La gladiatrice Episodio 23
di
Davide Sebastiani
genere
dominazione
L'indomani mi svegliai accanto a Sonja. Era una strana sensazione. Strana e
meravigliosa. Come meravigliosa era stata quasi tutta la notte a fare l'amore.
Oh, non era stato sesso normale. Sonja non era una donna normale e non lo
sarebbe stata mai, malgrado i suoi sentimenti verso di me. Amava il sesso
violento, amava possedere il suo uomo e non fece eccezione con me. L'unica
differenza stava nel fatto che io adoravo essere suo, amavo percepire il suo
carisma e il suo assoluto dominio nei miei confronti. Aveva infatti usato
nuovamente lo strap-on nei miei confronti e io l'avevo accettato come logica
conseguenza di questa strana relazione, domandandomi semmai come fosse
possibile che io trovassi piacere con una pratica simile, lontana mille miglia
dalle idee che avevo sempre avuto in fatto di sesso. Avevo sempre avuto questo
insano desiderio oppure era soltanto Sonja, con la sua forza, con la sua
autorità e con il suo potere assoluto a farmi desiderare allo spasimo certe
situazioni? Impossibile poter rispondere. Quel che era certo che avevo amato
ogni istante trascorso con lei, sia nei momenti in cui Sonja era stata
dominante e sia quando lei era stata un'amante dolce e tenera e il desiderio
di trascorrere altri momenti simili era intensissimo già dal mattino
seguente. Ma c'erano altre incombenze urgenti da risolvere. Insieme a Sonja e
ad Alejandro decidemmo di alternarci dinanzi ai monitor durante le notti
susseguenti. Era improbabile che il colonnello, semmai avesse deciso di
attaccare, lo avesse fatto durante il giorno e il rischio c'era semmai in
piena notte. Era evidente che non avremmo potuto continuare tutta la vita con
quella spada di Damocle sulla testa e decidemmo che avremmo proseguito in quel modo per un paio di settimane dopodiché avremmo deciso il da farsi. Le possibilità erano diverse e con i soldi che Sonja aveva guadagnato in quegli anni non sarebbe stato complicato espatriare e rifarsi un'altra vita in una nazione che non avesse l'estradizione con gli Stati Uniti. Ma, in attesa di organizzare tutto alla perfezione, sarebbe stato meglio evitare rischi. Se il colonnello, come mi aveva assicurato Sonja, non era al corrente delle telecamere di sorveglianza, non avrebbe atteso a lungo. Quanto a me, Sonja decise che per il momento avrei continuato a soggiornare nella villa e solo in seguito avrebbe
deciso quale fosse la cosa migliore da fare. Le dissi che le indagini su un
poliziotto scomparso nel nulla sarebbero potute essere pericolose per lei
perché l'intensità di quelle indagini sarebbe stata sicuramente ben
superiore a quella di una normale scomparsa, ma dovetti convenire con lei che
in quel momento era da escludere un mio ritorno, seppur momentaneo, alla vita
normale.
La vita normale, se normale si poteva chiamare, ricominciò invece all'interno della villa di Sonja anche se, ovviamente, il mio rapporto con coloro che erano stati i miei compagni di prigionia era drasticamente cambiato. Avevo detto loro del pericolo che correvano nel caso avessero accettato di tradire Sonja a favore del colonnello perché quest'ultimo li avrebbe uccisi in quanto erano testimoni delle sue nefandezze e avevo cercato di far capire loro che l'unica possibilià di restare in vita era quella di rimanere fedeli alla loro padrona, lottando a fianco a lei in caso di attacco e che in caso di un nostro espatrio loro sarebbero tornati liberi ma, malgrado stessi agendo anche per i loro interessi, agli occhi della maggior parte di loro ero visto ormai come un traditore e venivo trattato con indifferenza anche se con un certo timore. D'altronde, il terrore che nutrivano nei confronti della loro padrona si era riversato in parte anche su di me e i loro comportamenti nei miei confronti erano diventati molto timidi e sottomessi, seppur apparentemente normali. Ma se per tutti gli altri prigionieri niente era cambiato, per me la vita era diventata ben diversa. Trascorrevo parte della notte di guardia dinanzi le telecamere e dormivo durante il giorno, svegliandomi in tempo per assistere ai rituali allenamenti di Sonja e per ammirarne la straordinaria potenza. Ma Sonja trovava anche il tempo da dedicare al nostro strano rapporto ed era tempo dedicato soprattutto al sesso. Erano senz'altro i miei migliori momenti e non solo per il sesso fine a sé stesso che pure era anomalo e straordinario, ma perché amavo starle a fianco e toccare quel corpo bellissimo. Dal momento in cui le avevo dichiarato il mio amore, lei non aveva avuto altri uomini e questo mi lasciava ben sperare sui sentimenti che nutriva nei miei confronti. Ma sarebbe stato riduttivo per me vederla solo come una bellissima macchina del sesso in quanto mi piaceva anche parlare con lei. Era dotata di un'intelligenza acutissima anche se i nostri discorsi vertevano soprattutto sulla situazione inerente al colonnello e sulla mancanza di sue notizie, cosa piuttosto strana in quanto lui aveva l'abitudine di venirla a trovare almeno due volte a settimana. Ma ormai erano trascorsi quattro giorni. Quella notte toccava a me fare il primo turno di guardia e lo feci come al solito da mezzanotte alle quattro di
mattina, momento in cui Alejandro mi diede il cambio. Tornai nella camera di
Sonja e mi sdraiai accanto a lei, bellissima come al solito e quasi
interamente nuda a parte un minuscolo perizoma, cercando di non fare rumore.
Avevo timore di svegliarla. Anzi, avevo timore di lei in assoluto ma quel
timore era adrenalinico, mi sconvolgeva e mi portava ad amarla ancora
maggiormente di quanto già la amassi. Non riuscivo a capire il motivo di
questo mio comportamento ma sapevo che avrei dato la vita per lei. La osservai
per qualche istante, quasi a fissarmi nella mente le straordinarie forme che
tanto mi eccitavano, resistendo alla persistente voglia di accarezzarla e
quindi mi lasciai vincere dal sonno. Ma durò poco. Sentii l'altoparlante
installato appositamente da Alejandro gracchiare e poi la sua inconfondibile
voce con accento texano
" Allarme, mia padrona. Ci attaccano" Io e Sonja ci guardammo negli occhi per
un solo secondo. Sapevamo come agire. Un minuto appena per vestirci, jeans
maglietta e stivali per me e divisa militare con stivali senza tacco per Sonja
e poi corremmo a perdifiato verso la stanza delle telecamere dove trovammo
Alejandro e un altro degli schiavi di Sonja
" Alejandro, tu con me" disse al suo uomo di fiducia e poi si rivolse
all'altro uomo "E tu sveglia tutti gli altri schiavi. Chi non combatte a
fianco a me lo ucciderò con le mie mani" Sapeva perfettamente come dare
ordini anche in questi casi drammatici. Io intanto diedi uno sguardo alle
telecamere. Come m'immaginavo, gli uomini di Cartright avevano scavalcato il
muro che cingeva la villa e, dopo aver evitato la corrente elettrica, erano
entrati nel giardino. Erano armati di tutto punto e si muovevano agili e
silenziosi. Ne contai una ventina più il famigerato colonnello dietro di
loro. Guardai Sonja ed Alejandro. Come fermare quell'attacco? Non sembrava che
potessimo avere molte possibilità contro quel gruppo bene addestrato ma avevo
il dovere di dare una mano. Se ci trovavamo in quella situazione, la colpa era
mia e potevo fare qualcosa. Avevo fatto la guerra, non ero un pivellino e
sapevo muovermi. Presi Sonja per un braccio
" Dimmi cosa devo fare" Sonja si divincolò e poi mi guardò freddamente
" Tu rimani qui davanti alle telecamere e ci darai le indicazioni su dove si trovano i nostri nemici. Io e Alejandro avremo gli auricolari e tu ci aiuterai a scovarli. Sarai i nostri occhi"
" Ma io voglio dare una mano sul campo" obiettai ma per tutta risposta Sonja
mi afferrò per il mento
" Sono io che do gli ordini. Tu rimani qui e se vedi che io e Alejandro non
dovessimo farcela scapperai dal retro" Con l'altra mano si strappò la
catenina dal collo e mi diede la chiave "Questa serve per togliere
l'elettrificazione. Fai quello che ti dico altrimenti quando sarà finita
questa faccenda te ne farò pentire" Non ebbi il tempo di replicare anche
perché non sarebbe servito a niente. Come aveva appena detto, era lei che
dava gli ordini e io dovevo solo obbedire e mi misi pertanto la chiave in
tasca. In pochi secondi Sonja ed Alejandro erano già nel corridoio. Guardai i
monitor. I soldati erano già entrati al piano terra della villa mentre i miei
ex compagni che dormivano al primo piano erano ormai già svegli. Li guardai
incuriosito. Erano indecisi sul da farsi. Dai loro movimenti si capiva come
qualcuno di loro volesse schierarsi a favore di Sonja, ben sapendo cosa
sarebbe potuto accadere nel caso noi fossimo riusciti a respingere l'attacco,
mentre altri, malgrado le raccomandazioni che avevo fatto loro nei giorni
scorsi, volevano schierarsi a favore del colonnello sperando così nella
salvezza. Tra i fedeli di Sonja riconobbi Joe, Liam, Jeff e Brian ma tutti gli
altri corsero verso coloro che reputavano i loro salvatori.
Stava per iniziare la guerra.
Per commenti, scrivete a
davidmuscolo@tiscali.it
meravigliosa. Come meravigliosa era stata quasi tutta la notte a fare l'amore.
Oh, non era stato sesso normale. Sonja non era una donna normale e non lo
sarebbe stata mai, malgrado i suoi sentimenti verso di me. Amava il sesso
violento, amava possedere il suo uomo e non fece eccezione con me. L'unica
differenza stava nel fatto che io adoravo essere suo, amavo percepire il suo
carisma e il suo assoluto dominio nei miei confronti. Aveva infatti usato
nuovamente lo strap-on nei miei confronti e io l'avevo accettato come logica
conseguenza di questa strana relazione, domandandomi semmai come fosse
possibile che io trovassi piacere con una pratica simile, lontana mille miglia
dalle idee che avevo sempre avuto in fatto di sesso. Avevo sempre avuto questo
insano desiderio oppure era soltanto Sonja, con la sua forza, con la sua
autorità e con il suo potere assoluto a farmi desiderare allo spasimo certe
situazioni? Impossibile poter rispondere. Quel che era certo che avevo amato
ogni istante trascorso con lei, sia nei momenti in cui Sonja era stata
dominante e sia quando lei era stata un'amante dolce e tenera e il desiderio
di trascorrere altri momenti simili era intensissimo già dal mattino
seguente. Ma c'erano altre incombenze urgenti da risolvere. Insieme a Sonja e
ad Alejandro decidemmo di alternarci dinanzi ai monitor durante le notti
susseguenti. Era improbabile che il colonnello, semmai avesse deciso di
attaccare, lo avesse fatto durante il giorno e il rischio c'era semmai in
piena notte. Era evidente che non avremmo potuto continuare tutta la vita con
quella spada di Damocle sulla testa e decidemmo che avremmo proseguito in quel modo per un paio di settimane dopodiché avremmo deciso il da farsi. Le possibilità erano diverse e con i soldi che Sonja aveva guadagnato in quegli anni non sarebbe stato complicato espatriare e rifarsi un'altra vita in una nazione che non avesse l'estradizione con gli Stati Uniti. Ma, in attesa di organizzare tutto alla perfezione, sarebbe stato meglio evitare rischi. Se il colonnello, come mi aveva assicurato Sonja, non era al corrente delle telecamere di sorveglianza, non avrebbe atteso a lungo. Quanto a me, Sonja decise che per il momento avrei continuato a soggiornare nella villa e solo in seguito avrebbe
deciso quale fosse la cosa migliore da fare. Le dissi che le indagini su un
poliziotto scomparso nel nulla sarebbero potute essere pericolose per lei
perché l'intensità di quelle indagini sarebbe stata sicuramente ben
superiore a quella di una normale scomparsa, ma dovetti convenire con lei che
in quel momento era da escludere un mio ritorno, seppur momentaneo, alla vita
normale.
La vita normale, se normale si poteva chiamare, ricominciò invece all'interno della villa di Sonja anche se, ovviamente, il mio rapporto con coloro che erano stati i miei compagni di prigionia era drasticamente cambiato. Avevo detto loro del pericolo che correvano nel caso avessero accettato di tradire Sonja a favore del colonnello perché quest'ultimo li avrebbe uccisi in quanto erano testimoni delle sue nefandezze e avevo cercato di far capire loro che l'unica possibilià di restare in vita era quella di rimanere fedeli alla loro padrona, lottando a fianco a lei in caso di attacco e che in caso di un nostro espatrio loro sarebbero tornati liberi ma, malgrado stessi agendo anche per i loro interessi, agli occhi della maggior parte di loro ero visto ormai come un traditore e venivo trattato con indifferenza anche se con un certo timore. D'altronde, il terrore che nutrivano nei confronti della loro padrona si era riversato in parte anche su di me e i loro comportamenti nei miei confronti erano diventati molto timidi e sottomessi, seppur apparentemente normali. Ma se per tutti gli altri prigionieri niente era cambiato, per me la vita era diventata ben diversa. Trascorrevo parte della notte di guardia dinanzi le telecamere e dormivo durante il giorno, svegliandomi in tempo per assistere ai rituali allenamenti di Sonja e per ammirarne la straordinaria potenza. Ma Sonja trovava anche il tempo da dedicare al nostro strano rapporto ed era tempo dedicato soprattutto al sesso. Erano senz'altro i miei migliori momenti e non solo per il sesso fine a sé stesso che pure era anomalo e straordinario, ma perché amavo starle a fianco e toccare quel corpo bellissimo. Dal momento in cui le avevo dichiarato il mio amore, lei non aveva avuto altri uomini e questo mi lasciava ben sperare sui sentimenti che nutriva nei miei confronti. Ma sarebbe stato riduttivo per me vederla solo come una bellissima macchina del sesso in quanto mi piaceva anche parlare con lei. Era dotata di un'intelligenza acutissima anche se i nostri discorsi vertevano soprattutto sulla situazione inerente al colonnello e sulla mancanza di sue notizie, cosa piuttosto strana in quanto lui aveva l'abitudine di venirla a trovare almeno due volte a settimana. Ma ormai erano trascorsi quattro giorni. Quella notte toccava a me fare il primo turno di guardia e lo feci come al solito da mezzanotte alle quattro di
mattina, momento in cui Alejandro mi diede il cambio. Tornai nella camera di
Sonja e mi sdraiai accanto a lei, bellissima come al solito e quasi
interamente nuda a parte un minuscolo perizoma, cercando di non fare rumore.
Avevo timore di svegliarla. Anzi, avevo timore di lei in assoluto ma quel
timore era adrenalinico, mi sconvolgeva e mi portava ad amarla ancora
maggiormente di quanto già la amassi. Non riuscivo a capire il motivo di
questo mio comportamento ma sapevo che avrei dato la vita per lei. La osservai
per qualche istante, quasi a fissarmi nella mente le straordinarie forme che
tanto mi eccitavano, resistendo alla persistente voglia di accarezzarla e
quindi mi lasciai vincere dal sonno. Ma durò poco. Sentii l'altoparlante
installato appositamente da Alejandro gracchiare e poi la sua inconfondibile
voce con accento texano
" Allarme, mia padrona. Ci attaccano" Io e Sonja ci guardammo negli occhi per
un solo secondo. Sapevamo come agire. Un minuto appena per vestirci, jeans
maglietta e stivali per me e divisa militare con stivali senza tacco per Sonja
e poi corremmo a perdifiato verso la stanza delle telecamere dove trovammo
Alejandro e un altro degli schiavi di Sonja
" Alejandro, tu con me" disse al suo uomo di fiducia e poi si rivolse
all'altro uomo "E tu sveglia tutti gli altri schiavi. Chi non combatte a
fianco a me lo ucciderò con le mie mani" Sapeva perfettamente come dare
ordini anche in questi casi drammatici. Io intanto diedi uno sguardo alle
telecamere. Come m'immaginavo, gli uomini di Cartright avevano scavalcato il
muro che cingeva la villa e, dopo aver evitato la corrente elettrica, erano
entrati nel giardino. Erano armati di tutto punto e si muovevano agili e
silenziosi. Ne contai una ventina più il famigerato colonnello dietro di
loro. Guardai Sonja ed Alejandro. Come fermare quell'attacco? Non sembrava che
potessimo avere molte possibilità contro quel gruppo bene addestrato ma avevo
il dovere di dare una mano. Se ci trovavamo in quella situazione, la colpa era
mia e potevo fare qualcosa. Avevo fatto la guerra, non ero un pivellino e
sapevo muovermi. Presi Sonja per un braccio
" Dimmi cosa devo fare" Sonja si divincolò e poi mi guardò freddamente
" Tu rimani qui davanti alle telecamere e ci darai le indicazioni su dove si trovano i nostri nemici. Io e Alejandro avremo gli auricolari e tu ci aiuterai a scovarli. Sarai i nostri occhi"
" Ma io voglio dare una mano sul campo" obiettai ma per tutta risposta Sonja
mi afferrò per il mento
" Sono io che do gli ordini. Tu rimani qui e se vedi che io e Alejandro non
dovessimo farcela scapperai dal retro" Con l'altra mano si strappò la
catenina dal collo e mi diede la chiave "Questa serve per togliere
l'elettrificazione. Fai quello che ti dico altrimenti quando sarà finita
questa faccenda te ne farò pentire" Non ebbi il tempo di replicare anche
perché non sarebbe servito a niente. Come aveva appena detto, era lei che
dava gli ordini e io dovevo solo obbedire e mi misi pertanto la chiave in
tasca. In pochi secondi Sonja ed Alejandro erano già nel corridoio. Guardai i
monitor. I soldati erano già entrati al piano terra della villa mentre i miei
ex compagni che dormivano al primo piano erano ormai già svegli. Li guardai
incuriosito. Erano indecisi sul da farsi. Dai loro movimenti si capiva come
qualcuno di loro volesse schierarsi a favore di Sonja, ben sapendo cosa
sarebbe potuto accadere nel caso noi fossimo riusciti a respingere l'attacco,
mentre altri, malgrado le raccomandazioni che avevo fatto loro nei giorni
scorsi, volevano schierarsi a favore del colonnello sperando così nella
salvezza. Tra i fedeli di Sonja riconobbi Joe, Liam, Jeff e Brian ma tutti gli
altri corsero verso coloro che reputavano i loro salvatori.
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