I racconti di Angelica. - la storia di Charlotte
di
AngelicaBella
genere
confessioni
17. Charlotte
Sono seduta sul bordo di un letto in una casa d’appuntamenti. Sto piangendo.
Al mio fianco un poliziotto, mi tiene le mani, mi tranquillizza e mi invita a raccontare la mia storia.
Frank, questo è il nome del poliziotto è un bell’uomo, dal sorriso gentile e quando mi ha preso le mani ho sentito un brivido di piacere lungo la schiena.
Sento che mi posso fidare e gli racconterò la mia storia.
Sono nata ventisei anni fa in un piccolo villaggio messicano ad oltre cento chilometri da qui.
Mio padre era un contadino che lavorava per il proprietario terriero più importante della zona e mia madre accudiva alla casa, badava all’orto e ai pochi animali da cortile.
Non eravamo ricchi, ma la sera il piatto in tavola non era mai vuoto.
Quando compii sedici anni, mia madre prese accordi con i nostri vicini di casa, affinché sposassi il loro primo figlio maschio di un paio d’anni più grande di me.
Marcelo, questo era il nome del giovane, era un tipo alto e snello e anche bello.
La famiglia lo aveva fatto studiare per andare a lavorare come contabile presso l’azienda agricola del proprietario terriero dove lavoravano sia mio padre che il suo.
Con Marcelo ci conoscevamo da bambini e spesso nei nostri giochi, simulavamo di essere marito e moglie e qualche volta ci eravamo anche toccati.
Diventare sua moglie non mi dispiaceva.
La casa dove viveva con i suoi genitori era molto più grande della nostra e una volta sposati avremmo potuto viverci senza troppa fatica.
I problemi nacquero quando Don Jose, il proprietario terriero, venne a sapere della promessa di matrimonio.
Pur non avendo alcun potere, l’uomo si oppose al nostro matrimonio, minacciando di cacciarci via.
I nostri genitori, abituati ai soprusi dei padroni terrieri, decisero di rompere la promessa di matrimonio.
Marcelo fu mandato da parenti in America, ma il mio destino invece fu deciso da altri.
Don Jose, aveva impedito le mie nozze con Marcelo, perché si era invaghito di me.
Dopo aver saputo della rottura del fidanzamento con Marcelo, mandò a chiamare mia madre, la madre di Marcelo e me.
Ci presentammo nel primo pomeriggio come richiesto da Don Jose.
Ci fece aspettare in anticamera per oltre un’ora.
Don Jose ci fece entrare nella sua stanza da letto.
Indossava una vestaglia che gli arriva al ginocchio.
Nel sedersi su una poltrona la vestaglia si aprì leggermente e non potei fare a meno di notare il suo grosso cazzo a riposo.
Fece accomodare mia madre e la madre di Marcelo ed io restai in piedi dietro di loro.
“Vi ho mandato a chiamare”, esordì l’uomo rivolgendosi a mia madre “perché voglio comperare vostra figlia”.
Potete immaginare lo sgomento della povera donna ed il terrore sul mio viso.
L’uomo compresa la brutalità con cui aveva comunicato la cosa, sorrise e con un tono più accondiscendente precisò che avrebbe voluto farmi diventare una sua concubina.
“mia moglie come sapete, è molto malata ed io non ho figli, e se la ragazza resterà gravida io avrò un erede, se al contrario non mi darà un figlio entro un anno ve la restituirò senza pretendere indietro il prezzo pagato”.
Mia madre avrebbe voluto alzarsi e scappare ma sapeva che, se non avessero acconsentito saremmo stati cacciati via.
La madre di Marcelo, nel frattempo, non capendo il motivo della sua convocazione, chiese a Don Jose, cosa c’entrava lei con questa storia.
L’uomo con un sorriso malefico disse: “tu servirai per dimostrare a queste due donne cosa le aspetta se non accetteranno la mia proposta”.
Da oggi, tu e tuo marito dovrete abbandonare le mie terre portando con voi solo i vostri averi personali”.
La donna impallidì e per la disperazione si buttò in ginocchio davanti all’uomo, pregandolo di non cacciarli via.
La faccia della donna era appoggiata al piede nudo dell’uomo.
Don Jose si alzò dalla poltrona, slacciò la cintura della vestaglia e la tolse restando completamente nudo alla nostra vista.
Il suo uccello era grosso e duro.
Io avevo visto già il cazzo di mio padre ma a confronto con quello di Don Jose pareva quello di un bambino. La madre di Marcelo si aggrappò alle gambe dell’uomo, si sollevò fino ad arrivare con il viso davanti al pube e senza esitare prese in mano il suo uccello ed iniziò a leccarlo.
Don Jose con le mani sui fianchi, guardava la donna impassibile.
La donna grazie alla sua lingua rese ancora più duro il cazzo dell’uomo.
“alzati” disse alla donna sottraendole dalla bocca il suo membro.
Lei eseguì senza indugio.
“girati” ordinò e lei si girò.
Don Jose sollevò il vestito della donna lasciando scoperte le gambe e le natiche.
Strusciò il suo cazzo in mezzo alle cosce della donna.
“sei bagnata, troia” disse sprezzante e subito infilò il suo cazzo dentro di lei.
La donna dalla spinta sobbalzò in avanti e Don Jose la trattenne per i fianchi, spingendosi in avanti per fare penetrare fino in fondo il suo uccello.
La donna urlò. Sembrava più un urlo di piacere che di dolore.
Dopo molti colpi, Don Jose tirò fuori il suo cazzo lucido per gli umori della donna.
Tenendola ferma per i fianchi appoggiò la punta del suo cazzo sul suo foro anale e senza alcuna cura lo spinse dentro sino in fondo.
La donna urlò e stavolta era un urlo di dolore.
Don Jose continuò a spingere dentro il suo cazzo nell’intestino della donna fino a quando le gambe di lei non cedettero e cadde in ginocchio.
Il cazzo ancora duro dell’uomo scivolò fuori.
“adesso tocca a te” disse rivolgendosi a mia madre.
La povera donna all’idea che quella verga entrasse dentro di lei a momenti sveniva.
“se non vieni tu, viene tua figlia”, minacciò l’uomo.
Mia madre si fece coraggio e si avvicinò a Don Jose.
“voltati e piegati in avanti” ordinò secco l’uomo.
Mia madre obbedì senza proferire parola.
Don Jose le sollevò la gonna scoprendo le natiche grosse e bianche e riservò a mia mamma lo stesso trattamento della madre di Marcelo.
Mia madre però, questo lo seppi dopo, era abituata a prendere nel culo cazzi di quella dimensione e quindi non provò dolore, anzi nel momento in cui Don Jose rallentò per la stanchezza fu lei ad imporgli il ritmo e farlo sborrare nel suo culo.
Esausto l’uomo si accasciò sulla poltrona e chiuse gli occhi.
“possiamo andare?” chiese timidamente mia madre.
Don Jose non rispose ma con la mano fece il gesto di andare via.
Mia madre aiutò la mamma di Marcelo e tutte e tre uscimmo da quella casa.
Io ero terrorizzata all’idea di dover essere penetrata da quel grosso cazzo.
Giunte a casa, la mamma mi raccomandò di non dire nulla a papà.
Io piangevo e la abbracciavo forte.
Lei mi strinse a sé, cercando di consolarmi.
“Prima che tu vada a casa sua ti avrò insegnato tutto quello che so e se sarai capace di dargli un figlio, sarai una donna ricca”.
Avevo sedici anni ed ero molto ingenua, ma mi fidavo di mamma. Lei sapeva cosa fare.
Per prima cosa mi disse di andarmi a lavare per bene, soprattutto in mezzo alle gambe.
Mentre io eseguivo quanto mi aveva chiesto la mamma, lei uscì di casa, tornando qualche minuto dopo con Bastiano, uno dei contadini che lavorava per noi.
Bastiano era un bell’uomo, alto e muscoloso.
Un po’ tonto e non era cattivo.
La mamma entrò nella stanza da bagno mentre stavo finendo di asciugarmi.
Divenni rossa dalla vergogna mentre Bastiano mi guardava fisso in mezzo alle cosce.
La mamma lo spogliò come si fa come un bambino piccolo e quando fu nudo potei ammirare il suo grosso uccello che era diventato duro vedendomi nuda.
La mamma lo fece entrare nella vasca dove mi ero lavata.
L’acqua era ancora calda.
Lei si tolse la parte sopra del vestito restando con i grossi seni al vento.
Prese un pezzo di sapone e iniziò a lavare e strofinare energicamente il corpo di Bastiano.
Si soffermò anche sul cazzo che lavò con cura.
A sentirselo toccare il suo uccello diventò ancora più grosso e duro.
Quando finì di lavarlo lo fece uscire dalla vasca e lo asciugò per bene.
Lui sorrideva contento per il servizio che stava ricevendo.
La mamma lo avvicinò a me, prese la mia mano e la pose sul grosso uccello.
“Comincia a prenderci confidenza, io nel frattempo mi lavo” e così dicendo si tolse tutti i vestiti e si lavò in un piccolo catino con l’acqua fredda.
Io, nel frattempo, avevo preso a menare l’uccello di Bastiano scappellandolo.
Lui avrebbe voluto toccarmi le tette ma mia madre glielo vietò prendendogli la mano e portandosela al seno.
“tocca queste” gli ordinò e lui felice cominciò a pastrugnarle i seni.
Mamma mi disse di mettermi in ginocchio davanti a lui e anche lei fece lo stesso.
Cominciò così la mia educazione sessuale.
Imparai a menarlo, a leccarlo a succhiarlo.
Quella sera dovemmo interrompere la lezione perché mio padre stava arrivando, e mamma, non volendo lasciare Bastiano a bocca asciutta, si fece infilare nella figa quel bel cazzo.
Bastiano, dopo pochi secondi era pronto per venire e mamma scivolò fuori e si mise in bocca la sua verga.
Quando Bastiano eruttò tutto il suo sperma, la mamma prima di ingoiarlo, appoggiò le sue labbra alle mie e me ne spinse dentro un poco.
“Assaggia” disse “abituati al sapore, agli uomini piace che s’ingoi”.
Io curiosa aspettai che il seme dell’uomo coprisse tutte le mie papille gustative.
Era buono, un po’ dolce e un po’ salato.
Ingoiai e ne avrei voluto ancora.
Mia madre comprese e versò nella mia bocca quanto le era rimasto.
Con la mano mi toccò in mezzo alle cosce e trovandomi bagnata sorrise.
“Bene”, disse “sicuramente non sei frigida”.
Dopo una settimana, mamma disse che ero pronta.
Con Bastiano avevo provato tutto, tranne essere penetrata nella figa.
Mamma voleva che arrivassi vergine da Don Jose così da non mettere in dubbio una eventuale paternità.
Bastiano in cambio ricevette le cure di mamma che apprezzava l’enorme verga dell’uomo.
Ero curiosa di capire come mamma sapesse tutte le cose che mi aveva insegnato.
Le lezioni di sesso ci avevano reso complici e nell’intimità la chiamavo con il suo nome di battesimo Adela.
Un pomeriggio, Adela aveva mandato via Bastiano ed io avevo ancora voglia.
Eravamo nude sul letto e in un momento di intimità le chiesi di raccontarmi la storia della sua vita.
Sono seduta sul bordo di un letto in una casa d’appuntamenti. Sto piangendo.
Al mio fianco un poliziotto, mi tiene le mani, mi tranquillizza e mi invita a raccontare la mia storia.
Frank, questo è il nome del poliziotto è un bell’uomo, dal sorriso gentile e quando mi ha preso le mani ho sentito un brivido di piacere lungo la schiena.
Sento che mi posso fidare e gli racconterò la mia storia.
Sono nata ventisei anni fa in un piccolo villaggio messicano ad oltre cento chilometri da qui.
Mio padre era un contadino che lavorava per il proprietario terriero più importante della zona e mia madre accudiva alla casa, badava all’orto e ai pochi animali da cortile.
Non eravamo ricchi, ma la sera il piatto in tavola non era mai vuoto.
Quando compii sedici anni, mia madre prese accordi con i nostri vicini di casa, affinché sposassi il loro primo figlio maschio di un paio d’anni più grande di me.
Marcelo, questo era il nome del giovane, era un tipo alto e snello e anche bello.
La famiglia lo aveva fatto studiare per andare a lavorare come contabile presso l’azienda agricola del proprietario terriero dove lavoravano sia mio padre che il suo.
Con Marcelo ci conoscevamo da bambini e spesso nei nostri giochi, simulavamo di essere marito e moglie e qualche volta ci eravamo anche toccati.
Diventare sua moglie non mi dispiaceva.
La casa dove viveva con i suoi genitori era molto più grande della nostra e una volta sposati avremmo potuto viverci senza troppa fatica.
I problemi nacquero quando Don Jose, il proprietario terriero, venne a sapere della promessa di matrimonio.
Pur non avendo alcun potere, l’uomo si oppose al nostro matrimonio, minacciando di cacciarci via.
I nostri genitori, abituati ai soprusi dei padroni terrieri, decisero di rompere la promessa di matrimonio.
Marcelo fu mandato da parenti in America, ma il mio destino invece fu deciso da altri.
Don Jose, aveva impedito le mie nozze con Marcelo, perché si era invaghito di me.
Dopo aver saputo della rottura del fidanzamento con Marcelo, mandò a chiamare mia madre, la madre di Marcelo e me.
Ci presentammo nel primo pomeriggio come richiesto da Don Jose.
Ci fece aspettare in anticamera per oltre un’ora.
Don Jose ci fece entrare nella sua stanza da letto.
Indossava una vestaglia che gli arriva al ginocchio.
Nel sedersi su una poltrona la vestaglia si aprì leggermente e non potei fare a meno di notare il suo grosso cazzo a riposo.
Fece accomodare mia madre e la madre di Marcelo ed io restai in piedi dietro di loro.
“Vi ho mandato a chiamare”, esordì l’uomo rivolgendosi a mia madre “perché voglio comperare vostra figlia”.
Potete immaginare lo sgomento della povera donna ed il terrore sul mio viso.
L’uomo compresa la brutalità con cui aveva comunicato la cosa, sorrise e con un tono più accondiscendente precisò che avrebbe voluto farmi diventare una sua concubina.
“mia moglie come sapete, è molto malata ed io non ho figli, e se la ragazza resterà gravida io avrò un erede, se al contrario non mi darà un figlio entro un anno ve la restituirò senza pretendere indietro il prezzo pagato”.
Mia madre avrebbe voluto alzarsi e scappare ma sapeva che, se non avessero acconsentito saremmo stati cacciati via.
La madre di Marcelo, nel frattempo, non capendo il motivo della sua convocazione, chiese a Don Jose, cosa c’entrava lei con questa storia.
L’uomo con un sorriso malefico disse: “tu servirai per dimostrare a queste due donne cosa le aspetta se non accetteranno la mia proposta”.
Da oggi, tu e tuo marito dovrete abbandonare le mie terre portando con voi solo i vostri averi personali”.
La donna impallidì e per la disperazione si buttò in ginocchio davanti all’uomo, pregandolo di non cacciarli via.
La faccia della donna era appoggiata al piede nudo dell’uomo.
Don Jose si alzò dalla poltrona, slacciò la cintura della vestaglia e la tolse restando completamente nudo alla nostra vista.
Il suo uccello era grosso e duro.
Io avevo visto già il cazzo di mio padre ma a confronto con quello di Don Jose pareva quello di un bambino. La madre di Marcelo si aggrappò alle gambe dell’uomo, si sollevò fino ad arrivare con il viso davanti al pube e senza esitare prese in mano il suo uccello ed iniziò a leccarlo.
Don Jose con le mani sui fianchi, guardava la donna impassibile.
La donna grazie alla sua lingua rese ancora più duro il cazzo dell’uomo.
“alzati” disse alla donna sottraendole dalla bocca il suo membro.
Lei eseguì senza indugio.
“girati” ordinò e lei si girò.
Don Jose sollevò il vestito della donna lasciando scoperte le gambe e le natiche.
Strusciò il suo cazzo in mezzo alle cosce della donna.
“sei bagnata, troia” disse sprezzante e subito infilò il suo cazzo dentro di lei.
La donna dalla spinta sobbalzò in avanti e Don Jose la trattenne per i fianchi, spingendosi in avanti per fare penetrare fino in fondo il suo uccello.
La donna urlò. Sembrava più un urlo di piacere che di dolore.
Dopo molti colpi, Don Jose tirò fuori il suo cazzo lucido per gli umori della donna.
Tenendola ferma per i fianchi appoggiò la punta del suo cazzo sul suo foro anale e senza alcuna cura lo spinse dentro sino in fondo.
La donna urlò e stavolta era un urlo di dolore.
Don Jose continuò a spingere dentro il suo cazzo nell’intestino della donna fino a quando le gambe di lei non cedettero e cadde in ginocchio.
Il cazzo ancora duro dell’uomo scivolò fuori.
“adesso tocca a te” disse rivolgendosi a mia madre.
La povera donna all’idea che quella verga entrasse dentro di lei a momenti sveniva.
“se non vieni tu, viene tua figlia”, minacciò l’uomo.
Mia madre si fece coraggio e si avvicinò a Don Jose.
“voltati e piegati in avanti” ordinò secco l’uomo.
Mia madre obbedì senza proferire parola.
Don Jose le sollevò la gonna scoprendo le natiche grosse e bianche e riservò a mia mamma lo stesso trattamento della madre di Marcelo.
Mia madre però, questo lo seppi dopo, era abituata a prendere nel culo cazzi di quella dimensione e quindi non provò dolore, anzi nel momento in cui Don Jose rallentò per la stanchezza fu lei ad imporgli il ritmo e farlo sborrare nel suo culo.
Esausto l’uomo si accasciò sulla poltrona e chiuse gli occhi.
“possiamo andare?” chiese timidamente mia madre.
Don Jose non rispose ma con la mano fece il gesto di andare via.
Mia madre aiutò la mamma di Marcelo e tutte e tre uscimmo da quella casa.
Io ero terrorizzata all’idea di dover essere penetrata da quel grosso cazzo.
Giunte a casa, la mamma mi raccomandò di non dire nulla a papà.
Io piangevo e la abbracciavo forte.
Lei mi strinse a sé, cercando di consolarmi.
“Prima che tu vada a casa sua ti avrò insegnato tutto quello che so e se sarai capace di dargli un figlio, sarai una donna ricca”.
Avevo sedici anni ed ero molto ingenua, ma mi fidavo di mamma. Lei sapeva cosa fare.
Per prima cosa mi disse di andarmi a lavare per bene, soprattutto in mezzo alle gambe.
Mentre io eseguivo quanto mi aveva chiesto la mamma, lei uscì di casa, tornando qualche minuto dopo con Bastiano, uno dei contadini che lavorava per noi.
Bastiano era un bell’uomo, alto e muscoloso.
Un po’ tonto e non era cattivo.
La mamma entrò nella stanza da bagno mentre stavo finendo di asciugarmi.
Divenni rossa dalla vergogna mentre Bastiano mi guardava fisso in mezzo alle cosce.
La mamma lo spogliò come si fa come un bambino piccolo e quando fu nudo potei ammirare il suo grosso uccello che era diventato duro vedendomi nuda.
La mamma lo fece entrare nella vasca dove mi ero lavata.
L’acqua era ancora calda.
Lei si tolse la parte sopra del vestito restando con i grossi seni al vento.
Prese un pezzo di sapone e iniziò a lavare e strofinare energicamente il corpo di Bastiano.
Si soffermò anche sul cazzo che lavò con cura.
A sentirselo toccare il suo uccello diventò ancora più grosso e duro.
Quando finì di lavarlo lo fece uscire dalla vasca e lo asciugò per bene.
Lui sorrideva contento per il servizio che stava ricevendo.
La mamma lo avvicinò a me, prese la mia mano e la pose sul grosso uccello.
“Comincia a prenderci confidenza, io nel frattempo mi lavo” e così dicendo si tolse tutti i vestiti e si lavò in un piccolo catino con l’acqua fredda.
Io, nel frattempo, avevo preso a menare l’uccello di Bastiano scappellandolo.
Lui avrebbe voluto toccarmi le tette ma mia madre glielo vietò prendendogli la mano e portandosela al seno.
“tocca queste” gli ordinò e lui felice cominciò a pastrugnarle i seni.
Mamma mi disse di mettermi in ginocchio davanti a lui e anche lei fece lo stesso.
Cominciò così la mia educazione sessuale.
Imparai a menarlo, a leccarlo a succhiarlo.
Quella sera dovemmo interrompere la lezione perché mio padre stava arrivando, e mamma, non volendo lasciare Bastiano a bocca asciutta, si fece infilare nella figa quel bel cazzo.
Bastiano, dopo pochi secondi era pronto per venire e mamma scivolò fuori e si mise in bocca la sua verga.
Quando Bastiano eruttò tutto il suo sperma, la mamma prima di ingoiarlo, appoggiò le sue labbra alle mie e me ne spinse dentro un poco.
“Assaggia” disse “abituati al sapore, agli uomini piace che s’ingoi”.
Io curiosa aspettai che il seme dell’uomo coprisse tutte le mie papille gustative.
Era buono, un po’ dolce e un po’ salato.
Ingoiai e ne avrei voluto ancora.
Mia madre comprese e versò nella mia bocca quanto le era rimasto.
Con la mano mi toccò in mezzo alle cosce e trovandomi bagnata sorrise.
“Bene”, disse “sicuramente non sei frigida”.
Dopo una settimana, mamma disse che ero pronta.
Con Bastiano avevo provato tutto, tranne essere penetrata nella figa.
Mamma voleva che arrivassi vergine da Don Jose così da non mettere in dubbio una eventuale paternità.
Bastiano in cambio ricevette le cure di mamma che apprezzava l’enorme verga dell’uomo.
Ero curiosa di capire come mamma sapesse tutte le cose che mi aveva insegnato.
Le lezioni di sesso ci avevano reso complici e nell’intimità la chiamavo con il suo nome di battesimo Adela.
Un pomeriggio, Adela aveva mandato via Bastiano ed io avevo ancora voglia.
Eravamo nude sul letto e in un momento di intimità le chiesi di raccontarmi la storia della sua vita.
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