Quell'estate del 1976
di
Sir Wilfred
genere
prime esperienze
L'estate del 1976, sarebbe stata la nona estate che avremmo trascorso nel nostro appartamento estivo di ***, ridente località balneare delle Marche.
Nostra vicina di pianerottolo, era una giovane famigliola, composta dal Signor Gino, aitante insegnante di educazione fisica, dalla moglie, la Signora Dina, insegnate elementare allora precaria, e dalla loro figlioletta, Valentina, una bambina sempre allegra.
Sin dal primo anno, mia madre e la Signora Dina erano diventate molto amiche e quest'ultima, interessandosi dei miei progressi scolastici e di crescita, si era rivelata un ottima "mamma di complemento".
Non appena giunti a destinazione, mia madre aveva subito messo al corrente la Signora Dina dei miei trionfi all'esame di terza media e dei miei progressi, diremo così, fisiologici.
Fu quando disse che erano iniziate le polluzioni notturne che vidi, negli occhi della Signora Dina, uno sguardo, nuovo e strano, che al momento non decifrai ma che, oggi, interpreto, senza tema di smentita, come lo sguardo di una cacciatrice che aveva visto, in me, una possibile preda.
Cominciò la lunga teoria dei pigri giorni d'estate; fu verso la seconda decade di luglio, che la Signora Dina lanciò un primo segnale. Stavamo andando al mare e mia madre le suonò, per dirle non ricordo più che cosa: essa venne ad aprire indossando soltanto mutandine e reggiseno!
Intendiamoci bene: non si trattava di un completo acquistato in un sexy shop; tutt'altro. Si trattava di un insieme, nel complesso, piuttosto casto, di colore bianco e senza trasparenze, ma tanto bastò a provocarmi un'erezione coi controfiocchi.
La presenza di mia madre, donna di rigidissima moralità, mi impediva, persino, di farmi scivolare una mano nella tasca dei pantaloni corti per darmi un po' di "sollievo", per cui soffrivo del dolore provocatomi dalla pelle del prepuzio troppo tirata.
Inutile dire che, la notte seguente, inondai il letto.
Circa quindici giorni dopo, avvenne il "fattaccio".
Mi ero recato a casa della Signora Dina per consultare l'enciclopedia; appena seduto al tavolino della stanza della piccola Valentina, sentii la Signora Dina chiamare la figlia e chiederle di uscire per delle compere.
A tutta prima, non detti peso all'accaduto ma, dopo circa cinque minuti dall'uscita di scena di Valentina, mi sentii chiamare dalla camera della Signora Dina.
- Vengo - risposi.
Giunto di fronte alla porta chiusa bussai, ed entrai solo quando la Signora Dina disse:
- Avanti!
Era in piedi, di fronte allo specchio del comò ed indossava soltanto le mutandine ed il reggiseno...ma, decisamente, non era il completo della volta precedente.
Il colore era sempre bianco, ma il reggiseno aveva le coppe completamente trasparenti, come un paio di calze, per intenderci. Lo stesso dicasi per le mutandine: trasparenti davanti e dietro.
Per finire, indossava un paio di sandali, anch'essi bianchi, allacciati alla caviglia ed era truccata da "grande soiree".
Subito mi eressi, ed il mio sguardo si incrociò con quello della Signora Dina.
- Ho visto come ti sono piaciuta, la scorsa volta, ho notato il rigonfiamento nei tuoi pantaloni...
Si avvicinò, fino a una ventina di centimetri dal mio corpo, poi allungò la mano destra e la pose sulla patta.
- Fammi sentire ... mmh... ma sei diventato proprio un ometto...
Con mossa subitanea si impadronì della lampo e la fece scorrere verso il basso; subito il mio scettro saltò fuori dai pantaloni...
- Peeerooò ... mica male...
Lo impugnò con la destra e disse;
- Dai, vieni in bagno...
Quando fummo di fronte al lavandino, mi abbassò del tutto pantaloni e slip ed iniziò a masturbarmi variando, nel contempo, sia la velocità che la stretta, dandomi, in tal modo, piacere e sofferenza.
Durante l'azione, persi la cognizione del tempo e dello spazio: tutto ruotava intorno a me in una dimensione acronica, mentre il sangue mi pulsava alle tempie.
Si accorse dell'approssimarsi dell'eiaculazione quando mi vide digrignare i denti; fu allora che, mossa a pietà, la Signora Dina accelerò il ritmo, sino a farmi esplodere, letteralmente.
Mi sembrava che l'eiaculazione non dovesse finire mai o, per lo meno, che sarebbe finita solo quando, insieme al mio sperma, sarebbe uscito anche l'ultimo residuo di forza.
Quando ripresi conoscenza, mi ritrovai aggrappato, disperatamente, al lavandino del bagno, non essendo, le mie gambe, più in grado di sostenermi.
Dal canto suo, la Signora Dina aveva raccolto, nell'incavo dell'unghia del medio della mano destra, le ultime gocce di sperma e le aveva portate alla bocca, gustandole come un liquore prezioso.
Quando ebbe finito, si leccò le labbra poi, guardandomi negli occhi con lo sguardo materno degli anni addietro, mi disse:
- Sai di buono ... ma ora devi andare.
Non so come riuscii ad attraversare il pianerottolo ed a rientrare in casa: ma, quando vi giunsi, crollai sul divano del soggiorno, in un sonno profondo.
Nostra vicina di pianerottolo, era una giovane famigliola, composta dal Signor Gino, aitante insegnante di educazione fisica, dalla moglie, la Signora Dina, insegnate elementare allora precaria, e dalla loro figlioletta, Valentina, una bambina sempre allegra.
Sin dal primo anno, mia madre e la Signora Dina erano diventate molto amiche e quest'ultima, interessandosi dei miei progressi scolastici e di crescita, si era rivelata un ottima "mamma di complemento".
Non appena giunti a destinazione, mia madre aveva subito messo al corrente la Signora Dina dei miei trionfi all'esame di terza media e dei miei progressi, diremo così, fisiologici.
Fu quando disse che erano iniziate le polluzioni notturne che vidi, negli occhi della Signora Dina, uno sguardo, nuovo e strano, che al momento non decifrai ma che, oggi, interpreto, senza tema di smentita, come lo sguardo di una cacciatrice che aveva visto, in me, una possibile preda.
Cominciò la lunga teoria dei pigri giorni d'estate; fu verso la seconda decade di luglio, che la Signora Dina lanciò un primo segnale. Stavamo andando al mare e mia madre le suonò, per dirle non ricordo più che cosa: essa venne ad aprire indossando soltanto mutandine e reggiseno!
Intendiamoci bene: non si trattava di un completo acquistato in un sexy shop; tutt'altro. Si trattava di un insieme, nel complesso, piuttosto casto, di colore bianco e senza trasparenze, ma tanto bastò a provocarmi un'erezione coi controfiocchi.
La presenza di mia madre, donna di rigidissima moralità, mi impediva, persino, di farmi scivolare una mano nella tasca dei pantaloni corti per darmi un po' di "sollievo", per cui soffrivo del dolore provocatomi dalla pelle del prepuzio troppo tirata.
Inutile dire che, la notte seguente, inondai il letto.
Circa quindici giorni dopo, avvenne il "fattaccio".
Mi ero recato a casa della Signora Dina per consultare l'enciclopedia; appena seduto al tavolino della stanza della piccola Valentina, sentii la Signora Dina chiamare la figlia e chiederle di uscire per delle compere.
A tutta prima, non detti peso all'accaduto ma, dopo circa cinque minuti dall'uscita di scena di Valentina, mi sentii chiamare dalla camera della Signora Dina.
- Vengo - risposi.
Giunto di fronte alla porta chiusa bussai, ed entrai solo quando la Signora Dina disse:
- Avanti!
Era in piedi, di fronte allo specchio del comò ed indossava soltanto le mutandine ed il reggiseno...ma, decisamente, non era il completo della volta precedente.
Il colore era sempre bianco, ma il reggiseno aveva le coppe completamente trasparenti, come un paio di calze, per intenderci. Lo stesso dicasi per le mutandine: trasparenti davanti e dietro.
Per finire, indossava un paio di sandali, anch'essi bianchi, allacciati alla caviglia ed era truccata da "grande soiree".
Subito mi eressi, ed il mio sguardo si incrociò con quello della Signora Dina.
- Ho visto come ti sono piaciuta, la scorsa volta, ho notato il rigonfiamento nei tuoi pantaloni...
Si avvicinò, fino a una ventina di centimetri dal mio corpo, poi allungò la mano destra e la pose sulla patta.
- Fammi sentire ... mmh... ma sei diventato proprio un ometto...
Con mossa subitanea si impadronì della lampo e la fece scorrere verso il basso; subito il mio scettro saltò fuori dai pantaloni...
- Peeerooò ... mica male...
Lo impugnò con la destra e disse;
- Dai, vieni in bagno...
Quando fummo di fronte al lavandino, mi abbassò del tutto pantaloni e slip ed iniziò a masturbarmi variando, nel contempo, sia la velocità che la stretta, dandomi, in tal modo, piacere e sofferenza.
Durante l'azione, persi la cognizione del tempo e dello spazio: tutto ruotava intorno a me in una dimensione acronica, mentre il sangue mi pulsava alle tempie.
Si accorse dell'approssimarsi dell'eiaculazione quando mi vide digrignare i denti; fu allora che, mossa a pietà, la Signora Dina accelerò il ritmo, sino a farmi esplodere, letteralmente.
Mi sembrava che l'eiaculazione non dovesse finire mai o, per lo meno, che sarebbe finita solo quando, insieme al mio sperma, sarebbe uscito anche l'ultimo residuo di forza.
Quando ripresi conoscenza, mi ritrovai aggrappato, disperatamente, al lavandino del bagno, non essendo, le mie gambe, più in grado di sostenermi.
Dal canto suo, la Signora Dina aveva raccolto, nell'incavo dell'unghia del medio della mano destra, le ultime gocce di sperma e le aveva portate alla bocca, gustandole come un liquore prezioso.
Quando ebbe finito, si leccò le labbra poi, guardandomi negli occhi con lo sguardo materno degli anni addietro, mi disse:
- Sai di buono ... ma ora devi andare.
Non so come riuscii ad attraversare il pianerottolo ed a rientrare in casa: ma, quando vi giunsi, crollai sul divano del soggiorno, in un sonno profondo.
2
voti
voti
valutazione
9
9
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto sucessivo
Quell'estate del 1976 II parte.
Commenti dei lettori al racconto erotico