La gladiatrice Episodio 20
di
Davide Sebastiani
genere
dominazione
No, non era possibile. Ebbi un istante di smarrimento e le andai incontro, confuso e completamente fuori di testa
" Perché lei? Perché? Mi aveva detto che non combatte mai due volte con lo
stesso avversario" Ero ad un passo da lei, disperato. Combattere contro di lei
equivaleva a una condanna a morte. Sonja non mi rivolse la parola ma alcuni
soldati vennero dietro di me e mi tirarono lontano da lei prendendomi per le
braccia. Cercai di divincolarmi. Erano troppi ma mi fermai solamente quando
sentii sulla tempia il gelo di un metallo e il clic. Riconoscevo bene quel
rumore e quella sensazione che da una pistola alla tempia. Mi lasciai
trascinare per alcuni metri lontano da Sonja mentre gli altoparlanti con la
voce del colonnello Cartright emanavano la già sentita litania del
combattimento senza regole. Eravamo di nuovo di fronte io e lei, ma stavolta
sapevo che si trattava di un combattimento impari. Sonja era troppo più forte
di me, era troppo più brava di me, era tutto troppo per me per sperare in
qualcosa di positivo. Avanzò verso di me senza preoccuparsi di coprirsi, con
le braccia lungo i fianchi
" Avanti, colpiscimi, idiota. Prova a dare il meglio di te stesso e forse i
senatori ti salveranno anche stavolta" Parlava a voce bassa, quasi sussurrata
" E' già tutto stabilito. Hanno voluto che combattessi di nuovo contro di lei
per togliermi di mezzo. Non so il motivo ma il colonnello mi vuole morto"
" Combatti, cretino. Decideranno i senatori. Nemmeno Cartright può
manovrarli"
" Questo è quello che pensa lei ma ho parlato col colonnello e lui mi ha già
scavato la fossa"
" Sono sicura che non è così. Avanti, mostrati ardito e coraggioso e forse
ce la farai. Sei un buon combattente e puoi fare un'ottima figura" Non sapeva
niente nemmeno lei e stava cercando di aiutarmi. Forse era vero. Forse potevo
sperare. Feci un passo indietro e le sferrai un calcio con tutta la mia forza
che Sonja nemmeno si prese la briga di parare e che andò a cozzare con i suoi
addominali. Fece un passo indietro e si piegò in due, tra il mio stupore. La
guardai con gli occhi sbarrati
" Veramente ha accusato il colpo?"
" No, idiota, l'ho appena percepito ma continua"
" Perché mi sta aiutando?"
" Perché... Perché non è giusto che tu debba morire in questo modo. E'
vero, Cartright ha cambiato le regole del gioco ed io ..."
" E lei?"
" Basta parlare. Cerca di colpirmi di nuovo. Li senti i fischi? Se continuiamo
così i senatori non ti risparmieranno" Era vero. I fischi degli spettatori si
stavano facendo sempre più intensi per la nostra mancanza di combattività.
Decisi di provarci. Tanto ormai cosa cambiava? Mi misi in guardia, avanzai e
scambiammo qualche pugno che ambedue parammo poi indietreggiai per prendere un
po' di slancio e cercai un calcio volante per coglierla sul fianco e ci
riuscii. Attaccai di nuovo e presi Sonja per ben due volte all'altezza dello
stomaco. Mio Dio, aveva addominali di ferro ma lei finse di risentire i colpi.
I fischi erano ormai sempre piu' intensi. Era assurdo per i senatori vedere
Sonja in difficoltà e i fischi erano forse per lei. I suoi colpi riuscivo ad
assorbirli abbastanza bene ed era evidente che non erano portati con il
massimo della sua straordinaria velocità ed efficacia. Cominciavo però ad
essere stanco. Non ero allenato e il dispendio di energie fisiche e nervose
era enorme e Sonja cominciò ad essere piu' incisiva. Prima un calcio alla
testa che comunque riuscii a parare in parte ma poi un altro al fianco che mi
mozzò il respiro. Il combattimento era segnato. Un altro pugno in faccia mi
mandò steso a terra
" Avanti, alzati, ti ho colpito con relativa forza" Relativa forza? Mi era
sembrato di essere stato colpito con una lastra d'acciaio ma era vero. Aveva
usato accortezza nel colpirmi e mi rialzai, anche se a fatica. Mi lanciai
verso di lei. Provai tutto il mio repertorio. Calci, pugni e anche il corpo a
corpo. Alcuni colpi andarono a bersaglio e poteva sembrare un vero
combattimento. I fischi si stavano tramutando in applausi e mi sembrava di
percepire anche qualche incoraggiamento. Ma anche alcuni colpi di Sonja,
seppur dati col freno a mano tirato, li avevo ricevuti anch'io e quelli erano
colpi che facevano male. Ma provai ancora e dall’esterno poteva sembrare un combattimento equilibrato. Ma sapevo che a lei sarebbero bastati una manciata di secondi per neutralizzarmi. Andammo avanti per diversi minuti. Se i senatori davvero premiavano chi combatteva con coraggio, mi avrebbero dovuto premiare. Ma ormai io avevo dato tutto quello che avevo. Le braccia mi facevano male nel tentativo di parare i colpi di Sonja e riuscivo a fatica a tenerle su. La mia guardia era ormai abbassata, troppo abbassata per poter fronteggiare una come Sonja. Un calcio al volto mi annebbiò la vista. Mi rialzai di nuovo ma ormai vedevo doppio. Un montante prima e un diretto poi misero fine al combattimento. Non avevo più la forza di rialzarmi per l'ennesima volta. Lei era troppo forte per me anche usando una minima parte della sua forza. Sonja era di un altro pianeta. Era maestosità, era bellezza, era femminilità, era forza, era dominanza, era tutto e tutto allo stato puro. Venne vicino a me mettendomi un piede sulla testa, in segno di vittoria e guardò verso di me
" Ce la fai a rialzarti?"
" No signora" sospirai con le residue forze "Non ce la faccio più"
" Rimani per terra. Ti daro' un calcio e dovrai fingerti svenuto. In tal modo
ti eviterò l'umiliazione che riservo agli sconfitti. Vedrai che i senatori ti
premieranno. Hai combattuto benissimo" Si allontano di circa un metro e poi
fece partire il calcio. Chiusi gli occhi ma non svenni. Sonja aveva mantenuto
la promessa ed evidentemente un'altra sua dote era quella di saper dosare la
sua forza alla perfezione. Rimasi con gli occhi chiusi, con il cuore che mi
batteva fortemente nel petto. Ancora una volta degli estranei stavano
decidendo della mia vita. Avevo combattuto, ci avevo provato e avrebbero
dovuto premiarmi per il mio coraggio. Sentivo il tacco della straordinaria
combattente sul mio petto e aprii per un attimo gli occhi per vederla nella
classica posa vittoriosa e poi spostai per un attimo lo sguardo sui tabelloni.
I numeri continuavano a girare. Lentamente quelli inerenti alla mia salvezza e
vorticosamente quelli che mi volevano morto. Capii subito che era finita. I
numeratori si fermarono e la stragrande maggioranza aveva votato per la mia
morte. Come pensavo, il colonnello Cartright aveva previsto tutto quanto. Vidi
Sonja sollevarmi per un braccio
" Mi dispiace ma devo ammazzarti" Non le risposi. Cosa avrei potuto dirle? Ma
intanto le lacrime iniziarono a scendere senza ritegno dal mio volto. Era
paura? La legittima paura di un uomo che sta per morire? Guardai in volto
Sonja, quel bellissimo volto che sembrava quello di una donna della mia età e
che invece apparteneva a una cinquantenne straordinariamente sexy. Con la
mano sinistra che mi teneva ancora sollevato, chiuse l'altra a forma di pugno.
Eravamo arrivati ormai al capolinea. Quel pugno mi avrebbe massacrato il
volto. Lo attendevo con rassegnazione ma Sonja esitava. Per qualche misterioso
motivo non riusciva ad essere sadica come il suo solito
" Uccidimi subito, non farmi soffrire ulteriormente" la implorai
" Smettila di frignare come un bambino. Dimostrati un uomo e muori come tale"
La guardai e accennai un sorriso
" Non sto piangendo perché sto per morire. Sto piangendo perché sei tu ad
uccidermi. Sei tu, la donna che amo" Finalmente glie l'avevo detto. Si,
l'amavo. Era un'assassina psicopatica eppure l'amavo come mai avevo amato
un'altra donna. Amavo tutto di lei. Amavo la sua bellezza, quel viso ancora
giovane e troppo truccato che però nascondeva dei lineamenti perfetti, quel
corpo stratosferico che non aveva difetti, forte, marmoreo eppure cos'
femminile con quelle curve al punto giusto, quei seni che lei mostrava senza
vergogna alcuna, talmente belli e duri che per me erano la perfezione
assoluta. Ma stranamente amavo in lei anche quelli che apparentemente
sarebbero dovuti essere dei difetti. La padronanza che aveva, la sua voce
troppo dura, il suo essere autoritaria in tutto ciò che faceva. Si sentiva
padrona e padrona era. Lo era per il suo carattere e per la sua forza. Era
un'assassina, è vero, ma lo era diventata per colpa di quel maledetto
colonnello che aveva destabilizzato il suo carattere con quelle schifezze che
le aveva iniettato, altrimenti sarebbe stata semplicemente un'eroina, una vera
americana ligia al suo dovere, come lo ero stato io, del resto. E l'amavo per
come faceva l'amore con me, mettendosi sopra di me e dominandomi,
possedendomi. Oh mio Dio, l'amavo per come mi faceva sentire insignificante e
per come invece parlava con me quando si toglieva la maschera di durezza, la
sua corazza. L'amavo e lei mi stava per uccidere. Quel pugno che stava per
sferrare mi avrebbe ucciso o comunque, mi avrebbe ridotto all'impotenza totale
e l'osservavo. Osservavo le sue braccia così forti e toniche e avrei voluto
che mi abbracciasse. Oh si, mi sarebbe piaciuto molto se lei lo avesse fatto
ma la realtà era un'altra. Lei era abituata ad avere tutto e tutti, mi
considerava solo uno schiavo al suo servizio, uno che avrebbe rimpiazzato con
un altro lottatore e null'altro. E invece io mi immaginavo come sarebbe potuta
essere meravigliosa la mia vita accanto a lei. Oh si, l'avrei dovuta adorare,
mi sarei dovuto sottomettere completamente ai suoi voleri ma mi accorgevo che
la cosa non mi sarebbe dispiaciuta affatto. Ma purtroppo il destino mi aveva riservato una fine diversa. Chiusi gli occhi aspettando quel pugno che mi avrebbe cancellato dalla faccia della terra.
Per commentare, scrivete a
davidmuscolo@tiscali.it
" Perché lei? Perché? Mi aveva detto che non combatte mai due volte con lo
stesso avversario" Ero ad un passo da lei, disperato. Combattere contro di lei
equivaleva a una condanna a morte. Sonja non mi rivolse la parola ma alcuni
soldati vennero dietro di me e mi tirarono lontano da lei prendendomi per le
braccia. Cercai di divincolarmi. Erano troppi ma mi fermai solamente quando
sentii sulla tempia il gelo di un metallo e il clic. Riconoscevo bene quel
rumore e quella sensazione che da una pistola alla tempia. Mi lasciai
trascinare per alcuni metri lontano da Sonja mentre gli altoparlanti con la
voce del colonnello Cartright emanavano la già sentita litania del
combattimento senza regole. Eravamo di nuovo di fronte io e lei, ma stavolta
sapevo che si trattava di un combattimento impari. Sonja era troppo più forte
di me, era troppo più brava di me, era tutto troppo per me per sperare in
qualcosa di positivo. Avanzò verso di me senza preoccuparsi di coprirsi, con
le braccia lungo i fianchi
" Avanti, colpiscimi, idiota. Prova a dare il meglio di te stesso e forse i
senatori ti salveranno anche stavolta" Parlava a voce bassa, quasi sussurrata
" E' già tutto stabilito. Hanno voluto che combattessi di nuovo contro di lei
per togliermi di mezzo. Non so il motivo ma il colonnello mi vuole morto"
" Combatti, cretino. Decideranno i senatori. Nemmeno Cartright può
manovrarli"
" Questo è quello che pensa lei ma ho parlato col colonnello e lui mi ha già
scavato la fossa"
" Sono sicura che non è così. Avanti, mostrati ardito e coraggioso e forse
ce la farai. Sei un buon combattente e puoi fare un'ottima figura" Non sapeva
niente nemmeno lei e stava cercando di aiutarmi. Forse era vero. Forse potevo
sperare. Feci un passo indietro e le sferrai un calcio con tutta la mia forza
che Sonja nemmeno si prese la briga di parare e che andò a cozzare con i suoi
addominali. Fece un passo indietro e si piegò in due, tra il mio stupore. La
guardai con gli occhi sbarrati
" Veramente ha accusato il colpo?"
" No, idiota, l'ho appena percepito ma continua"
" Perché mi sta aiutando?"
" Perché... Perché non è giusto che tu debba morire in questo modo. E'
vero, Cartright ha cambiato le regole del gioco ed io ..."
" E lei?"
" Basta parlare. Cerca di colpirmi di nuovo. Li senti i fischi? Se continuiamo
così i senatori non ti risparmieranno" Era vero. I fischi degli spettatori si
stavano facendo sempre più intensi per la nostra mancanza di combattività.
Decisi di provarci. Tanto ormai cosa cambiava? Mi misi in guardia, avanzai e
scambiammo qualche pugno che ambedue parammo poi indietreggiai per prendere un
po' di slancio e cercai un calcio volante per coglierla sul fianco e ci
riuscii. Attaccai di nuovo e presi Sonja per ben due volte all'altezza dello
stomaco. Mio Dio, aveva addominali di ferro ma lei finse di risentire i colpi.
I fischi erano ormai sempre piu' intensi. Era assurdo per i senatori vedere
Sonja in difficoltà e i fischi erano forse per lei. I suoi colpi riuscivo ad
assorbirli abbastanza bene ed era evidente che non erano portati con il
massimo della sua straordinaria velocità ed efficacia. Cominciavo però ad
essere stanco. Non ero allenato e il dispendio di energie fisiche e nervose
era enorme e Sonja cominciò ad essere piu' incisiva. Prima un calcio alla
testa che comunque riuscii a parare in parte ma poi un altro al fianco che mi
mozzò il respiro. Il combattimento era segnato. Un altro pugno in faccia mi
mandò steso a terra
" Avanti, alzati, ti ho colpito con relativa forza" Relativa forza? Mi era
sembrato di essere stato colpito con una lastra d'acciaio ma era vero. Aveva
usato accortezza nel colpirmi e mi rialzai, anche se a fatica. Mi lanciai
verso di lei. Provai tutto il mio repertorio. Calci, pugni e anche il corpo a
corpo. Alcuni colpi andarono a bersaglio e poteva sembrare un vero
combattimento. I fischi si stavano tramutando in applausi e mi sembrava di
percepire anche qualche incoraggiamento. Ma anche alcuni colpi di Sonja,
seppur dati col freno a mano tirato, li avevo ricevuti anch'io e quelli erano
colpi che facevano male. Ma provai ancora e dall’esterno poteva sembrare un combattimento equilibrato. Ma sapevo che a lei sarebbero bastati una manciata di secondi per neutralizzarmi. Andammo avanti per diversi minuti. Se i senatori davvero premiavano chi combatteva con coraggio, mi avrebbero dovuto premiare. Ma ormai io avevo dato tutto quello che avevo. Le braccia mi facevano male nel tentativo di parare i colpi di Sonja e riuscivo a fatica a tenerle su. La mia guardia era ormai abbassata, troppo abbassata per poter fronteggiare una come Sonja. Un calcio al volto mi annebbiò la vista. Mi rialzai di nuovo ma ormai vedevo doppio. Un montante prima e un diretto poi misero fine al combattimento. Non avevo più la forza di rialzarmi per l'ennesima volta. Lei era troppo forte per me anche usando una minima parte della sua forza. Sonja era di un altro pianeta. Era maestosità, era bellezza, era femminilità, era forza, era dominanza, era tutto e tutto allo stato puro. Venne vicino a me mettendomi un piede sulla testa, in segno di vittoria e guardò verso di me
" Ce la fai a rialzarti?"
" No signora" sospirai con le residue forze "Non ce la faccio più"
" Rimani per terra. Ti daro' un calcio e dovrai fingerti svenuto. In tal modo
ti eviterò l'umiliazione che riservo agli sconfitti. Vedrai che i senatori ti
premieranno. Hai combattuto benissimo" Si allontano di circa un metro e poi
fece partire il calcio. Chiusi gli occhi ma non svenni. Sonja aveva mantenuto
la promessa ed evidentemente un'altra sua dote era quella di saper dosare la
sua forza alla perfezione. Rimasi con gli occhi chiusi, con il cuore che mi
batteva fortemente nel petto. Ancora una volta degli estranei stavano
decidendo della mia vita. Avevo combattuto, ci avevo provato e avrebbero
dovuto premiarmi per il mio coraggio. Sentivo il tacco della straordinaria
combattente sul mio petto e aprii per un attimo gli occhi per vederla nella
classica posa vittoriosa e poi spostai per un attimo lo sguardo sui tabelloni.
I numeri continuavano a girare. Lentamente quelli inerenti alla mia salvezza e
vorticosamente quelli che mi volevano morto. Capii subito che era finita. I
numeratori si fermarono e la stragrande maggioranza aveva votato per la mia
morte. Come pensavo, il colonnello Cartright aveva previsto tutto quanto. Vidi
Sonja sollevarmi per un braccio
" Mi dispiace ma devo ammazzarti" Non le risposi. Cosa avrei potuto dirle? Ma
intanto le lacrime iniziarono a scendere senza ritegno dal mio volto. Era
paura? La legittima paura di un uomo che sta per morire? Guardai in volto
Sonja, quel bellissimo volto che sembrava quello di una donna della mia età e
che invece apparteneva a una cinquantenne straordinariamente sexy. Con la
mano sinistra che mi teneva ancora sollevato, chiuse l'altra a forma di pugno.
Eravamo arrivati ormai al capolinea. Quel pugno mi avrebbe massacrato il
volto. Lo attendevo con rassegnazione ma Sonja esitava. Per qualche misterioso
motivo non riusciva ad essere sadica come il suo solito
" Uccidimi subito, non farmi soffrire ulteriormente" la implorai
" Smettila di frignare come un bambino. Dimostrati un uomo e muori come tale"
La guardai e accennai un sorriso
" Non sto piangendo perché sto per morire. Sto piangendo perché sei tu ad
uccidermi. Sei tu, la donna che amo" Finalmente glie l'avevo detto. Si,
l'amavo. Era un'assassina psicopatica eppure l'amavo come mai avevo amato
un'altra donna. Amavo tutto di lei. Amavo la sua bellezza, quel viso ancora
giovane e troppo truccato che però nascondeva dei lineamenti perfetti, quel
corpo stratosferico che non aveva difetti, forte, marmoreo eppure cos'
femminile con quelle curve al punto giusto, quei seni che lei mostrava senza
vergogna alcuna, talmente belli e duri che per me erano la perfezione
assoluta. Ma stranamente amavo in lei anche quelli che apparentemente
sarebbero dovuti essere dei difetti. La padronanza che aveva, la sua voce
troppo dura, il suo essere autoritaria in tutto ciò che faceva. Si sentiva
padrona e padrona era. Lo era per il suo carattere e per la sua forza. Era
un'assassina, è vero, ma lo era diventata per colpa di quel maledetto
colonnello che aveva destabilizzato il suo carattere con quelle schifezze che
le aveva iniettato, altrimenti sarebbe stata semplicemente un'eroina, una vera
americana ligia al suo dovere, come lo ero stato io, del resto. E l'amavo per
come faceva l'amore con me, mettendosi sopra di me e dominandomi,
possedendomi. Oh mio Dio, l'amavo per come mi faceva sentire insignificante e
per come invece parlava con me quando si toglieva la maschera di durezza, la
sua corazza. L'amavo e lei mi stava per uccidere. Quel pugno che stava per
sferrare mi avrebbe ucciso o comunque, mi avrebbe ridotto all'impotenza totale
e l'osservavo. Osservavo le sue braccia così forti e toniche e avrei voluto
che mi abbracciasse. Oh si, mi sarebbe piaciuto molto se lei lo avesse fatto
ma la realtà era un'altra. Lei era abituata ad avere tutto e tutti, mi
considerava solo uno schiavo al suo servizio, uno che avrebbe rimpiazzato con
un altro lottatore e null'altro. E invece io mi immaginavo come sarebbe potuta
essere meravigliosa la mia vita accanto a lei. Oh si, l'avrei dovuta adorare,
mi sarei dovuto sottomettere completamente ai suoi voleri ma mi accorgevo che
la cosa non mi sarebbe dispiaciuta affatto. Ma purtroppo il destino mi aveva riservato una fine diversa. Chiusi gli occhi aspettando quel pugno che mi avrebbe cancellato dalla faccia della terra.
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