Scale
di
RunningRiot
genere
etero
Ragazzo carino che stasera dopo avermi chiesto “c’hai na ciospa” mi hai fatta ballare, bere, fumare, ridere come una matta, pomiciare, che ne sarà di noi? Come finirà la nostra notte? Idee? Proposte? Desideri?
La mia domanda non ha parole. Si esprime sotto la forma dell’ennesimo bacio che gli do, sorridendo seduta sulle sue ginocchia, gettandogli le braccia al collo. Per l’ennesima volta la sua mano si poggia sul mio top, strizza il seno, gioca con il capezzolo indurito, mi fa eccitare. Attendo la sua mossa.
Magari mi chiede se mi va di andare a fare colazione al mare, che ne so? Per un attimo penso a me stessa mentre gli faccio un bocchino in macchina aspettando che aprano i bar.
Io, per essere onesta, gliel’avrei fatto già ore fa, dopo la prima canna. Un po’ perché è una di quelle sere che sono uscita con la domanda “chissà se incontro qualcuno che vale la pena”, un po’ perché lui ne vale la pena. E poi non è che sia insensibile al corteggiamento, eh? Soprattutto se viene da uno come lui. Carino, divertente, un po’ malandro ma, cosa che non guasta, sincero.
“No, sono qui con degli amici, non ce l’ho il ragazzo… ah, tu sì? Non è che la tua ragazza è nei paraggi? Non vorrei metterti nei guai”. Giuro che sarei andata giù sulle ginocchia appena mi ha detto “no”, ma non era il momento. Però la voglia ce l’ho avuta, il film me lo sono fatto. Ma lui avrebbe potuto prendermi per matta e in ogni caso i bagni erano troppo trafficati.
Un po’ dopo però anche lui, sì anche lui, c’è stato un momento che un pompino l’avrebbe proprio voluto. Di istinto, d’impulso. Certi gesti non mentono. Ma c’era troppa gente, tesoro, non te n’eri accorto?
È scontato tuttavia che in un modo o nell’altro ci avremo. Ancora non so come ma ci avremo. E questa consapevolezza a tratti mi assale, mi fa andare fuori di testa. Non so che pasta assolutamente illecita e sicuramente dannosa mi abbia passato, fatto sta che mi sento molto più leggera e con tanta voglia di giocare addosso. E poi ho voglia di gridargli “prendimi, prendimi!”. Ma aspetto che si faccia avanti. Mi piacerebbe che mi lasciasse sapere quanto va anche a lui di giocare con me. Faccio sempre in tempo a dirgli “non è che ti andrebbe di scopare?”. Oppure “ho casa libera, vogliamo andare da me?”. Ma semmai dopo, se vedo che la situazione non si sblocca. Io penso però che si sbloccherà.
Lui intanto per la prima volta, e sì che limoniamo da un bel po’ tra un ballo, una risata e uno shot, mette la mano sotto la gonna, mi stringe il culo, si intrufola, intinge il dito.
- Ehiii… - gli sussurro con finto rimprovero guardandomi intorno.
Se fa così non resisto. E lui lo sa, lo sente perfettamente quanto sono bagnata. Lo sa e mi domanda “non ti piace?” ruotando il dito. Lo bacio un’altra volta per soffocare il mio mugolio. In realtà ho una megagalattica voglia di cazzo. Megagalattica e mooolto circostanziata, se non ci fossero conseguenze penali mi farei volentieri sfondare su questo divanetto.
- Ma se andassimo da me? Ho dei terribili cornetti surgelati da fare al microonde, e poi i miei non ci sono.
- Tu sì che sai come sedurre una ragazza…
- Dovevo dire “andiamo da me che non vedo l’ora di spogliarti”?
- Ah, le tue intenzioni sono queste?
- Abbastanza…
Bang, crampo. In un attimo la breccia di Porta Pia diventa un buco nel muro fatto con una puntina e le cascate Victoria qualcosa di paragonabile alla perdita di un rubinetto. Mi immagino già da lui che gli miagolo “toglimi tutto” mentre le sue mani e la sua bocca mi fanno diventare cretina e muoio dalla voglia di vedere il suo cazzo.
- Non ti sembra di correre un po' troppo? - domando diventando, credo, anche un po' rossa. Sono in piena modalità “faccio la vezzosa ma tu non prendermi sul serio”.
- Mi piaci tantissimo…
Le dita dentro di me diventano due e io gli dico qualcosa sulla mia voglia di assaggiare quei cornetti. Più che altro per andarcene in fretta da lì, altrimenti mi metto a urlare davanti a tutti.
In moto dietro di lui ho freddo, ma ridacchio con me stessa pensando che una delle mie maggiori skill è renderli fedifraghi. Non ci posso fare un cazzo ed è inutile essere ipocrite: è una cosa che un po' di brivido me la dà, me l’ha sempre data. I fidanzati, in genere, ma anche qualche sposato (con gli sposati è più raro ma più facile). Integerrimi ne ho conosciuti pochi. Pigi non è uno di questi.
Alla prima frenata appoggio anche volentieri le tette sulla sua schiena. Non ho dei bomboloni tali che lui possa sentire chissà che, è vero. E' più una cosa che faccio per me. L'altra cosa che faccio per me è domandarmi "come prenderà l'iniziativa?". Dolce o predatore? Un’altra frenata, un’altra strusciata di tette sulla sua schiena. Non c’era tutto sto bisogno di frenare così, mi chiedo se non lo faccia apposta. Mi sente? Ci prende gusto? Io sì.
Curiosità: fermi a un inutile semaforo gli busso sul casco, proprio toc toc, toglitelo un attimo. Sussurro “voglio farti un pompino”. Anzi, “pompinoooh”, un po’ sfiatato. E la verità è che se mi portasse dietro un angolo glielo farei subito. Oscillo in modo inverecondo tra la voglia di succhiarglielo e quella di essere brutalmente scopata. Come si suol dire, mi è partito l'ormone. La sua reazione è una stretta sulla coscia.
Parcheggia proprio davanti casa, si avvicina e come se fosse niente mi tira giù un pezzo del top, scopre una tetta, si china, la bacia, la succhia, la morde. Intanto che io miguardo in giro per assicurarmi che non ci sia nessuno. Quando si rialza mi lascia così, con un seno di fuori, esposta. Alla luce che arriva dal portone, nel vialone deserto ancora per poco, in attesa dell’alba. E anche se la sua bocca mi fa miagolare come una gatta, è precisamente qui e adesso che cedo in modo completo e definitivo, che divento una schiava, una cagna in calore. Come una cagna in calore vorrei essere montata in mezzo alla strada. “No, ma che fai?”, gli dico mentre aspettiamo l’ascensore e mi scopre anche l’altro seno. Ma magari scendesse qualcuno e mi vedesse. Perché, quando mi prende così, la zoccolitudine vorrei mostrarla al mondo. Cerco ancora il suo pacco, quasi quasi glielo faccio qui un pompino. Mi ferma, mi gira bloccandomi i polsi con una mano, vuole comandare lui. E a me sta benissimo, anzi penso che un paio di sganassoni sul sedere, di quelli forti, ci starebbero anche meglio. Non arrivano, ma mentre saliamo in casa arriva l’altra mano a massacrarmi le tette. Gli pigolo “fammi tutto” e vorrei tanto che parlasse anche lui, che mi dicesse le peggio cose.
Entrati in casa mi inginocchierei più che altro per abitudine e devozione, perché sinceramente adesso la voglia che prevale è quella di essere presa subito. Sono quei momenti in cui ti domandi come sarà essere profanata da lui e anche qui nell'ingresso andrebbe bene: in piedi, sul pavimento, a novanta sopra la consolle. Qualsiasi cosa. Ma non mi lascia nemmeno toccare il legno del parquet. Indica la scala che porta alla sua stanza e mi fa “andiamo su”. Lo precedo cominciando ad allentare la gonna. Voglio togliermela prima di arrivare in cima, voglio che ammiri il mio culo. Dentro di me avanza l’idea più malsana di tutte. Se ci sa fare mi lascerò sopraffare anche in quel modo, è un po’ che non succede e sarebbe bello sentire quel fuoco dentro.
Ma ancora una volta decide lui, ancora una volta mi ferma. Mi spinge giù a sedere su uno scalino. Ok, ci ha ripensato e me lo vuole prima mettere in bocca. Ma no invece, non è così. Mi stende e si mette in mezzo alle mie gambe, la gonna risale su da sola. Sento il fastidio di due scalini sulla schiena, uno in basso uno in alto, ma soprattutto la sensazione di pericolo che mi dà quello che mi sfiora la testa. Ma sticazzi. So bene che difficilmente ci sarà modo di chiedergli perché gli sia venuto il raptus di scoparmi proprio qui, ma in realtà la risposta la conosco benissimo. Perché sì, perché non conta il "dove", conta solo il "quando". E quel quando è "ora". Non ce la fa proprio più, come non ce la faccio più io. La conferma è il suo pacco assurdamente tirato, grosso. Non riesco a staccare gli occhi da lì.
Chiudo le ginocchia e alzo un po' il sedere per farmi sfilare le mutandine. Sarebbe bello, sapete, dirgli "perché non le annusi? perché non senti quanto sono fradice?" . Sarebbe bello, sì. Ma in un altro momento. L'unica cosa che apprezzo davvero è la sua mano sotto la mia testa a proteggermi la nuca, mentre l'altra armeggia per liberarselo e guidarlo dentro di me. Gli miagolo "oddio, quanto ti voglio", o forse proprio "oddio, scopami". O magari tutte e due le cose, non ricordo benissimo. Quello che ricordo bene è che sono le ultime parole che per un po' riesco a pronunciare.
Lo sento lì sotto e credo di lanciargli lo sguardo più esterrefatto di tutti i tempi. La prima spinta che arriva subito dopo non mi infilza tutta subito, di colpo, penso che non sarebbe proprio possibile. In compenso mi toglie il fiato. Che invece mi sarebbe molto utile per digli "ma sei scemo?", "ma mettici un cartello!", "ma lo sai cosa ti ritrovi?", "hai il cazzo di un rinoceronte!". Non so bene perché mi sia venuto in mente proprio un animale così primitivo. Forse perché è un animale che carica, o forse perché in questo momento siamo noi ad essere primitivi e selvaggi. Non so nemmeno dire perché mi venga in mente una cosa del genere, le dimensioni non sono in cima alla lista del mio immaginario. Oddio, un bel cazzo è un bel cazzo, non dico che non mi piaccia, ma non c'è bisogno di una cosa così smisurata. Sono tutte riflessioni che faccio a posteriori, eh? Perché mentre lui comincia a conquistarmi a forza di colpetti io riesco a malapena a respirare. E quel po' di fiato che mi rimane viene spinto via dalle botte che comincio a sentire dietro la schiena, e che iniziano a farmi malino. Ma nemmeno questo riesco a dirgli. L'unica cosa che posso fare è cercare di guardarmi tra le gambe, nel desiderio istintivo di vedere cos'è che mi sta sventrando. Impossibile pure questo, c'è la gonna che lo copre.
Lui non parla per niente, se non per chiedermi se può venirmi dentro.
Mi sento martellare e ogni martellata è una botta alla schiena, alla colonna vertebrale, più o meno nella zona delle reni. A un certo punto comincio a strillare anche se non so nemmeno più io per cosa strillo. Dopo un po' lo so, strillo per il cazzo. E' troppo intenso, quasi anestetizza il dolore che mi procura sulla schiena lo scalino. Siamo due folli.
Il giorno è arrivato quasi di colpo. Tra un po’ il sole renderà tutto incandescente, ma adesso una bella coperta di pile, di quelle da montagna, è ciò che ci vuole. Sotto la coperta, nudi su un lettino da terrazzo, ci siamo io e lui. Per terra, su un piatto, le briciole dei cornetti e due tazze di nescafè non ancora freddo. Mi domando se sarà con quello o con una sigaretta che mi toglierò dalla bocca il sapore di sperma. Ho la mandibola un po’ indolenzita, ma quella che mi fa davvero male è la parte bassa della schiena. Pigi ha ancora il fiato grosso, mi stringe a sé con una mano e con l’altra mi accarezza i capelli.
Anche lui vive con i suoi, in un superattico collegato all'abitazione principale. Quello dove non siamo riusciti ad arrivare. Ma adesso siamo qui in questo terrazzo grande, enorme, al riparo dagli sguardi indiscreti.
- Oh cazzo… - sospira.
Sorrido soddisfatta tra me e me. I complimenti sono sempre graditi e questo lo era. Dovrei fargliene anche io, perché nonostante fosse la seconda in poco tempo il suo regalo è stato abbondante. Lo sapevo che gli avrei fatto un pompino de luxe.
- Prima o poi dovremo andare a dormire - gli dico - mi fa male la schiena.
- Come mai?
- Eh… come mai? Scusa eh? Non dico che non sia stato bello maaa… com’è che abbiamo scopato sulle scale?
- Non lo so, non ce la facevo più, mi faceva male ahahahah…
Lo capisco. Sentivo la stessa urgenza. In un certo senso la sento ancora. Non mi staccherei mai da lui. Ne ho ancora voglia e voglia ancora. Anche semplicemente di stare così incastrata, con i nostri corpi sinergici, che sembrano uno. Finché non diventiamo folli di nuovo, finché lui non ritorna animale, finché io non ritorno lupa.
- Ho preso certe botte su quella scala…
- Perché non me l’hai detto?
- Non lo so, forse avevo paura che ti fermassi ahahahah.
- Avevo una voglia da morire.
- Anche io… magari mi ritorna.
- Per te è un problema restare qui oggi?
- Per me no… per te?
- Nemmeno.
- Aspettiamo che ci torni la voglia? Ahahahah.
- Magari andiamo su in camera mia.
- Niente agguati sulle scale stavolta, ok?
Fa per muoversi ma lo fermo, “no, ancora un po’ così”. Prendo la tazza da terra e bevo un po’ di caffè, gli chiedo di accendermi una sigaretta. Metà se la fuma l’aria, impegnati come siamo in un lunghissimo bacio. L’uccello che sto accarezzando non so nemmeno se si stia gonfiando o se è proprio così a riposo.
- Madonna che cazzo che hai… sussurro.
- Che cazzo ho?
- Bellissimo…
- Come il tuo culo - dice stringendolo.
- Questo matrimonio non s’ha da fare ahahahah.
- Perché?
- Ma come perché? Ahahahah, sei matto?
- Non ti piace? Non l’hai mai fatto?
- Pigi, ma ti rendi conto? Ma lo senti? Resta così…
Da una parte la voglia di dargli il culo così come era venuta se n’è andata. Dall’altra c’è la voglia di sfidare una bestia così. Ma forse è soprattutto la voglia di cedere a lui. Vabbè, vedremo. Non ora comunque, ora è il momento di salirgli sopra, protetti dalla coperta, prenderlo, guidarlo alla cieca, infilzarmi da sola.
- Cristo che sei… ommadonna, madonna…
- Che sono?
- Uno stupratore…
- Ah sì? E tu?
- Una troia…
- Sei una troia?
- Siiiiì…
- Non sei una troia…
A certi ragazzi, anche a quelli più carini, tocca spiegare proprio tutto.
- Ti prego, andiamo dentro - gli miagolo.
Rientriamo nel salone. Ho voglia che mi si faccia a quattro zampe. Ma a quattro zampe, e con un rinoceronte dietro, so benissimo che urlo cose che su un terrazzo non si possono urlare. La porta finestra però rimane aperta. Potrete capire la concitazione, no? Vabbè, tanto da queste parti non conosco nessuno.
La mia domanda non ha parole. Si esprime sotto la forma dell’ennesimo bacio che gli do, sorridendo seduta sulle sue ginocchia, gettandogli le braccia al collo. Per l’ennesima volta la sua mano si poggia sul mio top, strizza il seno, gioca con il capezzolo indurito, mi fa eccitare. Attendo la sua mossa.
Magari mi chiede se mi va di andare a fare colazione al mare, che ne so? Per un attimo penso a me stessa mentre gli faccio un bocchino in macchina aspettando che aprano i bar.
Io, per essere onesta, gliel’avrei fatto già ore fa, dopo la prima canna. Un po’ perché è una di quelle sere che sono uscita con la domanda “chissà se incontro qualcuno che vale la pena”, un po’ perché lui ne vale la pena. E poi non è che sia insensibile al corteggiamento, eh? Soprattutto se viene da uno come lui. Carino, divertente, un po’ malandro ma, cosa che non guasta, sincero.
“No, sono qui con degli amici, non ce l’ho il ragazzo… ah, tu sì? Non è che la tua ragazza è nei paraggi? Non vorrei metterti nei guai”. Giuro che sarei andata giù sulle ginocchia appena mi ha detto “no”, ma non era il momento. Però la voglia ce l’ho avuta, il film me lo sono fatto. Ma lui avrebbe potuto prendermi per matta e in ogni caso i bagni erano troppo trafficati.
Un po’ dopo però anche lui, sì anche lui, c’è stato un momento che un pompino l’avrebbe proprio voluto. Di istinto, d’impulso. Certi gesti non mentono. Ma c’era troppa gente, tesoro, non te n’eri accorto?
È scontato tuttavia che in un modo o nell’altro ci avremo. Ancora non so come ma ci avremo. E questa consapevolezza a tratti mi assale, mi fa andare fuori di testa. Non so che pasta assolutamente illecita e sicuramente dannosa mi abbia passato, fatto sta che mi sento molto più leggera e con tanta voglia di giocare addosso. E poi ho voglia di gridargli “prendimi, prendimi!”. Ma aspetto che si faccia avanti. Mi piacerebbe che mi lasciasse sapere quanto va anche a lui di giocare con me. Faccio sempre in tempo a dirgli “non è che ti andrebbe di scopare?”. Oppure “ho casa libera, vogliamo andare da me?”. Ma semmai dopo, se vedo che la situazione non si sblocca. Io penso però che si sbloccherà.
Lui intanto per la prima volta, e sì che limoniamo da un bel po’ tra un ballo, una risata e uno shot, mette la mano sotto la gonna, mi stringe il culo, si intrufola, intinge il dito.
- Ehiii… - gli sussurro con finto rimprovero guardandomi intorno.
Se fa così non resisto. E lui lo sa, lo sente perfettamente quanto sono bagnata. Lo sa e mi domanda “non ti piace?” ruotando il dito. Lo bacio un’altra volta per soffocare il mio mugolio. In realtà ho una megagalattica voglia di cazzo. Megagalattica e mooolto circostanziata, se non ci fossero conseguenze penali mi farei volentieri sfondare su questo divanetto.
- Ma se andassimo da me? Ho dei terribili cornetti surgelati da fare al microonde, e poi i miei non ci sono.
- Tu sì che sai come sedurre una ragazza…
- Dovevo dire “andiamo da me che non vedo l’ora di spogliarti”?
- Ah, le tue intenzioni sono queste?
- Abbastanza…
Bang, crampo. In un attimo la breccia di Porta Pia diventa un buco nel muro fatto con una puntina e le cascate Victoria qualcosa di paragonabile alla perdita di un rubinetto. Mi immagino già da lui che gli miagolo “toglimi tutto” mentre le sue mani e la sua bocca mi fanno diventare cretina e muoio dalla voglia di vedere il suo cazzo.
- Non ti sembra di correre un po' troppo? - domando diventando, credo, anche un po' rossa. Sono in piena modalità “faccio la vezzosa ma tu non prendermi sul serio”.
- Mi piaci tantissimo…
Le dita dentro di me diventano due e io gli dico qualcosa sulla mia voglia di assaggiare quei cornetti. Più che altro per andarcene in fretta da lì, altrimenti mi metto a urlare davanti a tutti.
In moto dietro di lui ho freddo, ma ridacchio con me stessa pensando che una delle mie maggiori skill è renderli fedifraghi. Non ci posso fare un cazzo ed è inutile essere ipocrite: è una cosa che un po' di brivido me la dà, me l’ha sempre data. I fidanzati, in genere, ma anche qualche sposato (con gli sposati è più raro ma più facile). Integerrimi ne ho conosciuti pochi. Pigi non è uno di questi.
Alla prima frenata appoggio anche volentieri le tette sulla sua schiena. Non ho dei bomboloni tali che lui possa sentire chissà che, è vero. E' più una cosa che faccio per me. L'altra cosa che faccio per me è domandarmi "come prenderà l'iniziativa?". Dolce o predatore? Un’altra frenata, un’altra strusciata di tette sulla sua schiena. Non c’era tutto sto bisogno di frenare così, mi chiedo se non lo faccia apposta. Mi sente? Ci prende gusto? Io sì.
Curiosità: fermi a un inutile semaforo gli busso sul casco, proprio toc toc, toglitelo un attimo. Sussurro “voglio farti un pompino”. Anzi, “pompinoooh”, un po’ sfiatato. E la verità è che se mi portasse dietro un angolo glielo farei subito. Oscillo in modo inverecondo tra la voglia di succhiarglielo e quella di essere brutalmente scopata. Come si suol dire, mi è partito l'ormone. La sua reazione è una stretta sulla coscia.
Parcheggia proprio davanti casa, si avvicina e come se fosse niente mi tira giù un pezzo del top, scopre una tetta, si china, la bacia, la succhia, la morde. Intanto che io miguardo in giro per assicurarmi che non ci sia nessuno. Quando si rialza mi lascia così, con un seno di fuori, esposta. Alla luce che arriva dal portone, nel vialone deserto ancora per poco, in attesa dell’alba. E anche se la sua bocca mi fa miagolare come una gatta, è precisamente qui e adesso che cedo in modo completo e definitivo, che divento una schiava, una cagna in calore. Come una cagna in calore vorrei essere montata in mezzo alla strada. “No, ma che fai?”, gli dico mentre aspettiamo l’ascensore e mi scopre anche l’altro seno. Ma magari scendesse qualcuno e mi vedesse. Perché, quando mi prende così, la zoccolitudine vorrei mostrarla al mondo. Cerco ancora il suo pacco, quasi quasi glielo faccio qui un pompino. Mi ferma, mi gira bloccandomi i polsi con una mano, vuole comandare lui. E a me sta benissimo, anzi penso che un paio di sganassoni sul sedere, di quelli forti, ci starebbero anche meglio. Non arrivano, ma mentre saliamo in casa arriva l’altra mano a massacrarmi le tette. Gli pigolo “fammi tutto” e vorrei tanto che parlasse anche lui, che mi dicesse le peggio cose.
Entrati in casa mi inginocchierei più che altro per abitudine e devozione, perché sinceramente adesso la voglia che prevale è quella di essere presa subito. Sono quei momenti in cui ti domandi come sarà essere profanata da lui e anche qui nell'ingresso andrebbe bene: in piedi, sul pavimento, a novanta sopra la consolle. Qualsiasi cosa. Ma non mi lascia nemmeno toccare il legno del parquet. Indica la scala che porta alla sua stanza e mi fa “andiamo su”. Lo precedo cominciando ad allentare la gonna. Voglio togliermela prima di arrivare in cima, voglio che ammiri il mio culo. Dentro di me avanza l’idea più malsana di tutte. Se ci sa fare mi lascerò sopraffare anche in quel modo, è un po’ che non succede e sarebbe bello sentire quel fuoco dentro.
Ma ancora una volta decide lui, ancora una volta mi ferma. Mi spinge giù a sedere su uno scalino. Ok, ci ha ripensato e me lo vuole prima mettere in bocca. Ma no invece, non è così. Mi stende e si mette in mezzo alle mie gambe, la gonna risale su da sola. Sento il fastidio di due scalini sulla schiena, uno in basso uno in alto, ma soprattutto la sensazione di pericolo che mi dà quello che mi sfiora la testa. Ma sticazzi. So bene che difficilmente ci sarà modo di chiedergli perché gli sia venuto il raptus di scoparmi proprio qui, ma in realtà la risposta la conosco benissimo. Perché sì, perché non conta il "dove", conta solo il "quando". E quel quando è "ora". Non ce la fa proprio più, come non ce la faccio più io. La conferma è il suo pacco assurdamente tirato, grosso. Non riesco a staccare gli occhi da lì.
Chiudo le ginocchia e alzo un po' il sedere per farmi sfilare le mutandine. Sarebbe bello, sapete, dirgli "perché non le annusi? perché non senti quanto sono fradice?" . Sarebbe bello, sì. Ma in un altro momento. L'unica cosa che apprezzo davvero è la sua mano sotto la mia testa a proteggermi la nuca, mentre l'altra armeggia per liberarselo e guidarlo dentro di me. Gli miagolo "oddio, quanto ti voglio", o forse proprio "oddio, scopami". O magari tutte e due le cose, non ricordo benissimo. Quello che ricordo bene è che sono le ultime parole che per un po' riesco a pronunciare.
Lo sento lì sotto e credo di lanciargli lo sguardo più esterrefatto di tutti i tempi. La prima spinta che arriva subito dopo non mi infilza tutta subito, di colpo, penso che non sarebbe proprio possibile. In compenso mi toglie il fiato. Che invece mi sarebbe molto utile per digli "ma sei scemo?", "ma mettici un cartello!", "ma lo sai cosa ti ritrovi?", "hai il cazzo di un rinoceronte!". Non so bene perché mi sia venuto in mente proprio un animale così primitivo. Forse perché è un animale che carica, o forse perché in questo momento siamo noi ad essere primitivi e selvaggi. Non so nemmeno dire perché mi venga in mente una cosa del genere, le dimensioni non sono in cima alla lista del mio immaginario. Oddio, un bel cazzo è un bel cazzo, non dico che non mi piaccia, ma non c'è bisogno di una cosa così smisurata. Sono tutte riflessioni che faccio a posteriori, eh? Perché mentre lui comincia a conquistarmi a forza di colpetti io riesco a malapena a respirare. E quel po' di fiato che mi rimane viene spinto via dalle botte che comincio a sentire dietro la schiena, e che iniziano a farmi malino. Ma nemmeno questo riesco a dirgli. L'unica cosa che posso fare è cercare di guardarmi tra le gambe, nel desiderio istintivo di vedere cos'è che mi sta sventrando. Impossibile pure questo, c'è la gonna che lo copre.
Lui non parla per niente, se non per chiedermi se può venirmi dentro.
Mi sento martellare e ogni martellata è una botta alla schiena, alla colonna vertebrale, più o meno nella zona delle reni. A un certo punto comincio a strillare anche se non so nemmeno più io per cosa strillo. Dopo un po' lo so, strillo per il cazzo. E' troppo intenso, quasi anestetizza il dolore che mi procura sulla schiena lo scalino. Siamo due folli.
Il giorno è arrivato quasi di colpo. Tra un po’ il sole renderà tutto incandescente, ma adesso una bella coperta di pile, di quelle da montagna, è ciò che ci vuole. Sotto la coperta, nudi su un lettino da terrazzo, ci siamo io e lui. Per terra, su un piatto, le briciole dei cornetti e due tazze di nescafè non ancora freddo. Mi domando se sarà con quello o con una sigaretta che mi toglierò dalla bocca il sapore di sperma. Ho la mandibola un po’ indolenzita, ma quella che mi fa davvero male è la parte bassa della schiena. Pigi ha ancora il fiato grosso, mi stringe a sé con una mano e con l’altra mi accarezza i capelli.
Anche lui vive con i suoi, in un superattico collegato all'abitazione principale. Quello dove non siamo riusciti ad arrivare. Ma adesso siamo qui in questo terrazzo grande, enorme, al riparo dagli sguardi indiscreti.
- Oh cazzo… - sospira.
Sorrido soddisfatta tra me e me. I complimenti sono sempre graditi e questo lo era. Dovrei fargliene anche io, perché nonostante fosse la seconda in poco tempo il suo regalo è stato abbondante. Lo sapevo che gli avrei fatto un pompino de luxe.
- Prima o poi dovremo andare a dormire - gli dico - mi fa male la schiena.
- Come mai?
- Eh… come mai? Scusa eh? Non dico che non sia stato bello maaa… com’è che abbiamo scopato sulle scale?
- Non lo so, non ce la facevo più, mi faceva male ahahahah…
Lo capisco. Sentivo la stessa urgenza. In un certo senso la sento ancora. Non mi staccherei mai da lui. Ne ho ancora voglia e voglia ancora. Anche semplicemente di stare così incastrata, con i nostri corpi sinergici, che sembrano uno. Finché non diventiamo folli di nuovo, finché lui non ritorna animale, finché io non ritorno lupa.
- Ho preso certe botte su quella scala…
- Perché non me l’hai detto?
- Non lo so, forse avevo paura che ti fermassi ahahahah.
- Avevo una voglia da morire.
- Anche io… magari mi ritorna.
- Per te è un problema restare qui oggi?
- Per me no… per te?
- Nemmeno.
- Aspettiamo che ci torni la voglia? Ahahahah.
- Magari andiamo su in camera mia.
- Niente agguati sulle scale stavolta, ok?
Fa per muoversi ma lo fermo, “no, ancora un po’ così”. Prendo la tazza da terra e bevo un po’ di caffè, gli chiedo di accendermi una sigaretta. Metà se la fuma l’aria, impegnati come siamo in un lunghissimo bacio. L’uccello che sto accarezzando non so nemmeno se si stia gonfiando o se è proprio così a riposo.
- Madonna che cazzo che hai… sussurro.
- Che cazzo ho?
- Bellissimo…
- Come il tuo culo - dice stringendolo.
- Questo matrimonio non s’ha da fare ahahahah.
- Perché?
- Ma come perché? Ahahahah, sei matto?
- Non ti piace? Non l’hai mai fatto?
- Pigi, ma ti rendi conto? Ma lo senti? Resta così…
Da una parte la voglia di dargli il culo così come era venuta se n’è andata. Dall’altra c’è la voglia di sfidare una bestia così. Ma forse è soprattutto la voglia di cedere a lui. Vabbè, vedremo. Non ora comunque, ora è il momento di salirgli sopra, protetti dalla coperta, prenderlo, guidarlo alla cieca, infilzarmi da sola.
- Cristo che sei… ommadonna, madonna…
- Che sono?
- Uno stupratore…
- Ah sì? E tu?
- Una troia…
- Sei una troia?
- Siiiiì…
- Non sei una troia…
A certi ragazzi, anche a quelli più carini, tocca spiegare proprio tutto.
- Ti prego, andiamo dentro - gli miagolo.
Rientriamo nel salone. Ho voglia che mi si faccia a quattro zampe. Ma a quattro zampe, e con un rinoceronte dietro, so benissimo che urlo cose che su un terrazzo non si possono urlare. La porta finestra però rimane aperta. Potrete capire la concitazione, no? Vabbè, tanto da queste parti non conosco nessuno.
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