In montagna.
di
Sir Wilfred
genere
etero
Per non pochi anni, sia prima che dopo il nostro matrimonio, io e "Lady Rowena" trascorremmo, la prima parte delle nostre vacanze estive, in una nota località dell'Appennino Abruzzese.
Non sto ad annoiare il Lettore con la descrizione di quanto avesse giovato, al mio animo, la pace di quel piccolo "chalet", inserito in un tranquillo comprensorio, e di come il nostro amore, dopo ogni vacanza, sembrasse nascere a vita nuova, quasi fosse stato una pianta che, ad ogni estate, fosse tornata a fiorire.
È ben vero che, anche mia suocera, "Lady Gladys", trascorreva le sue vacanze con noi, ma è altresì vero, che il suo "modus se gerendi" era improntato alla più totale discrezione.
Così, circondati da una frescura che, a Roma, potevamo soltanto sognare, luglio cedeva il posto ad agosto, ed io, e la mia adorata "Lady Rowena", mano nella mano, gustavamo, avidi, quell' "hors-d'oeuvre" di vita a due, che preludeva al futuro menage coniugale.
N. B.: beninteso in camere separate!
Debbo, a questo punto, richiamare l'attenzione del Lettore, sull'incommensurabile utilità del mercatini, relativamente alla consumazione degli adulteri.
In parole povere, quando la moglie o, come nella qui narrata fattispecie, la fidanzata, si investe del ruolo di "foemina emax", il fidanzato, od il marito, può, con buona tranquillità, giuocare quello di "maschio cacciatore".
Nel caso qui narrato, la "preda" altri non era che una vicina di "chalet".
"Donna Carmen", era una splendida quarantenne, alta oltre il metro e settanta, bruna, sposata e madre di due bellissimi cucciolotti.
Dalla natia Umbria, era venuta a villeggiare sul posto insieme ai figli ed ai suoi genitori: il marito sarebbe sopraggiunto la settimana seguente.
A dire il vero, più di una volta, avevo avuto conversazioni, non proprio brevi, con la stessa, la quale esercita la professione di psicologa; tuttavia, avevamo i discusso di argomenti strettamente professionali e, si noti, sempre sotto lo sguardo vigile di "Lady Rowena".
Quel pomeriggio, la mia fidanzata, mia suocera, i genitori di "Donna Carmen" con i nipotini, su due autovetture, si erano, appunto, recati presso una cittadina vicina per visitare un mercatino, mentre io ero rimasto a poltrire in casa.
Grazie al Cielo, quel pomeriggio fu mandato in onda un film che, da tempo, desideravo vedere, così la noia batté in ritirata.
Fu dopo la conclusione del film, che salii al piano superiore per fare dapprima uso della "toilette" e poi sedermi sul balcone a leggere un libro.
Fu allora, che "Donna Carmen" uscì sul balcone: indossava un "bikini" anni settanta a fioroni, decisamente casto ed, ai suoi piedi, indossava un paio di "zatteroni" di spago che valorizzavano, decisamente, le sue lunghe gambe; infine, aveva portato con sé una poltroncina a sdraio.
Debbo, a questo punto, specificare doverosamente quanto segue:
1) che il comprensorio si compone di diversi "chalet": tutti bifamiliari;
2) che il balcone comune, posto al piano superiore di ognuno degli "chalet", non presenta divisorio.
Per tanto, io e "Donna Carmen" ci trovammo, praticamente, l'uno accanto all'altra.
I raggi del sole pomeridiano, accarezzavano il balcone e la donna, una volta sedutasi, iniziò a spalmarsi di olio abbronzante.
Fingendo di essere immerso nella lettura, mi beavo dello spettacolo di "Donna Carmen" che, resa simile ad una dea dall'olio abbronzante, con i suoi gesti disvelava, lentamente ma inesorabilmente, la "femmina", la vera, autentica "femmina", da lei stessa magistralmente occultata nei più reconditi recessi della sua "psiche".
Mi sembrava di assistere allo sbocciare di un sensualissimo fiore, il quale, imprigionato e compresso, per fin troppo tempo, nell'invoglio, si stesse aprendo, nella sua più totale interezza, al caldo amplesso del sole.
La donna restò immobile, per una buona mezz'ora, poi si alzò ed entrò nell'abitazione, per ritornare dopo pochi minuti.
Fu allora che decisi di "muovere".
Mi alzai in piedi e, quando ella giunse a vedersi riflessa nel vetro della porta - finestra, mi collocai alle sue spalle e le mormorai nell'orecchio destro:
- Amazzone o dea deggio appellarti..
"Donna Carmen" dette un lungo sospiro poi, a sua volta, con una voce resa bassa dall'incipiente orgasmo, rispose:
- Sono giorni che leggo, nel profondo dei tuoi occhi, il tuo desiderio di prendermi, di farmi tua...dai, vieni, entriamo in casa...
E, presami la mano destra con la sua sinistra, mi condusse all'interno della sua camera da letto.
Entrati che fummo, provvide ad accostare le persiane "a capannella". Il tenue raggio del sole, ormai declinante, che riusciva a filtrare, andando a colpire il corpo di "Donna Carmen", cosparso di olio abbronzante, conferiva allo stesso un colore come di oro.
Una regina, una dea, una vera e propria dea vivente, ed un semplice esemplare maschio di "Homo Sapiens Sapiens", stavano, l'uno dietro all'altra, in un declinante pomeriggio d'estate, nella medesima stanza.
Subito, in me, il desiderio ebbe la meglio sul timore, oserei scrivere infantile, di profanarla e, "more solito", iniziai ad accarezzarle le braccia.
Per un lunghissimo millisecondo, temetti - ancora puerilmente - di udirla pronunziare parole come:
- Come osi toccarmi, schiavo?
Ma non fu così: la donna iniziò ad emettere dei lunghi sospiri per poi bisbigliare:
- Si, si, ancora, ancora...
Le sfiorai, allora, nel contempo, l'orecchio destro con la punta della lingua che, poco dopo, passò a venerare il suo collo di cigno, per terminare all'attaccatura della spalla destra.
Iniziai un magistrale succhiotto, mentre, con entrambe le mani, la liberavo del costume da bagno.
Fu allora che la voltai verso di me, e ne contemplai la nudità trionfale.
In quasi quaranta anni di vita, e poco più di un quarto di secolo di più che onorata carriera di "maschio", mai avevo "conosciuto" una donna che potesse sfoggiare un corpo, al mio sguardo, più seducente.
Beninteso, non sto parlando di una "Bunny Girl" di "Playboy": la "vis seductiva" di quel corpo muliebre, consisteva, puramente e semplicemente, nella sua naturalezza, nell'assenza di artifici estetici, nel trovarsi in quel modo ed in quel momento, ed, infine, nella immediata risposta alle mie "avances".
Mi spogliai, e ci gettammo sul letto, alla velocità della luce.
Subito, ripresi a sfiorarle, con la punta dei polpastrelli, ogni centimetro quadro della sua pelle, per poi, finalmente, unire le nostre labbra in un bacio "alla francese" "al calor bianco".
Mentre le nostre due lingue si affrontavano, sentivo il mio scettro, eretto sino alla dolenzia del "frenulum", delicatamente schiacciarsi sul suo addome.
Le mie dita, intanto, esploravano il suo orifizio anale dando origine, con il loro agire, al mugolare della donna.
Le mie labbra, e la mia lingua, omaggiarono tutto il suo corpo per arrestarsi al limitare del suo, invero folto, giardino intimo.
Delicatissimamente, scostai, con entrambe le mani, il suo vello, dal tenue aroma, per poi tuffare la mia lingua a suggere, avidamente, il suo miele.
Nel contempo, "Donna Carmen", in preda all'orgasmo, ormai esploso in tutta la sua "magnitudo", mi scarmigliava la testa, ora digrignando i denti, ora mugolando.
Passarono diversi minuti, fino a quando riuscii a staccarmi e, sempre rimanendo di profilo, unii, nuovamente, le nostre labbra ed entrai in lei.
La sua vagina era rovente e, grazie alle sue secrezioni, ormai a dir poco oceaniche, il mio scettro scivolò nelle sue carni quasi senza attrito.
Mi fermai per diversi secondi, poi ghermitele le natiche, iniziai il coito. Iniziai al galoppo, per poi passare al "piccolo trotto", per poi tornare al galoppo e così via. "Donna Carmen", dal suo canto, ansimando, si produceva in una sequela di "aagh", "dai, dai...non ti fermare" etc.
Dopo circa un quarto d'ora, scesi sul pavimento e, senza uscire da lei, assunsi la posizione "del missionario".
Ripresi la cavalcata, evitando di tralasciare, beninteso, le sue "dolci protuberanze".
Erano queste, di una terza misura abbondante e, nonostante ben due gravidanze, non davano segno di cedimento alcuno.
Nonostante l'illuminazione, invero assai tenue, non potei non notare l'incarnato, d'un lieve rosa, decisamente adolescenziale, delle sue aureole.
Le mie labbra scesero ad omaggiarle, ed il mio cervello, o, per essere precisi, quella parte del mio cervello rimasta vigile nonostante l'esplosione causata dall'amplesso, rise, nel suo segreto, di tutti i risvolti "edipici" che "Donna Carmen" avrebbe, di sicuro, rinvenuto nel mio gesto.
Era giunto il momento di farle assumere la posizione "a la levrette" e di giungere allo zenith mediante la stimolazione del suo clitoride.
Mai dimenticherò l'espressione - bocca spalancata e dita a serrare, come artigli, il lenzuolo - da me contemplata riflessa nello specchio - e che la donna assunse al momento in cui, il dito medio della mia mano destra, si posò sulla sua gemma, grossa quanto un fagiolo borlotto e turgida all'inverosimile, e prese ad esercitarvi un movimento rotatorio.
Del pari, mai dimenticherò il suo grido al momento in cui il mio glande giunse a profanare il suo sfintere.
Un "nooo!", decisamente prolungato, risuonò nella stanza; presumendo, da uomo di legge, che tale grido fosse la manifestazione di una mancanza di consenso, feci per ritirarmi.
Fu allora, che "Donna Carmen" proruppe in un "Dai, vai avanti, continua..."
Obbedii. Quando il mio scettro giunse alla fine della corsa, mi fermai alcuni secondi, inspirai ed espirai profondamente per poi riprendere il martellamento, senza, ovviamente, dimenticare il clitoride. L'azione duro per circa una quindicina di minuti, fino a quando la donna si accorse dell'approssimarsi dell'esplosione di sperma.
Fu allora che disse:
- In bocca, godimi in bocca, voglio berti tutto...
Dopo che le sue labbra ebbero accolto il mio glande, "Donna Carmen" iniziò a succhiarmi il sesso con un incredibile misto di avidità e disperazione, sino a quando, un vero e proprio "Niagara" biancastro, non proruppe dal mio corpo nella sua gola.
Uscita l'ultima goccia, crollammo, entrambi, sul letto; mi trovavo, ancora, in pieno dormiveglia, quando fui richiamato alla realtà dal trillo del suo telefono cellulare.
Conclusa la chiamata, "Donna Carmen" mi disse:
- Torneranno tra un'oretta...
Con uno sforzo, al limite del sovrumano, mi alzai in piedi e feci per rivestirmi quando la vidi.
Senza lei era, nel frattempo, seduta sul letto, ancora nuda, e guardava, fisso, il pavimento.
- Non ti senti bene?
Domandai banalmente.
- No...ma...capisci?
- Si, ti capisco, ma cosa mi sai dire, e ti sai dire, circa il "Complesso di Colpevolezza"?...
Mi gratificò di un sorriso amaro, amarissimo, per poi dirmi:
- E pensare che da quando è nato Marco, non ho più voluto...oggi è stato come se una femmina, una bestia in calore, si fosse, all'improvviso, destata in me dopo un letargo di anni...perdonami, chissà cosa starai pensando di me...
- Nulla: soltanto ti consiglio di cercare in te stessa le risposte alle tue domande...ne hai tutti gli strumenti...se vuoi farlo...
E vestitomi, uscii per fare ritorno nel nostro "chalet" ove, pisolante sul divano, mi trovarono, "Lady Rowena" e "Lady Gladys", al loro ritorno.
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