Quell'estate del 1976 II parte.
di
Sir Wilfred
genere
prime esperienze
Di certo, il Lettore non avrà avuto difficoltà alcuna, nell'immaginare in che modo trascorsi i giorni successivi alla mia prima esperienza "manuale" con la Signora Dina.
Ironia, o, per meglio scrivere, crudeltà della sorte, in quella parte finale di settimana, i contatti con la medesima furono decisamente sporadici.
Tuttavia, il lunedì successivo, le cose cambiarono, radicalmente.
Infatti, mia madre decise di ritornare, per qualche giorno, a Roma, lasciandomi alle cure di mia nonna; inoltre, quello stesso giorno, fummo invitati a pranzo dalla prozia Mariangela, sorella di mia nonna.
Finito di fare colazione dissi:
- Ti dispiace, nonna, di precedermi? andrò in bicicletta per qualche ora: vi raggiungerò alla mezza esatta.
E così fu. Stavo chiudendo a chiave la porta, quando la Signora Dina comparve sul pianerottolo. Indossava un accappatoio bianco che le arrivava a mezza coscia ed ai piedi aveva un paio di ciabatte di spugna.
Mi disse:
- Ti dispiacerebbe entrare?
Ho bisogno di un favore ...
Non me lo feci dire due volte. Chiusa la porta, la Signora Dina si diresse, verso la camera da letto con un incedere regale.
La stanza giaceva in penombra; subito, si liberò dell'accappatoio, rimanendo completamente nuda, per poi sdraiarsi, a pancia sotto, sul letto sul quale aveva provveduto a stendere un telo da bagno.
- Ti dispiacerebbe spalmarmi tutta con quella lozione dopobagno?
La troverai sul comò...
Disse con un tono di voce voce basso e sensuale.
- Perché no?...
Preso il flacone, le versai alcune gocce al centro della schiena e, con movimento rotatorio di entrambe le mani, iniziai l'operazione.
- Più in basso! Più in basso! ...
E fu così che versai della lozione anche sulle splendide natiche e sulle gambe scultoree, proseguendo nell'azione.
D'un tratto, quando ero ormai giunto alle caviglie, la Signora Dina assunse una posizione supina e disse:
- Anche davanti, ti prego ...
Non me lo feci dire due volte: versai della lozione sul decolleté per poi scendere sulle mammelle. A dire il vero, la Signora Dina non era eccessivamente procace: aveva due seni piccoli, all'insù, da araba, per esser chiaro, ma per me erano le porte del paradiso.
Per quanto riguarda il suo pube, esso era ornato da una folta, e morbidissima, peluria castana.
Versai ancora lozione sull'ombelico e sul lato anteriore delle cosce.
Quando fui, di nuovo, giunto alle caviglie mormorò:
- Basta adesso ...
Feci per andarmene ma lei mi disse;
- Aspetta ...
Rimase supina per alcuni minuti, poi si alzò in piedi. Il suo corpo rilucente per la lozione, le dava l'aspetto di una dea. Incredibilmente però, ciò che, ai miei occhi di quattordicenne, portava la sua "vis seductiva" allo "zenith", era il suo essere, del tutto, "au naturel".
Il suo volto, privo di qualunque cosmesi, sprizzava, spontaneamente, sesso da tutti i pori, senza che a ciò fosse stato, anche minimamente, indotto dal "messaggio cromatico" del fondotinta o del rossetto.
Solo al momento di scrivere questo racconto, sul puro e semplice filo della memoria, dopo ben quarantasei anni di distanza dai fatti, ho poi potuto mettere a fuoco un particolare che, sino ad ora, mi era del tutto sfuggito.
Il corpo della Signora Dina era integralmente abbronzato, privo, cioè di quelle zone, decisamente più pallide, in corrispondenza del costume da bagno. E si che mai la vidi indossare bikini o, comunque, costumi a due pezzi!
Un piccolo mistero, destinato a rimanere irrisolto.
La donna mi guardò negli occhi e, fissando i miei pantaloncini, tesi all'inverosimile, e mi disse:
- Vedo che le tue reazioni sono del tutto normali ... su, da bravo. spogliati ...
Obbedii, quasi fossi in "trance". Quando contemplò il mio scettro in erezione disse:
- Uhm ... debbo dire che, per un quattordicenne, sei decisamente dotato ...
Si avvicinò al mio torace e prese a carezzarlo con la punta delle unghie. Un grossa goccia di "rujel du desir" fece capolino dal meato e la Signora Dina, come pochi giorni prima, la raccolse nell'incavo dell'unghia del medio della mano destra per poi portarla alla bocca.
- L'ho detto e lo ripeto: hai un buon sapore ... ma adesso è venuto il momento di farti diventare un uomo ...
E poggiate le natiche sulla sponda del letto, alzò le gambe a squadra.
- Dai, vieni ...
E dette queste parole, prese in mano il mio pene e lo introdusse nella sua vagina. Per alcuni secondi stetti fermo a godere dell'umido tepore che circondava la mia carne poi iniziai a muovermi.
- Ascolta - disse la Signora Dina con una voce resa sempre più ansimante dal montante orgasmo - cerca di alternare movimenti lenti a movimenti veloci e, quando starai per godere, esci fuori e vienimi sull'addome.
Cercai, con tutto quell'impegno che, un imbranato quattordicenne può mettere in campo, di esaudire i suoi desideri; intanto, come è più della volta precedente, avevo perso la cognizione del tempo e dello spazio. Mi sembrava di fluttuare, in assenza di gravità, in mezzo ad una luce bianchissima ed il silenzio era rotto soltanto dalle nostre voci...
- Dai, accelera, non ti fermare ... adesso rallenta un pochino ... bravo, così ...
Le mie mani passavano dalle mammelle ai fianchi per poi spostarsi verso le natiche.
Quando non regolava il coito, la Signora Dina si lasciava andare a dei complimenti tipo:
- Bravo mio giovane stallone ... trattieniti, trattieniti...
Oppure gridava:
- Ah, ah, ancora...
Oppure digrignava i denti o si mordeva il labbro inferiore.
Fu lei ad accorgersi, dall'aumentata stretta sui fianchi, che ero in procinto di eiaculare.
- Esci, Esci - gridò
Ed uscii: presi in mano il mio pene e, masturbandolo, lo diressi verso il suo addome. Subito riversò una quantità pantagruelica di seme che cadde tra i suoi seni ed il ventre: poi, con le ultime forze riuscii a salire sul letto accanto alla mia iniziatrice.
Mezz'ora dopo, all'incirca, mi riebbi, lei era vicino a me e mi guardava, con occhi materni.
- Dai, andiamoci a lavare.
Lavato, rivestito, e con le articolazioni coralmente doloranti, mi diressi verso la porta; lei mi raggiunse, sempre nuda. Feci per aprire la maniglia ma mi fermai: le cinsi con il braccio destro la vita e le baciai la bocca: un bacio alla francese, a lingua viva, del quale mai dimenticherò il sapore.
Non si oppose, e quando aprii la porta mormorò:
- Arrivederci, mio giovane e splendido stallone.
Ironia, o, per meglio scrivere, crudeltà della sorte, in quella parte finale di settimana, i contatti con la medesima furono decisamente sporadici.
Tuttavia, il lunedì successivo, le cose cambiarono, radicalmente.
Infatti, mia madre decise di ritornare, per qualche giorno, a Roma, lasciandomi alle cure di mia nonna; inoltre, quello stesso giorno, fummo invitati a pranzo dalla prozia Mariangela, sorella di mia nonna.
Finito di fare colazione dissi:
- Ti dispiace, nonna, di precedermi? andrò in bicicletta per qualche ora: vi raggiungerò alla mezza esatta.
E così fu. Stavo chiudendo a chiave la porta, quando la Signora Dina comparve sul pianerottolo. Indossava un accappatoio bianco che le arrivava a mezza coscia ed ai piedi aveva un paio di ciabatte di spugna.
Mi disse:
- Ti dispiacerebbe entrare?
Ho bisogno di un favore ...
Non me lo feci dire due volte. Chiusa la porta, la Signora Dina si diresse, verso la camera da letto con un incedere regale.
La stanza giaceva in penombra; subito, si liberò dell'accappatoio, rimanendo completamente nuda, per poi sdraiarsi, a pancia sotto, sul letto sul quale aveva provveduto a stendere un telo da bagno.
- Ti dispiacerebbe spalmarmi tutta con quella lozione dopobagno?
La troverai sul comò...
Disse con un tono di voce voce basso e sensuale.
- Perché no?...
Preso il flacone, le versai alcune gocce al centro della schiena e, con movimento rotatorio di entrambe le mani, iniziai l'operazione.
- Più in basso! Più in basso! ...
E fu così che versai della lozione anche sulle splendide natiche e sulle gambe scultoree, proseguendo nell'azione.
D'un tratto, quando ero ormai giunto alle caviglie, la Signora Dina assunse una posizione supina e disse:
- Anche davanti, ti prego ...
Non me lo feci dire due volte: versai della lozione sul decolleté per poi scendere sulle mammelle. A dire il vero, la Signora Dina non era eccessivamente procace: aveva due seni piccoli, all'insù, da araba, per esser chiaro, ma per me erano le porte del paradiso.
Per quanto riguarda il suo pube, esso era ornato da una folta, e morbidissima, peluria castana.
Versai ancora lozione sull'ombelico e sul lato anteriore delle cosce.
Quando fui, di nuovo, giunto alle caviglie mormorò:
- Basta adesso ...
Feci per andarmene ma lei mi disse;
- Aspetta ...
Rimase supina per alcuni minuti, poi si alzò in piedi. Il suo corpo rilucente per la lozione, le dava l'aspetto di una dea. Incredibilmente però, ciò che, ai miei occhi di quattordicenne, portava la sua "vis seductiva" allo "zenith", era il suo essere, del tutto, "au naturel".
Il suo volto, privo di qualunque cosmesi, sprizzava, spontaneamente, sesso da tutti i pori, senza che a ciò fosse stato, anche minimamente, indotto dal "messaggio cromatico" del fondotinta o del rossetto.
Solo al momento di scrivere questo racconto, sul puro e semplice filo della memoria, dopo ben quarantasei anni di distanza dai fatti, ho poi potuto mettere a fuoco un particolare che, sino ad ora, mi era del tutto sfuggito.
Il corpo della Signora Dina era integralmente abbronzato, privo, cioè di quelle zone, decisamente più pallide, in corrispondenza del costume da bagno. E si che mai la vidi indossare bikini o, comunque, costumi a due pezzi!
Un piccolo mistero, destinato a rimanere irrisolto.
La donna mi guardò negli occhi e, fissando i miei pantaloncini, tesi all'inverosimile, e mi disse:
- Vedo che le tue reazioni sono del tutto normali ... su, da bravo. spogliati ...
Obbedii, quasi fossi in "trance". Quando contemplò il mio scettro in erezione disse:
- Uhm ... debbo dire che, per un quattordicenne, sei decisamente dotato ...
Si avvicinò al mio torace e prese a carezzarlo con la punta delle unghie. Un grossa goccia di "rujel du desir" fece capolino dal meato e la Signora Dina, come pochi giorni prima, la raccolse nell'incavo dell'unghia del medio della mano destra per poi portarla alla bocca.
- L'ho detto e lo ripeto: hai un buon sapore ... ma adesso è venuto il momento di farti diventare un uomo ...
E poggiate le natiche sulla sponda del letto, alzò le gambe a squadra.
- Dai, vieni ...
E dette queste parole, prese in mano il mio pene e lo introdusse nella sua vagina. Per alcuni secondi stetti fermo a godere dell'umido tepore che circondava la mia carne poi iniziai a muovermi.
- Ascolta - disse la Signora Dina con una voce resa sempre più ansimante dal montante orgasmo - cerca di alternare movimenti lenti a movimenti veloci e, quando starai per godere, esci fuori e vienimi sull'addome.
Cercai, con tutto quell'impegno che, un imbranato quattordicenne può mettere in campo, di esaudire i suoi desideri; intanto, come è più della volta precedente, avevo perso la cognizione del tempo e dello spazio. Mi sembrava di fluttuare, in assenza di gravità, in mezzo ad una luce bianchissima ed il silenzio era rotto soltanto dalle nostre voci...
- Dai, accelera, non ti fermare ... adesso rallenta un pochino ... bravo, così ...
Le mie mani passavano dalle mammelle ai fianchi per poi spostarsi verso le natiche.
Quando non regolava il coito, la Signora Dina si lasciava andare a dei complimenti tipo:
- Bravo mio giovane stallone ... trattieniti, trattieniti...
Oppure gridava:
- Ah, ah, ancora...
Oppure digrignava i denti o si mordeva il labbro inferiore.
Fu lei ad accorgersi, dall'aumentata stretta sui fianchi, che ero in procinto di eiaculare.
- Esci, Esci - gridò
Ed uscii: presi in mano il mio pene e, masturbandolo, lo diressi verso il suo addome. Subito riversò una quantità pantagruelica di seme che cadde tra i suoi seni ed il ventre: poi, con le ultime forze riuscii a salire sul letto accanto alla mia iniziatrice.
Mezz'ora dopo, all'incirca, mi riebbi, lei era vicino a me e mi guardava, con occhi materni.
- Dai, andiamoci a lavare.
Lavato, rivestito, e con le articolazioni coralmente doloranti, mi diressi verso la porta; lei mi raggiunse, sempre nuda. Feci per aprire la maniglia ma mi fermai: le cinsi con il braccio destro la vita e le baciai la bocca: un bacio alla francese, a lingua viva, del quale mai dimenticherò il sapore.
Non si oppose, e quando aprii la porta mormorò:
- Arrivederci, mio giovane e splendido stallone.
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