Il muro
di
RunningRiot
genere
etero
Alla mia destra il piccolo lavandino e il dispenser del sapone. Accanto, quello più grande e cromato del rotolo asciugamani e, ancora più verso l'angolo ma più in basso, quello rotondo della carta igienica, un cestino per gli assorbenti. Alla mia sinistra un maniglione utilissimo per sorreggersi nel caso non vi andasse di sedervi sul water, senza tavoletta e sporco. È il bagno delle femmine, ma è abbastanza chiaro che ne è stato fatto un uso unisex, proprio o improprio che sia. Ambiente piccolissimo, striminzito. Starci in due è quasi un'impresa. Fughe rossicce, piastrelle bianche. Impercettibilmente più vicine, impercettibilmente più lontane. È su queste che sto poggiando le mani, è questo che attira la mia attenzione adesso: il muro.
In una notte così il muro è niente, il muro è perfetto.
In una notte così non mi interessa ciò che pensa quello che mi sta dietro, non me ne frega nulla se è convinto di avere aggiunto solo un'altra tacca al suo cazzo oppure vuole sposarmi, se poi mi dirà “dai, bionda, era solo una scopata" pensando che io invece chissà cosa mi immaginassi, se alla fine mi dirà che sono ninfomane e che ci ho messo cinque minuti a dargliela. Tra un po' di tempo confonderò il suo nome, o non me lo ricorderò per nulla, il suo contatto affogherà tra gli altri cento, duecento, trecento che ho sul telefono. Quelli come lui non si fanno ricordare e, a me, va benissimo così. Io non voglio ricordare, non voglio restare agganciata a un nome, a un volto, a un modo di scopare. Non me ne frega un cazzo. E poi d'accordo, era un bel pompino ma non mi andava di portarlo in fondo. Da lui volevo esattamente quello che sta facendo adesso: spingere, spingere, spingere. E quando spinge io gli rispondo "ah... ah... ah...". A tratti prendiamo esattamente l'andamento dei bpm che arrivano da fuori. Il ritmo della musica e quello della sua mazza si compenetrano, mi penetrano. Oh yes, double penetration.
In una notte così poteva esserci chiunque altro al suo posto, o forse no. Difficile dirlo. Quelli come lui hanno molte cose in comune. Una è che, lontani da questo locale e da questo sballo, lo capirebbe da solo che non lo calcolerei mai. Un'altra è che quelli come lui cercano quelle come me, le bitch del venerdì sera (o anche del sabato sera, fatto sta che oggi è venerdì). Del resto quelle come me cercano quelli come lui e, se sei fregna, hai il vantaggio di poter scegliere dal mazzo. Non deve essere sempre il più figo, il più simpatico, il più macho o il più rapace. Magari a volte voglio solo che sia il più stronzo. Dipende da come mi piglia. Direi però che stavolta sono andata sul modello standard.
Livello della conversazione: medium.
- Ti piace il cazzo, eh?
- Sì, mi piace tantissimo.
- Perché sei una troia.
- Sì, sono una puttana.
- Senti quanto cazzo sei bagnata.
- Sei tu che hai il cazzo grosso (lo dico in automatico, a prescindere che sia vero o meno e, ovviamente, che non sia una cazzata implausibile, li gratifica e li rende più arrapati, oltre a procurarti una linea di difesa).
- Lo vuoi nel culo?
- No, è troppo grosso (appunto).
- Dove la vuoi la sborra?
- Dove vuoi tu.
- Te la spacco, voglio farti male.
- Sì, spaccami tutta.
Stereotipi, mozziconi di frasi tramandate o prese da internet, luoghi comuni della pornografia di cui le nostre adolescenze si sono nutrite. Quasi sempre banalità. Non è così tutte le volte, ogni tanto uno più creativo lo incontri, oppure sei così fuori che ti sembra che ciò che ti dicono sia chissà che, ma a pensarci bene (e a me piace ripensarci con le mani impegnate) non è vero. Tuttavia questo non significa nulla, anzi: siano benedette le banalità. Le preferisco al silenzio. Perché chi ti scopa in silenzio dentro a un cesso rischia di comunicarti molto di più, rischia di comunicarti persino la sua disperazione: perché può darsi tu sia strafatta peggio di lui, ma proprio per questo hai la sensibilità necessaria a percepire che, ogni volta che il suo cazzo si fa strada, è come se ti dicesse "la senti la mia sofferenza esistenziale?". Beh, no grazie, magari un'altra volta.
In una notte così non ho nessun bisogno di condividere il disagio di qualcun altro. A volte lo faccio, eh? Per empatia o perché sono così stronza da prenderlo per il culo a cose fatte. Ma stanotte no, stanotte mi basta il mio.
In una notte così, se vogliamo dirla tutta, l'attrazione principale non è l'insulto e non è nemmeno il silenzio.
In una notte così l'attrazione principale è il muro. Il muro è perfetto. Impercettibilmente più vicino, impercettibilmente più lontano, a seconda che lui affondi o si ritragga. Più raramente ci appoggio una guancia, più raramente ancora ci sbatto la fronte. Ormai ho imparato.
C'è sempre una prima volta, c'è stata anche per la scopata-faccia-al-muro. Con uno scopamico, il primo, uno con cui di "prime volte" ce ne sono state diverse. Non so se l'avesse preparata prima, in ogni caso fu una bella idea. Non ci arrivammo in camera sua, ci fermammo nel corridoio. E dovette anche piegarsi sulle ginocchia per tirarmi su il vestito, tanto era lungo. "Ma che fai?", "Zitta...". Ero eccitata da morire, non l'avevo mai fatto così.
Però, anche se non è amore, una cosa è uno scopamico e una cosa è un tipo che hai incocciato per la prima volta qualche manciata di minuti fa. Un tipo che può agganciarti in qualsiasi modo, può dirti qualsiasi cosa e tu puoi dirgli qualsiasi cosa. Può chiederti se hai visto un certo film o se conosci un certo dj, se vorresti lavorare o se ti piace studiare, se preferisci il fumo o le pastiglie, se vuoi un altro drink o se ce l'hai depilata. Un tipo che, centodieci volte su cento, dietro la domanda "e qui come ti piace divertirti?" intende dire "sei una che fa bocchini o cerchi proprio qualcuno che ti obliteri?". In certi casi bastano le sue mani sul culo e tu lasci che sia: lingua in bocca, strusciamoci, andiamo. Non è nemmeno indispensabile parlare. Tanto, il vero dialogo avviene a un altro livello ed è sempre lo stesso: "Senti, come-ti-chiami, stanotte ho solo voglia di svuotarmi", "ok come-ti-chiami-tu, il preservativo ce l'hai?".
I primi tempi non è che ci fai molto caso. Si tratta solo del sesso occasionale che stavi cercando, dentro un luogo non confortevole ma adatto a ciò che dovete fare. Poi una notte, non sai bene come, diventa un trip. Anche meglio del trip che ti sei appena fatta.
Vaffanculo ai libri, vaffanculo agli esercizi, vaffanculo alla fitness, vaffanculo alla ragazza di buona famiglia, vaffanculo all'è-tutto-sotto-controllo, vaffanculo alla perfezione, vaffanculo all'ansia e allo stress, vaffanculo al queste-cose-non-si-fanno. Vaffanculo al tuo ex che si è rifatto vivo, vaffanculo al tuo scopamico che è tornato a casa per il week end con la fidanzata. Vaffanculo a quello stronzo del terzo anno che hai provato spompinare nel bagno della biblioteca e che, dopo settimane che ci provava, ha giustificato il suo epic fail dicendo che a lui le puttane come te fanno schifo e che non gli viene duro. Vaffanculo a quello che stanotte ti ha messo in bocca il suo cosino su un divanetto e che d'accordo che era una zona poco illuminata, ma vi avrà visto un bel po' di gente. Vaffanculo al suo amico che ti ha trascinata al cesso ringhiando "ma tu pensi de fa' la stronza con me?". Chissà che cazzo gli avevo detto, chissà che cazzo gli avevo fatto, troppe x-pills fanno strani scherzi. Trascinata, scaraventata, spiaccicata. Usata e abusata. Manco mi ricordo se mi è piaciuto, di quella volta ricordo bene solo la scoperta, l'illuminazione, il muro.
A volte ciò che conta è solo il muro. Il muro è perfetto. Impercettibilmente più vicino, impercettibilmente più lontano. Come stanotte, che la voglia di cazzo c'entra e non c'entra.
In una notte così il muro è niente, il muro è lo specchio del niente cui voglio sentirmi ridotta.
In una notte così il muro è niente, il muro è perfetto.
In una notte così non mi interessa ciò che pensa quello che mi sta dietro, non me ne frega nulla se è convinto di avere aggiunto solo un'altra tacca al suo cazzo oppure vuole sposarmi, se poi mi dirà “dai, bionda, era solo una scopata" pensando che io invece chissà cosa mi immaginassi, se alla fine mi dirà che sono ninfomane e che ci ho messo cinque minuti a dargliela. Tra un po' di tempo confonderò il suo nome, o non me lo ricorderò per nulla, il suo contatto affogherà tra gli altri cento, duecento, trecento che ho sul telefono. Quelli come lui non si fanno ricordare e, a me, va benissimo così. Io non voglio ricordare, non voglio restare agganciata a un nome, a un volto, a un modo di scopare. Non me ne frega un cazzo. E poi d'accordo, era un bel pompino ma non mi andava di portarlo in fondo. Da lui volevo esattamente quello che sta facendo adesso: spingere, spingere, spingere. E quando spinge io gli rispondo "ah... ah... ah...". A tratti prendiamo esattamente l'andamento dei bpm che arrivano da fuori. Il ritmo della musica e quello della sua mazza si compenetrano, mi penetrano. Oh yes, double penetration.
In una notte così poteva esserci chiunque altro al suo posto, o forse no. Difficile dirlo. Quelli come lui hanno molte cose in comune. Una è che, lontani da questo locale e da questo sballo, lo capirebbe da solo che non lo calcolerei mai. Un'altra è che quelli come lui cercano quelle come me, le bitch del venerdì sera (o anche del sabato sera, fatto sta che oggi è venerdì). Del resto quelle come me cercano quelli come lui e, se sei fregna, hai il vantaggio di poter scegliere dal mazzo. Non deve essere sempre il più figo, il più simpatico, il più macho o il più rapace. Magari a volte voglio solo che sia il più stronzo. Dipende da come mi piglia. Direi però che stavolta sono andata sul modello standard.
Livello della conversazione: medium.
- Ti piace il cazzo, eh?
- Sì, mi piace tantissimo.
- Perché sei una troia.
- Sì, sono una puttana.
- Senti quanto cazzo sei bagnata.
- Sei tu che hai il cazzo grosso (lo dico in automatico, a prescindere che sia vero o meno e, ovviamente, che non sia una cazzata implausibile, li gratifica e li rende più arrapati, oltre a procurarti una linea di difesa).
- Lo vuoi nel culo?
- No, è troppo grosso (appunto).
- Dove la vuoi la sborra?
- Dove vuoi tu.
- Te la spacco, voglio farti male.
- Sì, spaccami tutta.
Stereotipi, mozziconi di frasi tramandate o prese da internet, luoghi comuni della pornografia di cui le nostre adolescenze si sono nutrite. Quasi sempre banalità. Non è così tutte le volte, ogni tanto uno più creativo lo incontri, oppure sei così fuori che ti sembra che ciò che ti dicono sia chissà che, ma a pensarci bene (e a me piace ripensarci con le mani impegnate) non è vero. Tuttavia questo non significa nulla, anzi: siano benedette le banalità. Le preferisco al silenzio. Perché chi ti scopa in silenzio dentro a un cesso rischia di comunicarti molto di più, rischia di comunicarti persino la sua disperazione: perché può darsi tu sia strafatta peggio di lui, ma proprio per questo hai la sensibilità necessaria a percepire che, ogni volta che il suo cazzo si fa strada, è come se ti dicesse "la senti la mia sofferenza esistenziale?". Beh, no grazie, magari un'altra volta.
In una notte così non ho nessun bisogno di condividere il disagio di qualcun altro. A volte lo faccio, eh? Per empatia o perché sono così stronza da prenderlo per il culo a cose fatte. Ma stanotte no, stanotte mi basta il mio.
In una notte così, se vogliamo dirla tutta, l'attrazione principale non è l'insulto e non è nemmeno il silenzio.
In una notte così l'attrazione principale è il muro. Il muro è perfetto. Impercettibilmente più vicino, impercettibilmente più lontano, a seconda che lui affondi o si ritragga. Più raramente ci appoggio una guancia, più raramente ancora ci sbatto la fronte. Ormai ho imparato.
C'è sempre una prima volta, c'è stata anche per la scopata-faccia-al-muro. Con uno scopamico, il primo, uno con cui di "prime volte" ce ne sono state diverse. Non so se l'avesse preparata prima, in ogni caso fu una bella idea. Non ci arrivammo in camera sua, ci fermammo nel corridoio. E dovette anche piegarsi sulle ginocchia per tirarmi su il vestito, tanto era lungo. "Ma che fai?", "Zitta...". Ero eccitata da morire, non l'avevo mai fatto così.
Però, anche se non è amore, una cosa è uno scopamico e una cosa è un tipo che hai incocciato per la prima volta qualche manciata di minuti fa. Un tipo che può agganciarti in qualsiasi modo, può dirti qualsiasi cosa e tu puoi dirgli qualsiasi cosa. Può chiederti se hai visto un certo film o se conosci un certo dj, se vorresti lavorare o se ti piace studiare, se preferisci il fumo o le pastiglie, se vuoi un altro drink o se ce l'hai depilata. Un tipo che, centodieci volte su cento, dietro la domanda "e qui come ti piace divertirti?" intende dire "sei una che fa bocchini o cerchi proprio qualcuno che ti obliteri?". In certi casi bastano le sue mani sul culo e tu lasci che sia: lingua in bocca, strusciamoci, andiamo. Non è nemmeno indispensabile parlare. Tanto, il vero dialogo avviene a un altro livello ed è sempre lo stesso: "Senti, come-ti-chiami, stanotte ho solo voglia di svuotarmi", "ok come-ti-chiami-tu, il preservativo ce l'hai?".
I primi tempi non è che ci fai molto caso. Si tratta solo del sesso occasionale che stavi cercando, dentro un luogo non confortevole ma adatto a ciò che dovete fare. Poi una notte, non sai bene come, diventa un trip. Anche meglio del trip che ti sei appena fatta.
Vaffanculo ai libri, vaffanculo agli esercizi, vaffanculo alla fitness, vaffanculo alla ragazza di buona famiglia, vaffanculo all'è-tutto-sotto-controllo, vaffanculo alla perfezione, vaffanculo all'ansia e allo stress, vaffanculo al queste-cose-non-si-fanno. Vaffanculo al tuo ex che si è rifatto vivo, vaffanculo al tuo scopamico che è tornato a casa per il week end con la fidanzata. Vaffanculo a quello stronzo del terzo anno che hai provato spompinare nel bagno della biblioteca e che, dopo settimane che ci provava, ha giustificato il suo epic fail dicendo che a lui le puttane come te fanno schifo e che non gli viene duro. Vaffanculo a quello che stanotte ti ha messo in bocca il suo cosino su un divanetto e che d'accordo che era una zona poco illuminata, ma vi avrà visto un bel po' di gente. Vaffanculo al suo amico che ti ha trascinata al cesso ringhiando "ma tu pensi de fa' la stronza con me?". Chissà che cazzo gli avevo detto, chissà che cazzo gli avevo fatto, troppe x-pills fanno strani scherzi. Trascinata, scaraventata, spiaccicata. Usata e abusata. Manco mi ricordo se mi è piaciuto, di quella volta ricordo bene solo la scoperta, l'illuminazione, il muro.
A volte ciò che conta è solo il muro. Il muro è perfetto. Impercettibilmente più vicino, impercettibilmente più lontano. Come stanotte, che la voglia di cazzo c'entra e non c'entra.
In una notte così il muro è niente, il muro è lo specchio del niente cui voglio sentirmi ridotta.
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