A.N.A.L.E. - Il lettore scrupoloso
di
RunningRiot
genere
etero
Trovo posto in un angolino. Odio essere in ritardo ma lo sono, hanno già cominciato. Mi dico "ah quella è Inception" guardando una ragazza che ritira con un sorriso ironico una pergamena. Proprio la sua ironia mi porta subito dopo a domandarmi chi sia stato a dare il nome a questo premio. Accademia nazionale dei lettori di letteratura erotica, ma dai... Una presa per il culo in tutti i sensi, ridacchio tra me e me. Forse è la prima volta che sorrido, oggi. Ho passato il viaggio in treno a domandarmi se litigare in meno di mezz'ora non solo con il proprio fidanzato ma anche con il proprio amante possa essere considerato, perlomeno, record europeo. E in caso affermativo, chi dovrebbe omologarlo. Oltre che essere in ritardo, odio anche essere incazzata nelle occasioni sbagliate. Ma lo sono.
Guardo in giro. Certo, potevo mettermi più carina. Ma chi lo andava a pensare che la serata sarebbe stata una specie di gala? Il vestito lungo di cotone grigio, sbracciato sì ma senza nemmeno l'ombra di una scollatura, per dire, me lo potevo risparmiare. E anche le Converse bordeaux. Vabbè, ormai.
Conoscere un nome e immaginarne la faccia. E’ un gioco che ho sempre fatto, penso non solo io. E qui c’è da divertirsi a verificare se ci ho azzeccato o no. Per esempio, pensavo chissà perché che Herman avesse una faccia da pazzo. E invece no, per nulla. Ha proprio una faccia da manicomio criminale! Ma forse mi lascio troppo condizionare da quello che mi ha detto: “Sei più lunga di un’agonia...”. Credo fosse un riferimento alla mia statura, o qualcosa del genere, un complimento. Mi ha presa un po’ alla sprovvista, lasciandomi lì senza avere nemmeno il tempo di rispondergli “ma guarda che ci sono un sacco di ragazze più alte di me”.
E quindi Luthien, Paoletta... oh, Lucrezia. Ma tu sei la stessa Lucrezia che...? Ce ne fosse una che è come pensavo. Niente, sono proprio imbranata. E mi scopro imbranata anche nei discorsi, proprio io che con le parole pensavo di saperci fare. Nulla è come pensavo che fosse. Per dire, credevo che conoscendo Alba mi sarebbe venuto naturale domandarle “davvero non ti piace l’epilogo di un pompino?”. In definitiva ne abbiamo anche parlato su Disqus, no? E sì, certo, provateci voi in mezzo a tuxedo, calici, morbidi discorsi sul più e sul meno. E poi a dirle a freddo, certe cose, sono soltanto volgari. Altra cosa è scriverle, lì devi pensare, organizzare, costruire un senso. Ma così, su due piedi... Chissà, magari dopo, magari la serata si scalda, magari mi sentirò meno intimidita.
Mi spiace che non ci sia Babi, però. Le avrei detto che i suoi editoriali e i suoi racconti hanno sempre un certo effetto su di me. E che sento una certa corrispondenza. Chissà dov’è sparita. Ma non è la sola. Lei di sicuro un premio se lo meritava.
***
Che poi finisce spesso così, in situazioni come questa. Che bevo per darmi un contegno. E certo, l’alcol un po’ ti scioglie. Peccato che, dopo il terzo flute di non-so-cosa, discutere con umile_schiavo dello stile indiretto libero non sia così facile. Non devo averlo convinto, mi sa. E mi sa pure che ho detto qualche cazzata. Vabbè, pazienza. Stretta su un divano tra Mister Pink e Mister Gwyn mi sento una fetta di prosciutto cotto in un tramezzino. Scherzo dicendo “oh, siamo intellettuali, mica mi vorrete mettere le mani addosso, eh?”. Rispondono all’unisono “magari” e prima che la risata si smorzi arriva Paoletta a portarmi via, al bar. “No, cazzo, sto esagerando”, le dico. “Mai dai, se non si esagera in serate così... dai che tra un po’ c’è la foto di gruppo”.
Ah già, c’è sempre una foto di gruppo, di qualsiasi gruppo. “Tu vieni così?”, le domando osservando i suoi piedi nudi. “Non mi ricordo dove le ho messe”, ride. Stiamo esagerando, non c’è dubbio. La stessa foto di gruppo ha qualcosa di eccessivo, anche se mi sfugge cosa.
Quando ci sciogliamo becco al volo Verificatore e gli dico che, anche se cambia nick, per me rimane sempre il Verificatore. E che non so chi gli abbia dato l’incarico di verificare, ma che comunque essere promossa o bocciata da uno con quel nome qualche cosa me la provoca.
Mi aggiro un po’ e mi si avvicina un tipo. Difficile dire se sia sbronzo, fatto o proprio così di natura. Ma non avevano detto che il party era riservato agli autori? Mi fa “bella, me lo fai un autografo?”. Lo guardo un po’ stupita prima che lui aggiunga “sul cazzo però, con il rossetto, sennò basta anche l’impronta delle labbra”. Gli do le spalle di colpo attirando l’attenzione di uno della security. Dalla faccia che sento di avere deve avere capito al volo. Si muovono in due, lui e un suo collega. Insieme sono grossi come il suv di mio padre. Mentre mi passano a fianco mi verrebbe da dire loro “ragazzi, non esagerate”. Un attimo dopo invece penso “no, ok, esagerate”. Chissà dove finisce la serata sto deficiente, a occhio e croce nel cassonetto dell’umido.
Vado al bancone, stavolta da sola. Ho bisogno di riprendermi un po’.
- Mi dai una birra per favore?
Il ragazzo mi guarda sorridendo. Ha un panciotto nero e la camicia bianca d’ordinanza, la cravatta. Non è un brutto tipo, ma non è nemmeno Scamarcio. Se proprio dovessi fare dei pensieri, che comunque non faccio, li farei sulla moretta che lavora insieme a lui. Quella sì che in un altro momento mi avrebbe richiamata. La trovo irresistibile vestita in quel modo, identico al ragazzo, con quelle bombe sotto la camicia.
L’idea mi viene precisamente in questo momento qui: come mi verrebbe un racconto su questa serata? Cosa ci metterei dentro? Di sicuro una scena in camera mia. Io alle sue spalle che le slaccio il nodo e le sussurro “l’hai mai fatto il gioco della cravatta?” un attimo prima di bendarla con quella e spogliarla.
- Come scusa? – chiedo risvegliandomi dai miei pensieri.
- Dicevo, una birra no, su... non le va un long drink signorina? Susanna ne fa di ottimi...
Ah beh, se li fa Susanna con le sue manine... chissà se shakererebbe anche me.
- Ha vinto qualche premio stasera, signorina? – mi domanda il ragazzo mentre osservo Susanna far precipitare nell’highball troppa roba per i miei gusti.
- Uh... no... ma è da poco che scrivo su questo sito, non me lo sarei nemmeno aspettato... E’ stata una sorpresa che mi abbiano invitata, chi lo sapeva che esistesse sto premio...
- L’anno prossimo, magari... – sorride il ragazzo porgendomi l’intruglio ghiacciato che, devo però ammettere, è ottimo.
Faccio una smorfia di apprezzamento per il long drink a Susanna, persino troppo smaccata. Non mi si incula di pezza. Proprio no, eh? Vabbè, peccato, poteva essere un’idea.
- Chissà, magari... potrei cominciare a prendere appunti già da stasera, a farmi venire qualche idea... – rispondo distrattamente tornando a guardare il ragazzo.
Ehi, ma che cazzo fai, sei arrossito? Ma guarda questo... è timido. Non l’avrei detto, si vede che il suo savoir faire era semplice professionalità da barman. Vorrei dirgli no, guarda, non c’entri un cazzo tu, stavo pensando a me che strillo mentre Susanna mi slinguazza in mezzo alle cosce... Però arrossire ti fa più carino, lo sai? Potrebbe anche essere un’idea anche questa, sarà un annetto che non faccio una cosa del genere.
- In realtà un'idea ce l'avrei per un racconto... il prossimo anno potrebbe vincere, sai? - gli dico sforzandomi di guardarlo in modo neutro - potrebbe essere anche ambientato qui dentro, volendo... o in un qualsiasi altro albergo. Ecco, ora che ci penso credo proprio che la location sarà un albergo.
Il ragazzo mi guarda in silenzio, deglutisce. Le sue gote sono ancora rosse. Mi sembra chiaro che con questo qui non è cosa, non mi sembra proprio il tipo. Ma poi chi lo sa? E in ogni caso ci si può sempre divertire in un altro modo, no? Oddio, mi sa che sono proprio ubriaca. O meglio, in quello stato in cui una dice "ok, è tutto sotto controllo" e invece non è sotto controllo un cazzo.
- Per esempio, come ipotesi eh? Diciamo che sto prendendo mentalmente degli appunti - continuo dopo avere buttato giù un sorso - potrebbe essere un racconto in cui... boh, diciamo che mi lascio sedurre dal barman. Non sarebbe mica la prima volta, sai? Non è che abbia proprio una passione smodata, maaa... beh una passioncella c'è, lo ammetto. Solo che dovrei descrivere una situazione un po' complicata, perché c'è ancora un sacco di gente e lui ha un sacco di lavoro... Però lui mi ha assolutamente sedotta, all'istante, non so come abbia fatto... Mi chiede il numero della stanza e mi dice che quando smonta verrà da me e che vuole trovarmi... che dici, nuda? O con qualcosa ancora addosso? Boh, vedremo. Lo dice con tono quasi gentile ma al tempo stesso autorevole. Solo che è proprio quel tono che mi stende... che dici, funziona?
Mi guarda ancora in silenzio mentre mi scolo l'ultima goccia e penso "madonna quanto sono stronza con questo poverino". E proprio perché in fondo un po' stronza lo sono davvero, insisto.
- Io però gli potrei dire, che ne so, "non si potrebbe avere un antipasto, ora?". Però dovrei anche descrivere per bene quanto sia gonfia di voglia, perché non è una cosa che può succedere così. Un po’ troia d’accordo, però... E poi, beh c'è anche il posto da trovare, deve essere vicino, lui non ha tempo, mica possiamo salire in camera... l'ideale sarebbe un retro, un piccolo magazzino... andrebbe bene anche una toilette, ma sarebbe meglio un retro. Qui ce n'è uno?
Il ragazzo scuote la testa, chissà cosa gli frulla nel cervello.
- Peccato, vabbè, diciamo che c'è... lui me lo indica e mi dice "aspettami lì". Io ci vado con il cuore che mi batte... e non solo il cuore. Non so se mi spiego. Mi raggiunge, ci baciamo in fretta, e a sto punto anche la sua voglia ha fretta. Gliela sento, gliela tiro fuori... mi ci inginocchio davanti e lui... beh, forse proprio perché abbiamo fretta o perché è tanto che non gli capita... o forse perché nessuna gliel'ha mai succhiato così... beh insomma, arriva quasi subito, ed è anche bello carico eh? Solo che proprio mentre spara l'ultimo colpo viene a cercarlo la sua collega del bar, diciamo che si chiama Susanna... oh cavoli, devo dare un nome anche a lui, tu com'è che ti chiami?
- Carlo... - balbetta con la gola chiaramente secca.
- Ok. Susanna quasi sbotta "Carlo, che cazzo fai?". E a quel punto mi alzo, la bacio e le riverso in bocca tutto lo sperma che lui ha riversato in bocca a me. Le nostre lingue si intrecciano in mezzo a quello sperma, ci danzano sopra. Quando la mollo le metto una mano su un seno e le dico "facciamo né più e né meno quello che faremo tutti e tre stanotte". Che ne dici? Lo metterei nel genere "trio" più che in quello "bisex", non mi dispiacerebbe vincere il premio per il genere "trio".
Poso il bicchiere e mollo quello che un paio di minuti fa era un barman e che adesso sembra un fiammifero appena acceso.
Mi tornano in mente Babi e la sua assenza. Magari a questo punto la andrei a cercare e le direi "ehi, ti ricordi che dicevamo che se a trentacinque anni ci aveva detto male con gli uomini ci davamo al saffico?". Magari potrei dirle "anche se manca un sacco di tempo, non è che vorresti fare un'esercitazione stanotte? Oppure rimediamo un manzo lì di fuori e facciamo una cosina a tre". Magari mi direbbe di no, ma non si offenderebbe, ne sono certa. O magari chissà, magari non mi direbbe nemmeno di no.
Faccio qualche passo con la testa immersa in queste cose e quasi vado a sbattere contro un tipo un po’ grande. Vestito bene, ma non da sera come tutti gli altri. Completo blu elettrico, camicia bianca e cravatta gialla. Faccia e sorrisino arrogante, di quelli che ti fanno mettere immediatamente sulla difensiva. Peccato, perché non sarebbe nemmeno un brutto tipo. Sono abbastanza sicura che nemmeno lui sia tra gli invitati, chissà come ha fatto la sicurezza a non beccarlo.
- Signorina, le posso fare un paio di domande?
- Giornalista? – chiedo.
- No. Se dovesse indicare un suo difetto, quale sarebbe?
E qui, obiettivamente, le difese si alzano un po’ di più. Dentro di me scatta subito il diffidente “che cazzo vuole questo?”.
- Non saprei – rispondo elusiva – forse dico troppe parolacce...
- Tra i racconti di Browserfast e quelli di RunningRiot che differenza c’è? A parte, chiaramente, la banalità della protagonista che è un po’ più grande, della sua età direi...
- Ah beh... beh questa è una cosa che preferisco tenere per me, mi scusi.
- Dal suo punto di vista però la differenza c’è... Non è vero?
- Il punto di vista degli autori conta poco – gli faccio alzando le spalle come a dire “beh sì, certamente” – una scrive e poi... beh, ognuno la legge come vuole.
- ... mmm, spero che almeno apprezzi che non le abbia fatto la solita domanda.
- Quale domanda?
- Quanto c’è di vero e quanto c’è di inventato.
- Sono cose inestricabili... e in fin dei conti nemmeno tanto interessanti. Conta ciò che si scrive, mi scusi.
Mi dileguo nonostante, alla fine, il suo “comunque non sta messa così male, a tette” mi faccia persino un po’ piacere. No, d’accordo, lo so anche io che c’è di peggio.
Intercetto finalmente Inception. Che poi è una delle cose che mi ripromettevo di fare. Mi dice “ah, sei tu? Ciao Chrome, piacere”. Sorrido a una battuta che in realtà mi ha già fatto e le dico quanto mi piacciano i suoi racconti, quanto riesca a trasformare quasi in poesia la nostra parte animale. E a dire in poche righe cose che a me richiederebbero due o tre capitoli. Mi rivolge lo stesso sorriso che aveva quando ritirava il premio. Mi ringrazia dicendo “scusa, devo proprio scappare”.
Scappare dove? Do un’occhiata panoramica al salone e sembra che si sia trasformato in una specie di campo di battaglia. Non mi ero proprio accorta che l'aria si fosse fatta così indecentemente sbracata. Sono tutti strafatti, di alcol e stanchezza direi. Vedere gente mediamente abbastanza più grande di me, tutta insieme, ridursi come a una di quelle feste dell'università mi fa un certo effetto. Qualcuno è stravaccato su un divano, qualcun altro direttamente steso in terra. Alba si aggira in canottiera e pantaloncini microscopici, chiaramente un pigiama, con una bottiglia di Jack Daniel’s in mano. Altro che tango. Luthien balla lentamente con una donna, ma più che una danza sembra un preliminare. Forse sono io che ho bevuto troppo, ma l’atmosfera mi sembra decisamente cambiata rispetto a solo un’ora fa. Radicalmente cambiata. Non che succeda niente di particolare, eh? Cioè, a ben guardare una cosa succede. Faccio un’altra panoramica del salone e vedo una ragazza distesa su un pianoforte a coda. Vabbè, stavolta è facile, è pink_. Qualcuno, che non saprò mai chi è, ha la testa infilata sotto la gonna del suo vestito rosa. Lei si muove sinuosa nonostante le cosce spalancate, sta chiaramente godendo tantissimo. Percepisco l'intensità del suo piacere come, credo, solo una ragazza lo può percepire. In rapida successione, un flash di invidia e un altro di eccitazione. Mi dico che Luca no, ma almeno Stefano me lo potevo portare dietro. Poi penso alla moglie e valuto l'improbabilità della cosa. Subito dopo penso alle litigate che mi sono fatta con entrambi e anche l'eccitazione ritorna da dove era venuta. Non ho fatto nemmeno in tempo a inumidirmi le mutandine, tanto è stato rapido il tutto. La stanchezza della giornata mi pesa addosso, si fa improvvisamente sentire. Anche l'alcol si fa sentire nel suo effetto peggiore, quello del down. Meglio andare a letto.
***
Entro in camera e mi prende un colpo. Non tanto perché la luce è accesa. Lì per lì non ci faccio caso. Ma perché sulla poltroncina rossa c'è il tipo che ho incontrato di sotto al bar. Giacca blu elettrico, camicia bianca e cravatta gialla. Quello.
- Chi è lei? Cosa vuole, come è entrato?
- Sono il direttore.
- E sticazzi? La domanda era "cosa ci fa qui?". La avverto, sto per mettermi a urlare...
- Urlare per cosa?
- Se ne va per favore?
- Non ha risposto alla mia domanda, prima, al bar...
- Senta, io adesso vado al bagno, quando esco non voglio più vederla seduto lì sopra. E amici come prima...
Raccolgo la camicia da notte e entro in bagno. Chiudo a chiave perché non si sa mai e porto anche il telefono con me. Sempre perché non si sa mai. Faccio tutto ciò che devo fare, doccia compresa, e quando esco effettivamente la poltroncina è vuota. Nell'aria c’è odore di fumo e la porta finestra è aperta. Lui e lì, in piedi, che guarda di fuori.
***
- Scusate ma la mattina non sono mai molto simpatica - dico guardando Ambra, Thomas e Cassandra. Nella sala delle colazioni c’è poca gente. Non si può dire che sia proprio presto, ma ci giurerei che di qui stamattina non sono passati in molti.
Mi siedo al tavolo con loro come una maleducata, senza nemmeno chiedere se posso. Con una smorfia che spero proprio non venga notata da nessuno dei tre. Ho dormito troppo poco. Nella testa mi rimbomba di tutto, dalle frasi torpide di chi è al tavolo con me al rumore delle stoviglie, dalla voce della cameriera che mi chiede conferma - cappuccino? - alla voce alterata di quell'uomo, stanotte.
"Cazzo, quando descrivi i pompini non è fantasia", mentre io gli domando con gli occhi "ti piace?". Beh, che ti credevi, che fosse proprio tutto inventato?
"Che puttana bocchinara che sei, lo so che ti piace essere insultata", mentre le sue mani mi afferrano i capelli e mi spingono la testa su e giù e io mugolo quello che vorrebbe essere un "sì". Non è che avessi proprio questa predisposizione d'animo fino a un minuto fa. Però ok, non mi dà fastidio.
"A me non lo dici che sei la mia troia?", mentre stantuffa tra le mie gambe e io interrompo la mia lagna fastidiosa per piagnucolargli "sono la tua troia". Cazzo, davvero un lettore attento, di quelli che se leggesse su carta certi passaggi li sottolineerebbe.
"Allora non è vero che non ti piace nel culo", mentre io gli starnazzo tre o quattro "sì!" e poi soffoco sul cuscino piacere e dolore. Beh sì, qualche volta mi piace. Stanotte mi è piaciuto, ho goduto. Però dai, non lo poteva sapere, quelle cose lì non le ho ancora scritte.
“E ti piace anche questo, lo so”, mentre mi molla sberle sulle chiappe e i miei urletti non riescono a nascondere il compiacimento. Cazzo, un lettore davvero fedele.
"Mi piace questo premio, ogni anno me ne faccio una...", mentre mi accoccolo sulla sua spalla. Qui non mi è piaciuto, un po' volgare e troppo sborone. E non in quel senso, in quel senso era ok.
"Scusa, non voglio svegliarti né scappare, ma devo andare a lavorare", mentre mi rigiravo nel letto. Qui invece mi è piaciuto. E mi è piaciuto anche il bacio leggero sulla spalla nuda.
Non ho mica capito bene cosa cazzo sia successo. Cioè, me lo ricordo, ma mi manca un passaggio. Io che esco dal bagno, mi accorgo della sua presenza e lo guardo super incazzata. Ok, fin qui ci siamo. “Carlo è gay e Susanna è una specie di suora... ti ha detto male”. Ecco, dopo queste parole non ho pronunciato parola, non credo nemmeno di avere fatto qualche faccia particolare. Ma mi sa che è proprio qui che qualcosa ha iniziato a cambiare. Mi sono sentita scoperta, denudata nel cervello.
E poi lui che mi dice "me ne vado subito, prima però vorrei chiederti una cosa...". Io che gli rispondo "sentiamo...", che a pensarci ora era già un mezzo cedimento. "Me lo fai il giochino della sigaretta?". "Ma lei è matto, a parte il fatto che così non funziona". "E come funziona?". "Funziona che ci vuole un minimo di atmosfera". Ecco, a questo punto non saprei spiegare bene perché, dopo il suo "se è per questo non c'è problema", mi sia lasciata baciare. Probabilmente deve avere interpretato il mio accenno a “un minimo di atmosfera” come un cedimento totale, probabilmente era anche vero, ma non me lo ricordo. Mentre invece la sua mano sulla spalla che mi spingeva giù dopo un paio di minuti di baci, strusciate e palpeggiamenti me la ricordo. Me la aspettavo. Ci contavo, direi. Anche sul suo “gran bel culetto” mentre me lo stringeva, ci contavo. Non fosse altro per una questione di reputazione. E il suo "brava, succhiami il cazzo" mentre glielo annusavo e assaggiavo. Pure quello ricordo. Mi ha fatto piacere. E ricordo bene anche il mio "prendimi, ma poi resta a dormire con me". Sì, me lo ricordo. E naturalmente anche il gioco della sigaretta gliel'ho fatto. Dopo la prima scopata. Dopo che lui aveva raccolto il piacere spruzzato dentro di me e me l'aveva fatto leccare. Che cazzo di sensazione sentire due dita che ti frugano dentro immediatamente dopo che il maschio ha fatto il suo lavoro. "Ci devi bagnare solo il filtro", gli ho detto.
***
Zuccherando il cappuccino rifletto sul fatto che il campionario se l’è praticamente passato in rassegna tutto, o quasi. Compresi i capelli messi a coda e tirati, che il collo mi fa pure un po’ male. Compresa la lingua infilata nel buchino. E poi il pollice. E due dita nella fica nello stesso momento. E la lingua sul grilletto sempre nello stesso momento. Cazzo, con quello che ho scritto nei miei racconti è come se gliel’avessi chiesto io di farmi perdere la brocca in questo modo, come se gli avessi detto “guarda che in certi momenti se mi chiedi tesserina e codice bancomat te li do”. Ma anche “guarda che se in certi momenti mi sodomizzi io non ho proprio nulla da obiettare”. La fitta che mi sale su mi conferma che l’ha fatto, sapendo che doveva farlo e basta, senza chiedere. Ecco cosa succede a dare certi nomi ai premi letterari, uno qualche idea se la fa venire. Soprattutto se è un lettore davvero scrupoloso. E anche un amante appassionato. Se mi avesse detto anche il suo nome sarebbe stato perfetto. Ma forse sono io che non me lo ricordo.
- Scusa, ero sovrappensiero – dico a Thomas che mi guarda e che mi ha appena detto qualcosa.
- Volevo sapere chi è che ti whattsappa – ripete indicando il mio telefono sul tavolo – ma dicevo così per dire...
- Uh, è il mio ragazzo, non me ne ero nemmeno accorta.
Scrive “Dove sei? Facciamo pace?”. Gli rispondo che sono dala mia amica di Milano e che non posso parlare, adesso. Lo chiamo dopo. Ma sì Luca, facciamo pace. Non so il motivo ma ho molta più voglia di fare pace con te che con Stefano. Sarà perché, in qualche modo, non so nemmeno io quale, ti sento mio. E vedi, non te lo spiegherò mai, ma non ho preso nessun premio a questo concorso. Ma magari tu prenderai finalmente il tuo.
Guardo in giro. Certo, potevo mettermi più carina. Ma chi lo andava a pensare che la serata sarebbe stata una specie di gala? Il vestito lungo di cotone grigio, sbracciato sì ma senza nemmeno l'ombra di una scollatura, per dire, me lo potevo risparmiare. E anche le Converse bordeaux. Vabbè, ormai.
Conoscere un nome e immaginarne la faccia. E’ un gioco che ho sempre fatto, penso non solo io. E qui c’è da divertirsi a verificare se ci ho azzeccato o no. Per esempio, pensavo chissà perché che Herman avesse una faccia da pazzo. E invece no, per nulla. Ha proprio una faccia da manicomio criminale! Ma forse mi lascio troppo condizionare da quello che mi ha detto: “Sei più lunga di un’agonia...”. Credo fosse un riferimento alla mia statura, o qualcosa del genere, un complimento. Mi ha presa un po’ alla sprovvista, lasciandomi lì senza avere nemmeno il tempo di rispondergli “ma guarda che ci sono un sacco di ragazze più alte di me”.
E quindi Luthien, Paoletta... oh, Lucrezia. Ma tu sei la stessa Lucrezia che...? Ce ne fosse una che è come pensavo. Niente, sono proprio imbranata. E mi scopro imbranata anche nei discorsi, proprio io che con le parole pensavo di saperci fare. Nulla è come pensavo che fosse. Per dire, credevo che conoscendo Alba mi sarebbe venuto naturale domandarle “davvero non ti piace l’epilogo di un pompino?”. In definitiva ne abbiamo anche parlato su Disqus, no? E sì, certo, provateci voi in mezzo a tuxedo, calici, morbidi discorsi sul più e sul meno. E poi a dirle a freddo, certe cose, sono soltanto volgari. Altra cosa è scriverle, lì devi pensare, organizzare, costruire un senso. Ma così, su due piedi... Chissà, magari dopo, magari la serata si scalda, magari mi sentirò meno intimidita.
Mi spiace che non ci sia Babi, però. Le avrei detto che i suoi editoriali e i suoi racconti hanno sempre un certo effetto su di me. E che sento una certa corrispondenza. Chissà dov’è sparita. Ma non è la sola. Lei di sicuro un premio se lo meritava.
***
Che poi finisce spesso così, in situazioni come questa. Che bevo per darmi un contegno. E certo, l’alcol un po’ ti scioglie. Peccato che, dopo il terzo flute di non-so-cosa, discutere con umile_schiavo dello stile indiretto libero non sia così facile. Non devo averlo convinto, mi sa. E mi sa pure che ho detto qualche cazzata. Vabbè, pazienza. Stretta su un divano tra Mister Pink e Mister Gwyn mi sento una fetta di prosciutto cotto in un tramezzino. Scherzo dicendo “oh, siamo intellettuali, mica mi vorrete mettere le mani addosso, eh?”. Rispondono all’unisono “magari” e prima che la risata si smorzi arriva Paoletta a portarmi via, al bar. “No, cazzo, sto esagerando”, le dico. “Mai dai, se non si esagera in serate così... dai che tra un po’ c’è la foto di gruppo”.
Ah già, c’è sempre una foto di gruppo, di qualsiasi gruppo. “Tu vieni così?”, le domando osservando i suoi piedi nudi. “Non mi ricordo dove le ho messe”, ride. Stiamo esagerando, non c’è dubbio. La stessa foto di gruppo ha qualcosa di eccessivo, anche se mi sfugge cosa.
Quando ci sciogliamo becco al volo Verificatore e gli dico che, anche se cambia nick, per me rimane sempre il Verificatore. E che non so chi gli abbia dato l’incarico di verificare, ma che comunque essere promossa o bocciata da uno con quel nome qualche cosa me la provoca.
Mi aggiro un po’ e mi si avvicina un tipo. Difficile dire se sia sbronzo, fatto o proprio così di natura. Ma non avevano detto che il party era riservato agli autori? Mi fa “bella, me lo fai un autografo?”. Lo guardo un po’ stupita prima che lui aggiunga “sul cazzo però, con il rossetto, sennò basta anche l’impronta delle labbra”. Gli do le spalle di colpo attirando l’attenzione di uno della security. Dalla faccia che sento di avere deve avere capito al volo. Si muovono in due, lui e un suo collega. Insieme sono grossi come il suv di mio padre. Mentre mi passano a fianco mi verrebbe da dire loro “ragazzi, non esagerate”. Un attimo dopo invece penso “no, ok, esagerate”. Chissà dove finisce la serata sto deficiente, a occhio e croce nel cassonetto dell’umido.
Vado al bancone, stavolta da sola. Ho bisogno di riprendermi un po’.
- Mi dai una birra per favore?
Il ragazzo mi guarda sorridendo. Ha un panciotto nero e la camicia bianca d’ordinanza, la cravatta. Non è un brutto tipo, ma non è nemmeno Scamarcio. Se proprio dovessi fare dei pensieri, che comunque non faccio, li farei sulla moretta che lavora insieme a lui. Quella sì che in un altro momento mi avrebbe richiamata. La trovo irresistibile vestita in quel modo, identico al ragazzo, con quelle bombe sotto la camicia.
L’idea mi viene precisamente in questo momento qui: come mi verrebbe un racconto su questa serata? Cosa ci metterei dentro? Di sicuro una scena in camera mia. Io alle sue spalle che le slaccio il nodo e le sussurro “l’hai mai fatto il gioco della cravatta?” un attimo prima di bendarla con quella e spogliarla.
- Come scusa? – chiedo risvegliandomi dai miei pensieri.
- Dicevo, una birra no, su... non le va un long drink signorina? Susanna ne fa di ottimi...
Ah beh, se li fa Susanna con le sue manine... chissà se shakererebbe anche me.
- Ha vinto qualche premio stasera, signorina? – mi domanda il ragazzo mentre osservo Susanna far precipitare nell’highball troppa roba per i miei gusti.
- Uh... no... ma è da poco che scrivo su questo sito, non me lo sarei nemmeno aspettato... E’ stata una sorpresa che mi abbiano invitata, chi lo sapeva che esistesse sto premio...
- L’anno prossimo, magari... – sorride il ragazzo porgendomi l’intruglio ghiacciato che, devo però ammettere, è ottimo.
Faccio una smorfia di apprezzamento per il long drink a Susanna, persino troppo smaccata. Non mi si incula di pezza. Proprio no, eh? Vabbè, peccato, poteva essere un’idea.
- Chissà, magari... potrei cominciare a prendere appunti già da stasera, a farmi venire qualche idea... – rispondo distrattamente tornando a guardare il ragazzo.
Ehi, ma che cazzo fai, sei arrossito? Ma guarda questo... è timido. Non l’avrei detto, si vede che il suo savoir faire era semplice professionalità da barman. Vorrei dirgli no, guarda, non c’entri un cazzo tu, stavo pensando a me che strillo mentre Susanna mi slinguazza in mezzo alle cosce... Però arrossire ti fa più carino, lo sai? Potrebbe anche essere un’idea anche questa, sarà un annetto che non faccio una cosa del genere.
- In realtà un'idea ce l'avrei per un racconto... il prossimo anno potrebbe vincere, sai? - gli dico sforzandomi di guardarlo in modo neutro - potrebbe essere anche ambientato qui dentro, volendo... o in un qualsiasi altro albergo. Ecco, ora che ci penso credo proprio che la location sarà un albergo.
Il ragazzo mi guarda in silenzio, deglutisce. Le sue gote sono ancora rosse. Mi sembra chiaro che con questo qui non è cosa, non mi sembra proprio il tipo. Ma poi chi lo sa? E in ogni caso ci si può sempre divertire in un altro modo, no? Oddio, mi sa che sono proprio ubriaca. O meglio, in quello stato in cui una dice "ok, è tutto sotto controllo" e invece non è sotto controllo un cazzo.
- Per esempio, come ipotesi eh? Diciamo che sto prendendo mentalmente degli appunti - continuo dopo avere buttato giù un sorso - potrebbe essere un racconto in cui... boh, diciamo che mi lascio sedurre dal barman. Non sarebbe mica la prima volta, sai? Non è che abbia proprio una passione smodata, maaa... beh una passioncella c'è, lo ammetto. Solo che dovrei descrivere una situazione un po' complicata, perché c'è ancora un sacco di gente e lui ha un sacco di lavoro... Però lui mi ha assolutamente sedotta, all'istante, non so come abbia fatto... Mi chiede il numero della stanza e mi dice che quando smonta verrà da me e che vuole trovarmi... che dici, nuda? O con qualcosa ancora addosso? Boh, vedremo. Lo dice con tono quasi gentile ma al tempo stesso autorevole. Solo che è proprio quel tono che mi stende... che dici, funziona?
Mi guarda ancora in silenzio mentre mi scolo l'ultima goccia e penso "madonna quanto sono stronza con questo poverino". E proprio perché in fondo un po' stronza lo sono davvero, insisto.
- Io però gli potrei dire, che ne so, "non si potrebbe avere un antipasto, ora?". Però dovrei anche descrivere per bene quanto sia gonfia di voglia, perché non è una cosa che può succedere così. Un po’ troia d’accordo, però... E poi, beh c'è anche il posto da trovare, deve essere vicino, lui non ha tempo, mica possiamo salire in camera... l'ideale sarebbe un retro, un piccolo magazzino... andrebbe bene anche una toilette, ma sarebbe meglio un retro. Qui ce n'è uno?
Il ragazzo scuote la testa, chissà cosa gli frulla nel cervello.
- Peccato, vabbè, diciamo che c'è... lui me lo indica e mi dice "aspettami lì". Io ci vado con il cuore che mi batte... e non solo il cuore. Non so se mi spiego. Mi raggiunge, ci baciamo in fretta, e a sto punto anche la sua voglia ha fretta. Gliela sento, gliela tiro fuori... mi ci inginocchio davanti e lui... beh, forse proprio perché abbiamo fretta o perché è tanto che non gli capita... o forse perché nessuna gliel'ha mai succhiato così... beh insomma, arriva quasi subito, ed è anche bello carico eh? Solo che proprio mentre spara l'ultimo colpo viene a cercarlo la sua collega del bar, diciamo che si chiama Susanna... oh cavoli, devo dare un nome anche a lui, tu com'è che ti chiami?
- Carlo... - balbetta con la gola chiaramente secca.
- Ok. Susanna quasi sbotta "Carlo, che cazzo fai?". E a quel punto mi alzo, la bacio e le riverso in bocca tutto lo sperma che lui ha riversato in bocca a me. Le nostre lingue si intrecciano in mezzo a quello sperma, ci danzano sopra. Quando la mollo le metto una mano su un seno e le dico "facciamo né più e né meno quello che faremo tutti e tre stanotte". Che ne dici? Lo metterei nel genere "trio" più che in quello "bisex", non mi dispiacerebbe vincere il premio per il genere "trio".
Poso il bicchiere e mollo quello che un paio di minuti fa era un barman e che adesso sembra un fiammifero appena acceso.
Mi tornano in mente Babi e la sua assenza. Magari a questo punto la andrei a cercare e le direi "ehi, ti ricordi che dicevamo che se a trentacinque anni ci aveva detto male con gli uomini ci davamo al saffico?". Magari potrei dirle "anche se manca un sacco di tempo, non è che vorresti fare un'esercitazione stanotte? Oppure rimediamo un manzo lì di fuori e facciamo una cosina a tre". Magari mi direbbe di no, ma non si offenderebbe, ne sono certa. O magari chissà, magari non mi direbbe nemmeno di no.
Faccio qualche passo con la testa immersa in queste cose e quasi vado a sbattere contro un tipo un po’ grande. Vestito bene, ma non da sera come tutti gli altri. Completo blu elettrico, camicia bianca e cravatta gialla. Faccia e sorrisino arrogante, di quelli che ti fanno mettere immediatamente sulla difensiva. Peccato, perché non sarebbe nemmeno un brutto tipo. Sono abbastanza sicura che nemmeno lui sia tra gli invitati, chissà come ha fatto la sicurezza a non beccarlo.
- Signorina, le posso fare un paio di domande?
- Giornalista? – chiedo.
- No. Se dovesse indicare un suo difetto, quale sarebbe?
E qui, obiettivamente, le difese si alzano un po’ di più. Dentro di me scatta subito il diffidente “che cazzo vuole questo?”.
- Non saprei – rispondo elusiva – forse dico troppe parolacce...
- Tra i racconti di Browserfast e quelli di RunningRiot che differenza c’è? A parte, chiaramente, la banalità della protagonista che è un po’ più grande, della sua età direi...
- Ah beh... beh questa è una cosa che preferisco tenere per me, mi scusi.
- Dal suo punto di vista però la differenza c’è... Non è vero?
- Il punto di vista degli autori conta poco – gli faccio alzando le spalle come a dire “beh sì, certamente” – una scrive e poi... beh, ognuno la legge come vuole.
- ... mmm, spero che almeno apprezzi che non le abbia fatto la solita domanda.
- Quale domanda?
- Quanto c’è di vero e quanto c’è di inventato.
- Sono cose inestricabili... e in fin dei conti nemmeno tanto interessanti. Conta ciò che si scrive, mi scusi.
Mi dileguo nonostante, alla fine, il suo “comunque non sta messa così male, a tette” mi faccia persino un po’ piacere. No, d’accordo, lo so anche io che c’è di peggio.
Intercetto finalmente Inception. Che poi è una delle cose che mi ripromettevo di fare. Mi dice “ah, sei tu? Ciao Chrome, piacere”. Sorrido a una battuta che in realtà mi ha già fatto e le dico quanto mi piacciano i suoi racconti, quanto riesca a trasformare quasi in poesia la nostra parte animale. E a dire in poche righe cose che a me richiederebbero due o tre capitoli. Mi rivolge lo stesso sorriso che aveva quando ritirava il premio. Mi ringrazia dicendo “scusa, devo proprio scappare”.
Scappare dove? Do un’occhiata panoramica al salone e sembra che si sia trasformato in una specie di campo di battaglia. Non mi ero proprio accorta che l'aria si fosse fatta così indecentemente sbracata. Sono tutti strafatti, di alcol e stanchezza direi. Vedere gente mediamente abbastanza più grande di me, tutta insieme, ridursi come a una di quelle feste dell'università mi fa un certo effetto. Qualcuno è stravaccato su un divano, qualcun altro direttamente steso in terra. Alba si aggira in canottiera e pantaloncini microscopici, chiaramente un pigiama, con una bottiglia di Jack Daniel’s in mano. Altro che tango. Luthien balla lentamente con una donna, ma più che una danza sembra un preliminare. Forse sono io che ho bevuto troppo, ma l’atmosfera mi sembra decisamente cambiata rispetto a solo un’ora fa. Radicalmente cambiata. Non che succeda niente di particolare, eh? Cioè, a ben guardare una cosa succede. Faccio un’altra panoramica del salone e vedo una ragazza distesa su un pianoforte a coda. Vabbè, stavolta è facile, è pink_. Qualcuno, che non saprò mai chi è, ha la testa infilata sotto la gonna del suo vestito rosa. Lei si muove sinuosa nonostante le cosce spalancate, sta chiaramente godendo tantissimo. Percepisco l'intensità del suo piacere come, credo, solo una ragazza lo può percepire. In rapida successione, un flash di invidia e un altro di eccitazione. Mi dico che Luca no, ma almeno Stefano me lo potevo portare dietro. Poi penso alla moglie e valuto l'improbabilità della cosa. Subito dopo penso alle litigate che mi sono fatta con entrambi e anche l'eccitazione ritorna da dove era venuta. Non ho fatto nemmeno in tempo a inumidirmi le mutandine, tanto è stato rapido il tutto. La stanchezza della giornata mi pesa addosso, si fa improvvisamente sentire. Anche l'alcol si fa sentire nel suo effetto peggiore, quello del down. Meglio andare a letto.
***
Entro in camera e mi prende un colpo. Non tanto perché la luce è accesa. Lì per lì non ci faccio caso. Ma perché sulla poltroncina rossa c'è il tipo che ho incontrato di sotto al bar. Giacca blu elettrico, camicia bianca e cravatta gialla. Quello.
- Chi è lei? Cosa vuole, come è entrato?
- Sono il direttore.
- E sticazzi? La domanda era "cosa ci fa qui?". La avverto, sto per mettermi a urlare...
- Urlare per cosa?
- Se ne va per favore?
- Non ha risposto alla mia domanda, prima, al bar...
- Senta, io adesso vado al bagno, quando esco non voglio più vederla seduto lì sopra. E amici come prima...
Raccolgo la camicia da notte e entro in bagno. Chiudo a chiave perché non si sa mai e porto anche il telefono con me. Sempre perché non si sa mai. Faccio tutto ciò che devo fare, doccia compresa, e quando esco effettivamente la poltroncina è vuota. Nell'aria c’è odore di fumo e la porta finestra è aperta. Lui e lì, in piedi, che guarda di fuori.
***
- Scusate ma la mattina non sono mai molto simpatica - dico guardando Ambra, Thomas e Cassandra. Nella sala delle colazioni c’è poca gente. Non si può dire che sia proprio presto, ma ci giurerei che di qui stamattina non sono passati in molti.
Mi siedo al tavolo con loro come una maleducata, senza nemmeno chiedere se posso. Con una smorfia che spero proprio non venga notata da nessuno dei tre. Ho dormito troppo poco. Nella testa mi rimbomba di tutto, dalle frasi torpide di chi è al tavolo con me al rumore delle stoviglie, dalla voce della cameriera che mi chiede conferma - cappuccino? - alla voce alterata di quell'uomo, stanotte.
"Cazzo, quando descrivi i pompini non è fantasia", mentre io gli domando con gli occhi "ti piace?". Beh, che ti credevi, che fosse proprio tutto inventato?
"Che puttana bocchinara che sei, lo so che ti piace essere insultata", mentre le sue mani mi afferrano i capelli e mi spingono la testa su e giù e io mugolo quello che vorrebbe essere un "sì". Non è che avessi proprio questa predisposizione d'animo fino a un minuto fa. Però ok, non mi dà fastidio.
"A me non lo dici che sei la mia troia?", mentre stantuffa tra le mie gambe e io interrompo la mia lagna fastidiosa per piagnucolargli "sono la tua troia". Cazzo, davvero un lettore attento, di quelli che se leggesse su carta certi passaggi li sottolineerebbe.
"Allora non è vero che non ti piace nel culo", mentre io gli starnazzo tre o quattro "sì!" e poi soffoco sul cuscino piacere e dolore. Beh sì, qualche volta mi piace. Stanotte mi è piaciuto, ho goduto. Però dai, non lo poteva sapere, quelle cose lì non le ho ancora scritte.
“E ti piace anche questo, lo so”, mentre mi molla sberle sulle chiappe e i miei urletti non riescono a nascondere il compiacimento. Cazzo, un lettore davvero fedele.
"Mi piace questo premio, ogni anno me ne faccio una...", mentre mi accoccolo sulla sua spalla. Qui non mi è piaciuto, un po' volgare e troppo sborone. E non in quel senso, in quel senso era ok.
"Scusa, non voglio svegliarti né scappare, ma devo andare a lavorare", mentre mi rigiravo nel letto. Qui invece mi è piaciuto. E mi è piaciuto anche il bacio leggero sulla spalla nuda.
Non ho mica capito bene cosa cazzo sia successo. Cioè, me lo ricordo, ma mi manca un passaggio. Io che esco dal bagno, mi accorgo della sua presenza e lo guardo super incazzata. Ok, fin qui ci siamo. “Carlo è gay e Susanna è una specie di suora... ti ha detto male”. Ecco, dopo queste parole non ho pronunciato parola, non credo nemmeno di avere fatto qualche faccia particolare. Ma mi sa che è proprio qui che qualcosa ha iniziato a cambiare. Mi sono sentita scoperta, denudata nel cervello.
E poi lui che mi dice "me ne vado subito, prima però vorrei chiederti una cosa...". Io che gli rispondo "sentiamo...", che a pensarci ora era già un mezzo cedimento. "Me lo fai il giochino della sigaretta?". "Ma lei è matto, a parte il fatto che così non funziona". "E come funziona?". "Funziona che ci vuole un minimo di atmosfera". Ecco, a questo punto non saprei spiegare bene perché, dopo il suo "se è per questo non c'è problema", mi sia lasciata baciare. Probabilmente deve avere interpretato il mio accenno a “un minimo di atmosfera” come un cedimento totale, probabilmente era anche vero, ma non me lo ricordo. Mentre invece la sua mano sulla spalla che mi spingeva giù dopo un paio di minuti di baci, strusciate e palpeggiamenti me la ricordo. Me la aspettavo. Ci contavo, direi. Anche sul suo “gran bel culetto” mentre me lo stringeva, ci contavo. Non fosse altro per una questione di reputazione. E il suo "brava, succhiami il cazzo" mentre glielo annusavo e assaggiavo. Pure quello ricordo. Mi ha fatto piacere. E ricordo bene anche il mio "prendimi, ma poi resta a dormire con me". Sì, me lo ricordo. E naturalmente anche il gioco della sigaretta gliel'ho fatto. Dopo la prima scopata. Dopo che lui aveva raccolto il piacere spruzzato dentro di me e me l'aveva fatto leccare. Che cazzo di sensazione sentire due dita che ti frugano dentro immediatamente dopo che il maschio ha fatto il suo lavoro. "Ci devi bagnare solo il filtro", gli ho detto.
***
Zuccherando il cappuccino rifletto sul fatto che il campionario se l’è praticamente passato in rassegna tutto, o quasi. Compresi i capelli messi a coda e tirati, che il collo mi fa pure un po’ male. Compresa la lingua infilata nel buchino. E poi il pollice. E due dita nella fica nello stesso momento. E la lingua sul grilletto sempre nello stesso momento. Cazzo, con quello che ho scritto nei miei racconti è come se gliel’avessi chiesto io di farmi perdere la brocca in questo modo, come se gli avessi detto “guarda che in certi momenti se mi chiedi tesserina e codice bancomat te li do”. Ma anche “guarda che se in certi momenti mi sodomizzi io non ho proprio nulla da obiettare”. La fitta che mi sale su mi conferma che l’ha fatto, sapendo che doveva farlo e basta, senza chiedere. Ecco cosa succede a dare certi nomi ai premi letterari, uno qualche idea se la fa venire. Soprattutto se è un lettore davvero scrupoloso. E anche un amante appassionato. Se mi avesse detto anche il suo nome sarebbe stato perfetto. Ma forse sono io che non me lo ricordo.
- Scusa, ero sovrappensiero – dico a Thomas che mi guarda e che mi ha appena detto qualcosa.
- Volevo sapere chi è che ti whattsappa – ripete indicando il mio telefono sul tavolo – ma dicevo così per dire...
- Uh, è il mio ragazzo, non me ne ero nemmeno accorta.
Scrive “Dove sei? Facciamo pace?”. Gli rispondo che sono dala mia amica di Milano e che non posso parlare, adesso. Lo chiamo dopo. Ma sì Luca, facciamo pace. Non so il motivo ma ho molta più voglia di fare pace con te che con Stefano. Sarà perché, in qualche modo, non so nemmeno io quale, ti sento mio. E vedi, non te lo spiegherò mai, ma non ho preso nessun premio a questo concorso. Ma magari tu prenderai finalmente il tuo.
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