Le punture
di
Em
genere
feticismo
Serena da un po' di tempo stava male, aveva un po' di febbre, raffreddore, tosse e dolori dietro alle spalle. Fece delle analisi e sua madre andò per lei a portarle alla dottoressa, la diagnosi arrivò lapidaria: "Signora, sua figlia ha la polmonite!" La madre di Serena rimase scioccata, non se lo aspettava, chiese allora quale fosse la cura. La dottoressa incrociando le mani davanti al petto e allargandole esclamò: "Punture!" Quindi doveva dire a sua figlia di quello che aveva e della cura.
Serena era una ragazza di 20 anni, ma sembrava più piccola per via della sua scarsa statura e del fatto che fisicamente era rotondetta, aveva qualche kilo in più, però era una ragazza molto carina, col viso paffutello, i capelli biondi e gli occhi azzurri; anche la voce un po' da bambina contribuiva a farla passare per un'adolescente.
La mamma invece era una donna sulla 40ina di statura media, un po' robusta, con fianchi un po' grossi, polpacci e caviglie grossi, capelli biondi ricci lunghi fino al collo.
Tornata a casa le disse: "Serena, purtroppo hai la polmonite, per questo che stai così male". Serena rimase di stucco e disse: "Che cura mi ha dato?" E la mamma le rispose: "Serena, non dire niente, non piangere... più tardi viene Sara... ti dobbiamo fare le punture!" Serena si sentì le gambe cedere, però doveva farsi forza e farle. La madre si sedette sul divano e le disse: "Quindi, mamma ti abbassa calzoni, mutandine, tu ti metti così, docile docile, sulle gambe di mamma (facendo cenno con le mani sulle sue gambe) e Saretta te le fa". Sara era un'amica, anche lei una quarantina d'anni, non molto alta, fisico magro, abbastanza carina, capelli castani lisci e lunghi fino alle spalle. Serena domandò: "Allora mi dovete fare le punture?" E la mamma rispose evasivamente e dolcemente: "Sì, sì. Ti dobbiamo fare le punture sul culetto...".
Iniziarono queste punture normali, non di penicillina; ne fecero 12 ma servirono a poco, così la dottoressa, vedendo che non vi erano stati miglioramenti, le diede quelle di penicillina. Erano arrivate in tutto a 20 punture e il sedere di Serena era messo male, era pieno di lividi, di piccoli capillari in rilievo vicino ai lividi, di piccoli puntini lasciati dall'ago ed era gonfio; sedersi le faceva male. Sua mamma non le aveva mai detto nulla, e lei non le chiedeva nulla, sperava che il discorso non uscisse mai, era abbattuta per questo, si sentiva sfigata e demoralizzata; non aveva il coraggio di guardarsi il sedere allo specchio. A forza di bucare il sedere, non c'era più spazio per le nuove punture, così Sara doveva fargliele sulle altre e questo le rendeva più dolorose. Quando erano passate alle punture di penicillina, Sara le aveva detto: "Serena ascolta, adesso ti devo fare un altro tipo di punture, quelle di penicillina, sono quelle più consistenti e un po' più dolorose delle altre". Un tardo pomeriggio sua madre era al telefono con un'amica, Serena era poco distante, e il discorso cadde su come stesse Serena. La mamma le disse che le stavano facendo ancora le punture; Serena non seppe cosa disse l'amica di sua madre dall'altra parte al telefono, però sentì sua madre esclamare: "Ah sì!! Che c'ha!!!" Subito sospettò che stessero parlando del suo sedere, pieno di lividi e pieno di punture, e questo la fece sentire frustrata e abbattuta. Passò un'oretta e arrivò l'ora della puntura, il campanello della porta suonò ed era Sara.
Quella sera, Serena era vestita con un maglione, dei jeans, dei gambaletti beige, ballerine nere e portava i capelli tirati su. Sua mamma indossava un maglione blu scuro, una gonna a pieghe nera lunga, sottogonna bianca, calze bianche e ballerine nere. Sara invece aveva anche lei un maglione scuro, gonna lunga nera con dei piccoli fiori, collant neri e ballerine nere.
Parlarono qualche minuto e Sara con preoccupazione disse alla mamma di Serena: "La stiamo riempiendo di buchi e la stiamo facendo soffrire". Allora la mamma di Serena disse: "Facciamole la puntura" e andarono a lavarsi le mani in bagno, intanto Serena aspettava col cuore in gola il momento della puntura. Sua mamma e Sara si fermarono poco prima della porta della sala e parlarono qualche secondo a bassa voce, poi entrarono in sala; la mamma prese una sedia, vi si sedette, Serena le si avvicinò, la mamma le sbottonò i jeans e li tirò giù, le abbassò la mutandina bianca e quasi sussurrando le disse: "Vieni da mamma..." e se la mise sulle gambe. Stare sulle gambe della mamma le ricordava di quando, qualche anno prima, sua mamma le faceva i clisteri a causa di episodi di stitichezza; quindi esclamò con voce piagnucolosa: "Uffa!! Ma quando finiamo con questa tortura? Povero il sederotto mio!!" Si ricordò di qualche giorno prima, quando avevano iniziato a farle le nuove punture, che Sara era rimasta meravigliata nel vederle e disse: "Proprio queste dobbiamo farle? Ma sono forti!", e la mamma le rispose: "Sì, la dottoressa le ha dato quelle pesanti" e ricordare questo la fece sentire abbattuta e frustrata.
Intanto Sara preparava la siringa, andò verso la finestra per avere più luce e, mentre aspirava l'acqua distillata e la immetteva nel flaconcino della medicina, faceva qualche passo qua e là facendo svolazzare la leggera gonna. Intanto Serena sulle ginocchia di sua mamma era in angoscia per la puntura, il suo sedere paffutino era dolorante e tenerlo così per aria era un sollievo, intanto sua mamma glielo accarezzava dolcemente e lei ondeggiava i piedini che pendevano dal lato destro di sua mamma. Stando così esponeva i suoi gambaletti beige e poteva sentire il suo sedere gonfio e teso; sua mamma allora le grattò leggermente con un'unghia una smagliatura causata dall'ago e Serena avvertì il grattino leggero dell'unghia.
Serena, allora con con timore chiese a sua mamma con voce remissiva: "Ma'... mamma, ma come ho il sedere?" E la mamma le rispose evasivamente: "Ah, sì! Un po' gonfio...". Insoddisfatta dalla risposta, le chiese di nuovo: "Ma ho i segni dei buchi dell'ago?" E la mamma, con imbarazzo annuì timidamente con un: "Uhm uhm". Allora Serena, sentendo questo disse con voce piagnucolosa: "Vi prego, non me la fate!", e la mamma le disse: "Mi dispiace davvero, mi piange il cuore, ma te la dobbiamo fare". Sara intanto aveva posato sul tavolo i flaconi vuoti, aveva imbevuto l'ovatta di alcool, il cui odore si era sparso per la sala ed era pronta per fare la puntura. La mamma aveva sistemato la mano sinistra sotto le spalle della figlia e la destra tra le ginocchia e i polpacci, per evitare che la figlia per il dolore sgambettasse, agitasse il sedere o si muovesse.
Sara si avvicinò da dietro e disse: "Serena, stai ferma perché l'ago te lo devo infilare tutto". La mamma di Serena fece l'occhiolino a Sara e indicando col viso verso il sedere di sua figlia fece un gesto con la mano destra per sottolineare come fosse conciato male. Sara disse: "E lo credo! Dopo tre settimane di punture...". Subito dopo iniziarono a parlottare a voce bassa e Sara guardava il sedere di Serena con preoccupazione. Serena sentì che bisbigliavano ma non capiva che stessero dicendo, tese l'orecchio per capire che dicessero, ma non vi riuscì. La cosa la mise un in ansia, si domandò se stessero parlando di lei, delle punture o del suo sedere bucherellato. Le due donne finirono di parlottare e la mamma esclamò: "Dai Sara, vai!" Sara strofinò per diversi secondi il cotone con l'alcol sul sedere di Serena che avvertì una sensazione di freddo. Quel punto aveva già diversi lividi delle punture precedenti; poi alzò la siringa e velocemente le infilò l'ago nel sedere come una freccetta. L'ago entrò nella pelle con già il livido e Serena, sentendo il pizzico della puntura, strinse di denti. Sara iniziò a iniettare il liquido lentamente e Serena avvertì il bruciore facendo una smorfia col viso mentre sua mamma la teneva stretta. Sara intanto le diceva: "Ecco, è fatta, è fatta!" Una volta finito, Sara estrasse l'ago e dal punto della puntura uscì una piccolissima goccia di sangue, le massaggiò il sederino con l'ovatta bagnata di alcool pigiando sul punto per far assorbire il liquido. Serena avvertì un sollievo, rimase qualche secondo sulle gambe della mamma che continuò lei stessa a massaggiare con l'ovatta. Una volta finito Serena si alzò e si rivestì.
Serena era una ragazza di 20 anni, ma sembrava più piccola per via della sua scarsa statura e del fatto che fisicamente era rotondetta, aveva qualche kilo in più, però era una ragazza molto carina, col viso paffutello, i capelli biondi e gli occhi azzurri; anche la voce un po' da bambina contribuiva a farla passare per un'adolescente.
La mamma invece era una donna sulla 40ina di statura media, un po' robusta, con fianchi un po' grossi, polpacci e caviglie grossi, capelli biondi ricci lunghi fino al collo.
Tornata a casa le disse: "Serena, purtroppo hai la polmonite, per questo che stai così male". Serena rimase di stucco e disse: "Che cura mi ha dato?" E la mamma le rispose: "Serena, non dire niente, non piangere... più tardi viene Sara... ti dobbiamo fare le punture!" Serena si sentì le gambe cedere, però doveva farsi forza e farle. La madre si sedette sul divano e le disse: "Quindi, mamma ti abbassa calzoni, mutandine, tu ti metti così, docile docile, sulle gambe di mamma (facendo cenno con le mani sulle sue gambe) e Saretta te le fa". Sara era un'amica, anche lei una quarantina d'anni, non molto alta, fisico magro, abbastanza carina, capelli castani lisci e lunghi fino alle spalle. Serena domandò: "Allora mi dovete fare le punture?" E la mamma rispose evasivamente e dolcemente: "Sì, sì. Ti dobbiamo fare le punture sul culetto...".
Iniziarono queste punture normali, non di penicillina; ne fecero 12 ma servirono a poco, così la dottoressa, vedendo che non vi erano stati miglioramenti, le diede quelle di penicillina. Erano arrivate in tutto a 20 punture e il sedere di Serena era messo male, era pieno di lividi, di piccoli capillari in rilievo vicino ai lividi, di piccoli puntini lasciati dall'ago ed era gonfio; sedersi le faceva male. Sua mamma non le aveva mai detto nulla, e lei non le chiedeva nulla, sperava che il discorso non uscisse mai, era abbattuta per questo, si sentiva sfigata e demoralizzata; non aveva il coraggio di guardarsi il sedere allo specchio. A forza di bucare il sedere, non c'era più spazio per le nuove punture, così Sara doveva fargliele sulle altre e questo le rendeva più dolorose. Quando erano passate alle punture di penicillina, Sara le aveva detto: "Serena ascolta, adesso ti devo fare un altro tipo di punture, quelle di penicillina, sono quelle più consistenti e un po' più dolorose delle altre". Un tardo pomeriggio sua madre era al telefono con un'amica, Serena era poco distante, e il discorso cadde su come stesse Serena. La mamma le disse che le stavano facendo ancora le punture; Serena non seppe cosa disse l'amica di sua madre dall'altra parte al telefono, però sentì sua madre esclamare: "Ah sì!! Che c'ha!!!" Subito sospettò che stessero parlando del suo sedere, pieno di lividi e pieno di punture, e questo la fece sentire frustrata e abbattuta. Passò un'oretta e arrivò l'ora della puntura, il campanello della porta suonò ed era Sara.
Quella sera, Serena era vestita con un maglione, dei jeans, dei gambaletti beige, ballerine nere e portava i capelli tirati su. Sua mamma indossava un maglione blu scuro, una gonna a pieghe nera lunga, sottogonna bianca, calze bianche e ballerine nere. Sara invece aveva anche lei un maglione scuro, gonna lunga nera con dei piccoli fiori, collant neri e ballerine nere.
Parlarono qualche minuto e Sara con preoccupazione disse alla mamma di Serena: "La stiamo riempiendo di buchi e la stiamo facendo soffrire". Allora la mamma di Serena disse: "Facciamole la puntura" e andarono a lavarsi le mani in bagno, intanto Serena aspettava col cuore in gola il momento della puntura. Sua mamma e Sara si fermarono poco prima della porta della sala e parlarono qualche secondo a bassa voce, poi entrarono in sala; la mamma prese una sedia, vi si sedette, Serena le si avvicinò, la mamma le sbottonò i jeans e li tirò giù, le abbassò la mutandina bianca e quasi sussurrando le disse: "Vieni da mamma..." e se la mise sulle gambe. Stare sulle gambe della mamma le ricordava di quando, qualche anno prima, sua mamma le faceva i clisteri a causa di episodi di stitichezza; quindi esclamò con voce piagnucolosa: "Uffa!! Ma quando finiamo con questa tortura? Povero il sederotto mio!!" Si ricordò di qualche giorno prima, quando avevano iniziato a farle le nuove punture, che Sara era rimasta meravigliata nel vederle e disse: "Proprio queste dobbiamo farle? Ma sono forti!", e la mamma le rispose: "Sì, la dottoressa le ha dato quelle pesanti" e ricordare questo la fece sentire abbattuta e frustrata.
Intanto Sara preparava la siringa, andò verso la finestra per avere più luce e, mentre aspirava l'acqua distillata e la immetteva nel flaconcino della medicina, faceva qualche passo qua e là facendo svolazzare la leggera gonna. Intanto Serena sulle ginocchia di sua mamma era in angoscia per la puntura, il suo sedere paffutino era dolorante e tenerlo così per aria era un sollievo, intanto sua mamma glielo accarezzava dolcemente e lei ondeggiava i piedini che pendevano dal lato destro di sua mamma. Stando così esponeva i suoi gambaletti beige e poteva sentire il suo sedere gonfio e teso; sua mamma allora le grattò leggermente con un'unghia una smagliatura causata dall'ago e Serena avvertì il grattino leggero dell'unghia.
Serena, allora con con timore chiese a sua mamma con voce remissiva: "Ma'... mamma, ma come ho il sedere?" E la mamma le rispose evasivamente: "Ah, sì! Un po' gonfio...". Insoddisfatta dalla risposta, le chiese di nuovo: "Ma ho i segni dei buchi dell'ago?" E la mamma, con imbarazzo annuì timidamente con un: "Uhm uhm". Allora Serena, sentendo questo disse con voce piagnucolosa: "Vi prego, non me la fate!", e la mamma le disse: "Mi dispiace davvero, mi piange il cuore, ma te la dobbiamo fare". Sara intanto aveva posato sul tavolo i flaconi vuoti, aveva imbevuto l'ovatta di alcool, il cui odore si era sparso per la sala ed era pronta per fare la puntura. La mamma aveva sistemato la mano sinistra sotto le spalle della figlia e la destra tra le ginocchia e i polpacci, per evitare che la figlia per il dolore sgambettasse, agitasse il sedere o si muovesse.
Sara si avvicinò da dietro e disse: "Serena, stai ferma perché l'ago te lo devo infilare tutto". La mamma di Serena fece l'occhiolino a Sara e indicando col viso verso il sedere di sua figlia fece un gesto con la mano destra per sottolineare come fosse conciato male. Sara disse: "E lo credo! Dopo tre settimane di punture...". Subito dopo iniziarono a parlottare a voce bassa e Sara guardava il sedere di Serena con preoccupazione. Serena sentì che bisbigliavano ma non capiva che stessero dicendo, tese l'orecchio per capire che dicessero, ma non vi riuscì. La cosa la mise un in ansia, si domandò se stessero parlando di lei, delle punture o del suo sedere bucherellato. Le due donne finirono di parlottare e la mamma esclamò: "Dai Sara, vai!" Sara strofinò per diversi secondi il cotone con l'alcol sul sedere di Serena che avvertì una sensazione di freddo. Quel punto aveva già diversi lividi delle punture precedenti; poi alzò la siringa e velocemente le infilò l'ago nel sedere come una freccetta. L'ago entrò nella pelle con già il livido e Serena, sentendo il pizzico della puntura, strinse di denti. Sara iniziò a iniettare il liquido lentamente e Serena avvertì il bruciore facendo una smorfia col viso mentre sua mamma la teneva stretta. Sara intanto le diceva: "Ecco, è fatta, è fatta!" Una volta finito, Sara estrasse l'ago e dal punto della puntura uscì una piccolissima goccia di sangue, le massaggiò il sederino con l'ovatta bagnata di alcool pigiando sul punto per far assorbire il liquido. Serena avvertì un sollievo, rimase qualche secondo sulle gambe della mamma che continuò lei stessa a massaggiare con l'ovatta. Una volta finito Serena si alzò e si rivestì.
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