La Contessa schiava (parte 5)
di
Kugher
genere
sadomaso
“Pulisci casa”.
Annette conosceva un tipo di serva, ed era la serva che faceva i lavori per i Padroni.
Ora, per uno strano accadimento, erano loro i Padroni e la Contessa si trovava in una condizione di schiavitù. Niente di più naturale che ipotizzare e realizzare quell’uso.
I vestiti per la schiava erano ormai cosa inutile.
Eloise prese gli strumenti necessari, ossia un secchio in legno molto usato e una ramazza. François aveva altre idee.
“A quattro zampe”.
Le diede una spinta che la fece cadere a terra. L’uomo le si avvicinò e le pose un piede sopra, schiacciandola, provando emozioni che non sapeva potessero esistere avendole vissute sempre col timore di finire lui sotto i piedi dei Padroni.
“Manca qualcosa”.
Tornò poco dopo con un grosso collare di ferro, di quelli che si usano per gli animali. Lo fissò al collo della Contessa e attaccò una catena, anch’essa abbastanza grossa, molto usata, pesante.
Eloise stava vivendo ciò che aveva desiderato. Emozioni forti, fortissime, finalmente della portata che aveva nelle sue fantasie.
Non era la prima volta che faceva questi patti con dei servitori. Il precedente esperimento non le aveva dato tutto quello che le serviva per sentirsi invase dalle emozioni.
Gli altri erano timorosi del suo rango. Questi servi no, questi erano forti, duri, impietosi.
Forse volevano anche utilizzare quella situazione per una sorta di rivalsa, di vendetta. A lei andava bene. Maggiore era il rancore che avevano dentro, maggiore sarebbe stata la forza con la quale l’avrebbero schiavizzata.
Le ginocchia facevano male, il pavimento era ruvido. Si era calata nel suo nuovo ruolo, unico modo per assaporare tutte le sensazioni.
Aveva i nervi tesissimi e controllava tutto, ogni movimento dei Padroni.
Vide la Padrona alzarsi dalla comoda posizione nella quale stava assistendo allo spettacolo di quella bella nobildonna a 4 zampe intenta a pulire il suo pavimento.
Annette prese il frustino e, con piglio deciso, si diresse verso la schiava alla quale diede tre frustate sulle natiche. Erano colpi forti, rudi, impietosi che trasmisero una scarica elettrica al cervello della donna a terra la quale, istintivamente, pensò di scappare dal dolore andando avanti, fino a stendersi quasi a terra.
“Rimettiti in posizione e continua”.
Annette raccolse la catena che strisciava per terra mentre la schiava lavorava e la tenne nella mano non impegnata dal frustino.
“Pulisci”.
Non era mai soddisfatta e la situazione di incertezza dava alla schiava altre emozioni, disorientandola. Annette non era mai contenta, la faceva tornare indietro e pulire dove secondo lei non era stato fatto a sufficienza. Non mancava mai, ad ogni ordine, il colpo di frustino ed una tirata alla catena attaccata al collare.
A volte la padrona sporcava appositamente dove la schiava era già passata, invitandola, a colpi di frustino, a tornare indietro.
Pesava quel collare, pesava molto più del peso specifico del ferro con il quale era stato costruito.
“Non così, ripulisci”.
Era estenuante, non finiva mai. Le ginocchia facevano male, le braccia facevano male, la schiena faceva male, la testa pulsava a mille.
La Padrona si alzò il vestito da contadina in modo da lasciare libere le gambe e si sedette cavalcioni sulla schiava.
Eloise non seppe cosa fare, cosa pensare. Non pensò nulla ma provò tanto. Una situazione mai vissuta e che le scatenava l’adrenalina. Era in preda a emozioni contrastanti, quelle della voglia di far valere la sua posizione lottavano, perdendo, con il desiderio di sottomissione verso quelle persone grezze, crudeli.
“Sei una incapace”.
Stando seduta sulla schiena la picchiò con le mani sulle natiche, già provate dal frustino.
Ad Eloise sembrava che la schiena le si stesse spezzando. La Padrona non faceva nulla per alleggerire il peso che gravava su schiena e braccia. Anzi, tirava la catena al collo e continuava a schiaffeggiare, sempre nello stesso punto. Probabilmente la forza era la stessa per ogni colpo ma la natica era sicuramente più sensibile ed ogni schiaffo le dava un dolore che portava scariche alla testa.
Eloise era a quattro zampe, nuda, con una contadina seduta sulla schiena che le teneva tirata la catena al collo e le procurava costante dolore.
Il cervello cominciò a pensare di far smettere il dolore dal quale riceveva adrenalina e consolidamento della sua situazione, quella che aveva voluto e che le dava un piacere nuovo.
Cominciò a provare il solo pensiero di obbedire per soddisfare la Padrona, il Padrone, fare ciò che volevano e al meglio.
“Scusate, Padrona”.
Il pensiero di eseguire bene, di servire, di obbedire le diede il piacere della sottomissione.
La Padrona si alzò ed Eloise istintivamente si gettò ai suoi piedi iniziando a baciarli.
Vide con quasi rammarico che il piede le veniva sottratto ma forte fu la sensazione quando il piede adorato fino a poco prima venne posato sulla sua testa, schiacciata a terra, con la fronte a contatto del pavimento ruvido.
Sentì la Padrona muoversi, prendere qualcosa e, per fare ciò, utilizzò il piede sulla testa per avere equilibrio schiacciandolo ulteriormente.
Rovesciò nuovamente qualcosa a terra, sporcando dove la Contessa aveva appena pulito.
“Ricomincia”.
Eloise ebbe il solo pensiero di eseguire bene l’ordine.
Annette conosceva un tipo di serva, ed era la serva che faceva i lavori per i Padroni.
Ora, per uno strano accadimento, erano loro i Padroni e la Contessa si trovava in una condizione di schiavitù. Niente di più naturale che ipotizzare e realizzare quell’uso.
I vestiti per la schiava erano ormai cosa inutile.
Eloise prese gli strumenti necessari, ossia un secchio in legno molto usato e una ramazza. François aveva altre idee.
“A quattro zampe”.
Le diede una spinta che la fece cadere a terra. L’uomo le si avvicinò e le pose un piede sopra, schiacciandola, provando emozioni che non sapeva potessero esistere avendole vissute sempre col timore di finire lui sotto i piedi dei Padroni.
“Manca qualcosa”.
Tornò poco dopo con un grosso collare di ferro, di quelli che si usano per gli animali. Lo fissò al collo della Contessa e attaccò una catena, anch’essa abbastanza grossa, molto usata, pesante.
Eloise stava vivendo ciò che aveva desiderato. Emozioni forti, fortissime, finalmente della portata che aveva nelle sue fantasie.
Non era la prima volta che faceva questi patti con dei servitori. Il precedente esperimento non le aveva dato tutto quello che le serviva per sentirsi invase dalle emozioni.
Gli altri erano timorosi del suo rango. Questi servi no, questi erano forti, duri, impietosi.
Forse volevano anche utilizzare quella situazione per una sorta di rivalsa, di vendetta. A lei andava bene. Maggiore era il rancore che avevano dentro, maggiore sarebbe stata la forza con la quale l’avrebbero schiavizzata.
Le ginocchia facevano male, il pavimento era ruvido. Si era calata nel suo nuovo ruolo, unico modo per assaporare tutte le sensazioni.
Aveva i nervi tesissimi e controllava tutto, ogni movimento dei Padroni.
Vide la Padrona alzarsi dalla comoda posizione nella quale stava assistendo allo spettacolo di quella bella nobildonna a 4 zampe intenta a pulire il suo pavimento.
Annette prese il frustino e, con piglio deciso, si diresse verso la schiava alla quale diede tre frustate sulle natiche. Erano colpi forti, rudi, impietosi che trasmisero una scarica elettrica al cervello della donna a terra la quale, istintivamente, pensò di scappare dal dolore andando avanti, fino a stendersi quasi a terra.
“Rimettiti in posizione e continua”.
Annette raccolse la catena che strisciava per terra mentre la schiava lavorava e la tenne nella mano non impegnata dal frustino.
“Pulisci”.
Non era mai soddisfatta e la situazione di incertezza dava alla schiava altre emozioni, disorientandola. Annette non era mai contenta, la faceva tornare indietro e pulire dove secondo lei non era stato fatto a sufficienza. Non mancava mai, ad ogni ordine, il colpo di frustino ed una tirata alla catena attaccata al collare.
A volte la padrona sporcava appositamente dove la schiava era già passata, invitandola, a colpi di frustino, a tornare indietro.
Pesava quel collare, pesava molto più del peso specifico del ferro con il quale era stato costruito.
“Non così, ripulisci”.
Era estenuante, non finiva mai. Le ginocchia facevano male, le braccia facevano male, la schiena faceva male, la testa pulsava a mille.
La Padrona si alzò il vestito da contadina in modo da lasciare libere le gambe e si sedette cavalcioni sulla schiava.
Eloise non seppe cosa fare, cosa pensare. Non pensò nulla ma provò tanto. Una situazione mai vissuta e che le scatenava l’adrenalina. Era in preda a emozioni contrastanti, quelle della voglia di far valere la sua posizione lottavano, perdendo, con il desiderio di sottomissione verso quelle persone grezze, crudeli.
“Sei una incapace”.
Stando seduta sulla schiena la picchiò con le mani sulle natiche, già provate dal frustino.
Ad Eloise sembrava che la schiena le si stesse spezzando. La Padrona non faceva nulla per alleggerire il peso che gravava su schiena e braccia. Anzi, tirava la catena al collo e continuava a schiaffeggiare, sempre nello stesso punto. Probabilmente la forza era la stessa per ogni colpo ma la natica era sicuramente più sensibile ed ogni schiaffo le dava un dolore che portava scariche alla testa.
Eloise era a quattro zampe, nuda, con una contadina seduta sulla schiena che le teneva tirata la catena al collo e le procurava costante dolore.
Il cervello cominciò a pensare di far smettere il dolore dal quale riceveva adrenalina e consolidamento della sua situazione, quella che aveva voluto e che le dava un piacere nuovo.
Cominciò a provare il solo pensiero di obbedire per soddisfare la Padrona, il Padrone, fare ciò che volevano e al meglio.
“Scusate, Padrona”.
Il pensiero di eseguire bene, di servire, di obbedire le diede il piacere della sottomissione.
La Padrona si alzò ed Eloise istintivamente si gettò ai suoi piedi iniziando a baciarli.
Vide con quasi rammarico che il piede le veniva sottratto ma forte fu la sensazione quando il piede adorato fino a poco prima venne posato sulla sua testa, schiacciata a terra, con la fronte a contatto del pavimento ruvido.
Sentì la Padrona muoversi, prendere qualcosa e, per fare ciò, utilizzò il piede sulla testa per avere equilibrio schiacciandolo ulteriormente.
Rovesciò nuovamente qualcosa a terra, sporcando dove la Contessa aveva appena pulito.
“Ricomincia”.
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