Il corto circuito di Winnie the Pooh - Almeno dimmi qualcosa
di
RunningRiot
genere
etero
***********************
***** 28 DICEMBRE *****
- Ma perché?
- Perché farò tardi e sono già sono stanca...
- Mi andava tanto di vederti...
- Anche a me tesoro, anche a me...
- Che gli dico agli altri?
- Per capodanno decidi tutto tu, decidi per me, va benissimo qualsiasi cosa, voglio solo passarlo con te... Dai, ci vediamo domani. C’è una riunione, devo spegnere il telefono ora.
***********************
Dall’albergo con ristorante sul rooftop a questa pensioncina del cazzo. Dal bancone della reception che sembra un’astronave piena di persone che manco sanno chi sei, a questo bancone di legno malandato. Con questo tizio dallo sguardo neutro che invece l’ha capito perfettamente chi sono. Nemmeno avrebbe bisogno di guardare la fede al dito di Stefano. Semplicemente troppo giovane per lui.
Dal frigobar e tv satellitare a questa stanzetta con il letto che cigola. Come una troia, no?
E non è da troia baciarsi come se fosse una formalità, spogliarsi frenetici, senza nemmeno toccarsi l’uno con l’altra? Non è da troia togliersi queste culotte nere e trovarle un po’ umide? Non è da troia restare con le autoreggenti e basta perché sei tu che mi hai chiesto di metterle? Assecondare le tue richieste, quei deliranti messaggi che mi hai mandato e che ho cancellato subito – “la prima cosa che voglio fare è sfondarti, senza baci né abbracci” – non è da troia? Sì, io sono quel tipo di ragazza che quando scopa dice “sfondami”, non è da troia? Mi sa che ti è piaciuto, però.
Chissà poi perché hai questa fissa del fottermi subito, come l’altra volta. Deve essere uno sfizio, dai. E gli sfizi uno se li toglie con le troie, no?
E per l’appunto non è da troia guardarti mentre finisci di toglierti tutto e dare una fugace occhiata al tuo cazzo già gonfio? Non è da troia fare questo, senza un bacio, una carezza, un preliminare, fosse anche un pompino o una leccata di fica? Non è da troia fare quello che mi hai chiesto, inginocchiarsi sul letto e piegarsi, poggiare la testa sul cuscino? Spalle in basso e culo all’aria come una gatta in calore che aspetta?
Mamma mia che zoccola, mamma mia che zoccola. “Ti prego, sfondami”. L’ho detto bene?
***********************
Oddio quanto ti piace sentirti blandito, adulato, nella tua superiorità di maschio alfa. Il più fico di tutti, il più bastardo di tutti. Quanto ti piace sentirmi miagolare “è proprio magnifico che tu ce l’abbia così grosso” mentre mi ci impalo sopra. Quanto ti compiaci nel domandarmi “e a te piace proprio grosso, vero?”. Quanto ti piace ascoltare il mio sì piagnucolato, quanto ti piace immaginare che sia la conferma che io sono qui solo per quello. Quanto ti piace immaginare che io abbia accettato in regalo due ore del tuo tempo per farmi condurre qui, in questo posto del cazzo, su questo letto del cazzo, solo per assaporare il privilegio del tuo cazzo speciale, unico, dominante.
Quanto ti senti potente, padrone, nel farti spompinare un dito e poi infilarmelo nel sedere, senza cautela né pudore. Quanto ti piace sentire il mio strillo, e il mio retto che adesso te lo stringe, quel dito, così come le mie mani stringono le tue spalle ampie.
Stronzo, porco, bastardo. Almeno dimmi che sono la tua puttana, che in qualche cosa sono davvero tua. Invece di chiedermi se mi piace il tuo cazzo, invece di dirmi che vuoi farmi godere con il tuo cazzo. Non lo vedi che mi piace? Non lo vedi che ci godo? Non lo vedi che ci sbrodo sopra mentre mi devasti? Vuoi inseminarmi un’altra volta, senza nemmeno domandare se puoi farlo? Vuoi sfogarti addosso a me dopo avermi ordinato di fottermi da sola? Vuoi spruzzarmi il tuo piacere in gola? Basta un tuo comando e lo faccio. Un tuo comando, qualsiasi cosa. Sono una puttana. Dimmi che sono la tua puttana. Ho perso la testa. Ho paura, adesso. La prima volta sì, volevo questo. Solo questo. Ora non so più. Lo voglio, non potrei farne a meno ma allo stesso tempo vorrei scappare. Non sarà mai una cosa tra pari, lo so, lo sento.
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***** 3 GENNAIO *****
Secondo me non è un caso, mi aspettava, mi faceva la posta. Cazzo se ho voglia di vederlo e di stare almeno cinque minuti con lui. Ma gliel’avevo già detto via mail: “Appena finisco devo filare a casa, ho un appuntamento”. “Dai, ti accompagno, giusto per stare un po’ insieme”. E’ da prima di capodanno che non ci vediamo, da quando mi ha portata in quella pensione. E adesso un po’ di tempo per noi, da qui a casa. Quasi mi dispiace che ci sia così poco traffico oggi pomeriggio. “Com’è andata sulla neve?”.
Le sue risposte sono distratte, come la sua guida. Sbaglia strada, “dovevi girare qui”.
- Chi devi vedere?
- Il mio ragazzo, andiamo al cinema con degli amici.
- Al cinema, eh?
- Si può sapere dove stai andando? Non posso fare tardi...
Risponde “non farai tardi” ma non mi dice molto altro. Mi chiede cosa ho fatto a capodanno e io gli racconto dell’agriturismo in Toscana con Luca e degli amici. Domanda “ci hai scopato?” ed è quasi uno schiaffo. Gli rispondo di sì come se me ne vergognassi. Svolta per una stradina e si infila in una discesa, davanti a noi si apre un cancello automatico. Gli chiedo dove cazzo siamo e non risponde, con lo stesso telecomando che ha usato per il cancello fa alzare la serranda di un box auto.
- E’ casa tua? Abiti qui?
- No, qui vicino, questo è solo il box – dice mentre la serranda alle nostre spalle si abbassa. Se non fosse per le luci dell’auto che sbattono contro il bianco del muro, resteremmo nell’oscurità più completa.
- Per favore Stè, così faccio tardi... c’è della gente che dipende da me
"L'hai detto tu che sei la mia troia", dice ironico mentre mi spinge la testa verso il tuo ventre. La mia solita risatina isterica che per lui diventa un “sì”. Poi, stordente, l’odore di cazzo, l’odore di maschio, l’odore di lui. Di lui che mi vuole così tanto da trattarmi come la sua puttana. E io che non voglio altro. Che mi eccito fino quasi ad impazzire e a bagnarmi pure i collant pensando che fa così perché è geloso.
“Lo sai perché mi piaci sì? Lo sai, eh?, ha la rabbia della voglia mentre me lo chiede, mentre mi spinge la testa su e giù. Riesco a staccarmi, a prendere fiato. Non oso nemmeno guardarlo in faccia, non rialzo la testa. Davanti ai miei occhi solo il suo cazzo sbavato. “Perché sono brava a fare i bocchini”, gli ansimo. Ma la sua stessa rabbia vogliosa addosso ce l’ho io. Sì, lo so che i pompini come glieli faccio io non gliel’ha mai fatti nessuna, ci metterei la mano sul fuoco. Ma dimmi anche che se sono qui in questo momento non è solo per questo. “Stronza…- esala lui spingendomi ancora una volta giù la testa – stronza…”. E dietro quello “stronza” si sente che c’è un mondo, ma chissà cosa voleva dire. E invece no, invece dimmelo perché ti piaccio, parla! Ho la bocca piena e la fregna in fiamme, parla tu, dimmelo il perché. Mi metterei a piangere e ti amerei per sempre se mi dicessi il perché. Esploderei adesso se mi dicessi il perché.
Ma non dice nulla, non succede nulla. Eppure ho quasi un orgasmo quando mi ringhia "bevi bocchinara, fatti una bevuta di sborra". Perché a questo punto lo voglio, volgare e umiliante, lo voglio così. Non me ne frega un cazzo di nient’altro. E voglio lui dentro di me, voglio essere presa, posseduta, dilaniata. Protesto fino quasi alle lacrime quando invece la porta del box si riapre e lui fa marcia indietro dicendo che mi porta a casa e che s’è fatto tardi anche per lui.
Luca passa a citofonarmi dopo venti minuti che sono rientrata. Ho avuto appena il tempo di sciacquarmi. Mi chiede se ho i biglietti. E sì che ho i biglietti. Anche per i suoi due amici, Marco e Gianna. Sì, anche per Marco e Gianna. Vogliono tutti andare a vedere Checco Zalone. Ma a me, a parte il fatto che mi sta pure un po’ sul cazzo, non me ne frega niente di Checco Zalone. Non domandatemi nemmeno come era il film, perché non me lo ricordo. E poi la seconda tortura, la pizza. Cazzo, la pizza con quei due mosci di Marco e Gianna, con lei che mi tortura con le sue domande su come mi piacerebbe arredare una cucina. No, dico, arredare una cucina, sai quanto cazzo me ne frega ora di arredare una cucina. Mi sembra di impazzire finché non è ora di tornare a casa. Ma io, sai, non ho nessuna voglia di tornare a casa. Lo imploro “andiamo allo scannatoio”. E cazzo, stavolta devo essere proprio io a implorare. A Luca va sempre, sempre. Ma chissà, forse si era proprio sintonizzato su un’altra cosa, penserà che è troppo tardi. Gli avevo detto che domani ho il turno di mattina e devo svegliarmi presto. Quindi mi tocca insistere, essere sconcia come, almeno con i vestiti indosso, non sono mai stata con lui. Gli metto la mano tra le gambe mentre guida e mi avvicino al suo orecchio, gli sussurro “fammi essere vacca”, avverto la sua reazione sotto le mie dita. Glielo succhierei anche ora e glielo dico pure: “Se non ci fosse tutta queste gente in giro ti farei un pompino mentre guidi”. Lui mi domanda divertito “amore, ma stasera cos’hai?” e nella sua voce sento quasi più l’orgoglio che la voglia. Io mi struscio e parlo poco, anzi niente. L’unica cosa che dico è “mi porto avanti” quando lui osservando i miei contorcimenti sul sedile mi domanda stupito “che fai?”. Mi tolgo collant e mutandine e li infilo nella borsa che mi ha regalato lui, metto gli stivali a piedi nudi. L’altra cosa che dico è “parcheggia qui sul passo carrabile che tanto questi aprono domattina”. Mentre chiude la macchina cerco frenetica nella borsa Winnie The Pooh. Lo trovo, lo stringo forte come se volessi dirgli "sempre insieme, io e te". Infilo la chiave nella toppa del portone e mi trema un po' la mano. E poi non apre bene.
"No, sul letto no", gli faccio invece mentre mi calo concitata la gonna appena richiusa la porta di casa. Lui, tesoro, penserà che faccio così perché è più da porca. Giusto, in un altro momento sarebbe stata una considerazione azzeccata. Ma stasera no. Faccio così perché il tavolo è qui a un passo. E io davvero non ce la faccio più.
- Cos'hai, eh? Cos'hai stasera? - ringhia da dietro mentre mi squassa con le sue botte di cazzo. Non gliel’ho nemmeno preso in bocca.
- Ti voglio! Ti voglio! - strillo mentre le sue dita artigliano le mie anche nude - non mi hai mai scopata come stasera!
Che poi non è del tutto vero, tesoro. Sì, sto godendo tantissimo, ma anche i primi tempi mi piaceva da matti. Me lo ricordo, eh? Perfettamente. La seconda volta che abbiamo scopato. Dio, quanto mi è piaciuto. Ero impalata su di lui e mi muovevo piano, ondeggiavo. Lo guardavo sorridendo e mordicchiandomi il labbro. "Davvero sono la più bella ragazza che conosci?". Reazione da oca a un complimento allo stesso tempo fasullo e assolutamente sincero. "Io ti amo, Annalisa", mi disse. Ed era la prima volta. E in quel momento lì non ho capito più nulla. E di certo non era solo merito del suo cazzo.
Magari stasera non è così, ma ci siamo vicini. E nonostante abbia già avuto un orgasmo violento lo supplico "scopami", "più forte", “sono la tua troia”. Lusingo la bestia che è in lui miagolando "quanto sei grosso", "ti sento tutto".
E’ vero Luca, ti sento tutto. E sento in bocca anche il cazzo che oggi pomeriggio Stefano mi ha spinto dentro, sento la sua mano sulla testa. E se devo pensare a delle parole che mi fanno godere penso alle sue: “L'hai detto tu che sei la mia troia, no?".
CONTINUA
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- Ma perché?
- Perché farò tardi e sono già sono stanca...
- Mi andava tanto di vederti...
- Anche a me tesoro, anche a me...
- Che gli dico agli altri?
- Per capodanno decidi tutto tu, decidi per me, va benissimo qualsiasi cosa, voglio solo passarlo con te... Dai, ci vediamo domani. C’è una riunione, devo spegnere il telefono ora.
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Dall’albergo con ristorante sul rooftop a questa pensioncina del cazzo. Dal bancone della reception che sembra un’astronave piena di persone che manco sanno chi sei, a questo bancone di legno malandato. Con questo tizio dallo sguardo neutro che invece l’ha capito perfettamente chi sono. Nemmeno avrebbe bisogno di guardare la fede al dito di Stefano. Semplicemente troppo giovane per lui.
Dal frigobar e tv satellitare a questa stanzetta con il letto che cigola. Come una troia, no?
E non è da troia baciarsi come se fosse una formalità, spogliarsi frenetici, senza nemmeno toccarsi l’uno con l’altra? Non è da troia togliersi queste culotte nere e trovarle un po’ umide? Non è da troia restare con le autoreggenti e basta perché sei tu che mi hai chiesto di metterle? Assecondare le tue richieste, quei deliranti messaggi che mi hai mandato e che ho cancellato subito – “la prima cosa che voglio fare è sfondarti, senza baci né abbracci” – non è da troia? Sì, io sono quel tipo di ragazza che quando scopa dice “sfondami”, non è da troia? Mi sa che ti è piaciuto, però.
Chissà poi perché hai questa fissa del fottermi subito, come l’altra volta. Deve essere uno sfizio, dai. E gli sfizi uno se li toglie con le troie, no?
E per l’appunto non è da troia guardarti mentre finisci di toglierti tutto e dare una fugace occhiata al tuo cazzo già gonfio? Non è da troia fare questo, senza un bacio, una carezza, un preliminare, fosse anche un pompino o una leccata di fica? Non è da troia fare quello che mi hai chiesto, inginocchiarsi sul letto e piegarsi, poggiare la testa sul cuscino? Spalle in basso e culo all’aria come una gatta in calore che aspetta?
Mamma mia che zoccola, mamma mia che zoccola. “Ti prego, sfondami”. L’ho detto bene?
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Oddio quanto ti piace sentirti blandito, adulato, nella tua superiorità di maschio alfa. Il più fico di tutti, il più bastardo di tutti. Quanto ti piace sentirmi miagolare “è proprio magnifico che tu ce l’abbia così grosso” mentre mi ci impalo sopra. Quanto ti compiaci nel domandarmi “e a te piace proprio grosso, vero?”. Quanto ti piace ascoltare il mio sì piagnucolato, quanto ti piace immaginare che sia la conferma che io sono qui solo per quello. Quanto ti piace immaginare che io abbia accettato in regalo due ore del tuo tempo per farmi condurre qui, in questo posto del cazzo, su questo letto del cazzo, solo per assaporare il privilegio del tuo cazzo speciale, unico, dominante.
Quanto ti senti potente, padrone, nel farti spompinare un dito e poi infilarmelo nel sedere, senza cautela né pudore. Quanto ti piace sentire il mio strillo, e il mio retto che adesso te lo stringe, quel dito, così come le mie mani stringono le tue spalle ampie.
Stronzo, porco, bastardo. Almeno dimmi che sono la tua puttana, che in qualche cosa sono davvero tua. Invece di chiedermi se mi piace il tuo cazzo, invece di dirmi che vuoi farmi godere con il tuo cazzo. Non lo vedi che mi piace? Non lo vedi che ci godo? Non lo vedi che ci sbrodo sopra mentre mi devasti? Vuoi inseminarmi un’altra volta, senza nemmeno domandare se puoi farlo? Vuoi sfogarti addosso a me dopo avermi ordinato di fottermi da sola? Vuoi spruzzarmi il tuo piacere in gola? Basta un tuo comando e lo faccio. Un tuo comando, qualsiasi cosa. Sono una puttana. Dimmi che sono la tua puttana. Ho perso la testa. Ho paura, adesso. La prima volta sì, volevo questo. Solo questo. Ora non so più. Lo voglio, non potrei farne a meno ma allo stesso tempo vorrei scappare. Non sarà mai una cosa tra pari, lo so, lo sento.
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Secondo me non è un caso, mi aspettava, mi faceva la posta. Cazzo se ho voglia di vederlo e di stare almeno cinque minuti con lui. Ma gliel’avevo già detto via mail: “Appena finisco devo filare a casa, ho un appuntamento”. “Dai, ti accompagno, giusto per stare un po’ insieme”. E’ da prima di capodanno che non ci vediamo, da quando mi ha portata in quella pensione. E adesso un po’ di tempo per noi, da qui a casa. Quasi mi dispiace che ci sia così poco traffico oggi pomeriggio. “Com’è andata sulla neve?”.
Le sue risposte sono distratte, come la sua guida. Sbaglia strada, “dovevi girare qui”.
- Chi devi vedere?
- Il mio ragazzo, andiamo al cinema con degli amici.
- Al cinema, eh?
- Si può sapere dove stai andando? Non posso fare tardi...
Risponde “non farai tardi” ma non mi dice molto altro. Mi chiede cosa ho fatto a capodanno e io gli racconto dell’agriturismo in Toscana con Luca e degli amici. Domanda “ci hai scopato?” ed è quasi uno schiaffo. Gli rispondo di sì come se me ne vergognassi. Svolta per una stradina e si infila in una discesa, davanti a noi si apre un cancello automatico. Gli chiedo dove cazzo siamo e non risponde, con lo stesso telecomando che ha usato per il cancello fa alzare la serranda di un box auto.
- E’ casa tua? Abiti qui?
- No, qui vicino, questo è solo il box – dice mentre la serranda alle nostre spalle si abbassa. Se non fosse per le luci dell’auto che sbattono contro il bianco del muro, resteremmo nell’oscurità più completa.
- Per favore Stè, così faccio tardi... c’è della gente che dipende da me
"L'hai detto tu che sei la mia troia", dice ironico mentre mi spinge la testa verso il tuo ventre. La mia solita risatina isterica che per lui diventa un “sì”. Poi, stordente, l’odore di cazzo, l’odore di maschio, l’odore di lui. Di lui che mi vuole così tanto da trattarmi come la sua puttana. E io che non voglio altro. Che mi eccito fino quasi ad impazzire e a bagnarmi pure i collant pensando che fa così perché è geloso.
“Lo sai perché mi piaci sì? Lo sai, eh?, ha la rabbia della voglia mentre me lo chiede, mentre mi spinge la testa su e giù. Riesco a staccarmi, a prendere fiato. Non oso nemmeno guardarlo in faccia, non rialzo la testa. Davanti ai miei occhi solo il suo cazzo sbavato. “Perché sono brava a fare i bocchini”, gli ansimo. Ma la sua stessa rabbia vogliosa addosso ce l’ho io. Sì, lo so che i pompini come glieli faccio io non gliel’ha mai fatti nessuna, ci metterei la mano sul fuoco. Ma dimmi anche che se sono qui in questo momento non è solo per questo. “Stronza…- esala lui spingendomi ancora una volta giù la testa – stronza…”. E dietro quello “stronza” si sente che c’è un mondo, ma chissà cosa voleva dire. E invece no, invece dimmelo perché ti piaccio, parla! Ho la bocca piena e la fregna in fiamme, parla tu, dimmelo il perché. Mi metterei a piangere e ti amerei per sempre se mi dicessi il perché. Esploderei adesso se mi dicessi il perché.
Ma non dice nulla, non succede nulla. Eppure ho quasi un orgasmo quando mi ringhia "bevi bocchinara, fatti una bevuta di sborra". Perché a questo punto lo voglio, volgare e umiliante, lo voglio così. Non me ne frega un cazzo di nient’altro. E voglio lui dentro di me, voglio essere presa, posseduta, dilaniata. Protesto fino quasi alle lacrime quando invece la porta del box si riapre e lui fa marcia indietro dicendo che mi porta a casa e che s’è fatto tardi anche per lui.
Luca passa a citofonarmi dopo venti minuti che sono rientrata. Ho avuto appena il tempo di sciacquarmi. Mi chiede se ho i biglietti. E sì che ho i biglietti. Anche per i suoi due amici, Marco e Gianna. Sì, anche per Marco e Gianna. Vogliono tutti andare a vedere Checco Zalone. Ma a me, a parte il fatto che mi sta pure un po’ sul cazzo, non me ne frega niente di Checco Zalone. Non domandatemi nemmeno come era il film, perché non me lo ricordo. E poi la seconda tortura, la pizza. Cazzo, la pizza con quei due mosci di Marco e Gianna, con lei che mi tortura con le sue domande su come mi piacerebbe arredare una cucina. No, dico, arredare una cucina, sai quanto cazzo me ne frega ora di arredare una cucina. Mi sembra di impazzire finché non è ora di tornare a casa. Ma io, sai, non ho nessuna voglia di tornare a casa. Lo imploro “andiamo allo scannatoio”. E cazzo, stavolta devo essere proprio io a implorare. A Luca va sempre, sempre. Ma chissà, forse si era proprio sintonizzato su un’altra cosa, penserà che è troppo tardi. Gli avevo detto che domani ho il turno di mattina e devo svegliarmi presto. Quindi mi tocca insistere, essere sconcia come, almeno con i vestiti indosso, non sono mai stata con lui. Gli metto la mano tra le gambe mentre guida e mi avvicino al suo orecchio, gli sussurro “fammi essere vacca”, avverto la sua reazione sotto le mie dita. Glielo succhierei anche ora e glielo dico pure: “Se non ci fosse tutta queste gente in giro ti farei un pompino mentre guidi”. Lui mi domanda divertito “amore, ma stasera cos’hai?” e nella sua voce sento quasi più l’orgoglio che la voglia. Io mi struscio e parlo poco, anzi niente. L’unica cosa che dico è “mi porto avanti” quando lui osservando i miei contorcimenti sul sedile mi domanda stupito “che fai?”. Mi tolgo collant e mutandine e li infilo nella borsa che mi ha regalato lui, metto gli stivali a piedi nudi. L’altra cosa che dico è “parcheggia qui sul passo carrabile che tanto questi aprono domattina”. Mentre chiude la macchina cerco frenetica nella borsa Winnie The Pooh. Lo trovo, lo stringo forte come se volessi dirgli "sempre insieme, io e te". Infilo la chiave nella toppa del portone e mi trema un po' la mano. E poi non apre bene.
"No, sul letto no", gli faccio invece mentre mi calo concitata la gonna appena richiusa la porta di casa. Lui, tesoro, penserà che faccio così perché è più da porca. Giusto, in un altro momento sarebbe stata una considerazione azzeccata. Ma stasera no. Faccio così perché il tavolo è qui a un passo. E io davvero non ce la faccio più.
- Cos'hai, eh? Cos'hai stasera? - ringhia da dietro mentre mi squassa con le sue botte di cazzo. Non gliel’ho nemmeno preso in bocca.
- Ti voglio! Ti voglio! - strillo mentre le sue dita artigliano le mie anche nude - non mi hai mai scopata come stasera!
Che poi non è del tutto vero, tesoro. Sì, sto godendo tantissimo, ma anche i primi tempi mi piaceva da matti. Me lo ricordo, eh? Perfettamente. La seconda volta che abbiamo scopato. Dio, quanto mi è piaciuto. Ero impalata su di lui e mi muovevo piano, ondeggiavo. Lo guardavo sorridendo e mordicchiandomi il labbro. "Davvero sono la più bella ragazza che conosci?". Reazione da oca a un complimento allo stesso tempo fasullo e assolutamente sincero. "Io ti amo, Annalisa", mi disse. Ed era la prima volta. E in quel momento lì non ho capito più nulla. E di certo non era solo merito del suo cazzo.
Magari stasera non è così, ma ci siamo vicini. E nonostante abbia già avuto un orgasmo violento lo supplico "scopami", "più forte", “sono la tua troia”. Lusingo la bestia che è in lui miagolando "quanto sei grosso", "ti sento tutto".
E’ vero Luca, ti sento tutto. E sento in bocca anche il cazzo che oggi pomeriggio Stefano mi ha spinto dentro, sento la sua mano sulla testa. E se devo pensare a delle parole che mi fanno godere penso alle sue: “L'hai detto tu che sei la mia troia, no?".
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