Il respiro del bosco

di
genere
fantascienza

Quella mattina Giovanni era uscito molto presto e si era recato a correre subito dopo l'alba; la sua giornata, come assessore all'urbanistica, sarebbe stata fitta d'impegni, e lui preferiva godersi un po' di quiete prima di affrontarla.
In cuor suo Giovanni maledì la moglie: era stata lei, infatti, ad insistere perché lui facesse un po' di attività fisica, in modo da smaltire, o quantomeno compensare, la pancetta che si era fatta strada nel suo fisico a causa della vita sedentaria.
Pigramente cominciò a percorrere il tratto di pista ciclabile che si allontana dalla statale e si inoltra nel bosco…
…TUMP… TUMP… TUMP… TUMP…
L'unico rumore che echeggiava sul sentiero era quello dei passi pesanti e assonnati di lui, che, nel correre, osservava curioso il paesaggio circostante.
Un velo di bruma copriva, come un manto incantato, i campi che, di quando in quando, Giovanni si trovava a costeggiare; dall'altro lato le querce, spuntando dalla nebbia e stagliandosi contro il cielo, sembravano formare un muro invalicabile posto a protezione del luogo fatato.
Distratto dal silenzio, dal suo respiro e dal cuore che, ormai, sentiva rimbombargli nelle orecchie, Giovanni imboccò un sentiero che si allontanava dalla ciclabile; seguendo come un bambino le orme dei cavalli, si rese conto che i suoi passi si facevano, via via, più leggeri e veloci… e la corsa gli costava sempre meno fatica.

Un nuovo rumore interruppe l'idillio; una sorta di eco ai passi di Giovanni, come se una decina di metri dinnanzi a lui ci fosse qualcun altro intento nella corsa.
Incuriosito, e seccato dalla perdita del suo piccolo mondo di sogno, il nostro affrettò ancora il passeo e, dopo un punto in cui il sentiero girava bruscamente a destra, vide una donna ferma a prendere fiato. La ragazza era, stando a Giovanni, intorno ai 35 anni, mora e con la fronte coperta di piccole, lucenti perle di sudore.
Riprendeva fiato poggiata ad una betulla a lato del sentiero, ed era assorta in chissà quali pensieri fumosi.
"Ehm… buongiorno" le disse Giovanni, più per educazione che per reale desiderio di conoscerla. Nonostante fosse una donna attraente, almeno secondo i suoi canoni, Giovanni desiderava ardentemente di tornare al suo idillio; quindi cercò di affrettare il passo per andarsene.
"Buongiorno! Mattiniero anche lei, vedo?!" rispose questa con una voce che congelò il cuore, il cervello e i buoni propositi di Giovanni. Aveva un timbro basso e caldo ma, curiosamente, non stonava con l'atmosfera umida e fredda del bosco mattutino, anzi sembrava fondersi con essa e farne parte.
"Sì… beh, oggi devo scappare via presto e, allora, ho scelto di venire all'alba".
"Vedrà che è una scelta che non la deluderà; a quest'ora è possible vedere il respiro del bosco".
"Il… respiro del bosco?".
"Sì, certo. È un fenomeno particolare: il nome scientifico in latino è molto complicato; io lo chiamo, semplicemente, «respiro del bosco»".
"Che cosa curiosa. E… come… ehm… potrei vederlo?" disse Giovanni che, ormai, aveva perso il desiderio per la quiete, vinto dalla curiosità.
"Pensavo proprio di mostrarglielo. Mi segua".

Tumtum tumtum tumtum… Giovanni e la bella sconosciuta («Che maleducato…», pensò, «…non le ho nemmeno chiesto come si chiama!») correvano a poca distanza l'uno dall'altra; la donna manteneva un'andatura piuttosto sostenuta, e lui, per non venire distanziato e rischiare di perdersi, si trovò a correre affannato.
"Non così: deve respirare con calma, come me. Lasci che l'aria che le riempie i polmoni e la foresta la guidino nel ritmo".
"Capito… ci proverò, grazie".
Dapprima con fatica, poi sempre più naturalmente, Giovanni ricomincò a correre ascoltando il bosco intorno a lui, e sembrava davvero che l'aria e il silenzio lo guidassero, in ritmo ed intensità dei passi.

Percorsero un lungo sentiero serpeggiante, sempre a ritmo sostenuto, finché giunsero a quella che appariva come una ex cava di argilla.
"Ma… e il respiro del bosco?" fece Giovanni.
"Ssshh… osservi" disse lei a bassa voce, quasi temesse di disturbare qualcuno.
Il vapore acqueo esalato dalle felci si condensava in una nebbia leggera, e pareva scivolare verso il fondo come una piccola marea di fumo.
Giunto allo stagno, il vapore sostava qualche istante immobile, come indeciso, per poi essere spazzato via da brevi folate di vento.
L'intera conca sembrava respirare, e Giovanni rimase a guardare la scena assorto nello stupore per quello spettacolo.
Si scosse sentendo il contatto di qualcosa di caldo: la sua compagna si era poggiata a lui nello sporgersi verso la conca.
"Io… ehm… sono terribilmente maleducato, mi scusi; non mi sono nemmeno presentato. Mi chiamo Giovanni…".
"Silvana; ma puoi chiamarmi Silvia, tutti i miei amici lo fanno!".
"Ti ringrazio, Silvia, è uno spettacolo incredibile".
"Già, hai ragione: mette addosso una voglia di essere… vivi… veri… e di partecipare all'azione, vero?".
"Cosa intendi?".
Silvia si era messa di fronte a lui con uno sguardo malizioso che Giovanni non tardò ad interpretare: le si avvicinò, le cinse la vita e l'attirò a sé baciandola.

I due si avvinghiarono, nella foga, e si ritrovarono distesi fra le felci.
Un bacio, un altro, ancora; Giovanni era ormai completamente perso nella voglia di quel corpo vigoroso e atletico.
"Non così…" suggerì lei, affannata, "…il respiro… il bosco… come la corsa".
Giovanni rimase interdetto: era la prima volta che una donna gli consigliava come fare sesso e, incuriosito ed eccitato, volle assecondarla. Piano piano adeguò il ritmo del suo respiro a quello del bosco, e così fece anche coi colpi della sua lingua che, golosa, leccava il sesso di lei.
"Ne voglio anche io…" la voce di Silvia pareva venire da ogni direzione, nella mente di Giovanni.
Lei si staccò e lo fece distendere, mettendosi a cavalcioni sulla sua faccia.
Mentre Giovanni riprendeva a succhiare, ed esplorare con piccoli colpi di lingua le labbra ed il clitoride, stuzzicandola come meglio conosceva, sentì le sue piccole mani togliergli i pantaloni e, subito dopo, il calore e l'umidità della bocca di Silvia avvolta intorno al suo membro esplosero nella sua mente.
Baci contenuti, alternati a profonde leccate; il tutto all'unisono col respiro della foresta… quella pompa era la migliore che gli fosse mai stata fatta, e lui si apprestò a godersela fino in fondo.
Silvia continuò dedicandosi all'asta; la percorse, tutta, con la lingua, dallo scroto al glande, cercando di forzare appena il buchino con la punta della sua lingua tesa… e poi giù, un affondo, fino al limite della gola. Lo fece uscire, aspirando e leccando, e di nuovo giù, con un ritmo che riprendeva e seguiva quello delle piante circostanti… anzi, il bosco intero sembrava vibrare, godere e farsi guidare dai movimenti famelici ma aggraziati di lei.
Giovanni, completamente domato dall'armonia dell'azione erotica di lei, giaceva a gambe larghe, osservando, da dietro, il movimento ondeggiante del bacino e godendosi ogni secondo di quel magnifico gioco.

"È ora…" di nuovo la sua voce sembrava essere ovunque, emergendo diretta nella testa di Giovanni.
Silvia si voltò, mentre lo guardava negli occhi, quindi ruotò su se stessa fino a portarsi col bacino che levitava sopra quello dell'uomo… si sedette su di lui lentamente, come a voler godere di ogni millimetro del suo membro… gli si calò sopra, accogliendolo fino in fondo e prendendo ad ondeggiare con movimenti lenti, che alternava a brusche accelerazioni all'unisono col vento che, improvvisamente, aveva preso a soffiare fra le fronde.
"Così… che bello… non… non mi sembra possibile…".
Le sue stesse parole sembrarono a Giovanni innaturali, fuori luogo… e, convinto, si mise a concentrarsi solo sul ritmo… e su come lui, Silvia, le felci… tutto il mondo circostante stesse pulsando e godendo con loro.
Lei era bellissima, lo sguardo fisso in un punto all'infinito e la faccia contratta in un espressione di estasi, di un godimento che mai Giovanni avrebbe creduto di essere capace di dare: lo cavalcava come fosse in trance, come se niente esistesse dentro di lei oltre al sesso… come se la sua stessa vita dipendesse da questo.
Agli occhi di lui sembrava che Silvia si stesse fondendo col bosco.

Preso dalla visione dei suoi seni che ballavano al ritmo dell'amplesso, Giovanni allungò le mani per toccarli, stringerli… farla godere di più…
…Non poteva muoversi!
"Devo aver… uh… oh sì… infilato le mani… nell'edera…".
Giovanni non riusciva a districarsi dall'abbraccio dell'erba intorno a lui.
Lei si lasciò andare giù di colpo, premendosi fino in fondo sul suo grembo, strappandogli un gemito gutturale.
"Meglio così…", disse lei affannata, "…ora sei un tutt'uno con le piante… con me…".
"Sì… sono una pianta… sono tutto quello che vuoi, ma non fermarti…".
Come se questo fosse un segnale, lei iniziò ad accelerare; i suoi dondolii erano sempre più ravvicinati ed intensi, mentre il vento sembrava ululare il loro godimento e le piante vibrarne sempre più forte… l'intensità delle sensazioni che provava si fece sempre maggiore, fino a portare Giovanni all'orgasmo.
"Io… non resisto… vengo… ven… VENGOOO!!!".
Fu un orgasmo lungo, liberatorio, spossante… come se non facesse l'amore da anni (ma, fra moglie e amanti, questo era improbabile). Giovanni esplose fiotti di seme dentro di lei, in un ululato che, presto, divenne simile ad un gorgoglìo.

A quel punto Silvia si fermò, impalata su di lui, gustandosi ogni sussulto e ogni spruzzo con l'espressione stranita e lo sguardo perso.
"Non posso muovermi… lasciami alzare".
Giovanni cercò, invano, di districarsi dall'edera e di sollevarsi da terra; Silvia lo inchiodò a terra, gravandogli addosso col suo peso, senza farlo uscire da lei.
"Giovanni Dincanti… io so chi sei, e so cosa vuoi farci".
"Che intendi dire? Fare a chi? Chi sei tu…? LEVATI DA LÌ!".
"Non puoi andartene; non più. In passato aiutasti il bosco lottando contro la nuova tangenziale, e di questo ti siamo grati. Ma ora ci hai traditi: hai deciso di far abbattere parte del parco naturale per costruire villette, intascandoti parte degli utili, e questo non possiamo permetterlo".
"Chi sei…? Un'ecologista? Vuoi dei soldi? Te li darò, ma ti prego… FAMMI ALZARE!".
Mentre parlava, Silvia aveva ripreso a muoversi, dondolandosi e ancheggiando su di lui, e, suo malgrado, Giovanni si ritrovò ancora eccitato mentre cercava di combattere per liberarsi dalla stretta dell'edera.
"Sei stato condannato…", i movimenti di lei si facevano sempre più intensi, "…e questo tuo orgasmo sarà l'ultimo; un premio per l'aiuto di un tempo".
Continò a muoversi, cavalcandolo selvaggiamente e fissando la foresta…
"Ma di che parli? Aspetta! Aaah… godoooo… ahahaahhh…".
Che orgasmo…!! Giovanni esplose di piacere e di paura… sembrava che la sua stessa anima stesse uscendo dal corpo insieme alle ondate di seme che eruttava nel suo godimento.
Il corpo di Silvia si fece pesante… sempre di più… e, poco prima di perdere i sensi, Giovanni intravide la pelle di lei farsi bruna, incartapecorirsi ed inspessirsi, fino a diventare simile alla corteccia degli alberi.

Non fu più ritrovato; secondo pochi testimoni, l'ultima volta era stato visto mentre correva nel parco.
Nessuno seppe spiegarsi che fine avesse fatto… ma coloro che percorsero quella strada nel bosco nei giorni successivi non poterono non notare, su un lato della stessa, una curiosa formazione arborea, che ricordava come due persone l'una seduta addosso all'altra.
Il progetto delle villette fu accantonato.
scritto il
2024-07-27
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