Queen Deborah III Parte.

di
genere
etero


"Omne animal post coitum triste"! Effettivamente, dopo il secondo incontro con "Deborah", raggiunsi lo studio con il morale sotto la suola delle scarpe: letteralmente.
Ciò, non soltanto per l'oltraggio al mio amore per Lady Rowena, anche se, all'epoca, era poco più che agli esordi e grazie al quale avevo "rimesso in carreggiata" l'intera mia esistenza, ma anche, e potrei persino scrivere soprattutto, a cagione del confronto tra la mia figura morale e quella di "Deborah".
Secondo quanto lei stessa mi aveva narrato, aveva, all'epoca, quarantasette anni. Era nata, cresciuta, aveva contratto matrimonio ed era vissuta, per lunga pezza, all'estero, con un altro italiano, sino a quando non erano stati rimpatriati.
Appena tornati in Italia, avevano, entrambi, ottenuto, "sic et simpliciter", ottimi posti statali per poi separarsi e divorziare.
Con tutto ciò, era schiava del denaro e, soprattutto, dei sensi, integrando il suo più che dignitoso stipendio nella arcinota maniera.
Era, a tal punto, chiaro che, cammin facendo, il mio giudizio circa il genere umano, considerato nel suo insieme, andava peggiorando.
Era e, purtroppo, continua ad essere, ovvio che, ognuna di queste "signore", poteva seppellire tutti i giudizi negativi espressi su di loro, sotto un vero e proprio "Vajont" di "giustificazioni": tutte assolutamente inobiettabili.
"Ex hoc, et ergo, propter hoc" rimanevamo, solo ed esclusivamente noi, gli "avventori", i "clienti", a giuocare il ruolo dei "porci".
Il che, per quanto mi riguardava, e mi riguarda tuttora, andava bene, ma solo, ovviamente, al cinquanta per cento.
Ho sempre ritenuto "Economia Politica" essere il peggiore, ed il più inutile, esame del corso di laurea in Giurisprudenza.
Basti pensare che l'"Alma Mater Bononiensis" lo ricomprende tra gli esami facoltativi.
Indipendentemente da ciò, non posso non aver imparato alcunché in materia e, tra le poche, pochissime cose rimastemi in mente, vi è il principio in base al quale, perché si formi il mercato, occorre che si incontrino domanda ed offerta.
"His fretus", per quanto concerne i rapporti tra meretrici e clienti, ognuna delle due parti, nelle rispettive "sfere di competenza", dovrebbe essere "colpevole", se non proprio nelle medesime modalità, per lo meno nella medesima percentuale.
Per quanto riguarda gli aspetti morali del problema, quasi sempre, ma, fortunatamente, non tutte le sante volte, la "signorina" è una povera ingenua, mentre il "cliente" un maledetto depravato.
Ci si trova, in pratica, di fronte all'esatto contrario di quel che accade con lo spaccio di sostanze stupefacenti.
Mentre lo "spacciatore" viene giudicato come un essere, puramente e semplicemente abominevole, giudizio, per me, anche troppo "tenero", il tossicodipendente altro non è che una povera vittima.
In realtà, al postutto ed il più delle volte, quest'ultimo altro non è che un povero smidollato, incapace di trovare, nell'unico posto possibile, vale a dire in sé stesso, e soltanto in sé stesso, la forza di prendere in mano la propria vita e scagliarsi contro i problemi che lo affliggono.
In fin dei conti, la droga altro non è che un "maledetto analgesico", commercializzato da "farmacisti satanici", con cui troppi giovani pretendono di curare i vari "mal di denti" della vita.
In realtà, è necessario trovare, "repetita juvant", in sé stessi, e solo in sé stessi, la forza di andarsi a sedere sulla dannata poltrona del dentista.
Concluso il mio sfogo, di cui potrei anche ammettere il velato maschilismo ma, come si suol dire, "ego sum qui sum", riprendiamo il filo.
I giorni passavano, ed i contatti, telefonici e personali, con Lady Rowena, avevano lenito, non poco, l'uggia, invero pesante, causatami dal ricordo di quei due pomeriggi trascorsi con "Deborah".
Mi ero, persino, sforzato di non incontrarla, modificando leggermente l'orario di uscita da casa.
Tuttavia, una mattina la incrociai.
Venne a sedersi accanto a me su un sedile d'attesa sul marciapiede della stazione della metropolitana.
- Non mi hai più cercato...
- Ho avuto moltissimo da fare...
- Potremmo incontrarci domani in Via ***...
Ed, incredibilmente, mi dette un indirizzo di una "casa allegra", a me ben nota, non troppo lontana dall'albergo ove ci eravamo incontrati l'ultima volta.
Mi disse che aveva smesso di frequentare il centro massaggi e che, tutti i pomeriggi, dopo le diciassette, era reperibile lì.
- E la Polizia? - domandai.
- Tranquillissimo!...
E così, ci demmo appuntamento per l'indomani.
Il nuovo "locus operis" di "Deborah" costitutiva, senza dubbio alcuno, una vera e propria bizzarria architettonica. Si trattava di un villino, tuttora esistente sia pure con diversa "destinazione d'uso", invero non privo di eleganza, ma ubicato nel vasto cortile interno di un caseggiato. È ben ovvio, che quest'ultimo venne realizzato, in un tempo ovviamente successivo, a quello in cui venne realizzato il villino.
Tuttavia, il più delle volte, il visitatore resta non poco basito nel contemplare l'insieme.
Venni accolto da una cameriera di mezza età - evviva! - ed introdotto nel solito salottino di attesa.
Incredibilmente, le "riviste piccanti" che vi trovai, non risalivano al Pliocene, per cui potei trascorrere una mezz'ora del tutto scevra di noia. Anzi, in una di esse potei leggere una puntata di un racconto porno - fantascientifico decisamente ben scritto.
La porta del salottino si aprì e "Rossella", una mia vecchia conoscenza, fece il suo ingresso nel salottino.
- Dovrà attendere ancora qualche minuto - mi disse con il suo accento siciliano - abbiamo appena finito un "lavoro di coppia" e "Deborah" si sta rinfrescando...
In effetti, anche "Rossella" appariva meritevole di una "rinfrescatina". Era, a questo punto, evidente, che "Deborah" avesse avuto la precedenza in quanto richiesta da me, mentre "Rossella", al momento priva di "avventori", poteva anche prendersela comoda.
Scambiammo qualche parola - come accennato, "Rossella" mi era tutt'altro che ignota - fino a quando "Deborah" non fece il suo trionfale ingresso nel salottino.
Trovo opportuno ribadire come, una delle principali"caratteristiche" di "Deborah", fosse stata quella di apparire, sempre e comunque, impeccabile, anche dopo una lunga seduta di sesso "al calor bianco".
Mi gratificò di un sorriso, a dir poco abbagliante; subito mi alzai in piedi e, presele entrambe le mani, ci scambiammo un lungo e profondo bacio..."molto profondo"!
Fu allora che cominciai a dubitare: c'era troppo "affetto" o, forse, troppo..."qualcos'altro", nella sua reazione alla mia vista?
Non appena ci staccammo, mi condusse nella sua camera da letto.
Il Lettore, a questo punto, si starà domandando quale "mise" aveva, per l'occasione, indossato "Deborah".
La donna si era mantenuta, assolutamente, "sul classico", optando per un completo, mutandine, non "tanga", e reggiseno, rigorosamente di colore nero e trasparente. Completava il tutto, un paio di velatissime, scure, calze autoreggenti ed un paio di scarpe "décolleté", anch'esse nere, con tacco di dieci centimetri.
Le coppe del reggiseno, erano a forma di triangolo isoscele e lasciavano scoperte gran parte delle mammelle.
- Cara "Deborah", lasciatelo dire: sei un sogno, un vero sogno...
esclamai dopo essere entrato nella sua stanza.
La donna, dopo avermi sorriso ancora una volta, venne attraversata da un conato come di risa.
- Debbo dire, che questa "mise" mi porta, decisamente, fortuna.
Infatti la indossavo il giorno in cui io e la mia ginecologa ci seducemmo, vicendevolmente: un pomeriggio di fuoco...
- Uhm...poi mi racconterai...
- Certamente...ma ora, vatti a spogliare...- disse indicandomi una piccola, ma pulitissima, "toilette" da cui si accedeva, direttamente, dalla camera.
Quando rientrai nella camera, trovai "Deborah" ancora in piedi, di fronte al letto. Le sue gambe erano leggermente divaricate e le sue braccia scendevano lungo il suo corpo di dea.
Tuttavia, il Lettore prenderebbe un grosso granchio, se si immaginasse che la donna avesse assunto una posizione paragonabile, anche lontanamente, a quella di "attenti".
Più che una recluta, "Deborah" richiamava alla mente un'amazzone, una gladiatrice pronta alla lotta.
Ovviamente, mi eressi, ed, immediatamente dopo, l'abbracciai, baciandola appassionatamente.
Ci coricammo sul letto, e subito mi diedi a liberarla dalla "lingerie", fatta eccezione per le calze che valorizzavano, a dismisura, le sue splendide gambe.
Iniziai ad accarezzarle tutto il corpo, davanti come dietro, beandomi dello sfiorare, alternativamente, la pelle delle sue natiche e quella del suo seno.
Il suo respiro, intanto, accelerava e dalle sue labbra usciva un mormorio di assenso.
- Si, si,... ancora, non ti fermare,...ancora...
Iniziai a baciare il suo collo di cigno per poi discendere, con lentezza ai limiti dell'esasperazione, in basso, molto più in basso.
Quando iniziai a mordicchiare i suoi capezzoli, "Deborah" prese a sospirare ed, ad un tempo, ad implorare:
- Ti prego, ti prego,...prendimi, prendimi,...non ne posso più...
Sadicamente, giunsi a leccarle il clitoride, talmente eretto da sembrare una gemma d'aprile, pronta ad esplodere.
Mai dimenticherò le sue labbra che, al passaggio della mia lingua, si aprirono, come la terra si apre al passaggio del vomere.
Mi beai del vedere il suo fiore di carne imperlarsi di rugiada, ne gustai il sapore, come un raro e prezioso nettare, ebbi un assoluto godimento mentale, nel vedere le sue eleganti mani da pianista, artigliare le lenzuola, nel sentire la sua voce, resa ansimante e roca dall'orgasmo, pregarmi, una volta di più, di prenderla.
Mi staccai dal suo pube, ormai madido, scesi dal letto e, rimanendo all'impiedi, le feci assumere la posizione supina, le alzai le gambe, divaricandole, e la penetrai.
La penetrai di schianto, la penetrai con forza, la penetrai con orgoglio, come un condottiero vittorioso entra nella città conquistata dopo un lungo, sfibrante assedio.
"Deborah" emise un grido di piacere, per poi iniziare a mordersi il labbro inferiore.
Mentre la possedevo, le ghermivo dapprima i fianchi per poi passare ad "omaggiare" le sue mammelle.
Le feci assumere la posizione "a la levrette", e subito iniziai a "lavorarle" il clitoride. Il medio della mia mano destra roteava il suo "petalo d'amore" mentre la donna gridava, gutturalmente, come un animale selvaggio che, dopo una lunga, forzata, castità avesse trovato, finalmente, l'agognato sfogo alla sua fin troppo repressa potenza sessuale.
Le sue secrezioni avevano irrorato a tal punto il mio scettro che, al momento della penetrazione anale, entrai in lei scivolando come una palla d'avorio su di un biliardo.
Non interruppi la masturbazione clitoridea né mi arrestai una volta completata la penetrazione: mi ero riproposto di annientarla, di annientare in lei l'unica persona che, forse, a lungo andare, avrebbe potuto strapparmi da "Lady Rowena".
Quando sentii che l'eiaculazione stava approssimandosi, uscii da lei, la feci voltare e ripresi a coitarla, frontalmente.
Passarono ancora un cinque minuti abbondanti poi...venni.
Incredibilmente, come tempo addietro avevo visto fare a Mark, non mi produssi in più polluzioni di portata più o meno uguale, ma una unica, sola, armoniosa, lunghissima emissione di liquore, che andò ad aspergere, abbondantissimamente, il suo seno ed il suo addome.
Deborah immerse l'indice della sua mano destra nel mio sperma per poi portarlo alla bocca ed assaporarlo estasiata.
Passarono alcuni minuti e la donna si alzò dal letto e, presomi per mano, mi condusse nel bagno. Entrammo nel box doccia ed iniziammo a lavarci.
"Deborah", dopo aver sparso alcune gocce di bagnoschiuma su di una spugna, cominciò ad insaponarmi il torace, disegnando su di esso dei larghi cerchi di schiuma profumata.
Ancora una volta mi eressi, e la donna si inginocchiò di fronte al mio scettro iniziando a succhiarlo con le labbra ed a vellicarlo con la lingua.
La cosa durò a lungo, fino a quando, grazie a due leggerissimi colpi di lingua sul meato, non esplosi, di nuovo, in una lunga emissione di sperma, raccolto, con assoluta avidità, dalle sue labbra e dalla sua "bramosa canna".
Terminammo la doccia ed, avvolti negli asciugamani, ci sdraiammo, di nuovo, sul letto, mano nella mano.
Dopo qualche minuto, ci rialzammo e ci vestimmo.
Fu allora che mi accorsi che "Deborah" mi stava gratificando di uno sguardo diverso: le superbe iridi della regina, avevano ceduto un posto agli occhioni di "Bambi".
- Cos'hai - le chiesi a bassa voce.
La donna abbassò lo sguardo e disse:
- Hai quindici anni meno di me...
- Ed allora?...
- Allora...sono tanti, troppi, tu sei un avvocato, ed io non sono altro che una...
Una piccola "apocalisse" esplose allora, contemporaneamente, nel mio cuore e nel mio cervello: "Deborah" si era innamorata di me!
- Non dirmi che ti sei innamorata di me... - incalzai.
- Non lo so, ma tu sei il primo che, possedendomi, mi ha fatto sentire una donna, una vera regina, una regina guerriera, se vogliamo, e non una...
- Un "oggetto sessuale", diremo così...
- Già...ma tu...sei tanto più giovane di me e...poi...
- E poi?...
- E poi ti ho visto, lo scorso sabato, insieme a quella donna...
Aveva pronunciato le parole "quella donna", come le avrebbe pronunciate una moglie tradita.
Riprese:
- È una nobildonna, vero? Si vede lontano un miglio dal suo portamento che non è una donna qualunque, come si vede lontano un miglio che siete fatti l'uno per l'altra...
Promettimi che l'adorerai, che l'adorerai come avresti adorato me, se solo avessimo potuto...
- Si, te lo prometto, te lo giuro...
- Va bene...
- Ed allora, addio "Deborah"...
- Addio...
Disse con un tono di voce velato di pianto.
Uscii in istrada, fermai un taxi e mi feci accompagnare, a tutta birra, a casa di "Lady Rowena".









scritto il
2022-11-08
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