La leccapiedi (parte 8)

di
genere
dominazione

Nacque un diverso affetto, lontano dall’amore.
Furono sempre più frequenti le serate assieme nelle quali Anna stava ai suoi piedi, per leccarglieli o quale poggiapiedi, a volte anche a 4 zampe per servirlo quale sgabello sul quale appoggiare le gambe mentre guardava la televisione.
A volte le chiedeva di stendersi a terra, altre era lei che, senza invito, si accucciava sul tappeto.
In prossimità di un esame, Anna si trasferiva a casa di Matteo. Le dava serenità non sentirsi sola e avvolta dal loro affetto strano che li legava lasciandoli sentimentalmente liberi.
A volte prevaleva il sesso, altre lo scambio di pensieri e sensazioni, di confronti su sé stessi senza mai parlare o pensare a loro come ad una coppia.
Un pomeriggio la ragazza stava studiando a casa dell’uomo.
Matteo bussò e mise dentro la testa, sorridendole, come suo solito.
"Vieni, ho voglia di scoparti".
Quella frase veniva pronunciata ed ascoltata con assoluta naturalezza, quale invito a fare qualcosa di piacevole.
La ragazza sorrise, si alzò dalla scrivania e si spogliò, pronta per andare a servire sessualmente Matteo.
"Volle fargli una sorpresa, ormai conoscendo i suoi gusti, speculari ai propri.
Si mise a 4 zampe".
Si mise un collare che si era portata, ricordo di una relazione passata, al quale attaccò un guinzaglio che tenne in bocca.
Le era sempre piaciuto essere una cagna, trattata ed usata come tale.
Lui, però, le ruppe la sorpresa rientrando in stanza per verificare lo stato della preparazione.
Evidentemente era molto eccitato e la fretta guidava le sue azioni.
Matteo si fermò subito, appena entrato e, con il respiro tipico dell’eccitazione che sale, le si avvicinò con il fare sicuro di chi sa di essere il proprietario di quell’animale.
"Facciamo meglio. Mi siedo sulla tua schiena e, cavalcandoti, mi porti di là".
Lei era già stata usata come cavalla. La fatica assorbiva ogni momentaneo piacere che, invece, riesplodeva dopo, a cavalcata finita, conscia di ciò che aveva rappresentato e significato, di qualcosa che andasse ben oltre alla sola cessione del potere, ma anche alla disumanizzazione, all’essere un semplice oggetto.
Sapeva che quell’uomo, una volta seduto sopra, avrebbe pensato al solo proprio piacere, ignorando il suo e la sua fatica, trattandola quale animale.
Questo fa la differenza, non solo la posizione, ma la considerazione altrui.
Il suo pensiero cominciò a concentrarsi sullo sforzo necessario per farcela.
Matteo si accomodò nella sella naturale. Impiegarono qualche secondo per trovare reciprocamente l’equilibrio facendo anche qualche passo di prova.
Quando ritennero di essere pronti, Matteo la spronò a muoversi.
La ragazza faceva fatica e l’uomo la spronava, anche con qualche schiaffo sul culo per darle energia.
Doveva farcela.
La visione di loro due, replicata allo specchio della camera, ebbe l’effetto di far indurire ulteriormente un cazzo già di fatto pronto per la penetrazione.
Fu impietoso nel condurla e nel pretendere di essere portato fino alla poltrona.
La picchiò sulle natiche, spiaciuto solo di non avere a disposizione un frustino che si ripromise di acquistare.
“Forza bestia, vai avanti”.
Anna era presa dalla sola volontà di servire il proprio Padrone. Andava avanti, senza pensare al dolore ai muscoli che l’avrebbe perseguitata nei giorni successivi.
Matteo si alzò solo un attimo, per consentirle di recuperare le forze necessarie per proseguire il suo divertimento
Usò la presa ai capelli per dirigerla.
"Dai bestia, forza."
La cavalcò a lungo e, ogni tanto, si alzava per farla riprendere.
Matteo desistette solo quando era evidente che la cavalla non sarebbe più stata in grado di fare ulteriori passi.
Sorrise del proprio totale disinteresse alla sua fatica, concentrato solo sul suo piacere e su ciò che ancora lo aspettava.
Si sedette in poltrona e la fece avvicinare, tenendola ancora a 4 zampe davanti a sé.
Le prese il viso delicatamente tra le mani.
"Guarda il mio cazzo come è duro. Dagli un bacio".
Anna eseguì e, poco dopo, lo infilò completamente in bocca.
Matteo si fece leccare a lungo tenendo in mano il guinzaglio.
La ragazza era bravissima col pompino ed aveva imparato a giocare col sesso dell’uomo, sapendo come leccare e quale parte trovasse particolare piacere nelle sue attenzioni.
Benché adorasse scoparla in quella fica stretta, quella volta Matteo le volle godere in bocca.
Avevano cominciato a dare per scontato che lei fosse scomoda o provasse dolore nel compiacerlo e a dare questo come cosa normale, della quale non preoccuparsi, essendo più importante la comodità dell’uomo.
La mancanza di amore aveva caratterizzato tutto il loro rapporto, che era proseguito sempre più verso la sottomissione della ragazza.
Il benessere, nel senso di “bene essere”, caratterizzava i loro momenti e le loro confidenze.
Tuttavia il vero collante di due persone, quello che consente di andare oltre agli anni di frequentazione, è l’amore.
Alla fine il rapporto, bello fino all’ultimo, finì da sé perché, semplicemente, non avevano più nulla da dirsi.
Gli incontri divennero sempre più vuoti in quanto si limitavano solo agli atti erotici nei rispettivi ruoli.
Tra loro rimase la sensazione di ciò che avevano vissuto, conservando, reciprocamente, un posto nell’anima dell’altra persona.
di
scritto il
2023-09-10
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