La tipa, caffè e lingerie - Il seguito. Sarà l'ora della minchia?

di
genere
etero

Non posso aspettare in un retrobottega, trenta secondi sembrano un eternità, la mia santa pazienza ha un limite. Esco, non ascolto quello che mi di ha detto Ada, mi ritrovo lei di spalle e la sua presumibile sorella che mi guarda a bocca a aperta. Ada si gira, la sua espressione è abbastanza esaustiva, prova a dire qualcosa, esce solo aria.
“Chi è questo?” Domanda giustamente la presunta sorella. Guarda Ada con la faccia molto seria.
Che devo dire? Non lo so ma, quello che dico esce fuori senza pensarci: “Sono il principale di Ada, buongiorno!”
La presunta sorella rivolge gli occhi bollenti, sgranati e furiosi ad Ada, non mi calcola. Ada pare presa dal panico, lo noto dal tremolio della sua mano. Dalla voce senza sicurezza.
“Stava giusto andando via, il più velocemente possibile…” Dice Ada singhiozzando.
Si, esco dal negozio con un silenzio imbarazzante. La curiosità mi spinge ad origliare, la discussione è molto animata, preferisco andare.
Passano i giorni. Vedo ma, e come se non vedessi Ada, la routine è quella. Mi guarda, vedo rabbia, so che vorrebbe dirmi qualcosa ma non lo fa. È stata una bella chiavata senza dubbio, so come vanno queste cose eppure, con lei sbaglio tutto quello che si può sbagliare.
Un sabato che non lavoro vado a trovarla al negozio, solo entrando mi gela con gli occhi, se potesse mi sparerebbe, è talmente incazzata che mi scoraggia. È troppo bella perché io stia lontano da lei e comunque, mi servono spiegazioni che, davanti a lei non riesco a domandare. Resto zitto con il fiato sopra la lingua, in gola. Forse soffoco, mi strozzo.
“Allora… sei diventato muto o parli solo per dire cazzate?”
“Cosa?”
“Il principale? Come cazzo ti è venuto in mente? Ti ho detto esplicitamente di non uscire che c’era mia sorella, non era mica difficile!”
“Hai ragione ma, ero in ritardo!” Scusa banale, non sono nemmeno convito di quel che dico.
Lei sorride, un sorriso beffardo. “Il negozio è NOSTRO. Mio e di mia sorella, hai capito coglione!”
Si mi pare ovvio che ho capito. “Che cosa vuoi ancora?” aggiunge lei. “Ah, a proposito… le lingerie, quelle devi pagarle o ti denuncio!”
“Si, nessun problema…” Non obbietto anche sei potessi.
Pago, e poi la guardo. “Cosa vuoi?” Mi domanda fortemente seccata.
“Le lingerie!”
Si fa una sonora ed eclatante risata ironica. “Sono mie!”
“Ah, le ho regalate a te… bene erano per un amante...”
“No, non sono la tua amante… non siamo nulla… basta e non voglio rivederti mai più… ok?”
Resto stupito, allora cosa è successo? Sei un zoccola devo pensare… resto sovrappensiero.
“E che ho lasciato qualcosa dentro di te…” dico ma non mi lascia finire.
“Certo, il tuo sperma hai lasciato dentro di me. Il tuo sperma colava dalla mia vagina mentre parlavo con mia sorella. Lo rivuoi indietro? Ah ok, posso dartelo sotto forma di figlio, vuoi?”
Non so che dire, so che volevo dire, resto senza parole, mi giro e me ne vado. “Volevo dirti che ho lasciato il mio cuore dentro di te… zoccola!” Sussurro nei miei pensieri mentre cancello Ada dalla testa.
Si cancello Ada con la collega, scopiamo così tanto che lei mi dice basta, gli orgasmi non la fanno ragionare. Dopo il lavoro lei è l’unica cosa che mi distoglie da Ada, il fatto che finisco per scopare con foga eccessiva… e lei si eccita e ne vuole sempre di più. Ed io mentre scopo la collega, penso a quella zoccola. Riempo di sperma per l’ennesima volta la gola di questa. La mando a fanculo. Non mi ha fatto nulla. Mi trastullo l’anima pensando ad Ada, anche il cazzo.
I giorni si susseguono, io combatto con l’orgoglio. Passano le settimane. Quella routine non cambia per nulla, inutili caffè, non mi guarda più, non esisto.
Qualche mese è trascorso, se dovessi fare un riassunto di questo periodo, non saprei che dire. Persino il sesso con la collega è diventano monotono, legarla e frustarla non ha senso.
Un poco tutto è monotono, prima di Ada non era così… nemmeno ricordo chi ero prima di conoscerla in maniera intima. A trentacinque anni potrei aver perso la testa per una ragazzina di cui non so l’età effettiva? Per una zoccola?
Non so nulla di lei. Il tempo passa, il tempo mi sfugge, il karma mi presenta in conto, trattale male le donne e poi guarda che succede, ne arriva una all’improvviso, ti spruzza sull’anima, e ti ingoia il cuore. Passerà, c’è la collega, il sesso occasionale, le prostitute… e poi arriva l’alcol, pensi di rilassarti con un sigaro smezzato ed un amaro e finisci per tracannare la bottiglia, mandare un messaggio stupido che si trasforma in una chiavata oscena. Lo sperma è l’anima che fuoriusce dal dal corpo, mi sto svuotando.
Non ne posso più di assecondare i miei bisogni sessuali. Ho perso la testa… no. La mia testa funziona benissimo, non ho un cuore. Ne ho mai avuto uno? Ora lo rivoglio.
I giorni, le settimane, i mesi, un fottutissimo anno senza di lei: una vera merda per me.
Uno come tanti, uno di quelli così, senza un perché, un giorno comune. La solita e cara vecchia abitudine solo che, ho il il fiato corto, il sonno interrotto. Mi sono deciso, vado da Ada, lesto, penso a cosa dire… i pensieri volteggiano nella mia testa come un stormo di uccelli. Negozio, sono davanti la porta, eccola.
“Basta, non ne posso più di questa tortura… rivoglio indietro il mio cuore. Quella volta volevo dirti che ho lasciato il mio cuore dentro di te… lo rivoglio… oh cazzo!” La ragazza al bancone non è Ada ma, la sorella. È così scura in volto, aspetto solo che me ne dica di tutti i colori.
“Allora tu sei lo stronzo che ha distrutto mia sorella?” Per colpa tua la notte non dorme… sono mesi che è di pessimo umore… io ne ho le palle piene… andate a fanculo tutti e due!”
Non so se è una cosa positiva o negativa il fatto che lei stia male… per me? “Lei dov’è?”
“Cosa vuoi da mia sorella?” La sorella ride, le assomiglia, Ada però è molto più bella. “Lasciala in pace!”
“Voglio solo parlare, chiarire la situazione, nulla più!”
“Hey tizio, sei serio?”
“Certo che sono serio!”
“Se vuoi semplicemente chiarire la situazione ti mando a fanculo io, non c’è bisogno che lo faccia Ada!”
So che rispondere male a quest’altra zoccola potrebbe peggiorare la mia posizione, in altre circostante l’avrei sodomizzata per bene. Dunque, pur di sapere qualcosa sto zitto, aspetto che le mi dica qualcosa.
“Starò qui fino a quando non verrà… la seguirò se è necessario… devo parlarle!”
“Sto chiamando la polizia!”
“Fallo!” Sono inamovibile sulla mia decisione, credo che la mia espressione lo confermi.
“Ada non è qui… e al centro commerciale… quello grande!”
“Dunque… come la trovo precisamente?”
“Negozio di intimo!”
“Ne avete uno anche al Metro, bene! Grazie per la preziosissima info!”
“Senti, non fare danni o ti brucio la macchina… so che ci tieni maniacalmente… ti ho tenuto sott’occhio!”
Subisco anche le minacce, questa meriterebbe una punizione esemplare. Dovrei sodomizzarla con un palo della luce, mi congedo con un disinteressato “Va bene!”

Il negozio del Metro è molto più trafficato, c’è gente. Vedo Ada, serve una cliente, c’è anche un altra commessa. Non la vedevo da molto tempo, non le parlo da quasi un anno. Non so cosa dirò, quelle frasi che ho detto alla sorella mi sembrano una cazzata. Non ho davvero di meglio da dire, il mio repertorio di frasi ad effetto, so per certo che con lei non attacca. Mentre penso, il mio corpo si muove, cammino verso il negozio, gli occhi fissi su di lei. La porta di vetro è spalancata, entro, mi giro, la commessa viene verso di me, la evito vado verso Ada che è distratta ma, ad un certo punto ad un metro da lei mi fermo, immobile. Incapace di fare quel passo in più o dire qualcosa. Lei non si accorge di me… non è incoraggiante.
Come cazzo è vestita? Mi piace, sembra di averla già vista, ci penso sorridendo. Tacchi adeguati, una gonna corta svasata nera, camicia a maniche lunga bianca e cravatta a righe rosse e nere. Cazzo sarà mica diventata lesbica? Somiglia ad una di quelle ragazza che cantavano la canzone “All the think she said”
“Che guardi con quella faccia di cazzo?”
Mi coglie alla sprovvista… devo pensare pesantemente, non e facile per due motivi: un barlume di felicità pura dopo un anno, un erezione mostruosa. Entrambe le cose sono gradevoli. Il silenzio è bello, a volte basta guardare. Potrei uscire dal negozio e restare allegro per qualche giorno. Custodire nell’olfatto il suo profumo di lilla potrebbe regalarmi abbondanti erezioni. Sono rincoglionito ormai?
Mi allontano da lei, però mi strattona. “Allora… se venuto fin qui per cosa?”
“Nulla davvero, non voglio importunarti, scusami ho sbagliato!” La guardo, che bella ma, non è cosa.
Non mi riconosco… Ada nemmeno immagina tutte quelle che mi sono fatto ma, non è una questione sessuale che tiro in ballo per giustificare il mio comportamento totalmente anomalo. Ho davvero lasciato il cuore in questa graziosa creatura vestita da lesbica che è stata una vera zoccola con me?
“A te interessa solo importunarmi in un altra maniera… sei venuto qua perché nessuna ti apre più le gambe?”
Sorrido seriamente, ironicamente la saluto con la mano. Sto davvero uscendo dal negozio senza dire nulla di intelligente, non lo credevo possibile… non è possibile.
“Credi che questo sia il mio problema?”
“No!”
“Brava… nulla… credevo ti facesse piacere prendere un caffè insieme ma, non credo tu sia d’accordo dunque… nulla… niente caffè!”
“Ma non me lo hai chiesto!”
“Devo? Ho visto come mi guardi Ada, mi fai sentire un bastardo!”
“E non lo sei?” Mi domanda lei con la voce che le trema, tiene serrati i pugni, vicino le cosce.
“Si Ada lo sono…” Confesso lo sono, e tu ragazzina come hai fatto a farti beffa di me e dei miei sentimenti? “Ora vado, hai gente in negozio!”
“Anche questo negozio è mio…”
“Si lo so, sono stato all’altro… prima. C’era tua sorella!”
“Hai conosciuto Ida… bene… ti ha detto che sei uno stronzo?”
“Ida? Ida ed Ada, che fantasia i vostri. Si me lo ha ricordato, lo sapevo già!”
“Bene… io vado… magari alla prossima…”
“Non bevo caffè… da tanto… mi ricorda te!” Mi dice lei mentre si avvicina, “mi manca l’aroma del caffè, mi manca svapare dopo il caffè… il liquido menta-latte!”
“La caffeina non è che faccia tutto questo bene, poi sto coso dello svapo… sarà… sono vecchia scuola io…”
“Voglio un caffè...ora!” Lo dice in maniera così autoritaria che mi eccita e, non posso e non voglio eccitarmi. Sono serio e concentrato… poi lei alza la voce autoritaria verso la commessa: “Anna, porta due caffè!”
Mi prende per mano, non so cosa succede perché non riesco a realizzarlo ma, apro gli occhi e siamo ancora una volta in un retrobottega. Ho la sua lingua che inumidisce le mie labbra, mi accarezza le guance mentre io sbottono la camicia per esporre le tette. Ci baciamo, sbottono anche il reggiseno, libero quei meloni assurdi che fanno metà del suo peso corporeo. La bacio e la bacio ancora, mi sono mancati quei baci… non ho mai baciato con quel sentimento che non avendo mai provato non saprei descrivere accuratamente ma, potrei accuratamente sconquassarle la figa, farla ubriacare di orgasmi.
E mentre ci baciamo, mentre afferro saldamente i meloni, lei continua ad accarezzarmi le guance, il collo… si continua… per un attimo non mi interessa scoparla però il cazzo è duro e magicamente pulsa di fuori e poi… arriva Anna, usciamo dopo esserci composti. Caffè, avrei gradito la tazzina, la plastica fa schifo, almeno usate la carta. Ada vuole una pausa, attraversiamo una parte del centro commerciale, passiamo accanto agli uffici amministrativi e andiamo nella tromba delle scale.
di
scritto il
2022-04-10
2 . 1 K
visite
0
voti
valutazione
0
il tuo voto
Segnala abuso in questo racconto erotico

commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.