I racconti di Angelica Mara e Mario. Prima parte

di
genere
confessioni

Qualche tempo ricevetti la lettera di una donna, una madre di famiglia in difficoltà con il figlio.
In questa lettera Mara, questo era il suo nome, mi raccontava che qualche tempo prima era rimasta a bloccata a letto per il colpo della strega. Mara ha cinquant’anni è vedova e vive con il figlio Mario che di anni ne ha venticinque che sta terminando gli studi di medicina. Lei non potendosi muovere aveva chiesto aiuto alla vicina di casa ma essendo fine luglio la donna era partita per le ferie. Mario si era proposto di assistere la madre e non avendo alternativa Mara aveva accettato. I primi giorni tutto era andato per il meglio. Mario si era occupato di lei con attenzione e lei non aveva sentito alcuna vergogna a farsi vedere in mutande e reggiseno dal figlio. I problemi giunsero quando si rese necessaria un lavaggio più approfondito delle parti intime.
Mario che, come futuro medico, non avrebbe dovuto avere problemi davanti ai corpi nudi delle pazienti, mostrò invece una certa eccitazione di cui Mara si accorse osservando come il pacco del figlio in mezzo alle gambe si fosse gonfiato oltre misura. Mara, pur essendo a digiuno di cazzo dalla morte del marito e provasse anche lei una certa eccitazione nel farsi toccare le parti intime dal figlio, resistette alla tentazione e quando fortunatamente poté alzarsi nuovamente dal letto non ci furono più occasioni per mostrarsi nuda davanti al figlio.
Mara comunque era preoccupata per la reazione del figlio davanti al suo corpo e al termine della lettera chiedeva il mio aiuto.
Incuriosita dalla vicenda li convocai in studio.
Mara e Mario si presentarono nel mio studio una mattina di settembre. Era ancora caldo e Mara indossava un vestito leggero di cotone che metteva in risalto le forme burrose di una donna di cinquant’anni . Era ancora bella: bionda, un seno prorompente ed un culo che sicuramente attirava l’attenzione dei maschi quando ancheggiava per strada. Mario invece era un giovane di bell’aspetto. Biondo come la madre, carnagione chiara, occhiali da secchione. Il corpo era esile ma complessivamente bene tenuto. Indossava una t-shirt e un pantalone di cotone leggero. Era visibilmente imbarazzato.
Dopo aver parlato qualche minuto con entrambi chiesi a Mara di lasciarmi solo con Mario e lei obbediente uscì.
Mi sedetti a fianco del ragazzo e gli presi le mani. Gli sorrisi guardandolo negli occhi.
«scommetto di sapere qual è il tuo segreto», dissi con voce dolce.
«quale segreto?», balbettò lui arrossendo.
«tua mamma mi ha scritto che ti sei eccitato davanti al suo corpo nudo ed inerme».
Il ragazzo rimase muto.
«non ti devi vergognare. Ti capita spesso?»
«sempre», disse il ragazzo.
«in che senso sempre?»
Il ragazzo mi raccontò che quando era in ospedale per il tirocinio e si trovava davanti a donne immobilizzate al letto si eccitava immaginando di fare sesso con loro. La cosa lo metteva in imbarazzo e più di un collega lo prendeva in giro per questa sua “passione”.
Sorrisi benevola e tenendogli sempre le mani lo rassicurai che non c’era niente di strano in questa sua “passione”.
Lo invitai ad alzarsi e quando fu davanti a me, gli sbottonai i pantaloni che caddero sulle sue ginocchia. Con due mani gli abbassai lo slip e feci venire fuori un bel cazzo già di discrete dimensioni a riposo. Lui mi guardava e nonostante io avessi in bella mostra le tette il suo uccello non ebbe alcuna reazione. Anche la mia palpazione ed un principio di sega non procurarono alcuna erezione.
Presi dal tavolo il mio smartphone e dopo aver cercato nei miei archivi mostrai una foto a Mario.
Appena la vide il cazzo di Mario balzò in alto grande e duro. La foto che gli avevo mostrato ritraeva una giovane donna nuda con le cosce aperte. La donna aveva entrambe le gambe amputate fino al ginocchio.
Sorrisi al giovane invitandolo a rivestirsi. Lui obbedì facendo non poca fatica a far restare il suo cazzo ancora duro dentro gli slip.
«Se vieni domani mattina alle nove, ti presento quella ragazza», dissi indicando con lo sguardo il telefonino ormai spento.
Lui quasi ipnotizzato dalle mie parole rispose con un cenno del capo.
Nel corridoio trovammo Mara seduta che ci aspettava.
Tranquillizzai la donna e mentre l’abbracciavo per salutarla le sussurrai all’orecchio che era ancora una gran figa.
Mara mi sorrise e appoggiò le sue labbra sulle mie. Io restai stupita da quel gesto e strano a dirsi senza parole.
«ti dispiace se domani mattina vengo anche io?», chiese mentre ci salutavamo alla porta.
Il suo sguardo mi fece capire le sue intenzioni e con il capo feci cenno che sì poteva venire anche lei e mentre dicevo la parola “venire” passai la lingua sulle mie labbra.
Continua
scritto il
2024-07-22
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