Nel fienile con mia cugina Sonia
di
beast
genere
prime esperienze
Io e i miei abitavamo in una cascina costruita più di cento anni fa dai miei bisnonni paterni su una collina dell’Astigiano.
Chi ci veniva a trovare lo trovava un posto bellissimo, circondato da dolci colline e campi coltivati, che a seconda della stagione assumevano i mille diversi colori della verzura che vi cresceva.
Ma io non ci vedevo nulla di speciale, forse perché lo guardavo con gli occhi meno sognanti di chi in campagna ci è nato e più che bei paesaggi vede il duro lavoro che lo aspetta, giorno dopo giorno, stagione dopo stagione.
La mia cuginetta Sonia invece lo adorava e diceva che era un vero paradiso.
Ma che ne poteva sapere lei, ragazzina di città.
Lei ci veniva solo in estate, a passarci parte delle vacanze, ma la mattina restava a letto fino a tardi mentre io mi alzavo all’alba per andare ad aiutare papà nei campi o con le bestie.
Il massimo del suo impegno aiutare mia madre in cucina o andare a dare il mangime alle galline e alle oche che scorrazzavano nell’aia, era sempre più un gioco che un lavoro.
Quando nel tardo pomeriggio rientravo stanco morto la trovavo sempre fresca e riposata e vogliosa di giocare con me, mentre io gettavo i miei vestiti puzzolenti nel cesto della biancheria da lavare e mi ficcavo sotto la doccia, poi mi sbattevo sul vecchio divano a giocare ai videogiochi.
Sonia mi stuzzicava, ma un po’ perché ero esausto dopo la dura giornata nei campi, un po’ perché la vedevo solo come la cugina viziata di città non le davo molta corda.
Quell’anno però le cose presero una piega un po’ diversa.
Devo dire che quell’estate mia cugina mi sembrava più carina degli anni passati, non so se la cosa dipendesse dal fatto che i miei ormoni fossero resi particolarmente pimpanti dai miei diciotto anni o se fosse lei ad essere realmente cambiata.
Resta il fatto che ormai era quasi una donna, non mi ricordavo di aver mai notato che avesse delle tette così “gonfie” , anzi non mi ricordavo proprio che avesse le tette!
Inoltre le metteva sempre in evidenza, provocandomi con canottiere particolarmente succinte o piccoli top elasticizzati dai colori fluo.
E anche il sedere… possibile che avesse sempre avuto quel meraviglioso culetto a mandolino? Fasciato dentro quegli hotpants sembrava proprio il sedere di una delle attrici porno che guardavo sul mio portatile, e su cui mi smanettavo il pisello quando ero sicuro che nessuno potesse entrare in camera mia.
Una sera, prima del tramonto, stavo finalmente mungendo l’ultima capra della fila quando sentii qualcosa sfiorarmi l’orecchio, mi girai infastidito e pronto a scacciare il solito moschino ma vidi che a solleticarmi era una spiga di frumento manovrata abilmente da mia cugina.
La stronzetta se la rideva li in piedi dietro di me, in testa teneva uno dei miei vecchi cappelli di paglia, i suoi bei capelli biondi erano raccolti in due graziose trecce, gli occhi verdi luccicavano maliziosi, indossava un paio di short di jeans tagliati a salopette, sotto la pettorina non indossava nulla e i capezzoli piccoli e bruni si intravedevano attraverso le bretelle tenute lasche, Dio se era sexy!
Mi sembrava di vederla veramente per la prima volta.
La presi per un braccio e la attirai a me cingendola per la vita sottile.
Sonia avvicinò la testa alla mia, come se volesse baciarmi, invece tirò fuori la lingua, mi diede una leccata alla punta del naso e approfittando della mia sorpresa si divincolò e scappò via addentrandosi nella stalla buia e odorosa di fieno e letame.
Le corsi dietro ridacchiando mentre le capre si scansavano belando infastidite, Sonia si arrampicò su per la vecchia scaletta a pioli che portava al fienile soprastante, scalzandosi gli zoccoletti e facendomeli cascare sulla testa.
La afferrai per una caviglia e la feci cadere in avanti, nel fieno soffice e profumato che usavamo per ricoprire il pavimento delle stalle.
Salii gli ultimi scalini e le piombai addosso schiacciandola sotto di me, lei si era girata e ci trovammo faccia a faccia, le bocche a pochi centimetri una dall’altra, il sole filtrava da una fenditura tra le assi del tetto illuminandole le belle labbra con una sottile lama di luce dorata.
Dio com’era bella, mi fermai a guardarla estasiato, respirando il suo respiro, occhi nei suoi occhi, poi la sua bocca si avvicinò alla mia e le nostre labbra si sfiorarono.
Chiusi gli occhi e mi feci rapire in quel momento che non avrei più dimenticato per il resto della vita.
Sonia mi prese la nuca con una mano e mi strinse a se mentre le nostre lingue si toccarono per la prima volta, prima timidamente, poi sempre più affamate, allacciandosi, scavando una nella bocca dell’altro, suggendo uno la saliva dell’altro.
Rotolammo nella soffice paglia e mi ritrovai sotto di lei.
Le sue dita mi slacciarono i bottoni della camicia e mi accarezzarono i riccioli che avevo sul petto. Anche le mie mani si portarono verso il suo petto, le feci scivolare le bretelle al di là delle spalle, liberando i bellissimi seni dalla pettorina, presi i suoi piccoli capezzoli tra la punta di indice e pollice e li strinsi dolcemente sentendoli indurire al mio tocco.
Il contrasto della pelle delicata del suo seno con le mie dita dure e callose mi fece rizzare il cazzo, che si mise a spingere prepotentemente contro la stoffa dei calzoni.
Sonia lo sentì premere contro il suo inguine, mi sorrise maliziosa, si sollevò sopra di me per sfilarmi gli stivali e i calzoni dalle gambe poi si liberò della pettorina dalle braccia, si sbottonò i bottoncini laterali che chiudevano la salopette e se la tolse con un gesto sexy,
mi guardò negli occhi leccandosi il labbro superiore e cominciò a ondulare il bacino contro il mio, facendo sfregare i nostri due sessi che premevano uno contro l’altro attraverso il tessuto delle mutande.
Le presi i fianchi con le mani e la strinsi a me accompagnando il suo movimento ondulatorio.
Il mio cazzo era sempre più duro.
Mi sentivo vagamente a disagio, le dissi a malincuore che avrei dovuto andare a farmi una doccia, che ero stato nei campi e a contatto con gli animali nelle stalle, mi sentivo sudato e puzzolente, lei mi diede un caldo bacio sul collo dicendomi che il mio odore era buonissimo e che le piaceva da matti, facendomi infoiare ancora di più.
Sollevò il sedere e si sfilò le piccole mutande bianche, ormai fradice dei suoi umori vaginali, lo stesso feci io con le mie e ci ritrovammo completamente nudi, immersi in un soffice letto di paglia profumata.
Il mio cazzo duro come il marmo, appoggiato tra le labbra della sua passera.
Mi guardò negli occhi e mi confidò in un sussurro di averlo fatto solo poche volte fino ad allora, anche io le dissi che pure per me era una delle prime volte.
In realtà ero assolutamente vergine, ma non lo avrei mai confessato nemmeno sotto tortura, per cui mi abbandonai alla sua esperienza sperando che non si capisse che per me fosse la prima volta.
Sonia prese il mio pene con le dita di una mano e dopo averlo fatto sfregare avanti e indietro due o tre volte, in modo da fargli trovare la strada tra le sue labbra bagnate, se ne infilò dentro la punta.
Emise un breve lamento nel momento in cui la cappella si fece largo nella sua spaccatura, si fermò solo un istante ma poi riprese la discesa delle anche verso la base del mio membro.
Io trattenevo il fiato per la tensione e l'aspettativa repressa di anni di adolescenza arrapata, sfogata esclusivamente in decine e decine di seghe e visioni di video porno.
Sonia si sedette scendendo lentamente su di me, facendo entrare il mio cazzo nella sua figa un centimetro alla volta, sollevandosi un po’ abbassandosi un po’ di più, sollevandosi ancora, abbassandosi ancora di più, in modo che la mia cappella si aprisse la strada dentro di lei senza forzare la penetrazione, dando modo alla sua vagina di aprirsi lentamente e lubrificare il mio cazzo man mano che entrava.
Era quello il paradiso?
Probabilmente sì, stavo facendo l'amore con mia cugina ed era meraviglioso, la cosa più bella che avessi mai fatto in tutta la vita.
Anche per lei sembrava essere un momento speciale, teneva gli occhi chiusi e alzava e abbassava il suo bacino ad un ritmo lento e costante, come volesse godere per ognuno di quei centimetri di cazzo che le stava entrando nella figa.
Come se fossimo una specie di offerta al Dio del sesso.
Io e il mio membro eravamo l’altare sacrificale e la lama che squarta, lei e la sua vagina erano la sacerdotessa e l’agnello che viene offerto alla divinità pagana.
Le misi le mani sui fianchi e la afferrai con forza dove la vita è più sottile, lei sollevò le braccia oltre la testa mostrandomi le ascelle e si lasciò andare all’indietro, inarcando la schiena flessuosa, lasciando andare un sospiro gorgogliante, ora il mio cazzo era arrivato alla fine della corsa, la punta spingeva contro la sua cervice, la base premeva contro le sue grandi labbra, mi disse in un sospiro di fare piano, che non lo aveva mai fatto con uno col cazzo così grosso.
Dio mio, il commento mi riempì di un tale orgoglio maschile, eccitandomi e facendomi venire ancora più voglia di scoparla a fondo.
Accelerammo le spinte.
Spinsi le mie anche contro le sue e la girai, rotolammo di nuovo nel fieno e mi fermai a guardarla dall’alto, dio com’era bella, non mi ero mai accorto di quanto fosse figa mia cugina.
Lei ricambiava il mio sguardo con la stessa intensa approvazione, mi chinai su di lei e la baciai nuovamente, riprendemmo a fare l’amore limonando intensamente.
Il ritmo cresceva, i nostri sospiri divennero sempre più rantolanti, spostai le mani sotto di lei, i miei gomiti le sostenevano le gambe all’insù e con le mani le tenni i glutei per poter entrare ancora più a fondo dentro di lei.
Lei spostò le gambe intrecciando i piedi oltre la mia schiena stringendomi in una morsa di voluttà, mi afferrò il sedere con le mani, penetrando con le unghie nella carne dei miei glutei.
Non resistetti oltre e venni, venni incoscientemente dentro di lei rantolando e ansimando mentre sentivo che anche lei stava venendo insieme a me.
Mi fermai esausto, abbandonato sopra di lei che mi accarezzava il sedere con una mano e la nuca con l’altra, sussurrandomi che era stato bellissimo, che le era piaciuto da morire e che non aveva mai goduto così con nessuno.
Preso da quel momento dolcissimo a mia volta le confessai che per me era stata la mia prima volta e che era piaciuto da morire anche a me e che speravo di poterlo fare ancora ed ancora, di poterlo fare con lei e solo con lei per tutta la vita…
bracciobeast
Chi ci veniva a trovare lo trovava un posto bellissimo, circondato da dolci colline e campi coltivati, che a seconda della stagione assumevano i mille diversi colori della verzura che vi cresceva.
Ma io non ci vedevo nulla di speciale, forse perché lo guardavo con gli occhi meno sognanti di chi in campagna ci è nato e più che bei paesaggi vede il duro lavoro che lo aspetta, giorno dopo giorno, stagione dopo stagione.
La mia cuginetta Sonia invece lo adorava e diceva che era un vero paradiso.
Ma che ne poteva sapere lei, ragazzina di città.
Lei ci veniva solo in estate, a passarci parte delle vacanze, ma la mattina restava a letto fino a tardi mentre io mi alzavo all’alba per andare ad aiutare papà nei campi o con le bestie.
Il massimo del suo impegno aiutare mia madre in cucina o andare a dare il mangime alle galline e alle oche che scorrazzavano nell’aia, era sempre più un gioco che un lavoro.
Quando nel tardo pomeriggio rientravo stanco morto la trovavo sempre fresca e riposata e vogliosa di giocare con me, mentre io gettavo i miei vestiti puzzolenti nel cesto della biancheria da lavare e mi ficcavo sotto la doccia, poi mi sbattevo sul vecchio divano a giocare ai videogiochi.
Sonia mi stuzzicava, ma un po’ perché ero esausto dopo la dura giornata nei campi, un po’ perché la vedevo solo come la cugina viziata di città non le davo molta corda.
Quell’anno però le cose presero una piega un po’ diversa.
Devo dire che quell’estate mia cugina mi sembrava più carina degli anni passati, non so se la cosa dipendesse dal fatto che i miei ormoni fossero resi particolarmente pimpanti dai miei diciotto anni o se fosse lei ad essere realmente cambiata.
Resta il fatto che ormai era quasi una donna, non mi ricordavo di aver mai notato che avesse delle tette così “gonfie” , anzi non mi ricordavo proprio che avesse le tette!
Inoltre le metteva sempre in evidenza, provocandomi con canottiere particolarmente succinte o piccoli top elasticizzati dai colori fluo.
E anche il sedere… possibile che avesse sempre avuto quel meraviglioso culetto a mandolino? Fasciato dentro quegli hotpants sembrava proprio il sedere di una delle attrici porno che guardavo sul mio portatile, e su cui mi smanettavo il pisello quando ero sicuro che nessuno potesse entrare in camera mia.
Una sera, prima del tramonto, stavo finalmente mungendo l’ultima capra della fila quando sentii qualcosa sfiorarmi l’orecchio, mi girai infastidito e pronto a scacciare il solito moschino ma vidi che a solleticarmi era una spiga di frumento manovrata abilmente da mia cugina.
La stronzetta se la rideva li in piedi dietro di me, in testa teneva uno dei miei vecchi cappelli di paglia, i suoi bei capelli biondi erano raccolti in due graziose trecce, gli occhi verdi luccicavano maliziosi, indossava un paio di short di jeans tagliati a salopette, sotto la pettorina non indossava nulla e i capezzoli piccoli e bruni si intravedevano attraverso le bretelle tenute lasche, Dio se era sexy!
Mi sembrava di vederla veramente per la prima volta.
La presi per un braccio e la attirai a me cingendola per la vita sottile.
Sonia avvicinò la testa alla mia, come se volesse baciarmi, invece tirò fuori la lingua, mi diede una leccata alla punta del naso e approfittando della mia sorpresa si divincolò e scappò via addentrandosi nella stalla buia e odorosa di fieno e letame.
Le corsi dietro ridacchiando mentre le capre si scansavano belando infastidite, Sonia si arrampicò su per la vecchia scaletta a pioli che portava al fienile soprastante, scalzandosi gli zoccoletti e facendomeli cascare sulla testa.
La afferrai per una caviglia e la feci cadere in avanti, nel fieno soffice e profumato che usavamo per ricoprire il pavimento delle stalle.
Salii gli ultimi scalini e le piombai addosso schiacciandola sotto di me, lei si era girata e ci trovammo faccia a faccia, le bocche a pochi centimetri una dall’altra, il sole filtrava da una fenditura tra le assi del tetto illuminandole le belle labbra con una sottile lama di luce dorata.
Dio com’era bella, mi fermai a guardarla estasiato, respirando il suo respiro, occhi nei suoi occhi, poi la sua bocca si avvicinò alla mia e le nostre labbra si sfiorarono.
Chiusi gli occhi e mi feci rapire in quel momento che non avrei più dimenticato per il resto della vita.
Sonia mi prese la nuca con una mano e mi strinse a se mentre le nostre lingue si toccarono per la prima volta, prima timidamente, poi sempre più affamate, allacciandosi, scavando una nella bocca dell’altro, suggendo uno la saliva dell’altro.
Rotolammo nella soffice paglia e mi ritrovai sotto di lei.
Le sue dita mi slacciarono i bottoni della camicia e mi accarezzarono i riccioli che avevo sul petto. Anche le mie mani si portarono verso il suo petto, le feci scivolare le bretelle al di là delle spalle, liberando i bellissimi seni dalla pettorina, presi i suoi piccoli capezzoli tra la punta di indice e pollice e li strinsi dolcemente sentendoli indurire al mio tocco.
Il contrasto della pelle delicata del suo seno con le mie dita dure e callose mi fece rizzare il cazzo, che si mise a spingere prepotentemente contro la stoffa dei calzoni.
Sonia lo sentì premere contro il suo inguine, mi sorrise maliziosa, si sollevò sopra di me per sfilarmi gli stivali e i calzoni dalle gambe poi si liberò della pettorina dalle braccia, si sbottonò i bottoncini laterali che chiudevano la salopette e se la tolse con un gesto sexy,
mi guardò negli occhi leccandosi il labbro superiore e cominciò a ondulare il bacino contro il mio, facendo sfregare i nostri due sessi che premevano uno contro l’altro attraverso il tessuto delle mutande.
Le presi i fianchi con le mani e la strinsi a me accompagnando il suo movimento ondulatorio.
Il mio cazzo era sempre più duro.
Mi sentivo vagamente a disagio, le dissi a malincuore che avrei dovuto andare a farmi una doccia, che ero stato nei campi e a contatto con gli animali nelle stalle, mi sentivo sudato e puzzolente, lei mi diede un caldo bacio sul collo dicendomi che il mio odore era buonissimo e che le piaceva da matti, facendomi infoiare ancora di più.
Sollevò il sedere e si sfilò le piccole mutande bianche, ormai fradice dei suoi umori vaginali, lo stesso feci io con le mie e ci ritrovammo completamente nudi, immersi in un soffice letto di paglia profumata.
Il mio cazzo duro come il marmo, appoggiato tra le labbra della sua passera.
Mi guardò negli occhi e mi confidò in un sussurro di averlo fatto solo poche volte fino ad allora, anche io le dissi che pure per me era una delle prime volte.
In realtà ero assolutamente vergine, ma non lo avrei mai confessato nemmeno sotto tortura, per cui mi abbandonai alla sua esperienza sperando che non si capisse che per me fosse la prima volta.
Sonia prese il mio pene con le dita di una mano e dopo averlo fatto sfregare avanti e indietro due o tre volte, in modo da fargli trovare la strada tra le sue labbra bagnate, se ne infilò dentro la punta.
Emise un breve lamento nel momento in cui la cappella si fece largo nella sua spaccatura, si fermò solo un istante ma poi riprese la discesa delle anche verso la base del mio membro.
Io trattenevo il fiato per la tensione e l'aspettativa repressa di anni di adolescenza arrapata, sfogata esclusivamente in decine e decine di seghe e visioni di video porno.
Sonia si sedette scendendo lentamente su di me, facendo entrare il mio cazzo nella sua figa un centimetro alla volta, sollevandosi un po’ abbassandosi un po’ di più, sollevandosi ancora, abbassandosi ancora di più, in modo che la mia cappella si aprisse la strada dentro di lei senza forzare la penetrazione, dando modo alla sua vagina di aprirsi lentamente e lubrificare il mio cazzo man mano che entrava.
Era quello il paradiso?
Probabilmente sì, stavo facendo l'amore con mia cugina ed era meraviglioso, la cosa più bella che avessi mai fatto in tutta la vita.
Anche per lei sembrava essere un momento speciale, teneva gli occhi chiusi e alzava e abbassava il suo bacino ad un ritmo lento e costante, come volesse godere per ognuno di quei centimetri di cazzo che le stava entrando nella figa.
Come se fossimo una specie di offerta al Dio del sesso.
Io e il mio membro eravamo l’altare sacrificale e la lama che squarta, lei e la sua vagina erano la sacerdotessa e l’agnello che viene offerto alla divinità pagana.
Le misi le mani sui fianchi e la afferrai con forza dove la vita è più sottile, lei sollevò le braccia oltre la testa mostrandomi le ascelle e si lasciò andare all’indietro, inarcando la schiena flessuosa, lasciando andare un sospiro gorgogliante, ora il mio cazzo era arrivato alla fine della corsa, la punta spingeva contro la sua cervice, la base premeva contro le sue grandi labbra, mi disse in un sospiro di fare piano, che non lo aveva mai fatto con uno col cazzo così grosso.
Dio mio, il commento mi riempì di un tale orgoglio maschile, eccitandomi e facendomi venire ancora più voglia di scoparla a fondo.
Accelerammo le spinte.
Spinsi le mie anche contro le sue e la girai, rotolammo di nuovo nel fieno e mi fermai a guardarla dall’alto, dio com’era bella, non mi ero mai accorto di quanto fosse figa mia cugina.
Lei ricambiava il mio sguardo con la stessa intensa approvazione, mi chinai su di lei e la baciai nuovamente, riprendemmo a fare l’amore limonando intensamente.
Il ritmo cresceva, i nostri sospiri divennero sempre più rantolanti, spostai le mani sotto di lei, i miei gomiti le sostenevano le gambe all’insù e con le mani le tenni i glutei per poter entrare ancora più a fondo dentro di lei.
Lei spostò le gambe intrecciando i piedi oltre la mia schiena stringendomi in una morsa di voluttà, mi afferrò il sedere con le mani, penetrando con le unghie nella carne dei miei glutei.
Non resistetti oltre e venni, venni incoscientemente dentro di lei rantolando e ansimando mentre sentivo che anche lei stava venendo insieme a me.
Mi fermai esausto, abbandonato sopra di lei che mi accarezzava il sedere con una mano e la nuca con l’altra, sussurrandomi che era stato bellissimo, che le era piaciuto da morire e che non aveva mai goduto così con nessuno.
Preso da quel momento dolcissimo a mia volta le confessai che per me era stata la mia prima volta e che era piaciuto da morire anche a me e che speravo di poterlo fare ancora ed ancora, di poterlo fare con lei e solo con lei per tutta la vita…
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