Alessia, Elena... amore?
di
Giu!!!
genere
saffico
Ho provveduto(nei limiti della mia ignoranza) ad aggiustare e modificare il racconto. Dal mio punto di visto ora è meno confuso per il lettore, almeno spero. Ho fatto tesoro dei vostri consigli. Nel fare copia-incolla non dovrebbe succedere un disastro.
È come se il mio subconscio mi avesse protetta, che mi abbia resa incosciente della mia multi personalità. Che abbia trasformato le mie perversioni in piacere, il dolore in forza. Il mio subconscio sono forse io? Dunque devo pensare che mi sia protetta, da cosa? Da insicurezze e fragilità o da una società materialista e bigotta?
All’epoca non mi ero mai immersa nella mia persona, nella mia anima. Volevo credere di essere sicura di me stessa, che il masochismo e la devozione fossero il mio unico e solo piacere… credevo di non essere confusa… ero in realtà dominata dal caos.
Mi sentivo come un vulcano dormiente da secoli e poi... un eruzione improvvisa, la terra tremò, la mia vita rischiò di essere inghiottita dalla lava.
Qualcosa accadde. A scatenare questo drammatico e spettacolare frangente della mia vita fu una ragazza.
Totalmente opposta a ciò che io ero e che mi sentivo di essere. In comune, inizialmente avevamo solo la passione per la danza. Vederla danzare la prima volta... ammetto che fu estasiante ma, il suo stile di vita mi dava i nervi: tra sigarette e vino non capivo come potesse avere quel fisico perfetto, a muoversi leggiadra in quella maniera. Agile, fluida, costantemente elegante ad ogni passo. Sì, mi dava i nervi, nonostante ciò ero stupita, rimasi assuefatta da lei senza accorgermene… ero indifesa, inconsapevolmente?
Circa una settimana prima di Natale, come ogni anno, la mia istruttrice nonché capo delle varie strutture sportive dove lavoro, organizzava un piccolo spettacolo con ballerine esterne come ospiti. Quel’ anno erano cinque: ragazze poco più grandi di me di un paio di anni. Tra loro spiccava in maniera grottesca Elena.
I suoi lunghi capelli azzurri sembravano quelli di un cartone animato giapponese, la guardai con ammirazione perché ci voleva coraggio a girare con quei capelli. Presentazioni immancabili, rituali di prassi, poi come negli ultimi due anni, la signora accollò le ragazze a me. Mostrai loro dove avrebbero dormito cioè dall’altra parte della struttura principale, dove avrebbero potuto mangiare, passare tempo, allenarsi e cose simili. Ovviamente la prima sera, dopo un pomeriggio di allenamento cenai con loro. L'Istruttrice ci offrì una bella cena.
All’interno di un piccolo ed elegante ristorantino, iniziai a prendere confidenza con Elena, o meglio lei con me, nel senso che se la prese a forza.
Io rimasi altezzosa, la prima donna che non volevo essere, uno di quei tanti complessi a cui non saprei rispondere tutt’ora.
La cena terminò, salutai le ragazze, sapevano come tornare al loro alloggio, cinque minuti a piedi. Elena però disse di voler fare un giro e che non poteva chiudersi in una asettica camera alle ventitré.
“Andate voi… io non sono stanca, non ho sonno… vivo meglio di notte. Tu resti con me?”
Nel suo volto c’era qualcosa di provocante, mi mise i brividi nel modo in cui mi guardò, brividi di uno insolito piacere. Quel tipo di piacere che fa stare bene, che mette una sorta di armonia.
Il mio fidanzato mi aspettava a casa, avevo una voglia tremenda di sesso, una di quelle voglie che dici al tuo uomo fammi godere, e glielo urli mentre ti avvicini come una assatanata al pene... ti ci attacchi, lo succhi e ti scordi che potrebbe venirti in bocca, il che sarebbe un male, perché la voglia di sesso è tanta, la voglia di un grosso e duro pezzo di carne pulsante.
Lo chiamai, avrei tardato. Elena mi innervosiva, restai pacata, dolce e gentile. Dove potrei portarla? Andammo a prendere un caffè al Top, più che altro, per me una tisana: camomilla e melissa. Lei prese una birra di non so quale marca. Beh parlammo, mi calmai subito, merito della tisana?
Elena mi tempestò di domande alquanto variopinte. Nel frattempo, io risposi, stranamente bene, iniziava a starmi simpatica perché la sua parlantina era eccezionale, ricca di vocaboli... cioè a volte dovevo far finta di aver capito. Lei elargiva cultura in maniera naturale e del tutto naturale fu di farmi domande intime, chiedermi dei miei gusti sessuali, se ero soddisfatta, quelle cose che a parlarne si arrossisce e che... magari a scrivere è diverso.
“Si, il pompino lo faccio con l’ingoio... sono devota, totalmente remissiva, il sesso anale lo adoro, il dolore scatena i miei sensi!”
Lei non si sconvolse, per me fu un sollievo. Le raccontai alcuni particolari piccanti della mia vita sessuale, le mie perversioni...
Non avevo mai confessato a nessuna delle mie amiche quelle cose, temevo il loro giudizio… davvero lo temevo.
Passò un ora, non volevo liquidarla ma dovevo andare, il mio uomo mi reclamava ed io non riuscivo a trattenermi, la voglia di sesso mi contraeva la vagina. Quei discorsi furono stimolanti. La cosa strana, è che feci il giro più lungo con la macchina per accompagnarla, forse non volevo lasciarla. Ci volle almeno un quarto d’ora.
Dopo quella piacevole serata ci vedemmo con la solita abitudine, cena, caffè, giro in macchina, giro sempre più lungo. Sembrava come se ci conoscessimo da una vita. Mi piaceva ascoltarla.
In venerdì sera però cambiò tutto. Lei e le altre volevano andare a ballare, l’idea non era male ma, senza Giuseppe non sarei andata. Tralasciando come, dove e quando ci trovammo a ballare. Erano le quattro. Io ero distrutta, volevo disfarmi dei tacchi, basta. Andai a sedermi al nostro tavolo quando, il mio uomo, mettendomi le mani sulle cosce, mi fece notare Elena alticcia, che ballava con un idiota. Mi alzai e andai verso di lei spinta dalla gelosia, la presi prepotentemente dal polso della mano destra, la allontanai. Ad un tratto lei si mise a ballare con me, fu un momento in cui le luci erano troppi intermittenti e vedere ad un metro era fastidioso, davvero difficile. Mi baciò, rapidamente a stampo, subito dopo con la lingua... io dopo guardai verso il tavolo non vedevo nulla... ricambiai quel bacio con passione, il tempo si fermò, un secondo mi parve una fantastica eternità. Avrei voluto baciarla ancora, mi morsi il labbro dalla voglia. La serata giungeva al termine. Ero accanto a lei ma, il desiderio delle sue labbra scomparve, con una paura assurda cercavo il mio fidanzato.
Cosa ho fatto? Dio non ci posso credere.
Io e gli amici di Giuseppe portammo le ragazze a casa, nessuna necessitava di un badante non erano ubriache come Elena, forse di un uomo nel letto.
Elena era uno straccio, l’accompagnai nel suo alloggio, fino al letto per sincerarmi che stesse bene. Mentre uscivo dalla sua camera le si alzò, scattò dal letto, mi tirò a se...
“aspetta dove vai?”
Io zitta, lei mi baciò e mise mani dove mai nessuna ragazza mi aveva toccata, non riuscivo a reagire, ero impaurita, ero eccitata, non più di due minuti ed ero scombussolata. Il mio vestitino restò su, il perizoma invece andò giù, alle caviglie, la mia vita non so, mi parve strana specialmente nel breve attimo in cui la sua lingua scrisse qualcosa sul mio monte di venere, come se chiese l’autorizzazione per leccare la mia dolce e fedele vagina. Imbarazzo: no, ma tanta paura per quel desiderio di fare qualcosa. Ero, ero... un fremito umido e silenzioso che voleva godere e gemere dal piacere. Fu lei a fermarsi ed io non volli, l’avrei lasciata continuare anche se tremavo. Era goduria?
Andai subito da Giuseppe, corsi da lui, come se mettermi il suo cazzo in bocca o in mezzo le gambe avrebbe cambiato quel desiderio saffico. L’eccitazione mi spaventava, ero eccitata per una ragazza, dovevo venire assolutissimamente. Chiesi a Giuseppe di fermarsi dietro lo stadio, volevo farlo subito, qualsiasi posto andava bene, nessun letto, volevo cancellare tutto con del sesso violento, desideravo Giuseppe brutale dentro di me.
Dovevo distogliere l’attenzione, alleggerire il fardello. Dettagli? Stavo leccando la punta del suo membro, lui aveva abbassato il sedile della macchina, stavo sfoggiando la mia incredibile abilità nella fellatio: accarezzando i testicoli, succhiavo. Ingoiavo il pene, dentro la mia bocca lo slinguazzavo a dovere passando la punta della lingua sulle vene pulsanti del membro. Con eleganza lo lubrificavo, con la saliva che gocciolava sul glande. Lo tiravo fuori lentamente avvolgendolo con le labbra, ripetevo questo movimento con costanza, un ritmo graduale, lento, appassionato. Insalivavo nuovamente, sputavo sul glande grossolanamente, la saliva colava anche sulla mia mano, rapido movimento di lingua e pene di nuovo in bocca. Il movimento era ossessionato quasi convulsivo, il mio desiderio artefatto eppure, stavo eseguendo un pompino trionfale, estasi per qualsiasi uomo. Lui apprezzava… al punto che con tutte e due le mani mi prese per i capelli e spinse il pene infondo la gola, lo tenne fino a soffocarmi, sentivo di dover superare il limite, non lo distolsi… riversai sul membro una grossa quantità di liquidi, conati apparentemente di vomito immischiati a liquido per eiaculatorio. Avevo accesso la fiamma della impeto del mio fidanzato, senza alcuna remore, compì quei movimenti altre tre o quattro volte, sempre più duraturi, quasi furiosi ed io? Resistevo con orgoglio, cercavo di cancellare Elena dalla mia testa facendomi scopare la gola dal mio fidanzato.
Eravamo entrambi nudi, sedili posteriori: io seduta sulle sue gambe, ondeggiavo il bacino, piccoli balzi accompagnati dai suoi movimenti per spingere il pene sempre più dentro di me. Mi stringeva il collo con la mano sinistra, lo stringeva fino a soffocarmi, con l’altra mi prendeva a schiaffi di tanto in tanto. Quei schiaffi leggeri, che non lasciano lividi ma io, pericolosamente lo incitavo, schiaffi anche ai miei piccoli seni. Sentivo la necessità di avere un orgasmo o del dolore. Qualsiasi cosa ma, qualcosa mi bloccava. In quel sesso ci stavo mettendo tutta me stessa, lui godeva tanto. Ero brava, sporca, la solita Alessia.
Eppure non sentivo forti emozioni, il mio corpo traeva piacere dal rapporto sessuale, il mio fidanzato sapeva come sbattermi. Io mi sentivo distolta, lontana dal piacere dei sensi. Non mi interessava se gemevo e la mia vagina trasudava liquidi in eccesso. La mia testa? Dove era la mia testa? Era coinvolto pure il cuore?
Giuseppe mi sbatté sul suo cazzo tenendomi dal collo, prima con una, poi con tutte e due le mani, alternava frasi dolci a frasi oscene, ingiuriose… irrispettose. Il mio corpo era un fremito, lo avvertì i gemiti persino dentro di me, come se mi sussurrassero il desiderio di urlare. Qualcosa la sotto era un bruciore, nonostante il piacere fisico, ero distaccata dal sesso, la sua prorompente foga sessuale mi indusse prepotentemente all’orgasmo, fummo quasi sincronizzati, l’attimo dopo il mio orgasmo mi ritrovai prona con il suo membro gonfio e duro in bocca, venne abbondantemente, lo masturbai per far fuori uscire ogni singola goccia, nell’atto mi ritrovai sperma in gola. Soffocai nuovamente, non opposi resistenza alcuna… quasi mi lasciai andare, il suo grosso pene divenne piccolo, respirai. Mi sentì strana, appagata fisicamente ma, non soddisfatta del tutto.
Una parte di me desiderava il piacere e lo ottenne, era la parte che non riuscivo a controllare, animalesca, su cui non avevo potere. L’altra parte desiderava Elena...
Dopo, lo guardai, il mio fidanzato, lo baciai delicatamente, lo accarezzai.
Tornammo a casa, dormimmo, io lo abbracciai tutta la notte, non riuscii a chiudere occhio. Pensavo ad Elena, mentre lui dormiva io mi toccavo delicatamente: ogni qual volta che la immaginavo, ad ogni carezza avevo un sussulto, mi eccitavo… tanto. Chiudevo gli occhi e mi toccavo, ero a fianco del mio uomo, pensavo ad una ragazza, qualche istante e colai… il perizoma era più che umido ed i miei liquidi sul letto. Ebbi un dubbio atroce, godevo perché mi toccavo sotto le coperte abbracciata al mio uomo o perché nel farlo pensavo ad Elena? Continuai cercando di scoprirlo, mi ritrovai in bagno, nel pieno della notte. Continuavo a toccarmi in piedi, divaricai le gambe e mi misi sopra il bidet. Stimolai il mio clitoride in maniera dolce e con convinzione, pensando ad Elena ad ogni tocco, ogni carezza. Mi resi conto che ci volle veramente poco per avere sobbalzi di piacere, bastò poco per un orgasmo fuori dall'ordinario, gocciolai tanto e persi addirittura forza nelle ginocchia, mi adagiai sul bidet dove, continuai a masturbarmi con più intensità, un solo orgasmo non mi bastò. Ne volevo ancora. Appresi di essere ancor più confusa… quale era il vero piacere? Il mio era un capriccio o altro? Essere stata con un solo uomo in tutta la mia vita poteva centrarci qualcosa?
Lei mi aveva fatto sua, e lo aveva fatto dal primo istante in cui i nostri occhi si incrociarono. Lei mi attirò a se, avrei dovuto oppormi, Dio se mi opposi, con anima e corpo. Lei fu più forte.
Susseguirono tre incontri, tre notti magnifiche. Amavo Giuseppe, mai avuta nessuna esitazione, anche durante quei baci, durante tutto. Come potevo sapere di essere attratta dal mio stesso sesso?
Dovevo reprimere ogni desiderio, andare contro natura… non potevo, volevo Elena a tutti i costi.
Non avevo mai mentito, ero la trasparente e sincera, nemmeno ricordo che scusa trovai per stare con Elena, fatto sta che restammo in macchina, lontano dalla città... eravamo due corpi perfetti, scolpiti dalla passione per la danza, corpi seminudi, abbracciati, un intreccio di lingue e carezze provocatorie. Mai baciai così tanto, il seno? Mi piaceva toccarlo, leccare con la punta della lingua i capezzoli, averlo in mano, stringerlo guardando ogni smorfia sul suo volto. Sembrava che stessi giocando, stavo esplorando una nuova ed intensa esperienza. Mi sembrava di non conoscere l’anatomia femminile perché ero sorpresa ad ogni amorevolezza, tocco o carezza. Ogni tanto mi prendeva le mani, mi guidava nel toccare sia lei che me.
Il sedere... lo stringevo forte, imitavo il mio fidanzato... non sapevo che fare... le baciavo il collo, nuovamente il seno, i capezzoli, stringevo le natiche, le cosce ma non andavo mai li sotto, ne la toccavo... lei non disse nulla, le stava bene così, mi procurava piacere, non ero alla sua altezza, ancora dolci e sensuali carezze.
La baciai un altra volta, baciandola l’accarezzai ancora. Il palmo della mia mano percepì la sua pelle vellutata, quel tocco bastò a mettermi i brividi. Lo feci di proposito, chiedendomi esattamente la differenza tra la pelle di Elena e quella del mio uomo. Non avevo quella sensazione intensa e così terribilmente piacevole toccando Giu. Elena creava una sorta di dipendenza in me, la mia vagina espelleva umori senza penetrazioni. Solo delicate carezze protratte da mani abili. Con lei la mia voce era sempre sommessa, i miei uggioli a denti stretti, con il sorriso del piacere.
Le mie labbra ancora contro le sue: erano morbide ed avevano un lontano sapore di mandorla, distolsi la lingua dalla sua bocca per godere di quelle morbide labbra, le piacque tanto che ricambiò imitandomi, mi accorsi che ero stata brava.
Una macchina non era il luogo adatto.
Le mie gambe divaricate sul letto, il suo letto. La sua testa in mezzo le mie gambe, mi tenevo un dito in bocca. Guardavo la sua testa, i suoi capelli celesti. Quel che lei faceva con la lingua al mio clitoride era un opera d’arte, non capivo se stesse imitando le spennellate di un pennello, e che la mia vagina fosse una tela o se stesse imitando una penna, e che mi stesse scrivendo una poesia d’amore. Arrivai al punto che dovetti urlare, il cuore mi arrivò in gola insieme ad una intensa vampa.
“Lasciati andare!” Urlò lei accompagnando il mio forte e meraviglioso orgasmo al suo, mentre mi praticava un cannilinguo d’autrice, con la mano si toccava. Quando vidi nuovamente il suo volto, le labbra erano umide e lucide, sembrava bagnata, lo era. Il mio orgasmo gli era esploso in faccia, piccole gocce gli scendevano dalle labbra, sotto il mento, lungo il collo… ebbi l’impulso di assaporare i miei umori sulle sue labbra, sul suo collo. Meraviglioso.
Mi piacque però, quel senso di paura mi stringeva al collo, la sensazione era esternante.
Mi fece venire intensamente, era tutto perfetto, sorrisi e lacrime.
“Sei dolce Alessia, non preoccuparti!” mi diceva in alcuni momenti… “andrà tutto bene… sarà un ricordo piacevole!”
La seconda volta eravamo totalmente nude subito, io e lei ancora nella sua camera.
Eravamo in piedi, l’una di fronte all’altra, i nostri occhi scrutavano le anime. Lei immobile, intanto io la spogliavo lentamente. Mi misi in ginocchio, sbottonai i jeans, sempre piano li sfilai, e poi lo slip. L’impulso di leccarla era forte, dannatamente forte. Lei me lo impediva. Sfilai la maglietta, il reggiseno, un bacio intenso in un abbraccio caloroso. Poi lei con la stessa costanza spogliò me.
Nel letto provai ancora a leccarla.
“Perché? Perché non mi permetti di darti piacere?”
“Non sei ancora pronta… lo avverto!”
“Ma non è vero!” Risposi… con una certa insicurezza. Lo volevo ma avevo paura?
Notai il lei un forte senso dominante nei miei confronti… senza ruvidità o violenza nei confronti. Le uniche persone della mia vita erano dominanti, dolci, fantastiche e dolorosamente appaganti. Io infine ero totalmente sua… lo era dal primo instante.
Quella sera esplorò tutto il mio corpo, mi diede piacere con la lingua ancora, ancora e ancora, poi con le dita, non mi concesse tregua, una miriadi di orgasmi. Il letto era una pozza di meraviglioso godimento. La toccai, mi permise di darle piacere, imitai Giuseppe però, compresi subito che dovevo imitare lei, imparare da Elena. Riempii la mia mano dei suoi umori, la strapazzai come lei faceva con me… godevo nel vederla godere. Mi mordicchiò l’orecchio tra i suoi spasmi di piacere. Sapeva gemere in maniera armoniosa. Quando fu piena di piacere ricambiò. Ero pancia in giù… con la mano penetrò la mia vagina, un movimento ad uncino strepitoso, la lingua si conficcò nel mio ano… rimasi scioccata e senza fiato da quello che provai… un dito, due, tre… ero persa, in balia di qualsiasi cosa volesse farmi. Quella notte urlai come mai prima d’ora… senza paura ma totalmente confusa… il mio corpo non rispondeva più a me.
L’apice di tutto fu il veglione di Natale, quella sera nel mentire litigai con Giuseppe perché volevo stare con Elena, mai ebbi un comportamento simile, discoteca, ballare come pazze e poi a casa, ci stuzzicammo sulla via, dovetti fermarmi dietro al parco... a casa c’erano anche le ragazze ma non importava nulla... sul uscio della porta le sue mani accarezzarono le mie calze, io le strappai appena, volevo le sue dita dentro di me. In camera sua eravamo avvinghiate, tolti i vestiti, lei mi stupì, mi spaventò, mi piacque tanto che colavo umori densi e lucciconi.
C’era quello scrittoio dove mi fece poggiare i gomiti, le mie gambe aperte e la sua lingua andava su e giù, tra ano e vagina, mi penetrava con le dita e si toccava, le piaceva ed io... trattenevo le urla, solo mugoli, dieci minuti ed ero un orgasmo dopo l’altro. Aveva trovato la combinazione per farmi godere fino a perdere la testa… divenni matta e le urlai stra un orgasmo e l’altro, le urlai di non fermarsi, di distruggermi fino a quando non caddi sulle ginocchia, non ne potevo più, il mio corpo era sfinito ma, io volevo… volevo ancora piacere. In quel momento qualcosa in me si accese. Mi alzai tremante, la spinsi più di una volta verso il letto, sorridevamo entrambe, lei sapeva che non mi avrebbe fermato. Le divaricai le gambe con aggressività, mi insinuai tra le sue grazie ed assaporai la sua bellissima vagina. Sentivo Elena con la vera voce del piacere… continuai ma non mi bastava…
Misi il mio dito medio della mano destra sul sul ano, il pollice sul clitoride insieme alla lingua. Il suo ano non era dilatato come il mio eppure, con forza la penetrai, urlò… di piacere?
Con questi tre gesti feci godere la mia amante… la quale schizzò nella mia bocca i suoi liquidi, uno schizzo dopo l’altro, un paio di getti veramente forti, mi bagnò persino i capelli. Lei forse era imbarazzata, per questo non mi faceva leccare la sua vagina ma io, con amore e la giusta prepotenza la feci schizzare. Aveva surclassato i miei orgasmi, lei fu meravigliosa, io sembravo uscita dalla doccia quasi. Non mi fermai, ero ossessionata, mi piaceva tanto.
Avevamo goduto, eravamo stremate… immerse in un lago di piacere… l’odore di quella stanza era intenso di sesso e di felicità. Continuammo ancora per una buona mezz’ora, infine le forze ci abbandonarono. Entrambe avevamo dato il meglio di noi per dare piacere all’altra.
In mattinata Elena mi disse ciò che sapevo fin dall'inizio. Non c’era futuro, però sarebbe stata una amica, la migliore. Come tale con un commosso abbraccio mi suggerì di non dire nulla a Giuseppe di tenere il segreto.
“Custodiscilo anche per me ora che hai il mio cuore!” Mi chiese.
Mi commossi, piansi tanto però dovevo dire la verità al mio fidanzato, quasi dieci anni di fidanzamento buttati nel nulla, non potevo, non riuscivo a mentire. Dissi quel che dovetti dire. Vi risparmio i dettagli, vi dico che per qualche mese non ero più io...
Ho smesso di mangiare, ho tentato di porre fine alla vita, ero un cadavere macinante. Ero sola, senza un amore, senza un convincente, senza un amico, senza un amante, senza Elena. Tutto quello che lui rappresentava per me non c’era... avevo scopato con una ragazza, scoprii di essere bisessuale e poi?
Poi nulla ti meriti il peggio Alessia perché continueresti.
Ho ricostruito il rapporto con Giuseppe. Dopo mesi ci sono riuscita, in questo tempo ho anche accettato la bisessualità con cui cerco di convivere, purtroppo. Questo è stato un periodo che mi ha trasformata, il mondo gentile che mi circondava, lo stesso mondo che il mio subconscio aveva creato per proteggermi, non lo sopporto più! La mia consolazione è il mio fidanzato, la mia ammissione e che mi è piaciuto godere con Elena, la ringrazio? Se avessi perso Giuseppe... cosa avrei fatto?
Non ho rimpianti al momento, nonostante sia pentita, non lo rifarei dico, eppure credo di non riuscire a comandare il mio corpo. Succede quando Giuseppe mi possiede, qualunque cosa voglia farmi io la subisco con molto piacere! Mi piace, ma fino a che punto? Un giorno mi stancherò e lo perderò? Elena ci sarà per me?
Ed ogni volta che penso a lei, che voglio sentirla non lo faccio… fino al giorno un cui Giuseppe mi chiese di incontrarla, di volerla conoscere!
È come se il mio subconscio mi avesse protetta, che mi abbia resa incosciente della mia multi personalità. Che abbia trasformato le mie perversioni in piacere, il dolore in forza. Il mio subconscio sono forse io? Dunque devo pensare che mi sia protetta, da cosa? Da insicurezze e fragilità o da una società materialista e bigotta?
All’epoca non mi ero mai immersa nella mia persona, nella mia anima. Volevo credere di essere sicura di me stessa, che il masochismo e la devozione fossero il mio unico e solo piacere… credevo di non essere confusa… ero in realtà dominata dal caos.
Mi sentivo come un vulcano dormiente da secoli e poi... un eruzione improvvisa, la terra tremò, la mia vita rischiò di essere inghiottita dalla lava.
Qualcosa accadde. A scatenare questo drammatico e spettacolare frangente della mia vita fu una ragazza.
Totalmente opposta a ciò che io ero e che mi sentivo di essere. In comune, inizialmente avevamo solo la passione per la danza. Vederla danzare la prima volta... ammetto che fu estasiante ma, il suo stile di vita mi dava i nervi: tra sigarette e vino non capivo come potesse avere quel fisico perfetto, a muoversi leggiadra in quella maniera. Agile, fluida, costantemente elegante ad ogni passo. Sì, mi dava i nervi, nonostante ciò ero stupita, rimasi assuefatta da lei senza accorgermene… ero indifesa, inconsapevolmente?
Circa una settimana prima di Natale, come ogni anno, la mia istruttrice nonché capo delle varie strutture sportive dove lavoro, organizzava un piccolo spettacolo con ballerine esterne come ospiti. Quel’ anno erano cinque: ragazze poco più grandi di me di un paio di anni. Tra loro spiccava in maniera grottesca Elena.
I suoi lunghi capelli azzurri sembravano quelli di un cartone animato giapponese, la guardai con ammirazione perché ci voleva coraggio a girare con quei capelli. Presentazioni immancabili, rituali di prassi, poi come negli ultimi due anni, la signora accollò le ragazze a me. Mostrai loro dove avrebbero dormito cioè dall’altra parte della struttura principale, dove avrebbero potuto mangiare, passare tempo, allenarsi e cose simili. Ovviamente la prima sera, dopo un pomeriggio di allenamento cenai con loro. L'Istruttrice ci offrì una bella cena.
All’interno di un piccolo ed elegante ristorantino, iniziai a prendere confidenza con Elena, o meglio lei con me, nel senso che se la prese a forza.
Io rimasi altezzosa, la prima donna che non volevo essere, uno di quei tanti complessi a cui non saprei rispondere tutt’ora.
La cena terminò, salutai le ragazze, sapevano come tornare al loro alloggio, cinque minuti a piedi. Elena però disse di voler fare un giro e che non poteva chiudersi in una asettica camera alle ventitré.
“Andate voi… io non sono stanca, non ho sonno… vivo meglio di notte. Tu resti con me?”
Nel suo volto c’era qualcosa di provocante, mi mise i brividi nel modo in cui mi guardò, brividi di uno insolito piacere. Quel tipo di piacere che fa stare bene, che mette una sorta di armonia.
Il mio fidanzato mi aspettava a casa, avevo una voglia tremenda di sesso, una di quelle voglie che dici al tuo uomo fammi godere, e glielo urli mentre ti avvicini come una assatanata al pene... ti ci attacchi, lo succhi e ti scordi che potrebbe venirti in bocca, il che sarebbe un male, perché la voglia di sesso è tanta, la voglia di un grosso e duro pezzo di carne pulsante.
Lo chiamai, avrei tardato. Elena mi innervosiva, restai pacata, dolce e gentile. Dove potrei portarla? Andammo a prendere un caffè al Top, più che altro, per me una tisana: camomilla e melissa. Lei prese una birra di non so quale marca. Beh parlammo, mi calmai subito, merito della tisana?
Elena mi tempestò di domande alquanto variopinte. Nel frattempo, io risposi, stranamente bene, iniziava a starmi simpatica perché la sua parlantina era eccezionale, ricca di vocaboli... cioè a volte dovevo far finta di aver capito. Lei elargiva cultura in maniera naturale e del tutto naturale fu di farmi domande intime, chiedermi dei miei gusti sessuali, se ero soddisfatta, quelle cose che a parlarne si arrossisce e che... magari a scrivere è diverso.
“Si, il pompino lo faccio con l’ingoio... sono devota, totalmente remissiva, il sesso anale lo adoro, il dolore scatena i miei sensi!”
Lei non si sconvolse, per me fu un sollievo. Le raccontai alcuni particolari piccanti della mia vita sessuale, le mie perversioni...
Non avevo mai confessato a nessuna delle mie amiche quelle cose, temevo il loro giudizio… davvero lo temevo.
Passò un ora, non volevo liquidarla ma dovevo andare, il mio uomo mi reclamava ed io non riuscivo a trattenermi, la voglia di sesso mi contraeva la vagina. Quei discorsi furono stimolanti. La cosa strana, è che feci il giro più lungo con la macchina per accompagnarla, forse non volevo lasciarla. Ci volle almeno un quarto d’ora.
Dopo quella piacevole serata ci vedemmo con la solita abitudine, cena, caffè, giro in macchina, giro sempre più lungo. Sembrava come se ci conoscessimo da una vita. Mi piaceva ascoltarla.
In venerdì sera però cambiò tutto. Lei e le altre volevano andare a ballare, l’idea non era male ma, senza Giuseppe non sarei andata. Tralasciando come, dove e quando ci trovammo a ballare. Erano le quattro. Io ero distrutta, volevo disfarmi dei tacchi, basta. Andai a sedermi al nostro tavolo quando, il mio uomo, mettendomi le mani sulle cosce, mi fece notare Elena alticcia, che ballava con un idiota. Mi alzai e andai verso di lei spinta dalla gelosia, la presi prepotentemente dal polso della mano destra, la allontanai. Ad un tratto lei si mise a ballare con me, fu un momento in cui le luci erano troppi intermittenti e vedere ad un metro era fastidioso, davvero difficile. Mi baciò, rapidamente a stampo, subito dopo con la lingua... io dopo guardai verso il tavolo non vedevo nulla... ricambiai quel bacio con passione, il tempo si fermò, un secondo mi parve una fantastica eternità. Avrei voluto baciarla ancora, mi morsi il labbro dalla voglia. La serata giungeva al termine. Ero accanto a lei ma, il desiderio delle sue labbra scomparve, con una paura assurda cercavo il mio fidanzato.
Cosa ho fatto? Dio non ci posso credere.
Io e gli amici di Giuseppe portammo le ragazze a casa, nessuna necessitava di un badante non erano ubriache come Elena, forse di un uomo nel letto.
Elena era uno straccio, l’accompagnai nel suo alloggio, fino al letto per sincerarmi che stesse bene. Mentre uscivo dalla sua camera le si alzò, scattò dal letto, mi tirò a se...
“aspetta dove vai?”
Io zitta, lei mi baciò e mise mani dove mai nessuna ragazza mi aveva toccata, non riuscivo a reagire, ero impaurita, ero eccitata, non più di due minuti ed ero scombussolata. Il mio vestitino restò su, il perizoma invece andò giù, alle caviglie, la mia vita non so, mi parve strana specialmente nel breve attimo in cui la sua lingua scrisse qualcosa sul mio monte di venere, come se chiese l’autorizzazione per leccare la mia dolce e fedele vagina. Imbarazzo: no, ma tanta paura per quel desiderio di fare qualcosa. Ero, ero... un fremito umido e silenzioso che voleva godere e gemere dal piacere. Fu lei a fermarsi ed io non volli, l’avrei lasciata continuare anche se tremavo. Era goduria?
Andai subito da Giuseppe, corsi da lui, come se mettermi il suo cazzo in bocca o in mezzo le gambe avrebbe cambiato quel desiderio saffico. L’eccitazione mi spaventava, ero eccitata per una ragazza, dovevo venire assolutissimamente. Chiesi a Giuseppe di fermarsi dietro lo stadio, volevo farlo subito, qualsiasi posto andava bene, nessun letto, volevo cancellare tutto con del sesso violento, desideravo Giuseppe brutale dentro di me.
Dovevo distogliere l’attenzione, alleggerire il fardello. Dettagli? Stavo leccando la punta del suo membro, lui aveva abbassato il sedile della macchina, stavo sfoggiando la mia incredibile abilità nella fellatio: accarezzando i testicoli, succhiavo. Ingoiavo il pene, dentro la mia bocca lo slinguazzavo a dovere passando la punta della lingua sulle vene pulsanti del membro. Con eleganza lo lubrificavo, con la saliva che gocciolava sul glande. Lo tiravo fuori lentamente avvolgendolo con le labbra, ripetevo questo movimento con costanza, un ritmo graduale, lento, appassionato. Insalivavo nuovamente, sputavo sul glande grossolanamente, la saliva colava anche sulla mia mano, rapido movimento di lingua e pene di nuovo in bocca. Il movimento era ossessionato quasi convulsivo, il mio desiderio artefatto eppure, stavo eseguendo un pompino trionfale, estasi per qualsiasi uomo. Lui apprezzava… al punto che con tutte e due le mani mi prese per i capelli e spinse il pene infondo la gola, lo tenne fino a soffocarmi, sentivo di dover superare il limite, non lo distolsi… riversai sul membro una grossa quantità di liquidi, conati apparentemente di vomito immischiati a liquido per eiaculatorio. Avevo accesso la fiamma della impeto del mio fidanzato, senza alcuna remore, compì quei movimenti altre tre o quattro volte, sempre più duraturi, quasi furiosi ed io? Resistevo con orgoglio, cercavo di cancellare Elena dalla mia testa facendomi scopare la gola dal mio fidanzato.
Eravamo entrambi nudi, sedili posteriori: io seduta sulle sue gambe, ondeggiavo il bacino, piccoli balzi accompagnati dai suoi movimenti per spingere il pene sempre più dentro di me. Mi stringeva il collo con la mano sinistra, lo stringeva fino a soffocarmi, con l’altra mi prendeva a schiaffi di tanto in tanto. Quei schiaffi leggeri, che non lasciano lividi ma io, pericolosamente lo incitavo, schiaffi anche ai miei piccoli seni. Sentivo la necessità di avere un orgasmo o del dolore. Qualsiasi cosa ma, qualcosa mi bloccava. In quel sesso ci stavo mettendo tutta me stessa, lui godeva tanto. Ero brava, sporca, la solita Alessia.
Eppure non sentivo forti emozioni, il mio corpo traeva piacere dal rapporto sessuale, il mio fidanzato sapeva come sbattermi. Io mi sentivo distolta, lontana dal piacere dei sensi. Non mi interessava se gemevo e la mia vagina trasudava liquidi in eccesso. La mia testa? Dove era la mia testa? Era coinvolto pure il cuore?
Giuseppe mi sbatté sul suo cazzo tenendomi dal collo, prima con una, poi con tutte e due le mani, alternava frasi dolci a frasi oscene, ingiuriose… irrispettose. Il mio corpo era un fremito, lo avvertì i gemiti persino dentro di me, come se mi sussurrassero il desiderio di urlare. Qualcosa la sotto era un bruciore, nonostante il piacere fisico, ero distaccata dal sesso, la sua prorompente foga sessuale mi indusse prepotentemente all’orgasmo, fummo quasi sincronizzati, l’attimo dopo il mio orgasmo mi ritrovai prona con il suo membro gonfio e duro in bocca, venne abbondantemente, lo masturbai per far fuori uscire ogni singola goccia, nell’atto mi ritrovai sperma in gola. Soffocai nuovamente, non opposi resistenza alcuna… quasi mi lasciai andare, il suo grosso pene divenne piccolo, respirai. Mi sentì strana, appagata fisicamente ma, non soddisfatta del tutto.
Una parte di me desiderava il piacere e lo ottenne, era la parte che non riuscivo a controllare, animalesca, su cui non avevo potere. L’altra parte desiderava Elena...
Dopo, lo guardai, il mio fidanzato, lo baciai delicatamente, lo accarezzai.
Tornammo a casa, dormimmo, io lo abbracciai tutta la notte, non riuscii a chiudere occhio. Pensavo ad Elena, mentre lui dormiva io mi toccavo delicatamente: ogni qual volta che la immaginavo, ad ogni carezza avevo un sussulto, mi eccitavo… tanto. Chiudevo gli occhi e mi toccavo, ero a fianco del mio uomo, pensavo ad una ragazza, qualche istante e colai… il perizoma era più che umido ed i miei liquidi sul letto. Ebbi un dubbio atroce, godevo perché mi toccavo sotto le coperte abbracciata al mio uomo o perché nel farlo pensavo ad Elena? Continuai cercando di scoprirlo, mi ritrovai in bagno, nel pieno della notte. Continuavo a toccarmi in piedi, divaricai le gambe e mi misi sopra il bidet. Stimolai il mio clitoride in maniera dolce e con convinzione, pensando ad Elena ad ogni tocco, ogni carezza. Mi resi conto che ci volle veramente poco per avere sobbalzi di piacere, bastò poco per un orgasmo fuori dall'ordinario, gocciolai tanto e persi addirittura forza nelle ginocchia, mi adagiai sul bidet dove, continuai a masturbarmi con più intensità, un solo orgasmo non mi bastò. Ne volevo ancora. Appresi di essere ancor più confusa… quale era il vero piacere? Il mio era un capriccio o altro? Essere stata con un solo uomo in tutta la mia vita poteva centrarci qualcosa?
Lei mi aveva fatto sua, e lo aveva fatto dal primo istante in cui i nostri occhi si incrociarono. Lei mi attirò a se, avrei dovuto oppormi, Dio se mi opposi, con anima e corpo. Lei fu più forte.
Susseguirono tre incontri, tre notti magnifiche. Amavo Giuseppe, mai avuta nessuna esitazione, anche durante quei baci, durante tutto. Come potevo sapere di essere attratta dal mio stesso sesso?
Dovevo reprimere ogni desiderio, andare contro natura… non potevo, volevo Elena a tutti i costi.
Non avevo mai mentito, ero la trasparente e sincera, nemmeno ricordo che scusa trovai per stare con Elena, fatto sta che restammo in macchina, lontano dalla città... eravamo due corpi perfetti, scolpiti dalla passione per la danza, corpi seminudi, abbracciati, un intreccio di lingue e carezze provocatorie. Mai baciai così tanto, il seno? Mi piaceva toccarlo, leccare con la punta della lingua i capezzoli, averlo in mano, stringerlo guardando ogni smorfia sul suo volto. Sembrava che stessi giocando, stavo esplorando una nuova ed intensa esperienza. Mi sembrava di non conoscere l’anatomia femminile perché ero sorpresa ad ogni amorevolezza, tocco o carezza. Ogni tanto mi prendeva le mani, mi guidava nel toccare sia lei che me.
Il sedere... lo stringevo forte, imitavo il mio fidanzato... non sapevo che fare... le baciavo il collo, nuovamente il seno, i capezzoli, stringevo le natiche, le cosce ma non andavo mai li sotto, ne la toccavo... lei non disse nulla, le stava bene così, mi procurava piacere, non ero alla sua altezza, ancora dolci e sensuali carezze.
La baciai un altra volta, baciandola l’accarezzai ancora. Il palmo della mia mano percepì la sua pelle vellutata, quel tocco bastò a mettermi i brividi. Lo feci di proposito, chiedendomi esattamente la differenza tra la pelle di Elena e quella del mio uomo. Non avevo quella sensazione intensa e così terribilmente piacevole toccando Giu. Elena creava una sorta di dipendenza in me, la mia vagina espelleva umori senza penetrazioni. Solo delicate carezze protratte da mani abili. Con lei la mia voce era sempre sommessa, i miei uggioli a denti stretti, con il sorriso del piacere.
Le mie labbra ancora contro le sue: erano morbide ed avevano un lontano sapore di mandorla, distolsi la lingua dalla sua bocca per godere di quelle morbide labbra, le piacque tanto che ricambiò imitandomi, mi accorsi che ero stata brava.
Una macchina non era il luogo adatto.
Le mie gambe divaricate sul letto, il suo letto. La sua testa in mezzo le mie gambe, mi tenevo un dito in bocca. Guardavo la sua testa, i suoi capelli celesti. Quel che lei faceva con la lingua al mio clitoride era un opera d’arte, non capivo se stesse imitando le spennellate di un pennello, e che la mia vagina fosse una tela o se stesse imitando una penna, e che mi stesse scrivendo una poesia d’amore. Arrivai al punto che dovetti urlare, il cuore mi arrivò in gola insieme ad una intensa vampa.
“Lasciati andare!” Urlò lei accompagnando il mio forte e meraviglioso orgasmo al suo, mentre mi praticava un cannilinguo d’autrice, con la mano si toccava. Quando vidi nuovamente il suo volto, le labbra erano umide e lucide, sembrava bagnata, lo era. Il mio orgasmo gli era esploso in faccia, piccole gocce gli scendevano dalle labbra, sotto il mento, lungo il collo… ebbi l’impulso di assaporare i miei umori sulle sue labbra, sul suo collo. Meraviglioso.
Mi piacque però, quel senso di paura mi stringeva al collo, la sensazione era esternante.
Mi fece venire intensamente, era tutto perfetto, sorrisi e lacrime.
“Sei dolce Alessia, non preoccuparti!” mi diceva in alcuni momenti… “andrà tutto bene… sarà un ricordo piacevole!”
La seconda volta eravamo totalmente nude subito, io e lei ancora nella sua camera.
Eravamo in piedi, l’una di fronte all’altra, i nostri occhi scrutavano le anime. Lei immobile, intanto io la spogliavo lentamente. Mi misi in ginocchio, sbottonai i jeans, sempre piano li sfilai, e poi lo slip. L’impulso di leccarla era forte, dannatamente forte. Lei me lo impediva. Sfilai la maglietta, il reggiseno, un bacio intenso in un abbraccio caloroso. Poi lei con la stessa costanza spogliò me.
Nel letto provai ancora a leccarla.
“Perché? Perché non mi permetti di darti piacere?”
“Non sei ancora pronta… lo avverto!”
“Ma non è vero!” Risposi… con una certa insicurezza. Lo volevo ma avevo paura?
Notai il lei un forte senso dominante nei miei confronti… senza ruvidità o violenza nei confronti. Le uniche persone della mia vita erano dominanti, dolci, fantastiche e dolorosamente appaganti. Io infine ero totalmente sua… lo era dal primo instante.
Quella sera esplorò tutto il mio corpo, mi diede piacere con la lingua ancora, ancora e ancora, poi con le dita, non mi concesse tregua, una miriadi di orgasmi. Il letto era una pozza di meraviglioso godimento. La toccai, mi permise di darle piacere, imitai Giuseppe però, compresi subito che dovevo imitare lei, imparare da Elena. Riempii la mia mano dei suoi umori, la strapazzai come lei faceva con me… godevo nel vederla godere. Mi mordicchiò l’orecchio tra i suoi spasmi di piacere. Sapeva gemere in maniera armoniosa. Quando fu piena di piacere ricambiò. Ero pancia in giù… con la mano penetrò la mia vagina, un movimento ad uncino strepitoso, la lingua si conficcò nel mio ano… rimasi scioccata e senza fiato da quello che provai… un dito, due, tre… ero persa, in balia di qualsiasi cosa volesse farmi. Quella notte urlai come mai prima d’ora… senza paura ma totalmente confusa… il mio corpo non rispondeva più a me.
L’apice di tutto fu il veglione di Natale, quella sera nel mentire litigai con Giuseppe perché volevo stare con Elena, mai ebbi un comportamento simile, discoteca, ballare come pazze e poi a casa, ci stuzzicammo sulla via, dovetti fermarmi dietro al parco... a casa c’erano anche le ragazze ma non importava nulla... sul uscio della porta le sue mani accarezzarono le mie calze, io le strappai appena, volevo le sue dita dentro di me. In camera sua eravamo avvinghiate, tolti i vestiti, lei mi stupì, mi spaventò, mi piacque tanto che colavo umori densi e lucciconi.
C’era quello scrittoio dove mi fece poggiare i gomiti, le mie gambe aperte e la sua lingua andava su e giù, tra ano e vagina, mi penetrava con le dita e si toccava, le piaceva ed io... trattenevo le urla, solo mugoli, dieci minuti ed ero un orgasmo dopo l’altro. Aveva trovato la combinazione per farmi godere fino a perdere la testa… divenni matta e le urlai stra un orgasmo e l’altro, le urlai di non fermarsi, di distruggermi fino a quando non caddi sulle ginocchia, non ne potevo più, il mio corpo era sfinito ma, io volevo… volevo ancora piacere. In quel momento qualcosa in me si accese. Mi alzai tremante, la spinsi più di una volta verso il letto, sorridevamo entrambe, lei sapeva che non mi avrebbe fermato. Le divaricai le gambe con aggressività, mi insinuai tra le sue grazie ed assaporai la sua bellissima vagina. Sentivo Elena con la vera voce del piacere… continuai ma non mi bastava…
Misi il mio dito medio della mano destra sul sul ano, il pollice sul clitoride insieme alla lingua. Il suo ano non era dilatato come il mio eppure, con forza la penetrai, urlò… di piacere?
Con questi tre gesti feci godere la mia amante… la quale schizzò nella mia bocca i suoi liquidi, uno schizzo dopo l’altro, un paio di getti veramente forti, mi bagnò persino i capelli. Lei forse era imbarazzata, per questo non mi faceva leccare la sua vagina ma io, con amore e la giusta prepotenza la feci schizzare. Aveva surclassato i miei orgasmi, lei fu meravigliosa, io sembravo uscita dalla doccia quasi. Non mi fermai, ero ossessionata, mi piaceva tanto.
Avevamo goduto, eravamo stremate… immerse in un lago di piacere… l’odore di quella stanza era intenso di sesso e di felicità. Continuammo ancora per una buona mezz’ora, infine le forze ci abbandonarono. Entrambe avevamo dato il meglio di noi per dare piacere all’altra.
In mattinata Elena mi disse ciò che sapevo fin dall'inizio. Non c’era futuro, però sarebbe stata una amica, la migliore. Come tale con un commosso abbraccio mi suggerì di non dire nulla a Giuseppe di tenere il segreto.
“Custodiscilo anche per me ora che hai il mio cuore!” Mi chiese.
Mi commossi, piansi tanto però dovevo dire la verità al mio fidanzato, quasi dieci anni di fidanzamento buttati nel nulla, non potevo, non riuscivo a mentire. Dissi quel che dovetti dire. Vi risparmio i dettagli, vi dico che per qualche mese non ero più io...
Ho smesso di mangiare, ho tentato di porre fine alla vita, ero un cadavere macinante. Ero sola, senza un amore, senza un convincente, senza un amico, senza un amante, senza Elena. Tutto quello che lui rappresentava per me non c’era... avevo scopato con una ragazza, scoprii di essere bisessuale e poi?
Poi nulla ti meriti il peggio Alessia perché continueresti.
Ho ricostruito il rapporto con Giuseppe. Dopo mesi ci sono riuscita, in questo tempo ho anche accettato la bisessualità con cui cerco di convivere, purtroppo. Questo è stato un periodo che mi ha trasformata, il mondo gentile che mi circondava, lo stesso mondo che il mio subconscio aveva creato per proteggermi, non lo sopporto più! La mia consolazione è il mio fidanzato, la mia ammissione e che mi è piaciuto godere con Elena, la ringrazio? Se avessi perso Giuseppe... cosa avrei fatto?
Non ho rimpianti al momento, nonostante sia pentita, non lo rifarei dico, eppure credo di non riuscire a comandare il mio corpo. Succede quando Giuseppe mi possiede, qualunque cosa voglia farmi io la subisco con molto piacere! Mi piace, ma fino a che punto? Un giorno mi stancherò e lo perderò? Elena ci sarà per me?
Ed ogni volta che penso a lei, che voglio sentirla non lo faccio… fino al giorno un cui Giuseppe mi chiese di incontrarla, di volerla conoscere!
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