La moglie ceduta ad un’asta particolare (parte 9)
di
Kugher
genere
sadomaso
Il Padrone non era per nulla impietosito quando le mise un piede sul collo schiacciando forte sul pavimento.
“Se non riesci a camminare, striscia”.
In camera si sedette in poltrona e la fece inginocchiare per farsi dare piacere con la bocca.
Era eccitato anche lui.
Quando fu soddisfatto della durezza del sesso, la fece piegare in avanti con la guancia a terra e la montò come fosse un animale, fino a godere dentro di lei.
Mandò al marito la foto del suo seme che usciva dal sesso della moglie.
Accanto al letto c’erano ganci ed un tappetino. La fece stendere sulla schiena e la incatenò nuovamente trasformandola, così, nel suo scendiletto umano.
Sin dalla sua prima sera doveva essere chiaro cosa l'aspettasse.
Anche in quel caso mandò una foto al marito.
Le salì sopra in piedi, come nulla fosse si girò, si sedette sul letto, si sdraiò e spense le luce.
Non le disse niente.
Qualche minuto dopo il Padrone dormiva. La schiava non poteva. Non riuscì a fare un sonno decente. La posizione era scomodissima. Aveva male in ogni dove e pensava al Padrone ed al marito stesi in un comodo letto.
Marianna iniziò, in silenzio, a piangere per lo scioglimento della forte tensione.
Ripensava alla sua posizione, di donna giovane, bella e benestante, adesso stesa a terra, incatenata.
Questo contrasto la eccitò. Tanti si sarebbero affannati a stare ai suoi piedi pur di averla e lei era passata da arazzo a scendiletto umano.
Era presa da un turbinio di pensieri e sensazioni, primo momento della giornata in cui le acque si potevano calmare e lasciare che la sabbia, smossa dal movimento, si posasse sul fondo per restituire all’acqua la sua naturale trasparenza in modo da farle vedere bene le cose.
Provò eccitazione, mentale prima che fisica.
Voleva essere una schiava? un oggetto?
Spesse volte la soddisfazione dei propri desideri porta ad una delusione.
Non quella volta. Le piaceva.
Durante la sua lunga veglia sentiva il respiro regolare di Alberto che ogni tanto si muoveva nel letto, mentre lei era bloccata a terra.
Non aveva mangiato ma l’ultimo suo pensiero era la fame. Pensò al marito e si chiese se si fosse masturbato per l’eccitazione.
Aveva pensato correttamente.
Marco, osservando le due foto ricevute, cercò di completare quanto accaduto, immaginando la moglie usata e, masturbandosi, godette.
Al mattino Marianna sentì il Padrone svegliarsi. Il cuore cominciò a battere forte.
Faceva caldo e anche lui aveva dormito senza nulla.
Tirò le gambe giù dal letto per posare i piedi sullo scendiletto umano che non degnò nemmeno di uno sguardo.
Aveva la capacità di farla sentire un niente.
Con i piedi su di lei si svegliò bene, controllò il cellulare, si mise le ciabatte e si alzò sopra.
Alla schiava mancò il fiato. Era pesantissimo.
La guardò ma la schiava distolse lo sguardo. Era bella, lo eccitava. Da tempo non aveva più una bestia così bella a sua disposizione.
Si accovacciò sulla sua bocca per farsi leccare l’ano.
La schiava ebbe poi modo di scoprire che al Padrone piaceva iniziare così la giornata.
Immaginò che l’avrebbe dovuto soddisfare più tardi, invece Alberto la portò in cantina, le lasciò una ciotola con avanzi di cibo, una di acqua e la incatenò.
“Se non riesci a camminare, striscia”.
In camera si sedette in poltrona e la fece inginocchiare per farsi dare piacere con la bocca.
Era eccitato anche lui.
Quando fu soddisfatto della durezza del sesso, la fece piegare in avanti con la guancia a terra e la montò come fosse un animale, fino a godere dentro di lei.
Mandò al marito la foto del suo seme che usciva dal sesso della moglie.
Accanto al letto c’erano ganci ed un tappetino. La fece stendere sulla schiena e la incatenò nuovamente trasformandola, così, nel suo scendiletto umano.
Sin dalla sua prima sera doveva essere chiaro cosa l'aspettasse.
Anche in quel caso mandò una foto al marito.
Le salì sopra in piedi, come nulla fosse si girò, si sedette sul letto, si sdraiò e spense le luce.
Non le disse niente.
Qualche minuto dopo il Padrone dormiva. La schiava non poteva. Non riuscì a fare un sonno decente. La posizione era scomodissima. Aveva male in ogni dove e pensava al Padrone ed al marito stesi in un comodo letto.
Marianna iniziò, in silenzio, a piangere per lo scioglimento della forte tensione.
Ripensava alla sua posizione, di donna giovane, bella e benestante, adesso stesa a terra, incatenata.
Questo contrasto la eccitò. Tanti si sarebbero affannati a stare ai suoi piedi pur di averla e lei era passata da arazzo a scendiletto umano.
Era presa da un turbinio di pensieri e sensazioni, primo momento della giornata in cui le acque si potevano calmare e lasciare che la sabbia, smossa dal movimento, si posasse sul fondo per restituire all’acqua la sua naturale trasparenza in modo da farle vedere bene le cose.
Provò eccitazione, mentale prima che fisica.
Voleva essere una schiava? un oggetto?
Spesse volte la soddisfazione dei propri desideri porta ad una delusione.
Non quella volta. Le piaceva.
Durante la sua lunga veglia sentiva il respiro regolare di Alberto che ogni tanto si muoveva nel letto, mentre lei era bloccata a terra.
Non aveva mangiato ma l’ultimo suo pensiero era la fame. Pensò al marito e si chiese se si fosse masturbato per l’eccitazione.
Aveva pensato correttamente.
Marco, osservando le due foto ricevute, cercò di completare quanto accaduto, immaginando la moglie usata e, masturbandosi, godette.
Al mattino Marianna sentì il Padrone svegliarsi. Il cuore cominciò a battere forte.
Faceva caldo e anche lui aveva dormito senza nulla.
Tirò le gambe giù dal letto per posare i piedi sullo scendiletto umano che non degnò nemmeno di uno sguardo.
Aveva la capacità di farla sentire un niente.
Con i piedi su di lei si svegliò bene, controllò il cellulare, si mise le ciabatte e si alzò sopra.
Alla schiava mancò il fiato. Era pesantissimo.
La guardò ma la schiava distolse lo sguardo. Era bella, lo eccitava. Da tempo non aveva più una bestia così bella a sua disposizione.
Si accovacciò sulla sua bocca per farsi leccare l’ano.
La schiava ebbe poi modo di scoprire che al Padrone piaceva iniziare così la giornata.
Immaginò che l’avrebbe dovuto soddisfare più tardi, invece Alberto la portò in cantina, le lasciò una ciotola con avanzi di cibo, una di acqua e la incatenò.
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