia di femminilità; come non c'era, d'altronde, neanche in Lorenzo.
Bussò la porta, era Lorenzo con le pizze calde, fumanti, accatastate le une sopra le altre.
- Hey, ciao Vale, ora poso le pizze e ti saluto per bene - ed appoggiatele sul tavolo, mi saltò affianco, schioccandomi un bacetto leggero sulla guancia. Appena non mi guardavano, mi pulii; non so perché.
Mangiammo discorrendo di questo, di quello, finché, quando le pizze furono ormai un vago ricordo, ci sedemmo sul divano, io tra di loro.
Uno da un lato, uno dall'altro, mi iniziarono a toccare le gambe, l'addome, il petto; Lorenzo mi baciava al collo mentre Giuliano m'aveva infilato una mano tra le gambe.
- Ti va, di passare qua la notte? - mi ansimò dolce, Lorenzo.
- A fare, che? - gemetti, e lo dissi solo per sentirglielo dire, sapevo bene cosa avremmo fatto.
- Giochiamo - rispose lui mentre Giuliano mi tirava giù i pantaloni.
Mi invogliarono a girarmi sulla schiena, prono sul divano, e mentre con la bocca, con la lingua, eccitavo il sesso di Giuliano, da dietro Lorenzo, sempre con la lingua e con l'aggiunta delle dita, si occupava di lavorarmi il culo, prepararlo per la penetrazione.
Io tremavo dall'eccitazione, e sbottai un - ah! - quando con violenza, all'indice Lorenzo aggiunse il medio.
- ti piace, eh? Dillo che ti piace.
Provai a dire qualcosa, ma non feci altro che farmi colare saliva sul mento, sul divano, dato che il cazzo di Giuliano, bello grosso tra le labbra, non mi consentiva d'articolare il benché minimo suono.
Sentii il rumore della plastica della confezione del preservativo, quello dello strappo alla confezione, e dopo poco sentii che Lorenzo mi stava spalmando il lubrificante sulla circonferenza dell'ano, cadendo nel mentre nella tentazione di infilarmi nuovamente le dita.
Giuliano mi posava ora le mani dietro la nuca, mi teneva il capo fermo, bloccato, e si muoveva aventi e indietro, rapido e profondo, decidendo egli il ritmo di quello che era nato come un pompino ed era diventato una scopata in bocca.
Allergandomi le natiche, premendomi su quella sinistra, con la mano destra Lorenzo guidò il suo uccello dentro di me. Quando fu dentro mi sentii tipo "Ah, è dentro di me", ma poi subito presi a pensare, "diavolo, che goduria, è dentro di me".
Cambiammo posizione più volte, loro due si scambiarono varie volte bocca e culo, e poi, sfilandosi i preservativi, mentre ero in ginocchio, con la bocca aperta, mi eiacularono tra le labbra, sulla lingua, e mandai tutto giù.
-Ti è piaciuto? - poi mi fece Lorenzo tirandomi su.
- Tantissimo - e mi strinsi tra i miei due uomini, con dolcezza, e loro risposero abbracciandomi, tenendomi protetto sui loro petti.
- Che ne dici di fare un fidanzamento, una cosa a tre... noi due, siamo entrambi attivi... cioè, se a te va bene, puoi essere la donna di casa, in un certo senso.
Alcune mattine, appena sveglio penso a qualche tempo fa, a quando aprendo gli occhi lo vedevo dormire, russare, al mio fianco. E mi dava fastidio il suo respiro rumoroso, mi costringeva a circondarmi di cuscini le orecchie: silenzio!
Ora invece il silenzio mi uccide, mi si ferma in gola impedendomi di parlare; io non parlo e lui vince. È certo che vince, con chi potrei parlare? Da solo? Talvolta soltanto il rumore delle macchine, dei motorini, dato che abito ai piani bassi, rompe un po' la monotonia della mia vita silenziosa.
Ma non sto scrivendo per piangermi addosso, ci mancherebbe. È che voglio raccontare, raccontare com'è che, forse, sono riuscito ad interrompere questo mio isolamento, ed evadere dal mio eremo e ritornare nel mondo.
Ho conosciuto un ragazzo una mattina, era in fila come me al bancone dei salumi. Ci eravamo guardati, niente di che, ma poi, alla cassa, nel momento di andar via, lui mi saluta, ed io ricambio, con un sorriso.
La cosa finisce lì, ognuno a casa sua, nessun intreccio di corpi o di lingue.
Smetto di pensare all'evento - dato che una piccolezza del genere, nella noia della mia vita, può essere definita evento -, anche perché non lo incontro per più giorni, e riprendo la mia routine.
Libri, film, cucina, e di tanto in tanto, quando non se ne può più, un po' di pulizie a casa. Per chi si stesse chiedendo "ma tu non lavori, non fai niente nella vita?", gli risponderò che il periodo nel quale si svolge il racconto, il periodo dell'incontro, è limitato a quelle poche settimane di ferie ad agosto che possiede ognuno di noi impiegati.
Durante la stagione lavorativa, almeno, sono tanto stanco da non aver più tempo per nient'altro - amore, hobby, etc...
Giorni dopo, sempre al supermercato, questa volta allo scaffale dei biscotti, mentre smanettavo tra le buste cercando un sapore nuovo, mai provato, lui passò alle mie spalle, con un carello ricolmo di roba varia, da bottiglie di birra a confezioni di uova.
- Ciao - fu naturale che gli dicessi, dato che c'eravamo già salutati una volta, e questo bastava per non essere più due sconosciuti qualunque.
- Hey ciao - mi rispose accorgendosi di me all'improvviso, non mi aveva ancora notato, e mi si fermò di fianco, arrestando il carrello.
Lo guardai, essendosi fermato mi aspettavo che volesse dirmi qualcosa, non so, darmi a parlare, ed infatti mi fece:
- comunque, io mi chiamo Lorenzo.
- io Valerio, piacere - e ci stringemmo la mano, e la sua strinse forte, con le vene gonfie, che quasi mi fece un tantino male.
- mi aspettavo di vederti in questi giorni, non sei sceso a fare la spesa?
- Si, sono sceso
- È strano che non ci siamo incontrati, allora!
- Già.
Si allungò ad afferrare una scatola di cereali della Kellogg's, poi mi guardò e disse, come se si vergognasse di quello che aveva preso - sono per il mio fratellino.
- Hai un fratello? - chiesi mentre riprendevamo a camminare, ora fianco a fianco, tra i reparti del supermercato.
- Yes, ho un fratellino più piccolo, quindici anni... i miei genitori stanno poco a casa, ed io non lavoro ancora, studio, quindi ho molto tempo libero, e mi prendo io cura di lui... quando loro non possono
- Un ragazzo modello - dissi ridacchiando.
- Eh già, mi tocca esserlo - e rise anche lui.
La conversazione continuò un altro bel po' di tempo, ma non vale la pena riportarla, dato che non si discusse di niente di diverso da quello di cui discutono tutti, ogni volta che conoscono una persona nuova: lavoro, famiglia, hobby e amore.
Mi disse d'essere fidanzato con un ragazzo davvero bello, un tale Giuliano, e mi invitò a casa sua, "quando vuoi", mi disse.
Qualche giorno dopo, allora, incontrandolo di nuovo, tra i reparti, gli dissi:
- Ti va se oggi pomeriggio passo da te?
- Certo che mi va, anzi, fai una cosa, resta pure per cena, che ordiniamo un paio di pizze.
Non avevamo concordato un orario, così mi presentai verso le 20:30, ritenendo troppo presto le 20:00 e troppo tardi le 21:00.
- Hey, tu devi essere Valerio
- Si, tu Giuliano
- Si, esatto... Lorenzo è sceso ad ordinare le pizze, prende delle margherite, per te va bene, no?
- Si, certo
- Comunque vieni, ti faccio vedere la casa e poi ci sediamo un po' sul divano, così ci conosciamo anche noi... così evitiamo che si parli solo a coppie di due.
L'appartamento era molto spazioso per una coppia di due ragazzi giovani: due bagni, due camere da letto ( una inutilizzata, dato che dormivano insieme ), un salotto bello ampio.
Parlammo poi di inezie, cose futili, come erano state quelle di cui avevo parlato con Lorenzo al supermercato, e mentre discorrevamo, ebbi modo di osservare bene il suo volto. Notai dei lineamenti molto raffinati ed eleganti e degli occhi chiari, ma nonostante questo, un'aria davvero virile, da maschio eterosessuale.
Nei suoi modi, nella sua voce, nel suo aspetto, non c'era la benché minima traccia di femminilità; come non c'era, d'altronde, neanche in Lorenzo.
Bussò la porta, era Lorenzo con le pizze calde, fumanti, accatastate le une sopra le altre.
- Hey, ciao Vale, ora poso le pizze e ti saluto per bene - ed appoggiatele sul tavolo, mi saltò affianco, schioccandomi un bacetto leggero sulla guancia. Appena non mi guardavano, mi pulii; non so perché.
Mangiammo discorrendo di questo, di quello, finché, quando le pizze furono ormai un vago ricordo, ci sedemmo sul divano, io tra di loro.
Uno da un lato, uno dall'altro, mi iniziarono a toccare le gambe, l'addome, il petto; Lorenzo mi baciava al collo mentre Giuliano m'aveva infilato una mano tra le gambe.
- Ti va, di passare qua la notte? - mi ansimò dolce, Lorenzo.
- A fare, che? - gemetti, e lo dissi solo per sentirglielo dire, sapevo bene cosa avremmo fatto.
- Giochiamo - rispose lui mentre Giuliano mi tirava giù i pantaloni.
Mi invogliarono a girarmi sulla schiena, prono sul divano, e mentre con la bocca, con la lingua, eccitavo il sesso di Giuliano, da dietro Lorenzo, sempre con la lingua e con l'aggiunta delle dita, si occupava di lavorarmi il culo, prepararlo per la penetrazione.
Io tremavo dall'eccitazione, e sbottai un - ah! - quando con violenza, all'indice Lorenzo aggiunse il medio.
- ti piace, eh? Dillo che ti piace.
Provai a dire qualcosa, ma non feci altro che farmi colare saliva sul mento, sul divano, dato che il cazzo di Giuliano, bello grosso tra le labbra, non mi consentiva d'articolare il benché minimo suono.
Sentii il rumore della plastica della confezione del preservativo, quello dello strappo alla confezione, e dopo poco sentii che Lorenzo mi stava spalmando il lubrificante sulla circonferenza dell'ano, cadendo nel mentre nella tentazione di infilarmi nuovamente le dita.
Giuliano mi posava ora le mani dietro la nuca, mi teneva il capo fermo, bloccato, e si muoveva aventi e indietro, rapido e profondo, decidendo egli il ritmo di quello che era nato come un pompino ed era diventato una scopata in bocca.
Allergandomi le natiche, premendomi su quella sinistra, con la mano destra Lorenzo guidò il suo uccello dentro di me. Quando fu dentro mi sentii tipo "Ah, è dentro di me", ma poi subito presi a pensare, "diavolo, che goduria, è dentro di me".
Cambiammo posizione più volte, loro due si scambiarono varie volte bocca e culo, e poi, sfilandosi i preservativi, mentre ero in ginocchio, con la bocca aperta, mi eiacularono tra le labbra, sulla lingua, e mandai tutto giù.
-Ti è piaciuto? - poi mi fece Lorenzo tirandomi su.
- Tantissimo - e mi strinsi tra i miei due uomini, con dolcezza, e loro risposero abbracciandomi, tenendomi protetto sui loro petti.
- Che ne dici di fare un fidanzamento, una cosa a tre... noi due, siamo entrambi attivi... cioè, se a te va bene, puoi essere la donna di casa, in un certo senso.
1
voti
voti
valutazione
2
2
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Nel letto di mamma e papàracconto sucessivo
La donna di casa - parte 2
Commenti dei lettori al racconto erotico