La mia ragazza (1)

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LA MIA RAGAZZA (1)

Katia è una bellissima ragazza di colore di vent'anni, alta più di un metro e settantacinque, capelli corti, ma non crespi, occhi scuri mobilissimi, lineamenti occidentali, forse fra i suoi antenati ci sarà stato un colonialista, seno non grande , ventre piatto con un pube depilato, gambe lunghe che sostengono un fondo schiena perfetto: tondo e sodo. Era fuggita dal suo paese per non essere data in matrimonio ad un vecchio di potere, scelto dalla sua famiglia. La fuga era stata costellata da violenze inaudite: violentata più volte, quando giunse in Italia portava sulla pelle i segni dei soprusi subiti. Venne accolta in un centro di accoglienza della mia città, e lì rimase per quasi sei mesi. Sono il figlio più piccolo di una famiglia benestante, proprietaria terriera e vivo nella villa di famiglia in mezzo alle nostre proprietà: ho un fratello ed una sorella più grandi, frequento il secondo anno di giurisprudenza: sono un bel ragazzo che a detta di tutti non manca di nulla per piacere all'altro sesso, ed in effetti non mi lamento della mia vita sessuale, senza però ancora legarmi ad alcuna delle mie conquiste. Quell'anno purtroppo, perdemmo la nostra “tata”, che ci aveva cresciuto tutti e tre, quasi una seconda mamma o nonna, ed in casa avevamo bisogno di qualcuno che desse una mano nelle faccende: vivevamo ancora tutti insieme: Francesco, mio fratello maggiore, medico all'ospedale, trent'anni, ancora non si decideva, con grande cruccio della mamma, a “sistemarsi”, Antonella, ventisette anni, bella ragazza, fidanzata oramai da sette o otto anni con Luigi, io e, naturalmente i miei genitori, Maura, mamma giornalista free lance, Maurizio ingegnere, che oltre a sovrintendere alla tenuta, aiutato da un fattore, era dirigente in una fabbrica di macchine per l'agricoltura, ed era molto impegnato. Dovevamo trovare chi sostituisse la nostra “tata” ed alla mamma venne l'idea di vedere se tra i profughi, di cui si era occupata con vari articoli, pubblicati anche dalla stampa nazionale, potessimo trovare qualche ragazza idonea. Un giorno d'estate, la mamma tornò a casa accompagnata da una ragazza che mi colpì immediatamente per la sua bellezza, teneva sempre gli occhi bassi, le mani incrociate in grembo; vestiva una leggera vestaglietta di cotone a fiori che non riusciva a nascondere il suo corpo molto ben fatto. In quel momento in casa c'ero solo io, e dopo avermela velocemente presentata, la mamma l'accompagnò in una rapida visita della casa spiegandole quale sarebbero state le sue mansioni; la ragazza diceva sempre si accompagnandolo con un rapido movimento della testa. “Speriamo che si adatti, non è che ci siano tante altre scelte!” sospirò la mamma, e la lasciò a rifare le nostre camere. Quando fu il turno della mia, mi alzai dalla scrivania e mi sedetti in poltrona per poterla ammirare meglio, mentre svolgeva le sue incombenze: “ Se vuole, mi disse, torno dopo”. “ No, fai pure; come ti chiami e come mai parli così bene l'italiano?” “ Katia, ed ho imparato l'italiano frequentando la scuola nel mio paese diretta da missionari italiani”. Mentre parlava rifaceva il letto e, senza accorgersene, nel piegarsi metteva in mostra le gambe fino quasi all'attacco del culo: che spettacolo! Cominciai a carezzarmi il pene attraverso i pantaloni che divenne subito duro. Affioravano nella mia mente pensieri libidinosi, ma ritenni che non fosse ancora il momento di farmi avanti e quando si voltò accavallai velocemente le gambe per nascondere il mio desiderio; lei mi rivolse uno sguardo strano misto di paura e di curiosità: si era accorta della mia erezione? Quella sera, a tavola, la mamma raccontò a tutta la famiglia riunita, oltre naturalmente a Luigi, il fidanzato di lungo corso, che oramai era trapiantato in casa nostra, la storia di Katia; rimasi colpito dalle traversie che aveva dovuto passare per approdare in Italia; questo me la mostrò in luce nuova, che non voleva essere assolutamente compassione, anzi sarei stato io a riconciliarla con la vita: me ne stavo innamorando, non era solo puro desiderio sessuale. Dopo cena, fumando una delle poche sigarette che mi concedevo, feci una passeggiata in giardino; dalla porta-finestra della cucina vidi Katia che stava riordinando, infilando i piatti nel lavastoviglie, e ripensai allo spettacolo delle sue gambe, ed il solo pensiero me lo fece rizzare; ad un tratto sentii dei mugolii che provenivano da dietro una siepe, nella penombra vidi Luigi che ondeggiava, mi affacciai alla siepe e, sorpresa!, accucciata all'altezza del suo cazzo c'era la mia sorellina che glielo stava succhiando; lo spettacolo non era male, perchè Antonella non era affatto male ed il membro di Luigi era di dimensioni di tutto rispetto. Le entrava e le usciva dalla bocca a buon ritmo ed intanto sospirava rapito: presi una seggiola da giardino, vi salii sopra, tirai fuori anch'io la mia verga e cominciai a segarmi, senza che nessuno dei due, troppo presi dal loro pompino, si accorgesse della mia presenza. Potevo sentire il risucchio esercitato da mia sorella ed nel momento in cui Luigi si liberò anch'io sparsi a pioggia il mio sperma sulla testa di Antonella che solo allora mi vide ed invece di scandalizzarsi, con le dita prese dai capelli il mio seme e se lo portò con un sorriso alla bocca, naturalmente, dopo aver ingoiato tutto quello del fidanzato. Che porca, pensai, mai avrei creduto che potesse fare certi giochini; vedendomi interdetto, Antonella mi invitò a scendere, tra le proteste di Luigi, che si sentiva messo da parte:”Stai zitto te che hai già avuto tutto di me, adesso devo curare il mio fratellino”. Così dicendo mi prese la mano e se la portò sotto la gonna e mi fece sentire la sua figa bagnata:”L'avresti mai creduto?” mi chiese. Ero senza parole, non perchè avessi fatto qualcosa di straordinario, come detto avevo una vita sessuale soddisfacente, ma perchè la mamma e le sorelle sono, nell'immaginario, delle sante e non delle mignotte come Antonella. “ Adesso basta, caro, altrimenti Luigi mi lascia!” Sentimmo un fruscio dietro di noi, Katia che con la faccia stupita e spaventata aveva assistito allo spettacolo, lasciando cadere il sacco dell'immondizia che avrebbe dovuto gettare, fuggì verso casa. Mi sistemai i pantaloni e la rincorsi. La raggiunsi, la presi per le spalle e la voltai; stava piangendo, tremava, era sconvolta:”Che ti succede Katia? Sono giochi innocenti, un poco sporchi, ma alla fine non è la morte di nessuno!” “No, marco, (era la prima volta che mi chiamava per nome) non per l'atto in se, è che mi sono tornati in mente tutti soprusi che ho subito, la vergogna, le umiliazioni ed anche il dolore. Scusami, scusami” disse singhiozzando. L'avrei voluta baciare, ma lei si ritrasse, con fare spaventato; in quel momento capii che l'avrei dovuta rieducare all'amore ed al sesso, con molta pazienza ed attento a non rovinare il suo precario equilibrio.
scritto il
2018-10-15
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