La leccapiedi (parte 7)
di
Kugher
genere
sadomaso
Anche quella notte dormì a casa di Matteo e, poiché aveva turno al pomeriggio, al mattino andarono in centro a fare shopping.
Presero un caffè con calma seduti al tavolo sulla piazza, provando rilassatezza nel vedere la gente passare e pensare che dietro ad ogni figura vi era una storia, così come l’avevano loro per chi li guardava passando davanti.
Avevano scelto un tavolino sulla piazza, all’aperto.
Matteo, d’improvviso, accarezzò Anna sul viso e si sporse per darle un bacio.
La ragazza ricambiò col sorriso.
Non era un bacio sensuale, né d'amore. Era un bacio col quale lui le voleva far sapere che, in quel momento, stava bene con lei, con quello che la loro storia al momento raccontava.
Era un bacio col quale voleva ricordarle i momenti al bar, lo scambio di pensieri e sensazioni, avendo imparato che è possibile comunicare anche senza parlare.
"Vorrei inginocchiarmi, adesso. Mi piace stare ai tuoi piedi".
Non voleva essere una richiesta di erotismo, ma semplicemente la reazione ad un momento di intimità che cercava altro momento di intimità che, benché diverso nella forma, non necessariamente lo era nella sostanza.
Lei stava bene ai suoi piedi anche senza voler questo necessariamente essere un atto di sottomissione. Quello poteva essere un posto in cui lei cedeva il potere ad altri che lo raccoglieva e faceva proprio.
Avrebbe potuto proseguire con un uso sessuale come, invece, con un abbraccio.
Non era il preludio di nulla. Avrebbe invece voluto essere semplicemente ciò che era, cioè un momento in cui entrambi sarebbero stati bene.
"Vieni da me questa sera. Mi è piaciuto molto usarti come poggiapiedi durante la cena. Potresti anche stare semplicemente ai miei piedi mentre guardiamo la tv".
Anna ci pensò un momento. Subito rispose con un sorriso.
Voleva capire quale strada stesse prendendo quel rapporto strano, fatto di scambi di pensieri, anche intimi, di posizioni particolari, di sesso eccitante. Il tutto con il solo sfondo dello stare bene senza alcuna implicazione di un particolare sentimento.
Forse era quello che le piaceva e, perché no, piaceva anche lui: far correre le emozioni senza costrizioni sentimentali, con il reciproco rispetto in cui l’unica catena poteva essere quella che la legava mentre veniva usata sessualmente prima di chiudere la serata tra le braccia di quell’uomo.
Forse in quel momento anche lui aveva gli stessi pensieri.
"Mi piace moltissimo stare con te e non sola a casa. Mangerei prima di andare a dormire perchè dopo la tua cena con me sotto il tavolo, vorrei passare la serata a leccarti i piedi".
Le era sempre piaciuto leccare i piedi, così come lui le aveva confessato che adorava quelle attenzioni. Gli piaceva la sensazione di potere che trasmetteva, oltre ad una diffusa e leggera eccitazione, quale era possibile provare, a 14 anni, con le prime limonate.
La serata andò diversamente.
Usarla quale poggiapiedi sotto il tavolo durante la cena eccitò molto l’uomo, che prese a lanciarle sotto il tavolo pezzi di pane, come ad un cane.
Terminata la cena, Anna stava leccando da tempo i piedi di Matteo seduto all’ormai solito divano. La televisione era accesa giusto per creare una situazione di apparente quotidianità.
Matteo, si abbassò la cerniera.
"Vuoi dare piacere al tuo nonnino?"
Scherzavano molto sulla differenza di età.
Anna con la lingua accarezzò la gamba fino ad arrivare al cazzo già duro al quale si dedicò a lungo alla ricerca del piacere dell’uomo.
Pensava solo a quello, a dare piacere e, nel farlo, lei stessa ne provava, ma non per l’atto sessuale in sé, ma per il piacere di dare piacere.
Si dedicò prima alle palle poi al suo cazzo, sempre più duro.
Il piacere ricevuto da chi pensa solo al piacere altrui, è diverso, più pieno.
"Stenditi a terra".
Matteo non resisteva più. Si alzò si mise vicino al capo della ragazza. Le pose un piede sul viso e, mentre lei lo leccava, le ordinò di aprire le cosce.
Si stese su di lei e la scopò per prendersi il piacere voluto, pensando solo al proprio. La giovane figa era stretta ed eccitante.
Al culmine del piacere, le godette dentro.
L’uomo, dopo essere stato pulito dalla bocca della schiava, si sedette sul divano e, inginocchiata, la tenne con la testa sulle gambe, intento ad accarezzarla.
"Dormi con me. Non tanto per evitarti il viaggio, quanto perché, dopo il piacere che ci siamo dati e preso mi spiacerebbe saperti nel letto da sola, così come non mi piacerebbe passare la notte da solo.
Sorrisero.
Ogni tanto, di notte, Matteo si svegliava. Da sempre non aveva un buon rapporto col sonno. Difficilmente trascorreva un'intera notte senza svegliarsi.
Ad ogni risveglio, la accarezzava delicatamente su tutto il corpo, toccando anche figa e tette. Non erano carezze sensuali o erotiche, erano carezze per il piacere di sentire la pelle calda e trasmettere una bella sensazione, oltre che riceverla.
Presero un caffè con calma seduti al tavolo sulla piazza, provando rilassatezza nel vedere la gente passare e pensare che dietro ad ogni figura vi era una storia, così come l’avevano loro per chi li guardava passando davanti.
Avevano scelto un tavolino sulla piazza, all’aperto.
Matteo, d’improvviso, accarezzò Anna sul viso e si sporse per darle un bacio.
La ragazza ricambiò col sorriso.
Non era un bacio sensuale, né d'amore. Era un bacio col quale lui le voleva far sapere che, in quel momento, stava bene con lei, con quello che la loro storia al momento raccontava.
Era un bacio col quale voleva ricordarle i momenti al bar, lo scambio di pensieri e sensazioni, avendo imparato che è possibile comunicare anche senza parlare.
"Vorrei inginocchiarmi, adesso. Mi piace stare ai tuoi piedi".
Non voleva essere una richiesta di erotismo, ma semplicemente la reazione ad un momento di intimità che cercava altro momento di intimità che, benché diverso nella forma, non necessariamente lo era nella sostanza.
Lei stava bene ai suoi piedi anche senza voler questo necessariamente essere un atto di sottomissione. Quello poteva essere un posto in cui lei cedeva il potere ad altri che lo raccoglieva e faceva proprio.
Avrebbe potuto proseguire con un uso sessuale come, invece, con un abbraccio.
Non era il preludio di nulla. Avrebbe invece voluto essere semplicemente ciò che era, cioè un momento in cui entrambi sarebbero stati bene.
"Vieni da me questa sera. Mi è piaciuto molto usarti come poggiapiedi durante la cena. Potresti anche stare semplicemente ai miei piedi mentre guardiamo la tv".
Anna ci pensò un momento. Subito rispose con un sorriso.
Voleva capire quale strada stesse prendendo quel rapporto strano, fatto di scambi di pensieri, anche intimi, di posizioni particolari, di sesso eccitante. Il tutto con il solo sfondo dello stare bene senza alcuna implicazione di un particolare sentimento.
Forse era quello che le piaceva e, perché no, piaceva anche lui: far correre le emozioni senza costrizioni sentimentali, con il reciproco rispetto in cui l’unica catena poteva essere quella che la legava mentre veniva usata sessualmente prima di chiudere la serata tra le braccia di quell’uomo.
Forse in quel momento anche lui aveva gli stessi pensieri.
"Mi piace moltissimo stare con te e non sola a casa. Mangerei prima di andare a dormire perchè dopo la tua cena con me sotto il tavolo, vorrei passare la serata a leccarti i piedi".
Le era sempre piaciuto leccare i piedi, così come lui le aveva confessato che adorava quelle attenzioni. Gli piaceva la sensazione di potere che trasmetteva, oltre ad una diffusa e leggera eccitazione, quale era possibile provare, a 14 anni, con le prime limonate.
La serata andò diversamente.
Usarla quale poggiapiedi sotto il tavolo durante la cena eccitò molto l’uomo, che prese a lanciarle sotto il tavolo pezzi di pane, come ad un cane.
Terminata la cena, Anna stava leccando da tempo i piedi di Matteo seduto all’ormai solito divano. La televisione era accesa giusto per creare una situazione di apparente quotidianità.
Matteo, si abbassò la cerniera.
"Vuoi dare piacere al tuo nonnino?"
Scherzavano molto sulla differenza di età.
Anna con la lingua accarezzò la gamba fino ad arrivare al cazzo già duro al quale si dedicò a lungo alla ricerca del piacere dell’uomo.
Pensava solo a quello, a dare piacere e, nel farlo, lei stessa ne provava, ma non per l’atto sessuale in sé, ma per il piacere di dare piacere.
Si dedicò prima alle palle poi al suo cazzo, sempre più duro.
Il piacere ricevuto da chi pensa solo al piacere altrui, è diverso, più pieno.
"Stenditi a terra".
Matteo non resisteva più. Si alzò si mise vicino al capo della ragazza. Le pose un piede sul viso e, mentre lei lo leccava, le ordinò di aprire le cosce.
Si stese su di lei e la scopò per prendersi il piacere voluto, pensando solo al proprio. La giovane figa era stretta ed eccitante.
Al culmine del piacere, le godette dentro.
L’uomo, dopo essere stato pulito dalla bocca della schiava, si sedette sul divano e, inginocchiata, la tenne con la testa sulle gambe, intento ad accarezzarla.
"Dormi con me. Non tanto per evitarti il viaggio, quanto perché, dopo il piacere che ci siamo dati e preso mi spiacerebbe saperti nel letto da sola, così come non mi piacerebbe passare la notte da solo.
Sorrisero.
Ogni tanto, di notte, Matteo si svegliava. Da sempre non aveva un buon rapporto col sonno. Difficilmente trascorreva un'intera notte senza svegliarsi.
Ad ogni risveglio, la accarezzava delicatamente su tutto il corpo, toccando anche figa e tette. Non erano carezze sensuali o erotiche, erano carezze per il piacere di sentire la pelle calda e trasmettere una bella sensazione, oltre che riceverla.
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