Scopamico 2/3 - Consapevolezza
di
RunningRiot
genere
etero
Quali sono le qualità che deve avere uno scopamico? Beh, mettiamola così: se quando state a letto ti concia proprio per le feste, la lancetta si sposta verso la dimensione “scopa”; se invece lo apprezzi di più per la simpatia, la disponibilità, una certa affinità d’animo, allora puoi dire senz’altro che la componente “amico” è quella più importante. Ok, scherzo, le cose sono più complicate di così. Ma solo fino a un certo punto. Non ho pudore ad ammettere che, per quanto mi riguarda, con il mio primo scopamico il fattore “sesso” fu decisivo. Anche se a questa scelta ci arrivai in modo non proprio lineare e, direi soprattutto, inatteso. Io credevo che stesse nascendo una storia e non solo perché avevamo scopato la notte prima. Va bene, va bene lo ammetto, anche perché avevamo scopato, ma non era il motivo principale. Era una cosa che avevo dentro, più che altro una sensazione. Anche per questo non rimasi particolarmente sorpresa nel leggere il messaggio con cui Felix mi proponeva di rivederci quella sera stessa. Non solo accettai, ma ricordo che pensai pure "chissà com'è stare insieme a uno che non è di Roma". Insomma, mi pareva chiaro che le cose stessero prendendo quella strada, la più classica. Non posso dire che fossi proprio determinata a percorrerla, ma nemmeno mi dispiaceva.
Non lo sapevo ancora, ma con Felix era praticamente impossibile organizzarsi un weekend. Di solito tornava a Fano. Non quella volta, però. Restammo d'accordo per una pizza in un locale abbastanza scalcinato. In seguito il nostro posto sarebbe stato piuttosto una trattoria, altrettanto scalcinata pure quella. Né la mia famiglia né la sua potevano dirsi in difficoltà economiche, tuttavia non è che avessimo le tasche piene di soldi. Io con i ragazzi ero anche abituata a scroccare, cosa che mi riusciva abbastanza bene, ma quella volta facemmo alla romana e ci dividemmo il conto.
Fuori dalla pizzeria mi baciò e mi disse "puoi dormire da me, se vuoi". Risposi semplicemente "ok". Che saremmo andati da lui a scopare lo davo per scontato, restarci a dormire meno, nonostante la mia logistica familiare quel fine settimana lo consentisse. Però ci contavo, avevo già dormito una volta con il mio ormai quasi ex ragazzo e mi sarebbe piaciuto ripetere l'esperienza. Lo dico? Ok, lo dico anche se si tratta di una cosa che può far sorridere: volevo giocare a fare la mogliettina-zoccola, quella che la mattina porta il caffè a letto e poi soggiace a ogni richiesta, magari proprio mentre lui beve il caffè. L’avevo fatto e mi ero divertita, ogni tanto per la verità mi ci diverto ancora.
Non era tardi, saremmo potuti andare da qualsiasi parte ma filammo diritti a casa sua con la voglia dentro ai jeans. In ascensore ci baciammo a lungo, praticamente pomiciammo anche molto dopo che la cabina si era fermata. Anche qualcosa di più di una pomiciata: mi aveva sbottonata e infilato la mano nelle mutandine, mi stava scopando con le dita, pensavo “cazzo, finisce che godo in ascensore”. Gli sussurrai che volevo fargli un pompino, “anche qui dentro". In definitiva non gli avevo fatto ancora conoscere, se non sommariamente, la specialità della casa. Ma a parte quello, mi andava proprio e ci pensavo già quando eravamo in pizzeria. Mi rispose che era meglio entrare, però credo che se avessi insistito non avrebbe detto di no. Appena chiusa la porta glielo feci, cominciando con i giacconi ancora addosso. Ero decisa a farlo impazzire e ci riuscii. Da ogni sua reazione, prima durante e dopo, erano evidenti sia il piacere che la sorpresa. E per dimostrameli mi disse, esagerando, "così in camera non ci arrivo vivo". Gli concessi di riprendersi sul divano, quello della sera precedente, con una bottiglietta di birra in due. Ho dei ricordi assai vividi di quella serata, persino del rammarico di annegare nella birra il sapore del suo sperma, che non avrei voluto allontanare (il sapore è quello che è, naturalmente, ma mi eccita). Questo d’altra parte favorì i baci, e ce ne demmo molti. Non potevamo fare a meno di baciarci e di toccarci. Rotolammo comicamente sul pavimento, con le mani sotto i rispettivi maglioni, facendo cadere la bottiglietta e versando ciò che restava del suo contenuto. Mi spogliò lì per terra, quasi con rabbia. Mentre gli restituivo il favore, mi disse "andiamo di là, facciamo tutto". Gli risposi "sì, facciamo tutto" e ci andammo di corsa. Volevo assalirlo e distruggerlo e, al tempo stesso, volevo che mi assalisse e mi distruggesse lui. E come la sera precedente vinse lui. Sembrava quasi che volesse tenere il punto, punirmi per la mia intraprendenza. Io sapevo però che non era così, lo sentivo. Ci metteva semplicemente tutta la passione e la voglia che aveva dentro. E io quella passione e quella voglia volevo prendermele tutte. Mi lasciai andare, lo lasciai fare, e per la prima volta in assoluto compresi cosa volesse dire essere comandata a letto. Non pensavo che fosse proprio possibile una cosa del genere, non pensavo di potere essere ridotta in quel modo.
Non immaginate scene sadomaso o cazzate di questo tipo, sto parlando del rapporto che si stabilisce tra i corpi e i cervelli di due persone. Difficile dire se lui fosse dom perché stava con me mentre non lo sarebbe stato con un’altra, o se invece io fossi sub con lui ma a un altro non avrei permesso di spadroneggiarmi così. Ma cosa conta? A parte il fatto che si tratta di categorie che mi hanno sempre fatto un po’ ridere quando la gente le prende troppo sul serio, la verità è che non avevo proprio idea di cosa stesse accadendo, seguivo l’istinto e sono convinta che lo facesse anche lui. Però ci piaceva eccome. Non si trattava solo di essere selvaggiamente scopata, si trattava di sentirsi posseduta completamente, anche quando si limitava a baciarmi i capezzoli o il collo, o la pancia, o quando mi accarezzava il viso muovendosi lentamente dentro di me. Perché quando dico possedere intendo che aveva il dominio del mio corpo e della mia mente. Sapevo che era così, e questa consapevolezza mi choccava persino. Ma era fantastico, mi piaceva e glielo dissi. Gli dissi che una cosa così l’avrei voluta sempre. Anzi per la verità gli dissi un lungo, biascicato e ripetuto "madonna come ti voglio, ti voglio sempre".
Forse fraintese, o forse ero io talmente ribaltata da non riuscire a esprimermi bene, non so. Fatto sta che quello che doveva saltare fuori saltò fuori in quel momento, mentre fumavamo.
- Ti posso dire una cosa? – domandò con un tono di voce allarmato come quello della sera precedente.
- Certo – risposi.
- Una come te non avrei mai pensato nemmeno di avvicinarla.
- E perché?
- Perché te l'ho detto, sei così bella...
Risi, superando anche un po' di imbarazzo, lo baciai e gli dissi "anche tu mica sei male...". Dentro di me però pensai "senza contare il fatto che mi hai scopata da Dio...", ma lo tenni per me. E mi resi conto che, nonostante Felix mi fosse molto simpatico, per la prima volta ciò che mi attraeva in un ragazzo non era tanto il suo aspetto fisico o la simpatia, qualità che comunque c’erano ed erano apprezzabili, ma proprio quello che poteva darmi a letto. Ne ebbi anche un po' paura per qualche istante, anche se subito dopo preferii continuare a godermi i complimenti.
La cosa che mi voleva DAVVERO dire era tuttavia un’altra. Felix era un po' così, ogni tanto per arrivare al punto faceva dei giri molto larghi. Era un lato del suo carattere.
- Tu mi piaci davvero tanto, ma ti devo dire che sono impegnato.
(non disse "ho una ragazza" o "sono fidanzato", disse proprio "impegnato", una parola un po' desueta che mi colpì)
Gelo assoluto per quattro-cinque secondi.
Durante i quali, se permettete, faccio una piccola considerazione: c'è una cosa che accomuna i fuorisede con gli scopamici, almeno secondo la mia personale esperienza. Sono tutti, assolutamente, fedifraghi. Non si capisce bene il motivo, ma è così. Forse devono superare un test preliminare, non saprei. Felix era soltanto il primo che mi era capitato di conoscere, le conferme le avrei avute in seguito. Ma è così: magari le loro ragazze sono più brave con gli eye liner che con i bocchini, magari a loro piace semplicemente la fregna basta-che-respiri oppure ogni-lasciata-è-persa, magari sono insicuri del loro rapporto, che cazzo ne so? Ho pure provato a chiederlo e il premio per la migliore risposta lo darei uno che, con un pesantissimo e divertentissimo accento veneto, mi disse "l'amore è amore, ma non dovrei farmi una figa come te? sarei scemo!". Vagamente insultante, piacevolmente gratificante, assolutamente sincero.
Vabbè, torniamo a me e Felix. Ora, non è che non avessi mai fatto un pompino a un ragazzo fidanzato, figuriamoci. Ma farmi la corte, portarmi a casa tua, chiavarmi in quel modo, cercarmi la sera seguente, addirittura dormire insieme... beh, è un po' diverso, prelude a qualcosa di più duraturo. O no? No, in tutta evidenza, almeno non per lui. La prima cosa che pensai fu, naturalmente, "mi hai bombata per due giorni e adesso te ne esci che sei fidanzato?". Non glielo dissi, ma un po' ci rimasi di merda, ammetto. E lui dovette accorgersene perché cominciò a farmi le coccole.
Ancora una volta non sapevo cosa pensare. Da una parte stavo consumando giorno dopo giorno la relazione con il mio ragazzo (anche in questo caso la faccenda era più complicata di così, ma lasciamo perdere), dall’altra le mie fantasticherie su una possibile storia con Felix si erano appena schiantate contro la sua confessione: era già “impegnato”. Non potevo andare né avanti né indietro, insomma.
Nonostante mi avesse dato tutte le ragioni per essere ben disposta nei suoi confronti, ero insomma un po’ incazzata con lui. Per l’ipocrisia, più che altro. Che mi avesse usata per divertirsi non me ne fregava un cazzo, tra l’altro mi ero divertita anche io. E come ho avuto modo di dire, non era il tradimento a darmi fastidio: in passato avevo messo bocca, letteralmente, su una discreta quantità di cazzi che altre ragazze consideravano proprietà privata. E il più delle volte lo sapevo perfettamente. Quindi non era quello il problema. Mi indispettiva aver preso un abbaglio, ecco, aver pensato di entrare con Felix in una storia “normale”, di mettermici insieme. D’accordo, avrei potuto pensarci. Pure lui, però, la botta di sincerità poteva farsela venire prima. Questione di amor proprio e di chiarezza, ho un ordine mentale che ha bisogno di chiarezza.
Quando mi cercò qualche giorno dopo rimasi perciò sorpresa. Immaginavo che anche lui, come me, considerasse chiusa la vicenda. Invece manco per niente, le sue intenzioni erano chiarissime. E le mie, dopo una piccola indecisione, lo diventarono praticamente subito. Vi confesserò una cosa: quella mattina, dopo che lui mi aveva rivelato di essere fidanzato, ce ne facemmo un’altra, nonostante tutto. Non è che avessi detto a me stessa una cosa tipo “vabbè, chiudiamo in bellezza”, no. Eravamo più che altro arrapati l’una dell’altro. Fu una cosa lunghissima, esasperata e strillai come non avevo mai strillato. Tornai a casa che mi faceva male, imprecando contro la sfiga e pensando “Dio, come sono troia” anche con un certo compiacimento. In passato me l’ero già detto, eh? Me lo ero pure sentito dire, anzi, e avevo scoperto che in certe situazioni non mi dispiaceva né sentirmi troia né sentirmi dare della troia. Ma quella volta era diverso. Non so se fosse più il suo modo di farlo o più io che ci stavo prendendo gusto (considerate che in quanto a scopate ero una mezza neofita), però quando mi arrivò il suo invito pensai lucidamente “ma perché dovrei rinunciare?”. Fu rispondendo a quella domanda che entrai nel magico mondo degli scopamici. Di colpo e senza più tante menate. Vinse la voglia di farsi sbattere.
Era in un certo senso un altro upgrade del sesso, un po' come quando si passa dall'entry level, una sega maldestra, a prenderlo in bocca. Stavolta invece era darla via per il puro gusto di darla via, ok, ma condito dalla consapevolezza di essere, per lui, una spudorata mignotta. Era un piacere, interamente psicologico, anche quello. E molto intenso perché chi lo pensava era proprio lui, Felix. Non credo che con un altro sarebbe stato così forte. Non ne ero, non dico innamorata, ma neppure infatuata. Però l'idea di perderlo un po’ mi spaventava. Ok, spaventare forse è troppo, diciamo che mi dispiaceva.
Cominciammo così a frequentarci. Sono state poche le volte in cui ci siamo visti e non abbiamo fatto sesso. Tuttavia conoscendolo meglio ho anche imparato ad apprezzare altre sue qualità. Che era evidente dovessero esserci, altrimenti difficilmente mi sarei avvicinata a lui in quel modo. Evidentemente le avevo percepite.
Nel tempo conobbi anche i suoi compagni di appartamento, tre ragazzi. Con me erano tutti molto gentili e, direi, correttissimi. Ce n'era uno, gran bel figo peraltro, che nonostante non facesse proprio caldissimo girava per casa a torso nudo e con un paio di bermuda. Mi disse che pativa molto il riscaldamento e mi chiese il permesso di restare così: "Ma se ti do fastidio mi metto una maglietta". Non mi dava fastidio e, detto tra noi, era pure un bel vedere. Con loro cazzeggiavo volentieri, bevevamo e mangiavamo in tutta tranquillità, era un bel gruppo. E non avevo nessun tipo di imbarazzo quando Felix mi portava in camera sua, chiudeva la porta e scopavamo. Oddio, la prima volta sì, un po' di imbarazzo ce l'avevo. Lui se ne accorse, un po' dai miei modi e un po' perché cercavo di reprimere al massimo le mie emissioni sonore, mettendo persino la testa sotto il cuscino, qualche volta. Mi disse "guarda che qui nessuno si fa problemi né si scandalizza". Ci misi molto poco a capire che era assolutamente vero. Del resto, non è che gli altri se ne stessero con le mani in mano.
Una sera mi misi addosso una camicia di Felix per andare in bagno. Per pudore, naturalmente, ma anche perché mi faceva piacere indossare una cosa sua. Ero quasi arrivata alla fine del corridoio che la porta del bagno si aprì e ne uscì una ragazza. La vidi pochissimo, perché uscendo spense la luce. Era una brunetta con il carré e non molto alta, sicuramente più formosa della sottoscritta, non indossava nulla. Prima di pensare che probabilmente era carina pensai che non avevo sentito il rumore dello sciacquone, vabbè. Accorgendosi di me lasciò la porta socchiusa, ci incrociammo. "Ciao", "ciao". Tornai da Felix e gli raccontai dell'incontro. "Sarà Valeria, probabilmente è con Filippo". Complimenti a Valeria, mi dissi, poiché Filippo era il figaccione che girava a torso nudo. "Perché dici probabilmente?", "perché magari sta con Gigi, o magari con tutti e due". "Pensavo di essere io la troia...", commentai. Felix scoppiò a ridere e a me scattò l'istinto della competizione. Avrei voluto che mi leccasse, al bagno mi ero lavata con cura pensando a questo, ma rinunciai, sarebbe stato per un'altra volta. Gli salii sopra e dissi "ora mi scopi, e mentre mi scopi mi dici che sono una troia e mi metti un dito nel culo...". Da quella sera fecero la loro entrée gli insulti, le dita nel buchino e, su sua iniziativa, gli sculaccioni, che scoprii piacermi moltissimo e non solo mentre si scopava. E darmeli, forte, piaceva anche a lui. Soprattutto, mi disse, per i suoni che facevo e i modi in cui mi contorcevo per sopportare il bruciore sulle natiche. Gli piaceva, specificò per prendermi in giro, vedere che la prendevo “sportivamente”.
Conobbi anche Valeria, naturalmente. Era simpatica, ma non diventammo mai realmente amiche, anche se qualche volta organizzammo delle serate tutti insieme. Io ero più che altro interessata a Felix, a stare con lui e a scoparci. Con l’andare dei mesi i nostri incontri presero il ritmo di uno a settimana, o anche due settimane, ma i primi tempi la nostra frequentazione fu parecchio intensa e, soprattutto, dominata dalla voglia di scatenarci alle fantasie erotiche. Anzi, una vera e propria esplosione di fantasie erotiche. Ci veniva più facile quando la casa era libera, ovviamente, il che purtroppo non avveniva spesso. Ma anche chiusi nella sua stanza, beh… bisogna dire che ce la cavavamo abbastanza. Facevamo cose che non avevamo mai fatto, o che l’uno “insegnava” all’altra e viceversa. O magari, all’insaputa l’una dell’altro, ci ispiravamo a Youporn. Io l’ho fatto, lo confesso. Tutto però con grande leggerezza e alla ricerca del divertimento, del piacere. In effetti ridevamo sempre parecchio, era una figata assoluta.
Provavo gusto a fare la geisha, la schiava, gli dicevo spesso che ero la sua puttana Questo accadeva il più delle volte, ma non era raro che i ruoli si invertissero e fosse lui quello chiamato a “obbedire”. Oppure non accadeva niente del genere e andavo semplicemente a casa sua attendendo il momento che mi spogliasse, mi salisse sopra e entrasse dentro. Anche quella era una bella cosa, anzi. C’erano volte che andavo da lui e mentre mi domandava se avessi mangiato o se volessi qualcosa da bere mi denudavo anche solo la parte di sotto e mi stendevo sul letto sorridendogli in silenzio. Sottotesto: i convenevoli dopo, ora dammi il cazzo.
Quello che voglio dire, insomma, è che non c’era niente di prestabilito o di forzato, c’era semmai la voglia di fottere e di giocare. E c’erano naturalmente un sacco di “prime volte”.
Legarci e bendarci, per esempio, era un modo per divertirsi a chi-comanda-chi, io non l’avevo mai fatto anche se ci avevo pensato. Mi convinse a fare zozzerie assurde con la panna e la nutella e io lo indussi a provare a vedere cosa sarebbe successo usando del ghiaccio. Nella sua camera c’era uno specchio angolare, mi volle scopare in piedi lì davanti, con le mani appoggiate alle pareti: guardarsi fu una rivelazione, non avevo mai fatto neanche quello. Una sera che eravamo soli in casa, nel salone, smisi di succhiarglielo e mi andai a mettere a novanta gradi sul tavolo, abbassandomi leggings e mutandine e pregandolo di scoparmi. Per me no, ma per lui era una novità. Tanto che venne molto prima del previsto quando mi voltai e gli chiesi “dimmi quanto ti senti porco”. Lo eccitò moltissimo, così come lo eccitò moltissimo sentirmi dire subito dopo “io mi sento tanto troia” (era vero, mi ci sentivo). “Perché ti piace sentirti troia?”, “non lo so, mi piace tantissimo, sono la tua troia”. Questo lo rinvigorì subito, incredibile, riprese a scoparmi e io ripresi a godere. Per lui era una novità anche che una ragazza lo supplicasse di dirle, più o meno tutte le volte, “quanto sono troia”, così come era una novità non dovere usare il preservativo. Quel lattice tanto utile ma altrettanto odioso ci aveva divisi solo la prima volta, fortunatamente (si fa per dire) la pillola era comparsa nella mia vita ben prima delle pratiche sessuali più complete, e non per ragioni anticoncezionali. Anche per questo, una cosa che diventò un po’ una sua costante era penetrarmi con le dita dopo avermi scopata, poi quelle dita sporche di sperma nonché di me stessa me le dava da leccare. Lo faceva sia che gli dicessi "sì" sia che gli dicessi "no", perché è una cosa che a volte mi piace molto e altre proprio per nulla, dipende. Se protestavo mi zittiva chiedendomi “chi è che comanda?”. A me piaceva rispondere “comandi tu”, era divertente.
Vi ho fatto un po’ di esempi, anche perché sennò vi lamentate che ci sono pochi dettagli. Ma in realtà potrei farne il triplo, il quadruplo. Eravamo vulcanici.
Gli avevo detto che una notte mi sarebbe piaciuto dormire un’altra volta con lui. Aspettò il fine settimana giusto, uno in cui i suoi coinquilini erano tutti via e lui aveva una buona scusa per restare a Roma spiazzando all’ultimo momento la sua ragazza (era colpa sua se era così difficile passare un week end insieme: se lui non tornava a Fano era lei che veniva a rompere le palle a Roma). La sera la passammo in un locale all'aperto, affollatissimo, le temperature cominciavano a essere decisamente più dolci, anche di notte. Non tornammo nemmeno tanto tardi, verso le due-due e mezza. Credo che avesse anche più voglia della sottoscritta. Io però in moto dietro di lui, nel viaggio verso casa, stavo cominciando davvero a smaniare. Da un po' di tempo, cioè da quando potevo non indossare i collant e non portare pantaloni, Felix aveva preso l'abitudine di dirmi di togliere le mutandine. Poteva farlo in qualsiasi momento, all'inizio della serata o alla fine, in un locale come all'aperto. Non avevo particolari problemi, mi sembrava semmai strano farlo a richiesta, poi ci presi gusto e quasi attendevo con ansia il momento. Quella notte mi disse di farlo mentre ci avviavamo alla moto, non fu semplicissimo trovare un angolino. Anziché metterle in borsa avevo cominciato a consegnargliele, come se simbolicamente gli consegnassi anche ciò che fino a quel momento avevano coperto. Lo feci anche allora, ridacchiando come al solito. Indossavo un vestito non cortissimo e una giacchetta, ma seduta in moto dietro di lui mi sentivo nuda, eccitata di colpo, ero bagnatissima. Lo verificò, una volta arrivati e parcheggiata la moto, nell'androne del palazzo. Mi sollevò la gonna del vestito assestandomi due sonore manate sulle chiappe, dovetti mordermi le labbra per non fare rumore e dovetti mordermele anche di più quando mi penetrò con le dita, mi sarei fatta chiavare lì. Per raggiungere il suo portoncino, dall'androne, bisognava attraversare un cortile. Saranno stati una ventina di metri, forse trenta. Me li feci tutti praticamente spinta da lui, con le dita dentro, godendo come una pazza e temendo a ogni passo che quello successivo sarebbe stato l'ultimo prima di cadere per terra. Felix era sempre stato un po' sorpreso nel constatare quanto mi bagnassi, una particolarità che ho sempre avuto, sempre. Ma da quando nel nostro ménage gli avevo chiesto di introdurre gli insulti, alla sua ammirata sorpresa aggiungeva sempre un di più. Cose tipo "senti quanto è bagnata questa troia" o "solo le troie si bagnano così". Non so se l'avrebbe fatto se non gliel'avessi chiesto io, ma sapeva che mi piaceva e mi accontentava. E secondo me dopo un po' piacque parecchio anche a lui. Salendo in ascensore e continuando a sditalinarmi disse "zoccola pronta per il cazzo". "Il tuo cazzo", sussurrai. "Sei la mia zoccola?", "scopami subito". Ormai i nostri preparativi erano questi.
Nel mio rapporto con Felix c’era un’altra cosa che mi piaceva molto. E cioè il fatto che tra noi non ci fossero più segreti. Dopo la “sorpresa” di averlo scoperto fidanzato, in realtà ci aprimmo molto l’una con l’altro. Io sostanzialmente accettavo che i suoi week end, a Fano o a Roma che fossero, li passasse con la sua ragazza. Lui sopportava i miei racconti e le mie lamentele sul mio ex ragazzo (che poi a un certo punto tornò a non essere più un ex ma poi lo ridiventò di nuovo, era una storia strana, ve l’ho detto). Dopo una iniziale ritrosia accettò anche il fatto che, oltre che con lui, mi divertissi con qualcun altro occasionalmente. L’ho apprezzato moltissimo durante la nostra frequentazione, l’ho apprezzato anche di più dopo.
La cosa migliore era però il modo in cui entrambi eravamo capaci di lasciare tutto e tutti fuori dalla porta quando ci vedevamo. Una volta insieme, eravamo solo noi. E questo secondo me non avveniva solo perché ci si divertiva, ma anche perché la nostra complicità era totale. Era un momento magico, eravamo un libro aperto l’una per l’altro e ci dicevamo tutto, parlavamo di tutto senza imbarazzi o gelosie.
CONTINUA
Non lo sapevo ancora, ma con Felix era praticamente impossibile organizzarsi un weekend. Di solito tornava a Fano. Non quella volta, però. Restammo d'accordo per una pizza in un locale abbastanza scalcinato. In seguito il nostro posto sarebbe stato piuttosto una trattoria, altrettanto scalcinata pure quella. Né la mia famiglia né la sua potevano dirsi in difficoltà economiche, tuttavia non è che avessimo le tasche piene di soldi. Io con i ragazzi ero anche abituata a scroccare, cosa che mi riusciva abbastanza bene, ma quella volta facemmo alla romana e ci dividemmo il conto.
Fuori dalla pizzeria mi baciò e mi disse "puoi dormire da me, se vuoi". Risposi semplicemente "ok". Che saremmo andati da lui a scopare lo davo per scontato, restarci a dormire meno, nonostante la mia logistica familiare quel fine settimana lo consentisse. Però ci contavo, avevo già dormito una volta con il mio ormai quasi ex ragazzo e mi sarebbe piaciuto ripetere l'esperienza. Lo dico? Ok, lo dico anche se si tratta di una cosa che può far sorridere: volevo giocare a fare la mogliettina-zoccola, quella che la mattina porta il caffè a letto e poi soggiace a ogni richiesta, magari proprio mentre lui beve il caffè. L’avevo fatto e mi ero divertita, ogni tanto per la verità mi ci diverto ancora.
Non era tardi, saremmo potuti andare da qualsiasi parte ma filammo diritti a casa sua con la voglia dentro ai jeans. In ascensore ci baciammo a lungo, praticamente pomiciammo anche molto dopo che la cabina si era fermata. Anche qualcosa di più di una pomiciata: mi aveva sbottonata e infilato la mano nelle mutandine, mi stava scopando con le dita, pensavo “cazzo, finisce che godo in ascensore”. Gli sussurrai che volevo fargli un pompino, “anche qui dentro". In definitiva non gli avevo fatto ancora conoscere, se non sommariamente, la specialità della casa. Ma a parte quello, mi andava proprio e ci pensavo già quando eravamo in pizzeria. Mi rispose che era meglio entrare, però credo che se avessi insistito non avrebbe detto di no. Appena chiusa la porta glielo feci, cominciando con i giacconi ancora addosso. Ero decisa a farlo impazzire e ci riuscii. Da ogni sua reazione, prima durante e dopo, erano evidenti sia il piacere che la sorpresa. E per dimostrameli mi disse, esagerando, "così in camera non ci arrivo vivo". Gli concessi di riprendersi sul divano, quello della sera precedente, con una bottiglietta di birra in due. Ho dei ricordi assai vividi di quella serata, persino del rammarico di annegare nella birra il sapore del suo sperma, che non avrei voluto allontanare (il sapore è quello che è, naturalmente, ma mi eccita). Questo d’altra parte favorì i baci, e ce ne demmo molti. Non potevamo fare a meno di baciarci e di toccarci. Rotolammo comicamente sul pavimento, con le mani sotto i rispettivi maglioni, facendo cadere la bottiglietta e versando ciò che restava del suo contenuto. Mi spogliò lì per terra, quasi con rabbia. Mentre gli restituivo il favore, mi disse "andiamo di là, facciamo tutto". Gli risposi "sì, facciamo tutto" e ci andammo di corsa. Volevo assalirlo e distruggerlo e, al tempo stesso, volevo che mi assalisse e mi distruggesse lui. E come la sera precedente vinse lui. Sembrava quasi che volesse tenere il punto, punirmi per la mia intraprendenza. Io sapevo però che non era così, lo sentivo. Ci metteva semplicemente tutta la passione e la voglia che aveva dentro. E io quella passione e quella voglia volevo prendermele tutte. Mi lasciai andare, lo lasciai fare, e per la prima volta in assoluto compresi cosa volesse dire essere comandata a letto. Non pensavo che fosse proprio possibile una cosa del genere, non pensavo di potere essere ridotta in quel modo.
Non immaginate scene sadomaso o cazzate di questo tipo, sto parlando del rapporto che si stabilisce tra i corpi e i cervelli di due persone. Difficile dire se lui fosse dom perché stava con me mentre non lo sarebbe stato con un’altra, o se invece io fossi sub con lui ma a un altro non avrei permesso di spadroneggiarmi così. Ma cosa conta? A parte il fatto che si tratta di categorie che mi hanno sempre fatto un po’ ridere quando la gente le prende troppo sul serio, la verità è che non avevo proprio idea di cosa stesse accadendo, seguivo l’istinto e sono convinta che lo facesse anche lui. Però ci piaceva eccome. Non si trattava solo di essere selvaggiamente scopata, si trattava di sentirsi posseduta completamente, anche quando si limitava a baciarmi i capezzoli o il collo, o la pancia, o quando mi accarezzava il viso muovendosi lentamente dentro di me. Perché quando dico possedere intendo che aveva il dominio del mio corpo e della mia mente. Sapevo che era così, e questa consapevolezza mi choccava persino. Ma era fantastico, mi piaceva e glielo dissi. Gli dissi che una cosa così l’avrei voluta sempre. Anzi per la verità gli dissi un lungo, biascicato e ripetuto "madonna come ti voglio, ti voglio sempre".
Forse fraintese, o forse ero io talmente ribaltata da non riuscire a esprimermi bene, non so. Fatto sta che quello che doveva saltare fuori saltò fuori in quel momento, mentre fumavamo.
- Ti posso dire una cosa? – domandò con un tono di voce allarmato come quello della sera precedente.
- Certo – risposi.
- Una come te non avrei mai pensato nemmeno di avvicinarla.
- E perché?
- Perché te l'ho detto, sei così bella...
Risi, superando anche un po' di imbarazzo, lo baciai e gli dissi "anche tu mica sei male...". Dentro di me però pensai "senza contare il fatto che mi hai scopata da Dio...", ma lo tenni per me. E mi resi conto che, nonostante Felix mi fosse molto simpatico, per la prima volta ciò che mi attraeva in un ragazzo non era tanto il suo aspetto fisico o la simpatia, qualità che comunque c’erano ed erano apprezzabili, ma proprio quello che poteva darmi a letto. Ne ebbi anche un po' paura per qualche istante, anche se subito dopo preferii continuare a godermi i complimenti.
La cosa che mi voleva DAVVERO dire era tuttavia un’altra. Felix era un po' così, ogni tanto per arrivare al punto faceva dei giri molto larghi. Era un lato del suo carattere.
- Tu mi piaci davvero tanto, ma ti devo dire che sono impegnato.
(non disse "ho una ragazza" o "sono fidanzato", disse proprio "impegnato", una parola un po' desueta che mi colpì)
Gelo assoluto per quattro-cinque secondi.
Durante i quali, se permettete, faccio una piccola considerazione: c'è una cosa che accomuna i fuorisede con gli scopamici, almeno secondo la mia personale esperienza. Sono tutti, assolutamente, fedifraghi. Non si capisce bene il motivo, ma è così. Forse devono superare un test preliminare, non saprei. Felix era soltanto il primo che mi era capitato di conoscere, le conferme le avrei avute in seguito. Ma è così: magari le loro ragazze sono più brave con gli eye liner che con i bocchini, magari a loro piace semplicemente la fregna basta-che-respiri oppure ogni-lasciata-è-persa, magari sono insicuri del loro rapporto, che cazzo ne so? Ho pure provato a chiederlo e il premio per la migliore risposta lo darei uno che, con un pesantissimo e divertentissimo accento veneto, mi disse "l'amore è amore, ma non dovrei farmi una figa come te? sarei scemo!". Vagamente insultante, piacevolmente gratificante, assolutamente sincero.
Vabbè, torniamo a me e Felix. Ora, non è che non avessi mai fatto un pompino a un ragazzo fidanzato, figuriamoci. Ma farmi la corte, portarmi a casa tua, chiavarmi in quel modo, cercarmi la sera seguente, addirittura dormire insieme... beh, è un po' diverso, prelude a qualcosa di più duraturo. O no? No, in tutta evidenza, almeno non per lui. La prima cosa che pensai fu, naturalmente, "mi hai bombata per due giorni e adesso te ne esci che sei fidanzato?". Non glielo dissi, ma un po' ci rimasi di merda, ammetto. E lui dovette accorgersene perché cominciò a farmi le coccole.
Ancora una volta non sapevo cosa pensare. Da una parte stavo consumando giorno dopo giorno la relazione con il mio ragazzo (anche in questo caso la faccenda era più complicata di così, ma lasciamo perdere), dall’altra le mie fantasticherie su una possibile storia con Felix si erano appena schiantate contro la sua confessione: era già “impegnato”. Non potevo andare né avanti né indietro, insomma.
Nonostante mi avesse dato tutte le ragioni per essere ben disposta nei suoi confronti, ero insomma un po’ incazzata con lui. Per l’ipocrisia, più che altro. Che mi avesse usata per divertirsi non me ne fregava un cazzo, tra l’altro mi ero divertita anche io. E come ho avuto modo di dire, non era il tradimento a darmi fastidio: in passato avevo messo bocca, letteralmente, su una discreta quantità di cazzi che altre ragazze consideravano proprietà privata. E il più delle volte lo sapevo perfettamente. Quindi non era quello il problema. Mi indispettiva aver preso un abbaglio, ecco, aver pensato di entrare con Felix in una storia “normale”, di mettermici insieme. D’accordo, avrei potuto pensarci. Pure lui, però, la botta di sincerità poteva farsela venire prima. Questione di amor proprio e di chiarezza, ho un ordine mentale che ha bisogno di chiarezza.
Quando mi cercò qualche giorno dopo rimasi perciò sorpresa. Immaginavo che anche lui, come me, considerasse chiusa la vicenda. Invece manco per niente, le sue intenzioni erano chiarissime. E le mie, dopo una piccola indecisione, lo diventarono praticamente subito. Vi confesserò una cosa: quella mattina, dopo che lui mi aveva rivelato di essere fidanzato, ce ne facemmo un’altra, nonostante tutto. Non è che avessi detto a me stessa una cosa tipo “vabbè, chiudiamo in bellezza”, no. Eravamo più che altro arrapati l’una dell’altro. Fu una cosa lunghissima, esasperata e strillai come non avevo mai strillato. Tornai a casa che mi faceva male, imprecando contro la sfiga e pensando “Dio, come sono troia” anche con un certo compiacimento. In passato me l’ero già detto, eh? Me lo ero pure sentito dire, anzi, e avevo scoperto che in certe situazioni non mi dispiaceva né sentirmi troia né sentirmi dare della troia. Ma quella volta era diverso. Non so se fosse più il suo modo di farlo o più io che ci stavo prendendo gusto (considerate che in quanto a scopate ero una mezza neofita), però quando mi arrivò il suo invito pensai lucidamente “ma perché dovrei rinunciare?”. Fu rispondendo a quella domanda che entrai nel magico mondo degli scopamici. Di colpo e senza più tante menate. Vinse la voglia di farsi sbattere.
Era in un certo senso un altro upgrade del sesso, un po' come quando si passa dall'entry level, una sega maldestra, a prenderlo in bocca. Stavolta invece era darla via per il puro gusto di darla via, ok, ma condito dalla consapevolezza di essere, per lui, una spudorata mignotta. Era un piacere, interamente psicologico, anche quello. E molto intenso perché chi lo pensava era proprio lui, Felix. Non credo che con un altro sarebbe stato così forte. Non ne ero, non dico innamorata, ma neppure infatuata. Però l'idea di perderlo un po’ mi spaventava. Ok, spaventare forse è troppo, diciamo che mi dispiaceva.
Cominciammo così a frequentarci. Sono state poche le volte in cui ci siamo visti e non abbiamo fatto sesso. Tuttavia conoscendolo meglio ho anche imparato ad apprezzare altre sue qualità. Che era evidente dovessero esserci, altrimenti difficilmente mi sarei avvicinata a lui in quel modo. Evidentemente le avevo percepite.
Nel tempo conobbi anche i suoi compagni di appartamento, tre ragazzi. Con me erano tutti molto gentili e, direi, correttissimi. Ce n'era uno, gran bel figo peraltro, che nonostante non facesse proprio caldissimo girava per casa a torso nudo e con un paio di bermuda. Mi disse che pativa molto il riscaldamento e mi chiese il permesso di restare così: "Ma se ti do fastidio mi metto una maglietta". Non mi dava fastidio e, detto tra noi, era pure un bel vedere. Con loro cazzeggiavo volentieri, bevevamo e mangiavamo in tutta tranquillità, era un bel gruppo. E non avevo nessun tipo di imbarazzo quando Felix mi portava in camera sua, chiudeva la porta e scopavamo. Oddio, la prima volta sì, un po' di imbarazzo ce l'avevo. Lui se ne accorse, un po' dai miei modi e un po' perché cercavo di reprimere al massimo le mie emissioni sonore, mettendo persino la testa sotto il cuscino, qualche volta. Mi disse "guarda che qui nessuno si fa problemi né si scandalizza". Ci misi molto poco a capire che era assolutamente vero. Del resto, non è che gli altri se ne stessero con le mani in mano.
Una sera mi misi addosso una camicia di Felix per andare in bagno. Per pudore, naturalmente, ma anche perché mi faceva piacere indossare una cosa sua. Ero quasi arrivata alla fine del corridoio che la porta del bagno si aprì e ne uscì una ragazza. La vidi pochissimo, perché uscendo spense la luce. Era una brunetta con il carré e non molto alta, sicuramente più formosa della sottoscritta, non indossava nulla. Prima di pensare che probabilmente era carina pensai che non avevo sentito il rumore dello sciacquone, vabbè. Accorgendosi di me lasciò la porta socchiusa, ci incrociammo. "Ciao", "ciao". Tornai da Felix e gli raccontai dell'incontro. "Sarà Valeria, probabilmente è con Filippo". Complimenti a Valeria, mi dissi, poiché Filippo era il figaccione che girava a torso nudo. "Perché dici probabilmente?", "perché magari sta con Gigi, o magari con tutti e due". "Pensavo di essere io la troia...", commentai. Felix scoppiò a ridere e a me scattò l'istinto della competizione. Avrei voluto che mi leccasse, al bagno mi ero lavata con cura pensando a questo, ma rinunciai, sarebbe stato per un'altra volta. Gli salii sopra e dissi "ora mi scopi, e mentre mi scopi mi dici che sono una troia e mi metti un dito nel culo...". Da quella sera fecero la loro entrée gli insulti, le dita nel buchino e, su sua iniziativa, gli sculaccioni, che scoprii piacermi moltissimo e non solo mentre si scopava. E darmeli, forte, piaceva anche a lui. Soprattutto, mi disse, per i suoni che facevo e i modi in cui mi contorcevo per sopportare il bruciore sulle natiche. Gli piaceva, specificò per prendermi in giro, vedere che la prendevo “sportivamente”.
Conobbi anche Valeria, naturalmente. Era simpatica, ma non diventammo mai realmente amiche, anche se qualche volta organizzammo delle serate tutti insieme. Io ero più che altro interessata a Felix, a stare con lui e a scoparci. Con l’andare dei mesi i nostri incontri presero il ritmo di uno a settimana, o anche due settimane, ma i primi tempi la nostra frequentazione fu parecchio intensa e, soprattutto, dominata dalla voglia di scatenarci alle fantasie erotiche. Anzi, una vera e propria esplosione di fantasie erotiche. Ci veniva più facile quando la casa era libera, ovviamente, il che purtroppo non avveniva spesso. Ma anche chiusi nella sua stanza, beh… bisogna dire che ce la cavavamo abbastanza. Facevamo cose che non avevamo mai fatto, o che l’uno “insegnava” all’altra e viceversa. O magari, all’insaputa l’una dell’altro, ci ispiravamo a Youporn. Io l’ho fatto, lo confesso. Tutto però con grande leggerezza e alla ricerca del divertimento, del piacere. In effetti ridevamo sempre parecchio, era una figata assoluta.
Provavo gusto a fare la geisha, la schiava, gli dicevo spesso che ero la sua puttana Questo accadeva il più delle volte, ma non era raro che i ruoli si invertissero e fosse lui quello chiamato a “obbedire”. Oppure non accadeva niente del genere e andavo semplicemente a casa sua attendendo il momento che mi spogliasse, mi salisse sopra e entrasse dentro. Anche quella era una bella cosa, anzi. C’erano volte che andavo da lui e mentre mi domandava se avessi mangiato o se volessi qualcosa da bere mi denudavo anche solo la parte di sotto e mi stendevo sul letto sorridendogli in silenzio. Sottotesto: i convenevoli dopo, ora dammi il cazzo.
Quello che voglio dire, insomma, è che non c’era niente di prestabilito o di forzato, c’era semmai la voglia di fottere e di giocare. E c’erano naturalmente un sacco di “prime volte”.
Legarci e bendarci, per esempio, era un modo per divertirsi a chi-comanda-chi, io non l’avevo mai fatto anche se ci avevo pensato. Mi convinse a fare zozzerie assurde con la panna e la nutella e io lo indussi a provare a vedere cosa sarebbe successo usando del ghiaccio. Nella sua camera c’era uno specchio angolare, mi volle scopare in piedi lì davanti, con le mani appoggiate alle pareti: guardarsi fu una rivelazione, non avevo mai fatto neanche quello. Una sera che eravamo soli in casa, nel salone, smisi di succhiarglielo e mi andai a mettere a novanta gradi sul tavolo, abbassandomi leggings e mutandine e pregandolo di scoparmi. Per me no, ma per lui era una novità. Tanto che venne molto prima del previsto quando mi voltai e gli chiesi “dimmi quanto ti senti porco”. Lo eccitò moltissimo, così come lo eccitò moltissimo sentirmi dire subito dopo “io mi sento tanto troia” (era vero, mi ci sentivo). “Perché ti piace sentirti troia?”, “non lo so, mi piace tantissimo, sono la tua troia”. Questo lo rinvigorì subito, incredibile, riprese a scoparmi e io ripresi a godere. Per lui era una novità anche che una ragazza lo supplicasse di dirle, più o meno tutte le volte, “quanto sono troia”, così come era una novità non dovere usare il preservativo. Quel lattice tanto utile ma altrettanto odioso ci aveva divisi solo la prima volta, fortunatamente (si fa per dire) la pillola era comparsa nella mia vita ben prima delle pratiche sessuali più complete, e non per ragioni anticoncezionali. Anche per questo, una cosa che diventò un po’ una sua costante era penetrarmi con le dita dopo avermi scopata, poi quelle dita sporche di sperma nonché di me stessa me le dava da leccare. Lo faceva sia che gli dicessi "sì" sia che gli dicessi "no", perché è una cosa che a volte mi piace molto e altre proprio per nulla, dipende. Se protestavo mi zittiva chiedendomi “chi è che comanda?”. A me piaceva rispondere “comandi tu”, era divertente.
Vi ho fatto un po’ di esempi, anche perché sennò vi lamentate che ci sono pochi dettagli. Ma in realtà potrei farne il triplo, il quadruplo. Eravamo vulcanici.
Gli avevo detto che una notte mi sarebbe piaciuto dormire un’altra volta con lui. Aspettò il fine settimana giusto, uno in cui i suoi coinquilini erano tutti via e lui aveva una buona scusa per restare a Roma spiazzando all’ultimo momento la sua ragazza (era colpa sua se era così difficile passare un week end insieme: se lui non tornava a Fano era lei che veniva a rompere le palle a Roma). La sera la passammo in un locale all'aperto, affollatissimo, le temperature cominciavano a essere decisamente più dolci, anche di notte. Non tornammo nemmeno tanto tardi, verso le due-due e mezza. Credo che avesse anche più voglia della sottoscritta. Io però in moto dietro di lui, nel viaggio verso casa, stavo cominciando davvero a smaniare. Da un po' di tempo, cioè da quando potevo non indossare i collant e non portare pantaloni, Felix aveva preso l'abitudine di dirmi di togliere le mutandine. Poteva farlo in qualsiasi momento, all'inizio della serata o alla fine, in un locale come all'aperto. Non avevo particolari problemi, mi sembrava semmai strano farlo a richiesta, poi ci presi gusto e quasi attendevo con ansia il momento. Quella notte mi disse di farlo mentre ci avviavamo alla moto, non fu semplicissimo trovare un angolino. Anziché metterle in borsa avevo cominciato a consegnargliele, come se simbolicamente gli consegnassi anche ciò che fino a quel momento avevano coperto. Lo feci anche allora, ridacchiando come al solito. Indossavo un vestito non cortissimo e una giacchetta, ma seduta in moto dietro di lui mi sentivo nuda, eccitata di colpo, ero bagnatissima. Lo verificò, una volta arrivati e parcheggiata la moto, nell'androne del palazzo. Mi sollevò la gonna del vestito assestandomi due sonore manate sulle chiappe, dovetti mordermi le labbra per non fare rumore e dovetti mordermele anche di più quando mi penetrò con le dita, mi sarei fatta chiavare lì. Per raggiungere il suo portoncino, dall'androne, bisognava attraversare un cortile. Saranno stati una ventina di metri, forse trenta. Me li feci tutti praticamente spinta da lui, con le dita dentro, godendo come una pazza e temendo a ogni passo che quello successivo sarebbe stato l'ultimo prima di cadere per terra. Felix era sempre stato un po' sorpreso nel constatare quanto mi bagnassi, una particolarità che ho sempre avuto, sempre. Ma da quando nel nostro ménage gli avevo chiesto di introdurre gli insulti, alla sua ammirata sorpresa aggiungeva sempre un di più. Cose tipo "senti quanto è bagnata questa troia" o "solo le troie si bagnano così". Non so se l'avrebbe fatto se non gliel'avessi chiesto io, ma sapeva che mi piaceva e mi accontentava. E secondo me dopo un po' piacque parecchio anche a lui. Salendo in ascensore e continuando a sditalinarmi disse "zoccola pronta per il cazzo". "Il tuo cazzo", sussurrai. "Sei la mia zoccola?", "scopami subito". Ormai i nostri preparativi erano questi.
Nel mio rapporto con Felix c’era un’altra cosa che mi piaceva molto. E cioè il fatto che tra noi non ci fossero più segreti. Dopo la “sorpresa” di averlo scoperto fidanzato, in realtà ci aprimmo molto l’una con l’altro. Io sostanzialmente accettavo che i suoi week end, a Fano o a Roma che fossero, li passasse con la sua ragazza. Lui sopportava i miei racconti e le mie lamentele sul mio ex ragazzo (che poi a un certo punto tornò a non essere più un ex ma poi lo ridiventò di nuovo, era una storia strana, ve l’ho detto). Dopo una iniziale ritrosia accettò anche il fatto che, oltre che con lui, mi divertissi con qualcun altro occasionalmente. L’ho apprezzato moltissimo durante la nostra frequentazione, l’ho apprezzato anche di più dopo.
La cosa migliore era però il modo in cui entrambi eravamo capaci di lasciare tutto e tutti fuori dalla porta quando ci vedevamo. Una volta insieme, eravamo solo noi. E questo secondo me non avveniva solo perché ci si divertiva, ma anche perché la nostra complicità era totale. Era un momento magico, eravamo un libro aperto l’una per l’altro e ci dicevamo tutto, parlavamo di tutto senza imbarazzi o gelosie.
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