Nel letto di mamma e papà
di
Inchiostro&Miele
genere
prime esperienze
- Stasera i miei genitori non sono in casa.
- E quindi?
- Quindi?
- Cioè, intendo "quindi per che ora vengo?“
- Fai verso le 22, tanto abbiamo tutta la notte.
Bussò alle 22 preciso alla mia porta. Lo scrutai dai piedi ai capelli, dicendogli "stai proprio bene", e lui mi ringraziò ricambiando.
Gli chiesi di aspettare un attimo nel salone, l'avrei raggiunto a breve con qualcosa da bere. Dalla porta della cucina, di nascosto, lo spiavo; volevo vedere se si trovava in imbarazzo, oppure, come usava dirmi "io ero l'unica persona con cui poteva essere realmente sé stesso". Poi tornai in salotto con una bottiglia e due grossi bicchieri trasparenti: li posai sul tavolino, versai due sorsate di vino rosso, dolce.
- Davvero buono.
- Grazie, lo prendo qui vicino, proprio nelle campagne.
Parlammo di cose frivole e insignificanti, per non arrivare dritti, senza qualche formalità, al punto. Poi fui io a introdurre l'argomento.
- Hai portato tutto?
- Si, tutto; preservativi e lubrificante - e li tirò fuori dalle tasche della giacca di pelle, un po' rigonfie, appunto.
Li presi, come per guardarli, come per dargli la conferma che avesse fatto un buon lavoro, e lanciai un cenno d'assenso con la testa. Non l'avevamo mai fatto, né io né lui, ed egli fece l'infelice domanda, figlia dell'inesperienza, - come si inizia?
Ridemmo entrambi, e devo dire che la domanda, per quanto potesse apparire patetica, servì per far calare la tensione del momento.
- Così - risposi, e presi a sfilarmi la maglietta, il jeans, rimanendo in mutande. Lui fece lo stesso, ed allora gli afferrai la mano e lo portai di là, nella camera da letto dei miei genitori, in quel lettone grande dove avremmo potuto rigirarci tutta la notte.
Ci rotolammo tra le lenzuola, baciandoci per un po' di tempo, poi lui mi tirò giù la mutanda, gettandola ai piedi del letto. La guardai volare, nell'aria, come a rallentatore e cadere poi veloce sul pavimento.
Mi gettai allora con la bocca sulla sua - di mutanda - e gliela sfilai afferrandola con i denti, passandogli la lingua sulle dita dei piedi, e gettandola via.
Lui si stese, con la testa sul cuscino di mio padre, ed io cominciai a punzecchiargli e insalivagli lo scroto, il glande. Provai una sensazione strana, - chissà quante volte, in questa posizione, mia madre avrà fatto tutto ciò a mio padre - ma continuai a spompinarlo, sputandogli sul glande per inumidirlo, lubrificarlo.
Succhiandolo, mi piaceva alzare gli occhi per osservarlo, e vedevo al di sopra dei peli pubici una distesa di pelle bianca che si trasformava in un volto, nel suo volto, e che mi guardava attraverso occhi innamorati.
Lo aiutai ad infilarsi il preservativo, che fu difficile pure a cacciarlo dalla confezione!, e poi gli passai il lubrificante lungo tutta l'asta del suo cazzo.
Appoggiandosi con i due palmi aperti sulla mia schiena, mi piegò a pecora, spingendomi con la testa sul cuscino di mia mamma, che morzicchiai mentre il suo sesso entrava dentro di me.
Provai un po' di bruciore, inizialmente. Tuttavia, niente di che, niente di troppo doloroso, come invece mi aspettavo dai racconti di certe mie amiche che avevano provato il sesso anale.
- Sei meravigliosa - mi disse.
- Grazie papi - gli risposi. E forse questa mia risposta lo fece eccitare ancora più, forse risaltava la mia sottomissione volontaria, perché lo sentii penetrarmi con più audacia, privo di quel pudore che avvertivo nei suoi movimenti fino a qualche attimo prima.
- Così, papi - sussurravo e lui mi fotteva più forte, con più intensità. Avvertivo il suo scroto peloso sbattermi tra le gambe, il prurito che mi facevano i suoi peli pubici, quando mi si strusciava sulle natiche, il suo respiro affannato, come quello degli atleti durante una lunga corsa; e d'un tratto, una pulsasione più intensa e un più intenso gemito di piacere.
- E quindi?
- Quindi?
- Cioè, intendo "quindi per che ora vengo?“
- Fai verso le 22, tanto abbiamo tutta la notte.
Bussò alle 22 preciso alla mia porta. Lo scrutai dai piedi ai capelli, dicendogli "stai proprio bene", e lui mi ringraziò ricambiando.
Gli chiesi di aspettare un attimo nel salone, l'avrei raggiunto a breve con qualcosa da bere. Dalla porta della cucina, di nascosto, lo spiavo; volevo vedere se si trovava in imbarazzo, oppure, come usava dirmi "io ero l'unica persona con cui poteva essere realmente sé stesso". Poi tornai in salotto con una bottiglia e due grossi bicchieri trasparenti: li posai sul tavolino, versai due sorsate di vino rosso, dolce.
- Davvero buono.
- Grazie, lo prendo qui vicino, proprio nelle campagne.
Parlammo di cose frivole e insignificanti, per non arrivare dritti, senza qualche formalità, al punto. Poi fui io a introdurre l'argomento.
- Hai portato tutto?
- Si, tutto; preservativi e lubrificante - e li tirò fuori dalle tasche della giacca di pelle, un po' rigonfie, appunto.
Li presi, come per guardarli, come per dargli la conferma che avesse fatto un buon lavoro, e lanciai un cenno d'assenso con la testa. Non l'avevamo mai fatto, né io né lui, ed egli fece l'infelice domanda, figlia dell'inesperienza, - come si inizia?
Ridemmo entrambi, e devo dire che la domanda, per quanto potesse apparire patetica, servì per far calare la tensione del momento.
- Così - risposi, e presi a sfilarmi la maglietta, il jeans, rimanendo in mutande. Lui fece lo stesso, ed allora gli afferrai la mano e lo portai di là, nella camera da letto dei miei genitori, in quel lettone grande dove avremmo potuto rigirarci tutta la notte.
Ci rotolammo tra le lenzuola, baciandoci per un po' di tempo, poi lui mi tirò giù la mutanda, gettandola ai piedi del letto. La guardai volare, nell'aria, come a rallentatore e cadere poi veloce sul pavimento.
Mi gettai allora con la bocca sulla sua - di mutanda - e gliela sfilai afferrandola con i denti, passandogli la lingua sulle dita dei piedi, e gettandola via.
Lui si stese, con la testa sul cuscino di mio padre, ed io cominciai a punzecchiargli e insalivagli lo scroto, il glande. Provai una sensazione strana, - chissà quante volte, in questa posizione, mia madre avrà fatto tutto ciò a mio padre - ma continuai a spompinarlo, sputandogli sul glande per inumidirlo, lubrificarlo.
Succhiandolo, mi piaceva alzare gli occhi per osservarlo, e vedevo al di sopra dei peli pubici una distesa di pelle bianca che si trasformava in un volto, nel suo volto, e che mi guardava attraverso occhi innamorati.
Lo aiutai ad infilarsi il preservativo, che fu difficile pure a cacciarlo dalla confezione!, e poi gli passai il lubrificante lungo tutta l'asta del suo cazzo.
Appoggiandosi con i due palmi aperti sulla mia schiena, mi piegò a pecora, spingendomi con la testa sul cuscino di mia mamma, che morzicchiai mentre il suo sesso entrava dentro di me.
Provai un po' di bruciore, inizialmente. Tuttavia, niente di che, niente di troppo doloroso, come invece mi aspettavo dai racconti di certe mie amiche che avevano provato il sesso anale.
- Sei meravigliosa - mi disse.
- Grazie papi - gli risposi. E forse questa mia risposta lo fece eccitare ancora più, forse risaltava la mia sottomissione volontaria, perché lo sentii penetrarmi con più audacia, privo di quel pudore che avvertivo nei suoi movimenti fino a qualche attimo prima.
- Così, papi - sussurravo e lui mi fotteva più forte, con più intensità. Avvertivo il suo scroto peloso sbattermi tra le gambe, il prurito che mi facevano i suoi peli pubici, quando mi si strusciava sulle natiche, il suo respiro affannato, come quello degli atleti durante una lunga corsa; e d'un tratto, una pulsasione più intensa e un più intenso gemito di piacere.
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