Scommesse pericolose tra amici

di
genere
tradimenti

Mia moglie Karina era in vena di festeggiare. Dopo tanto impegno, era appena riuscita a farsi assumere presso la migliore clinica di fisioterapia della città, e adesso non vedeva l'ora di uscire e celebrare questo evento per lei molto importante.
Le proposi una festicciola con gli amici durante il weekend, ma lei aveva troppo fretta; si sentiva allegra, euforica, molto più di quanto già fosse nei suoi giorni normali, e l'idea di aspettare il fine settimana perché tutti i nostri amici si liberassero dei propri impegni di lavoro, tanto più che eravamo solo al martedì, la faceva già sentire depressa… ed io odiavo vederla depressa. La mia Karina era un vulcano, era un uragano, e non si può pensare di fermare un uragano.
"Perché invece non usciamo a festeggiare da soli, eh amore? Io e te, una cenetta intima e poi un bel disco-club a bere e ballare fino a mattina… che ne dici?".
Stavo per valutare la sua offerta e fare una mia proposta, quando ad un tratto lei mi sorprese con un'osservazione che mai avrei immaginato di sentir provenire dalle sue labbra carnose, da ragazza di colore.
"Se ben ricordo, tu non avevi un vecchio amico dell'Università, un certo Bernardo o Bartolo o qualcosa del genere, che ha quel locale nel quartiere Gallo? Potremmo anche andare lì, così ne approfitti anche per rivederlo…".
Come cavolo le era venuta in mente una cosa del genere?!
"Era Brando", la corressi. "Comunque potremmo anche trovare di meglio rispetto al quartiere Gallo, no?".
"Ma io ho voglia di lasciarmi andare, amore…!", mi disse con la boccuccia a cuoricino, quindi fece una piroetta davanti a me e sfiorò con il suo sedere tondo sodo la parte anteriore del mio corpo.
Brando, uno dei miei coinquilini all'epoca dell'Università, apparteneva a una vita passata, che avevo deciso, saggiamente o no, di chiudere in una scatola e seppellire in cantina. Oltretutto, il quartiere in cui era il locale di Brando era un classico covo di depravazione, pieno di locali di dubbia moralità, di quelli di cui donne come Karina potevano aver sentito parlare solo dalle cronache nei TG o sul web. Per non dire del fatto che lo stesso Brando non era certo il tipo di amico che presenteresti mai a una moglie; quando non era nel suo chiassoso e ambiguo locale, lui viveva in una casa popolare.
"Dai, cucciolo, non vuoi farmi farmi felice?" lei mi diede un bacio, e mentre mi ravanava la lingua, gemeva come se stesse avendo un orgasmo.

Alla fine accettai… decisi di portarla in uno dei ristoranti che all'epoca frequentavo laggiù, uno di quelli che si elevava dalla media dei locali del luogo. Dopo cena, poi, le proposi di fare una passeggiata romantica lungo il fiume, ma lei insistette per andare nel locale di Brando, del quale aveva sentito parlare così tanto da esserne ormai molto incuriosita… e alla fine, usando le sue «magie», mi convinse ancora una volta, anche perché fuori si era fatto ormai buio.
Quando finalmente intravedemmo la facciata del locale di Brando, che era diventato famoso in città perché era comparso come set in un noto film hollywoodiano, Karina notò sul lato opposto della strada un negozio di abbigliamento.
"Ooooh!", si fermò di colpo. "Oddio, guarda quella vetrina… guarda che vestitini sexy che ci sono lì! Ed è tutto in saldo!", squittì in preda all'entusiasmo. "Amore, sai cosa facciamo? Tu comincia ad andare, così magari prendi un tavolino e vai a incontrare il tuo amico… io vado lì a dare un'occhiata e poi ti raggiungo!". Rimasi incollato al marciapiede, mentre Karina ormai puntava decisa verso il negozio. "Vai!", mi fece un gesto con la mano. "Voglio farti una sorpresa".
Senza aspettare risposta da me, era già dall'altro lato della strada.

"Oh, cazzo…", gemetti tra me e me, aprendo docilmente la porta che conduceva a quell'oscuro mondo sotterraneo, rotto solo da pochi faretti stroboscopici multicolore che ruotavano e si alternavano accendendosi e spegnendosi, che era «The Crossroad», il locale di Brando. Mi pentii immediatamente di essere venuto nel vecchio quartiere.
A parte il fatto che bere un drink con lui non è mai stato così semplice, c'era che non mi facevo vedere da Brando da quasi cinque anni, cioè da ben prima del mio matrimonio con Karina, due anni fa.
"Amico mio…!" lui mi individuò subito quando il fascio di luce sotto il bancone del bar ebbe illuminato la mia faccia, facendola spiccare nel buio del locale. "Dove cazzo sei stato, tutto questo tempo?". Lo vidi, era decisamente in forma, molto più dell'ultima volta che l'avevo visto; sfoggiava anche una barbetta curata.
"Oh, lo sai…", scrollai le spalle, "…sto cercando di farmi strada nel mondo… e come tu sai, in questo quartiere non c'è niente di che; niente da vedere, niente da fare… solo locali di una certa fama…" gli dissi, scherzando ma non troppo, mentre guardavo dietro di me, come se ci fosse ancora una possibilità di tornare indietro.
"Macchè…!", lui si mise a ridere per quella che lui interpretò come una battuta; quindi si abbassò sul bancone e avvicinò il suo viso sorridente al mio. "L'uomo che scompare ha qualcosa che non dice. Io leggo gli sguardi della gente per mestiere, Gian!".
"Tu per mestiere la gente la fai sbronzare!", gli feci notare.
"Beh, cazzo, è tutta una questione di psicologia, lo sai. Io sono uno molto attento, amico mio. Cosa credi, che un whisky sia soltanto alcool, malto e acqua? C'è molto altro dietro, e devi saperlo conoscere". Si versò un bicchiere, approfittando del fatto che il locale era ancora semivuoto, e lo bevve. "Lo stesso vale per le persone!" disse, dopo una smorfia. Quindi batté il fondo del suo bicchiere sul bancone, per far capire che lui era pronto per il prossimo. Mi guardò con aria impaziente, finché capii che stava aspettando che io facessi lo stesso; così svuotai il mio bicchiere tutto d'un fiato, per consentirgli di riempirlo anche a me.
"Salute!", Brando disse, e sollevò il suo bicchiere nuovamente riempito di alcoolico, quando ad un tratto sgranò gli occhi, rivolgendo il suo sguardo alle mie spalle, verso la porta d'ingresso, e osservando come se ci fosse un alieno, con il volto illuminato dall'estasi.

Mi girai e lì, sulla porta aperta del «The Crossroad», vidi Karina che stava entrando… e accidenti, anch'io ebbi la sua stessa espressione di incredulità sulla faccia.
Era vestita con un abitino da clubbing, color blu zaffiro a lustrini, molto corto e con delle minitracolle che lasciavano scoperte ampie aree del suo seno prosperoso. L'insieme era poi completato da calze autoreggenti a rete stretta e tacchi a spillo, blu come il vestito. Se si aggiungevano i suoi capelli neri tinti e tagliati in modo asimmetrico, e la lunga borsa con catena d'oro che le pendeva dalle dita quasi fino ai polpacci, sembrava la versione hollywoodiana di una prostituta di alto bordo.
"Guarda quella…!" fu la prima cosa che disse appena superato lo shock. "Che gnocca stratosferica! Cazzo, io quella lì me la faccio…!", ringhiò come un predatore, dietro la mia nuca.
"Seee… ma non dire cazzate!" risposi, ben sapendo da un lato che a Brando era sempre piaciuto fare il fanfarone, pur avendo lui avuto la sua brava quota di «rimorchi» all'epoca dell'Università, e dall'altro che quella era mia moglie, e conoscendola, difficilmente si sarebbe concessa così al primo che capita.
"Non temere, Gian, tu mi conosci bene", quasi inveì tra i denti. Stavo per controbattere, ma lui mi tagliò fuori con un gesto della mano, osservando mia moglie che si avvicinava a noi, facendo ondeggiare i globi lucenti dei suoi fianchi rotondi come una modella in passerella, con passi piazzati perfettamente l'uno davanti all'altro, flessuosa come una gattina, con l'orlo inferiore della gonna che danzava sulla metà superiore delle sue lunghe cosce guarnite a rete.
Mi voltai per zittirlo con una risatina. Lui però mi osservò con una faccia molto seria.
"Non scherzo, amico! Anzi, sono così sicuro di farmela che ci metto su anche una scommessa… diciamo cinquemila euro!", mi rispose a voce alta, dritto nell'orecchio.

In effetti, dato il lungo tempo durante il quale non ci siamo più visti, non ricordavo più questa caratteristica di Brando. Lui aveva il vizio delle scommesse… beh, a dire il vero all'epoca eravamo entrambi scommettitori accaniti del cazzo, ma a lui piaceva farne anche sulle stronzate più stupide, come quella che aveva appena proposto: portarsi a letto la prima bella ragazza che avesse varcato la porta del suo locale. E a volte, come in questo caso, ci puntava su anche delle belle cifre! Nulla di male, per carità, per quanto mi riguardava… se non fosse che quella era la mia Karina!
Avevo pertanto deciso di rifiutare di prendere in considerazione quella scommessa, e di lasciargli scoprire che quella visione celestiale apparsa sulla porta del «The Crossroad» era mia moglie… immaginando che lui, molto cavallerescamente, una volta scoperta la cosa mi avrebbe chiesto scusa e si sarebbe rimangiato la proposta.

Karina era ancora diretta a passo felpato verso di noi. Non stava incantato solo me e Brando.
"Ciao tesoro!" mi disse, poi tese la mano a Brando, tutta tintinnante di braccialetti e anelli d'acciaio. "Tu devi essere l'amico di cui ho sentito parlare…" disse, con un ghigno a metà bocca.
Brando ruotò lentamente il viso verso di me, dritto nel mio bicchiere di whisky. Aveva il sorriso inquietante e l'occhio meravigliato di chi vede i suoi numeri della lotteria uscire uno dopo l'altro.
"Amico…", disse dopo un attimo, "…non mi hai mai detto di esserti accoppiato…".
"Ti presento Karina, lei è mia moglie…", risposi; poi, guardando lei "…Karina, lui è Brando, quel mio famoso amico dell'Università". Reclinai la testa all'indietro fino a guardare il soffitto, e mi scolai il secondo bicchiere di whisky della serata.
"Piacere mio, Karina… di nome e di fatto!" le disse con confidenza, porgendo la mano.
Karina lasciò che Brando continuasse a tenerle la mano, mentre intanto delicatamente ma insistentemente premeva col sedere contro il mio fianco, finché non capii e scivolai verso lo sgabello successivo. Lei si accomodò sul mio sgabello, allungò una mano dietro la sua chioma scura e lanciò verso di me una ciocca di capelli che aveva afferrato tra le dita, quindi si girò e mi baciò sulla guancia.

"Quasi due anni fa…", lei gli disse, in risposta alla domanda che gli era rimasta sul viso prima di rivolgersi a me. "Non gli hai mai detto che ti sei sposato, amore?".
"Beh…", risposi io con la faccia finta stupita, "…forse ho dimenticato di dirglielo".
"Scusatemi… il bagno sarebbe dove?", gli chiese poi, con gli occhi spalancati.
Brando fece un gesto ad indicare dietro il palchetto dove una cover band si stava preparando. Durante tutto il tragitto, lui le tenne gli occhi sul culo dondolante di mia moglie, e la sua testa cadde sempre più di lato, finché non fu quasi parallela al pavimento.
"Wow!", affermò con decisione, ruotando sullo sgabello con la testa ancora chinata di lato. "Ora mi è chiarissimo perché non me l'hai mai detto".
Battei il bicchiere sul bancone in stile Brando, e lui, alzando gli occhi, me lo riempì.
"Devo tenerla d'occhio", dissi. "Questo è certo!".
"Ma non mi dire!". Si riempì il bicchiere e lo scolò. "Non mi dire…", ripeté in tono più basso a sé stesso. Si capiva che la sua mente era già in modalità «calcolo delle probabilità».

Fu a quel punto che mi balenò in mente una perversa idea…!
Io e Brando, all'epoca, avevamo spesso scommesso l'uno contro l'altro… e le volte in cui io avevo vinto erano molte di meno rispetto a quelle in cui aveva vinto lui. In sostanza, durante il periodo delle nostre frequentazioni universitarie, lui mi aveva praticamente svuotato le tasche… e questa cosa, odiavo ammetterlo, mi bruciava ancora! In tutti quegli anni ho sempre pensato, o almeno desiderato, che sarebbe arrivato un giorno in cui la sua presuntuosa sicurezza avrebbe offuscato il suo giudizio, e che, con un'unica grande scommessa, avrei potuto pareggiare il conto e cancellare anni di soldi persi con una grande vittoria… e quella mi parve proprio l'occasione giusta.
Del resto, la sua scommessa era stata dichiarata prima che lui sapesse chi fosse quella ragazza.

Karina tornò rinfrescata, con un nuovo rossetto dal tono rosso acceso.
"Ho visto una porta di là, con scritto: «Divieto tassativo d'ingresso»… cosa mai ci terrai nascosto, lì dentro…?".
"Ah, quella… è la mia cantina delle bottiglie pregiate", scrollò le spalle Brando. "Vi va di vederla?".
"Non credevo che avessi delle bottiglie pregiate, qui!", dissi, prendendolo per il culo.
"Beh, invece ce ne sono. Se volete ve le mostro… ora scusatemi, vado a servire quei ragazzi", disse, allontanandosi verso qualcuno di fronte al palco, alzando un braccio.
Era il momento opportuno per mettere in atto il mio piano.
"Ehi, amore…", le dissi, voltandomi per guardarla in faccia; così vestita e truccata era di una bellezza impressionante, "…me lo faresti un favore enorme?" le chiesi.
Lei premette le mani sulla parte superiore delle mie cosce, quasi all'altezza dell'inguine.
"Tutto quello che vuole, padrone", ridacchiò e tirò fuori la lingua per sfiorarmi il labbro superiore. Era di buon umore, non c'era dubbio.
"Brando…", le dissi, voltandomi per controllare che fosse ancora lontano, "…voglio averlo in pugno. È una cosetta tra noi, ti spiego dopo…".
"Che cosa hai in mente?" lei mi domandò, tutta incuriosita da quel mistero.
"Che ne diresti di flirtare con lui, lì nella sua cantina?".
Girò la testa di lato e strinse i suoi grandi occhi marrone con quel sorriso di traverso.
"Fammi capire… vuoi che lo adeschi?".
"Un po'…!", dissi. Mi voltai di nuovo a controllare. "Ti racconterò tutto più tardi, basta che adesso tu catturi la sua attenzione, come sai fare tu".
"Che cosa intendi con «come so fare io»?".
Si vedeva che era lusingata. Il suo respiro era dolce, e i suoi grossi seni pendevano in bella mostra per me lì dove il suo top si afflosciava sul davanti. Le sue mani a palmi aperti mi premevano sui pantaloni, ai lati delle palle.
"Proprio come stai eccitando me in questo momento, amore…".
I suoi occhi si spalancarono, e il suo sorriso divenne subdolo.
"Ti sto eccitando in questo momento…?".
"Lo sai che lo stai facendo…!", ho impostato la mascella in modo storto.
"Ma perché vuoi che lo faccia con lui?".
"Te lo spiegherò più tardi", dissi. "È un segreto".
"Ooooohh…", gemette vicino al mio orecchio. "Io adoro i segreti, lo sai…?!" mi sussurrò, così dolcemente che mi venne un'erezione istantanea.

Brando stava tornando.
"Allora, che avete deciso? Lo volete un tour delle cantine reali?".
"Certo!" Karina squittì, abbassandosi il vestito corto che le era risalito lungo le cosce.
"E tu, Gian, non vuoi venire?", mi poggiò una mano sulla spalla.
"No, portati mia moglie…", risposi girandomi e guardandolo in faccia, "…credo che resterò qui a sentire la cover band…".
"Ah beh, se è questo che vuoi…", disse. Si allontanò con Karina, che gongolava come una scolaretta in gita col professore più sexy della scuola. Lei lo seguì e, subito fuori dalla porta, mi lanciò un'occhiata da dietro le spalle e strizzò l'occhio.
«Già… è una vera tentatrice…», mormorai tra me e me, sollevando il bicchiere verso la porta della cantina, ormai richiusa.

La band terminò di suonare, e Karina e Brando non erano ancora tornati. Tirando fuori una sigaretta per precostituirmi una scusa, uscii dal locale. Sapevo che, tra le finestre protette da massiccie grate in ferro che erano di fianco all'ingresso, una dava sull'interno della cantina. Così, senza dare troppo nell'occhio, sbirciai attraverso di essa quello che stava succedendo all'interno.
Karina si stava dimostrando all'altezza della sua parte; nella stanza dove Brando teneva i suoi liquori più rari c'era anche un grande tavolo di legno massiccio, con il piano in panno verde, probabilmente un vecchio tavolo da poker. Mia moglie era seduta su di esso, con la schiena dritta e facendo oscillare i suoi tacchi sensuali verso di lui. Rideva di qualsiasi cosa lui dicesse, e si stiracchiava e attorcigliava ciocche di capelli alla luce fioca dell'antica lampada da parete, unica fonte di luce accesa. Ma forse la sua non era proprio tutta una recita: il modo in cui lei lo ammirava, i suoi capezzoli che premevano contro la stoffa del suo vestito, erano evidenti prove che un minimo di eccitazione lo stava provando.
Rientrai nel locale, ma dopo circa una decina di minuti, dato che non erano ancora tornati, uscii di nuovo. Sbirciando, li vidi che si erano spostati in un angolo più buio; Karina teneva tra le mani una bottiglia impolverata che appariva di gran pregio, e guardava e ascoltava quello che Brando le stava dicendo, con lui così vicino a mia moglie che non potevo essere sicuro che non fosse appoggiato contro il culo di lei, mentre intanto allungava le mani intorno alla sua vita e le parlava con il viso tra i capelli. Sapevo che odore aveva, Karina, e conoscevo l'ebbrezza di starle così vicino, soprattutto quando era eccitata. Sorrisi tra me e me, guardandola. La conoscevo abbastanza bene da potermi fidare di lei… giusto?
Alla fine li vidi che si avviavano fuori dalla stanza, così mi precipitai all'interno del locale e mi sedetti sul mio sgabello, che per fortuna non era stato occupato.

Mia moglie e il mio amico mi raggiunsero, proprio mentre la piccola pista da ballo di fronte al palchetto iniziava a riempirsi.
"Amore! Vieni, andiamo a ballare!" Karina strillò, tirandomi per entrambe le mani e cominciò a ballare con entrambe le braccia tese verso l'alto.
"Comincia a scaldare la pista, tesoro…" le disse Brando, mettendomi una mano sull'avambraccio per trattenermi lì, "…devo parlare un attimo con lui di una cosa. Ti raggiungerà tra poco", disse.
Lei osservò entrambi in modo cospiratorio e volò di nuovo verso il mio petto. Si girò e si accovacciò contro di me, schiacciando il suo splendido culetto sul mio inguine. Reclinò la testa all'indietro e girò il viso per leccarmi il collo. "L'ho stuzzicato proprio come volevi tu…", gemette nel mio orecchio, poi si staccò di nuovo da me e cominciò a ballare davanti a me e a Brando come se dovesse fare uno spogliarello, mentre si spingeva sempre più nella massa ondeggiante di persone sulla pista.

Mi voltai verso Brando.
"Hai presente quella scommessa che ti avevo proposto all'inizio, quando ci siamo rivisti?", mi gridò lui, coperto dalla musica. "Credo che la confermerò".
"Che cosa?" toccò a me gridare, stavolta. "Quella in cui dicevi che te la saresti fatta? Anche adesso che sai che è mia moglie?" urlai vicino al suo orecchio.
"Beh, una scommessa è una scommessa, moglie o non moglie".
"Cosa cazzo stai dicendo, Brando? Sei impazzito per caso?".
Lui mi osservò con una faccia molto seria. Karina era ancora rivolta verso di noi, contorcendosi e dimenandosi sulla pista, a bocca aperta e occhi chiusi, leccandosi le labbra.
Era stata davvero brava a portarlo proprio dove volevo io!
"Cioè… vorresti scommettere su mia moglie?" insistetti. "A parte il fatto che è sposata, e con me, non ti permetterebbe nemmeno di avvicinarti a lei. Lascia perdere, non puoi vincere". Sapevo esattamente come provocarlo.
"No, amico…", si voltò di nuovo a guardarla. Lei era girata di spalle, ma sapeva che eravamo entrambi con lo sugardo sul suo culo dondolante. "Tu non puoi sapere come mi è stata addosso di là, quando eravamo nella cantina… devo essere sincero…".
"Ma piantala con le cazzate, Brando! Sempre lì a pensare che tutte le ragazze ti stiano addosso. Sono passati anni dall'Università, dovresti crescere!".
Tutti quei miei dinieghi erano incitazioni per lui. Lo sorpresi a guardare Karina e lei gli sorrise… poi si voltò, e i suoi occhi incrociarono i miei per farmi capire che era ancora al lavoro.
"La stai rendendo difficile, Gian…", disse.
"Penso che sarà lei a rendertela difficile, se proprio devo dirlo".

Sbuffò e si allontanò. Poi, ad un tratto si voltò e tornò indietro verso di me.
"D'accordo allora… se vincerai, saranno i cinquemila euro più facili che tu abbia mai guadagnato! Ma la mia scommessa resta valida! Solo una cosa: non dovrà essere legata a una serata specifica: ci sono molte ragioni per cui potrebbe non andare".
"…E quindi?" chiesi, non sicurissimo di aver capito cosa intendesse.
"E quindi si gioca quando mi mandi un messaggio dicendo che è la sera giusta".
Annuii. La cosa aveva senso.
"Quindi, se penso che sia la serata giusta, ti mando un messaggio e tu provi a sedurre mia moglie, ho capito bene?".
"Esatto", annuii affermativamente.
"E come faccio a sapere se ci riesci o no?".
"Perché starai a guardare!" disse, con un ghigno di traverso sulla faccia.
"Come sarebbe a dire che starò a guardare?".
"Perché lo faremo a casa tua. Tu ti nasconderai e osserverai senza farti scoprire. Mi manderai un messaggio quando vorrai che io mi fermi, e quando lo farai avrò vinto. Inutile dire che se dovessi farti scoprire avrò vinto lo stesso".
Conoscevo mia moglie, sapevo che era una vera maestra del flirt… e sapevo anche che non avrebbe permesso a sé stessa o a Brando di arrivare fino in fondo. Per cui la prospettiva di prendermi una bella rivincita su di lui si faceva sempre più concreta!
"Ti stai montando la testa di nuovo, come al solito, perché non ci arriverai neanche vicino a sedurla!".
"Le piaccio, amico! E non me ne frega se non mi credi, lei me lo ha già dimostrato!".
"Mmah… se pensi che stia flirtando con te perché è interessata, beh, fai pure! I soldi sono i tuoi…!", risi ad alta voce. Se conoscevo bene Brando, questo lo avrebbe dissuaso dal tirarsi indietro dalla sua scommessa.
Mi fissò per un lungo minuto.
"D'accordo!", disse. "Cinquemila allora…! Vinco se mi scopo tua moglie, o se mi mandi un messaggio dicendomi di fermarmi, o se ti fai scoprire in qualsiasi modo. Se lei mi manda in bianco, vinci tu!".
Fissai la sua mano tesa, come se dovessi considerare seriamente la cosa. Dentro di me stavo ridendo. Cinquemila, pensai, più o meno quanto mi sarebbe servito per ristrutturare la mansarda.
"Okay!", gli strinsi la mano.
Si girò di nuovo verso Karina sulla pista da ballo, e la incitò con il suo bicchiere prima di mandarlo giù.

Il «gancio» per permettere a Brando di venire a casa nostra era un invito a valutare un progetto di mini-bar che stavo pensando di realizzare, e per chiedergli consigli su come attrezzarlo e rifornirlo, e con l'occasione lo avrei invitato a cenare insieme a me e Karina. Poi avrei fatto finta di venire chiamato per un'emergenza al lavoro, sarei sgattaiolato nella dispensa della cucina e lei, secondo il piano, non si sarebbe dovuta accorgere di nulla.
Mi rendevo conto che stavo preparando mia moglie a tradirmi, potenzialmente almeno, ma ero più che certo che lei non avrebbe fatto. Sorrisi tra me.

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"Venerdì sera Brando viene a casa nostra…", le dissi, mentre tornavamo a casa.
"Cosa?".
"Ho detto che Brando viene a cena da noi, dovremmo parlare di un progettino".
"Quale progettino?".
"Nulla di ché", le sorrisi. "È giusto per farlo venire. Poi gli farò credere che sono stato chiamato per un'emergenza".
"E perché mai dovresti farlo?".
A quel punto svelai a mia moglie il mio piano di rivincita.
"Hai presente quando abbiamo parlato al bar, prima che tu andassi a ballare?".
"Sì… e allora?".
"Ho fatto una scommessa con lui…".
Karina fece un ampio sorriso e si strinse di più a me. Sentivo il suo corpo morbido e caldo contro il mio.
"Che tipo di scommessa?".
"Lui pensa di poter fare centro con te!".
Ci mise un po' a rispondere.
"Cioè… lui ha scommesso con te che sarei andata a letto con lui?".
"Già… però, vedi… voglio che tu lo induca a credere che ha una possibilità con te".
"Perché mai vorresti fare una cosa simile?".
"Perché voglio che arrivi quanto più vicino al traguardo, prima che tu gli dia il due di picche! Quando fallirà, mi pagherà cinquemila euro. Nel frattempo tu continua a lasciare che le cose vadano avanti, finché non ti manderò un messaggio sul telefono".
Si strinse forte contro di me, sentendo parlare di soldi.
"Cinquemila? Sta scommettendo cinquemila euro che mi porterà a letto?".
"Esatto, tesoro".
"Deve essere molto sicuro di sé".
"È Brando. Lui è fatto così! Questa volta però imparerà la lezione".
"E se per caso…", cominciò, ma poi si interruppe. "Come farai a fermare le cose?".
"L'accordo è che io gli mando un messaggio quando decido che la cosa è andata abbastanza oltre. Se fa centro con te, o se gli scrivo per fermarlo, vince".
"E tu come farai a sapere a che punto è?".
"Starò nascosto e vi osserverò, non preoccuparti".
"È pazzesco", esclamò.
"Ora sai che tipo è… e sai perché non lo frequento più".
Lei scosse la testa.
"Però è eccitante", disse, leccandomi e mordendomi l'orecchio. "E quindi, se non ricevo un tuo messaggio, continuo a portare avanti le cose".
"Esattamente. Deve essere convinto di poter arrivare fino in fondo!".
"Sei sicuro che starai bene? Voglio dire, potrebbe essere difficile da guardare, se le cose si dovessero spingere troppo oltre".
"Se penso che le cose vadano troppo oltre, sarò io a fermarle".

Stavo già mentalmente contando i soldi della scommessa vinta. Erano più che sufficienti per compensare tutte le scommesse che avevo perso con lui. Guardai Karina, e anche lei mi sorrise. Mi sentivo come se avessi preparato la trappola perfetta. Cosa mai poteva andare storto?

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La sera della scommessa cenammo, bevemmo vino, ridemmo e poi finsi la telefonata. "Sembra che debba andare", scrollai le spalle. "Un'emergenza al lavoro…".
"È un peccato, tesoro…", disse Karina. Forse qualche lezione di recitazione non le avrebbe fatto male.
"Già…", disse Brando, "…che sfortuna". Mi fece un occhiolino.
Mi infilai le scarpe e feci tintinnare le chiavi per renderlo evidente.
Entrambi sapevano che non stavo andando da nessuna parte, ma nessuno dei due sapeva che anche l'altro ne era al corrente. Probabilmente era il gioco più intelligente, più subdolo e certamente il più ricco che avessi mai concepito.

Chiusi la porta d'ingresso dell'appartamento e mi diressi in punta di piedi verso la dispensa, da cui potevo avere una visione, per quanto parziale, di Karina e Brando ancora seduti a tavola, ma avevo una visuale senza ostacoli del divano del soggiorno, dove era previsto che le cose dovevano accadere.
Non vedevo l'ora di sventolare le banconote davanti alla faccia di Brando, perché avevo deciso che era così che volevo i soldi: in contanti, in pezzi da cinquanta. Un centinaio di banconote! Sentivo che stavano parlottando, ma non capivo le parole esatte. Non mi aspettavo, tuttavia, che le cose andassero per le lunghe: Karina aveva avuto istruzioni di fargli credere che sarebbe riuscito ad averla, e Brando era lì per prenderla, con la mia benedizione per provarci.

Dopo breve tempo, Karina propose di spostarsi sul divano.
"Guardiamo un film?", disse.
"Ottima idea!", acconsentì lui, naturalmente. Lei spense la luce della cucina e abbassò quella del soggiorno. Si sedettero proprio dove e come volevo io, sul divano di fianco alla porta della dispensa. Era perfetto. Vidi Karina posizionare di nascosto il suo telefono vicino a lei sul tavolino, a faccia in giù, con il cicalino acceso. E anche Brando posizionò il suo vicino al gomito, a faccia in su.
Karina cominciò facendo la pudica. Con le luci abbassate e il film in corso, lo guardò timidamente più volte, sorridendo e e ridacchiando nervosamente. Dovevo ammettere che la sua recitazione era da applausi.
"Ti porto un bicchiere di vino?", disse Brando.
"Certo", rispose lei.
Quando tornò con i due bicchieri, scoprì che lei si era spostata da un'estremità del divano verso il centro. Non gli lasciò altra scelta che sedersi vicino a lei. Non che avesse bisogno di molto incoraggiamento. Si sedette e si rivolse a lei.
"Noi due, a casa, soli soletti… mi sorprende che Gianmaria mi abbia lasciato qui con una moglie sensuale come te".
"Cosa pensi che succederà?" lei fece la parte dell'ingenua.
"Mi conosce", disse Brando. "Non sono molto a mio agio con le donne intelligenti. Soprattutto quando sono così eccezionalmente sexy".
Lei sbuffò leggermente e bevve un po' di vino.
"Credo che abbia detto che starà via per qualche ora…", disse a labbra strette, guardandolo di traverso.
"Sì, sono certo che abbia detto così", concordò Brando, sorridendo.
"Credo che si fidi di te…", disse lei, attorcigliandosi una ciocca di capelli tra le dita. Continuava a guardarlo e a ignorare la TV.
"Sa che non dovrebbe. Ma si fida di te?".
"Sa che entrambi abbiamo la nostra vita privata".
"Un matrimonio aperto?".
"Diciamo che non è necessariamente chiuso…", disse lei, "…solo che non ne abbiamo mai parlato veramente". Sorseggiò il suo vino e lasciò che i suoi occhi corressero per la stanza, il tempo sufficiente per lasciare che la mente di lui vagliasse quelle parole.
Non avevo pensato a questa prospettiva. Ammirai la prontezza di spirito di mia moglie; non c'era nulla nella nostra scommessa che dicesse che lei doveva tradirmi alle spalle.
"Quindi, se uno come me provasse… non so… a chinarsi per baciarti in questo momento, non si beccherebbe necessariamente uno schiaffo e una telefonata al grande capo?".
Lei continuava a stare seduta, attorcigliandosi con disinvoltura i capelli e facendo penzolare la gamba dal lato di lui.
"Non sei un giocatore d'azzardo? Mi pareva di aver sentito dire che lo eri. Un vero uomo corre qualche rischio, se la ricompensa lo merita".
"Sono abbastanza sicuro che tu lo meriteresti".
Lei non sorrise, anzi non rise affatto. Invece si limitò a guardarlo con aria distaccata.
"Sei sicuro di essere abbastanza bravo? Mi sembra che stiamo correndo entrambi dei rischi, e forse io sto correndo il rischio maggiore".
"Beh, almeno abbiamo stabilito che stasera correremo dei rischi".
"Non ho detto questo".
"Ma mi stai facendo capire che ho una possibilità con te?", lui la tirò per le lunghe. Entrambi risero di cuore, rompendo la tensione tra loro.
"Sai baciare bene?", gli disse lei sbattendo i suoi grandi e bei occhi marroni. "Perché questo sarà importante".
"Immagino che questo sia il punto in cui dovrai decidere se correre il rischio…".
"E perché ci metti tanto? Te la stai facendo sotto?", sorrise.
Mi sporsi in avanti, quasi spingendo l'occhio attraverso la fenditura della porta socchiusa. Feci un sorriso più ampio del suo. Anche più di quello di Brando, quando lo vidi sporgersi verso di lei.

Quando le loro labbra si incontrarono, le braccia di Karina si alzarono come se fosse pronta a spingerlo via, ma poi lentamente persero la loro rigidità e si abbassarono man mano che il bacio durava, fino a quando le drappeggiò delicatamente sulle spalle di lui.
Alla fine Brando si allontanò di qualche centimetro.
"Okay…", gli disse lei, così dolcemente che quasi non riuscivo a sentirla, "…ci siamo tolti il pensiero. A proposito, bel bacio".
"Ce ne sono altri, volendo", disse lui sorridendole.
Karina si avvicinò e alzò un attimo il quadrante del telefono.
"Solo le 20:15…", disse, come se lo facesse per controllare l'ora.
"Ah già, mi hai appena ricordato una cosa…", disse lui. Prese il telefono e iniziò a digitare un messaggio.
«Sì!» pensai tra me. «Eccolo che arriva!».
Brando mise da parte il telefono e io allungai la mano per prendere il mio.

Stranamente, non sentii il telefono vibrarmi in tasca. Mi tastai tutte le tasche, nella classica «macarena del telefono smarrito». Ma non lo avevo affatto perso, perché, ancora più stranamente, lo vidi illuminarsi silenziosamente sul tavolo della cucina. Era lì dove l'avevo dimenticato!
«Cazzo!», pensai. Era una scommessa ufficiale, con una cifra importante sul tavolo… e non avevo modo di dire a Karina di fermarsi, né eventualmente a Brando di smettere, anche se mi sarebbe costato cinquemila euro. Non avevo modo di fermare nessuno dei due.
Diedi un'occhiata al tavolo della cucina, lontano sulla destra. Non c'era modo di arrivare lì e tornare indietro senza essere visto da entrambi, il ché avrebbe messo fine alla scommessa. Sarei stato fottuto, avrei perso non solo i soldi ma, cosa peggiore quando si trattava di scommettere con Brando, anche la faccia, cercando di imbrogliarlo in quel modo.
Guardai verso il divano a sinistra. Karina controllava di nuovo il suo telefono, sorridendo con un'espressione dolcemente corrucciata a Brando, e anche lui mandava di nuovo messaggi dal suo telefono. Lo capivo perché il mio telefono, laggiù sul tavolo della cucina, si illuminò una seconda volta.
Quanto a mia moglie, anche lei controllava il telefono in attesa del mio messaggio che le dicesse che era abbastanza, e che poteva smetterla. Ma non avrebbe mai ricevuto quel messaggio, perlomeno non fino a ché non avessi trovato il modo di recuperare il telefono senza farmi scoprire. Sudavo, il cuore mi batteva forte. «Che cazzo devo fare, che cazzo devo fare, che cazzo devo fare…» pensavo. Che cazzo avevo fatto?!

Sentii mia moglie tubare e guardai di nuovo fuori dalla fessura delle porte a sinistra: Brando le si era avvicinato e le stava passando le mani tra i capelli, portandoglieli dietro l'orecchio, lasciando che le sue dita le percorressero la mascella e il collo. Karina, naturalmente, non faceva nulla per dissuaderlo, proprio come le avevo chiesto. Probabilmente si stava chiedendo fino a che punto fossi disposto a lasciarmi andare per quei cinquemila euro.
Chiacchierarono e risero, e Karina abbassò lo sguardo verso il suo telefono, e poi guardò di nuovo Brando. Questa volta si sporse in avanti verso di lui. Mi sollevai più dritto, inorridito da ciò che stavo vedendo ma impotente a fermarlo. Cominciò a sbottonare la camicia di lui, mordicchiandosi il labbro inferiore in modo evidente… era eccitata, forse? O faceva solo finta?
Indossava un corpetto nero sotto un top di raso bianco scintillante, e hot pants di jeans con lo strappo, molto attillati. Quella sera, prima che arrivasse Brando, si era messa uno dei suoi tanti braccialetti attorno alla caviglia.
[…]
"È sexy", le avevo detto.
"È un codice, sai?", mi aveva risposto lei.
"Un codice per cosa?".
"Secondo alcuni, questo significa che chi lo indossa è una «hotwife»… cavolo, Gianni, ma non leggi proprio nessun romanzo erotico?".
Ero rimasto a fissarla mentre si truccava con estrema cura nel nostro bagno, in piedi con le sue mutandine rosa a vita bassa e il reggiseno a coppa. Era deliziosa.
"Cos'è una hotwife?".
Lei si girò, fissandomi con gli occhi affilati, e sorrise, scuotendo incredula la testa.
"Te lo giuro, Gianmaria, sei un'idiota!", lei rise. "È una moglie il cui marito le permette di scopare con altri uomini".
"Ah… quindi il braccialetto alla caviglia significherebbe questo?".
"Sì", aveva ruotato il piede di lato e scostato i capelli dal viso per guardare il suo corpo slanciato e ammirare come luccicava sulla sua pelle.
"Ma io non lo voglio mica!".
Si era alzata sulle punte dei piedi, premendosi contro di me.
"Ora dici così…", con la mano scese a strizzarmi l'inguine, "…ma non sei stato tu a invitare il tuo amico a casa tua stasera, con un piano per nasconderti e vedermi scopare con lui?".
"Ma mica per davvero!" interruppi il bacio il bacio e gridai allarmato.
"Rilassati, scemino!", aveva detto lei, voltandosi di nuovo verso lo specchio. Si dipinse accuratamente le labbra con un rossetto bordeaux opaco. Mi guardò attraverso il riflesso e aprì le labbra. "Mi spingerò solo fino a dove mi permetti tu, prima che tu mi dica di fermarmi".
"Sì, ma…", protestai.
"Sarà divertente anche per me, sai, sapere che tu sarai lì fuori a guardarmi, mentre mi lascerò andare con lui". Mi baciò e gemette contro di me. "E chissà, potrebbe anche piacerti guardarmi…", ridacchiò, lanciandomi un'occhiata mentre si allontanava di nuovo e finiva di truccarsi. "Mi spingerò…", si toccò le ciglia con il bastoncino, "…fin dove tu vuoi…", si avvicinò allo specchio, "…che mi spinga…".
"Sì, beh, no, insomma…!".
Si girò e mi sfiorò per raggiungere il suo armadio.
"Allora aspetterò un tuo messaggio quando vorrai che smetta", disse.
"Beh, non arriveresti comunque in fondo…", cercai di scoprire il suo bluff.
Si avvicinò a me con il suo top nero, tirando su i suoi hot pants attillati.
"Ma tesoro!", inclinò la testa di lato, con quegli occhioni innocenti. "Farò tutto quello che vuoi. Non te l'ho promesso quando ci siamo sposati?".
"Non questo!".
Mi baciò di nuovo, a lungo, dolcemente.
"Anche questo, se è ciò che piace a mio marito", mi tirò il colletto della camicia. "Non si sa mai…", mi baciò di nuovo, "…come si reagisce…", fece scivolare la mano dentro i miei pantaloni, prendendo in mano il mio cazzo nudo e scoprendo che si era irrigidito, "…nella foga del momento…", lo afferrò e lo strinse forte, "…vero?". Ridacchiò, si staccò e fece quasi un salto indietro verso il suo armadio.
Mi accasciai sul letto.
"Preparati!" disse mentre usciva dalla porta della camera da letto per andare in cucina a preparare la cena. "Dico sul serio!". Fu l'ultima cosa che disse prima di allontanarsi.
[…]

"Così va bene?", disse a Brando, aprendogli la camicia e sfilandogliela. Sapevo, però, che lo stava dicendo anche a me. Mi spinsi contro il retro della porta. «Smettila, ormai è fatta!» volevo urlare. Avevo in ballo tutti quei soldi, ma se avessi fatto rumore avrei perso molto di più: oltre ai cinquemila, avrei perso anche la mia credibilità.
Lei ridacchiò e gli passò le mani sul petto.
"Sei uno che si allena…!", disse.
"Stavo per dirti la stessa cosa", rispose lui, avvicinandosi al bottone della parte superiore dei suoi jeans.
Invece di schiaffeggiargli la mano, o di fulminarlo con gli occhi, o di alzarsi in piedi e ordinargli di andarsene, come una moglie avrebbe ragionevolmente fatto (se solo avessi potuto dirglielo…), lei si limitò a sollevare i fianchi e a permettergli di farli scivolare giù lungo le sue lunghe e flessuose gambe. Deglutii a fatica, col cuore che mi martellava nel petto. Con entrambe le mani poggiate contro gli stipiti della porta, sbuffai attraverso la fessura, come un toro intrappolato in un recinto. Lei ne approfittò per sollevare il suo corpetto per lui. Per poco non svenni.

Brando le prese i seni tra le mani, e lei lo guardò attraverso le ciocche di capelli che le erano ricadute sul viso, mentre gli slacciava la cintura e gli apriva i pantaloni. Sorrise e sospirò quando mia moglie gli avvolse la mano intorno al cazzo, dando però anche un'occhiata al telefono silenzioso. Non le erano ancora giunte notizie da parte mia. Guardò anche la porta della dispensa nascosta nell'ombra della cucina buia. «Il mio telefono è lì!», volevo urlare. Avevo bisogno che se ne accorgesse in qualche modo, che capisse che non l'avevo con me, che non potevo mandarle messaggi per farla smettere. Ma lei, non vedendo nulla, guardò Brando e gli sorrise, lo baciò sulle labbra e abbassò la testa sul suo pube.
Per poco non crollai dietro la porta.
Osservai, svuotato di ogni forza, la testa della mia Karina che oscillava lentamente sul grembo di Brando, e capii che glielo stava succhiando. Lui si girò lentamente dove si era accasciato sulla poltrona del divano, e guardò verso la porta della dispensa nel buio del retro della cucina dietro la quale ero nascosto. Stavo per mettere il braccio fuori dalla porta e fargli un gesto a indicare il mio telefono poggiato sul tavolo, ma Karina si alzò improvvisamente dal suo grembo e gli fece una battuta sul fatto che lui magari stava pensando che lei fosse troppo facile.
"Al contrario, amica mia, sei tu che ti stai approfittando di me!".

Si misero a ridere e cominciarono a lottare tra di loro per gioco. Mi allontanai dalla porta della dispensa, ma ci ripensai e feci un passo indietro. Karina rideva in modo allegro e giocoso, si stava davvero godendo quell'appuntamento. Sapeva che la stavo guardando, quindi doveva contenere tutto il brivido del tradimento senza darlo a vedere… o almeno questo credevo che stesse pensando.
Anche Brando sapeva che stavo guardando. Sicuramente, doveva aver pensato, le cose erano andate abbastanza avanti per farlo considerare vincitore. Si erano tolti metà dei vestiti, si erano baciati, si stavano palpando, e ora stavano lottando corpo-a-corpo, con le loro membra aggrovigliate tra loro, e non sarebbe passato molto tempo prima che si liberassero del resto dei vestiti. Quanto ancora avevo bisogno di vedere, doveva aver pensato?!
Io stringevo gli occhi, e mi domandavo la stessa cosa: quanto ancora potevo sopportare di vedere? Sì, d'accordo, per i termini della scommessa lui avrebbe dovuto arrivare fino in fondo, e finché rimanevo nella dispensa ero ancora potenzialmente vincitore…! Ma cominciavo a chiedermi se le mie certezze che Karina non gli avrebbe permesso di spingersi fino a quel punto fossero così incrollabili come pensavo.

Mentre lottavano tra loro, Karina riuscì a sottometterlo, costringendolo in posizione sdraiata sulla schiena e portandosi sopra di lui, premendogli con le ginocchia sul petto. Afferrò con le mani quelle di Brando, usandole per tenersi in equilibrio. Rise e raddrizzò la schiena, sedendosi sui talloni con i capelli neri che le ricadevano selvaggiamente sul viso eccitato.
"Scommetto che hai sperato di togliermi questo di dosso per tutta la sera, eh…?", gli disse con finto disprezzo, prima di tirarsi via anche il corpetto, dimenandosi e contorcendosi per sfilarselo di dosso mentre rideva, seduta sopra di lui.
Rimasi a bocca aperta, scordandomi anche di respirare, mentre lei riprese la loro posizione, mani su mani, in ginocchio sul suo petto, vestita solo di reggiseno e mutandine rosa.
"Ma se sei tu che hai cercato di sfilarmi i calzoni per tutta la serata!", scherzò lui, e lei rise della sua sfacciataggine. Ma intanto, contorcendosi, raggiunse con una mano l'orlo dei suoi calzoni e con uno strattone glieli tirò giù insieme alle mutande, riducendolo alla sola maglietta.
"Non era poi così difficile, no?".
Lei gli tirò su la maglietta e lui la agevolò nell'impresa di sfilargliela via dalla testa, prima di tornare in posizione sdraiata sul divano sotto di lei. Ora era nudo.
"Ecco, hai esaudito il tuo desiderio… contenta?" lei disse lui.
Mia moglie rise, di un sorriso diabolico. Si stava divertendo davvero. Portò le braccia dietro la schiena e slacciò il reggiseno, prima di lasciar cadere le spalline lungo le braccia, prenderlo tra le dita e gettarlo via.

La guardai stupefatto. Era come se Karina si fosse dimenticata che c'era una scommessa in ballo, che suo marito la stava guardando, e soprattutto che doveva solo portarlo a un punto in cui lui pensasse di fare centro con lei, ma senza fargli fare centro per davvero! Ma ero bloccato! Sapevo che, se fossi uscito, avrei perso. Ma a quel punto mi venne da pensare che avrei perso comunque, anche se fossi rimasto dentro. Lui era nudo, e mia moglie, sopra di lui, aveva addosso solo delle mutandine a vita bassa tipo hipster. Uscire quindi non mi sarebbe costato nulla: probabilmente avrei perso in ogni caso, ma almeno potevo fermare ciò che sembrava inevitabile ai miei occhi.
Ma nonostante ciò non ci riuscii. Ero come pietrificato.
Non rimasi però solo a guardare: quando vidi mia moglie sollevarsi leggermente sulle ginocchia, con una mano a reggersi in equilibrio su di lui e con l'altra ad agganciare le sue mutandine e tirarle giù lungo le gambe e via dai piedi, qualcosa nel mio cervello fece tilt…! Non capii più nulla! Mi slacciai i pantaloni, il mio cazzo era talmente teso e duro da farmi male. Certo, avevo già visto due persone scopare… ma mai mia moglie, ovviamente. E mai in una situazione così erotica!

Ancora non ci credevo che Karina sarebbe arrivata fino a quel punto! Anche quando lasciò scivolare le sue ginocchia attorno ai fianchi di Brando, anche quando allungò una mano dietro di sé, anche quando vidi le sue dita dipinte di rosso chiudersi intorno al suo cazzo gonfio e teso e la vidi sollevare il suo bel culo rotondo per portarlo sopra di esso, stentavo a credere a ciò che vedevo! Mia moglie gli teneva l'uccello dritto con la mano, facendogli ondeggiare i suoi fianchi sopra… era così bagnata che potevo notarlo persino dall'altra parte dell'appartamento!
Tutti, ormai, ci rendevamo conto che era finita. Lei a quel punto gli aveva permesso di arrivare fino in fondo, tranne che per la penetrazione vera e propria. E ora stava per scoparselo davvero, dannazione.
E Brando… lui lo sapeva come funzionava la scommessa: se io gli dicevo di fermarsi, o uscivo allo scoperto, avrei perso tanto quanto se lui si fosse effettivamente scopato mia moglie. Allora perché, avrà pensato, stavo lasciando che succedesse?
O almeno, questo credevo che pensassero. Quando li vidi meglio, che si scambiavano sorrisini e sguardi complici mentre respiravano pesantemente, mi resi conto che, nella foga del momento, come aveva detto Karina, erano troppo distratti l'una dall'altro per ricordarsi che ero lì e che c'era una scommessa in ballo.

Mia moglie si chinò su Brando e poggiò le sue mani ai lati della testa di lui, poi cominciò a baciargli le labbra e a mordicchiargliele con i denti, coi suoi capelli lunghi e scuri che gli carezzavano il volto, il collo e il petto, mentre intanto i suoi fianchi continuavano a dondolare sopra quel cazzo in tensione.
"Non possiamo…", gemette, "…sono sposata col tuo amico, lo sai…", mugolò, probabilmente per fare in modo che io, dall'altra parte, ascoltassi e mi comportassi di conseguenza, mandandole un messaggio che le chiedesse di fermarsi. Ma non potevo farlo, purtroppo; non potei fare altro che guardarla e menarmi il cazzo dietro quella porta semichiusa. I fianchi di Karina dondolarono e si abbassarono piano, fino a ché le labbra della sua figa toccarono la cappella di lui, allargandosi leggermente intorno ad essa. "Ti ho detto che non puoi scoparmi…", gli sussurrò, ma abbassò ancora di più i fianchi, e la sua fighetta aveva ora inglobato l'intera cappella di Brando. Si tirò di nuovo su, separando i loro due sessi, e agitò il culo in aria. "No, no, no!", lo stuzzicò ancora, prima di baciarlo con la lingua in modo appassionato.
Poi, all'improvviso, si afferrò alle spalle di lui e, tirandosi su col busto, affondò in un colpo solo fino alla radice del suo cazzo, serrando le labbra bagnate della sua vagina attorno alla base di esso.
"Ops…", sospirò, con gli occhi nei suoi, "…mi sa che non ho resistito!", disse, premendo più forte il bacino su di lui.
In quel momento mi sentii sprofondare con tutto il corpo. Per poco non svenivo.
Karina rovesciò la testa all'indietro e rilassò i fianchi, per godersi quel membro caldo e pulsante infilato fino in fondo.

Mia moglie, a quel punto, cominciò a scuotersi sul pube di Brando, gemendo e incurvando la testa e la schiena in avanti. Si mise a urlare, a piangere, e a scuotere il suo corpo contro quello di lui con tanta forza che sbatteva avanti e indietro anche lui insieme a sé. Era scatenata, rumorosa, completamente animalesca.
Brando fece scivolare liberamente le mani sul corpo nudo di lei, e quando si riempì i palmi delle mani con i suoi magnifici seni, che sapevo essere una delle sue zone erogene più sensibili, lei chiuse gli occhi e pompò i fianchi ancora più contro quelli di lui, strillando per il piacere ma con un sorriso stampato in volto.
Sotto il mio sguardo ipnotizzato, Karina smise per qualche secondo di emettere suoni, e potei vedere le sue nocche diventare bianche.
Alla fine emise un rantolo, come una strega, come una donna posseduta. L'avevo vista raggiungere l'orgasmo con un vibratore, con me che la leccavo, che la scopavo… avevamo avuto rapporti sessuali intensi… ma non avevo mai sentito uscire dalla sua gola quello che sentii quella sera, mentre la guardavo sbattersi Brando!

Era una scena di un erotismo incredibile, come non ne avevo mai viste, né in un porno né altrove. Concentrato com'ero, non mi resi nemmeno conto che mi stavo masturbando fino a quando non sparai un fiotto dopo l'altro contro il retro della porta della dispensa… barcollai contro di essa, aprendola leggermente, prima di ricadere sulle mie ginocchia.
Dovetti rimanere lì, accasciato, disgustato di me stesso e ricoperto di sperma sulla mano e sulle gambe, mentre Karina aveva ricominciato a cavalcare il mio odiato amico di Università.

Alla fine uscii da quella porta, anche se mi ci volle tutta la forza che avevo per farlo… ma subito caddi in ginocchio, come se avessi le gambe di cemento. Avevo anche provato a chiamarla, ma era come in un incubo, uno in cui la stanza sta crollando ma non hai voce per urlare.
Mia moglie, però, la voce ce l'aveva eccome. Urlava, gemeva e ansimava a cavalcioni di Brando, che resisteva ancora, assecondando la cavalcata appassionata della mia Karina serrando gli occhi e stringendo i pugni per cercare di ritardare il più a lungo possibile la propria esplosione.
Karina sembrò sorpresa quando raggiunse un nuovo orgasmo, e anch'io mi resi conto che stava godendo di nuovo, ma solo dopo che lei si era già persa in esso.
Quello che era iniziato come un bacio, un divertito incontro di lotta e poi una vera e propria galoppata selvaggia, si andava via via trasformando in un scopata più tranquilla, dolce, quasi da innamorati, con baci appassionati, gemiti sommessi e orgasmi… ad eccezione, per il momento, di quello di Brando.
Quando vidi il viso di mia moglie trasfigurato per il piacere, coi capelli appiccicati per il sudore, e la vidi sorridere dolcemente a lui, non resistetti più, e sparai una seconda scarica di cartucce a salve sul pavimento della cucina.
Brando, incredibilmente, continuava a resistere!

Non ci volle molto, tuttavia, prima che, senza alcun preavviso, le palle del mio amico cominciassero a sobbalzare leggermente, segno che stava venendo, sparando fiotti di sperma nella figa e nell'utero di mia moglie. Come reazione a quella liquida invasione della sua fighetta, la mia Karina serrò le gambe intorno alla vita di lui e gemette forte dal profondo del petto. Non mi resi conto di ciò che stavo guardando finché non la vidi smettere di respirare e di muoversi per diversi secondi, iniziando invece a tremare convulsamente. Fu un orgasmo devastante quello che stava provando, e io, mezzo disteso lì sul pavimento, ne fui sconvolto insieme a lei. Gli strinse le mani e le picchiò sul suo petto, scuotendo violentemente la testa da una parte all'altra, in un urlo silenzioso, prima di implodere in un'inspirazione quasi urlata, stringendo forte la vita e i fianchi di lui tra le sue gambe.
"Oooooaaaaahhh…!", gridò, totalmente provata, prima di crollare sul petto sudato di Brando e iniziare a ridere a crepapelle come un'ubriaca.
I loro orgasmi congiunti sembrarono durare talmente a lungo che credevo non sarebbero finiti mai. Intontito com'ero da quanto era appena avvenuto davanti ai miei occhi, non mi vergognai più del fatto di aver goduto per ben due volte guardando mia moglie scoparsi un altro uomo… credo che nessuno, dopotutto, avrebbe resistito davanti a quella scena così incredibilmente carica di erotismo!

Dopo essersi coccolati per un po', mia moglie si staccò da Brando e si rotolò di fianco a lui, contro la spalliera del divano. Non aveva mai perso il suo sorriso allegro. Glielo prese in bocca, ormai esausto, e lo leccò e lo succhiò in modo stuzzicante, quasi volesse ripulirglielo del tutto.
Risero ancora e si schernirono a vicenda. Alla fine lei si alzò e lo tirò per mano verso il bagno, e io drizzai l'orecchio e sentii la doccia scorrere. Ci furono risate e urletti, e poi silenzio e gemiti, dall'interno. Mi accasciai contro il muro e sbattei lentamente la nuca alla parete.
Infine Brando si rivestì.
"Meglio che me ne vada, prima che Gian torni…" disse lui. Karina lo accompagnò alla porta di casa, e lì lo salutò baciandolo. Brando continuò a mantenere le apparenze fino all'ultimo.

Quando restammo soli io e Karina in casa, non ebbi più bisogno di nascondermi dietro l'isola della cucina, dove avevo trovato momentaneamente rifugio. Mi alzai e le andai incontro: era a rimettere in ordine i cuscini del divano. Si era rimessa addosso i pantaloncini e il corpetto, come se avesse avuto bisogno di fingere che non fosse successo nulla tra lei e Brando prima del mio ritorno. Per un attimo apparve sorpresa quando mi vide; lo stupore sul suo volto era reale… davvero si era scordata che ero rimasto in casa per tutto il tempo?
"Ma… non mi hai mai mandato nessun messaggio…!", abbassò la testa e scrollò le spalle.
Mi avvicinai lentamente al tavolo della cucina e allungai deliberatamente la mano per rendere evidente che il mio telefono era lì, dove l'avevo dimenticato, e vi era rimasto per tutto il tempo.
Lei lasciò cadere il cuscino che teneva in mano e inspirò rumorosamente, coprendosi il viso con entrambe le mani.
"Oddìo… amore, perdonami!", esclamò ad alta voce, la voce rotta dall'emozione.
Annuii. Che altro potevo fare, o dire?!
"Mi dispiace tanto di averti messo in questa situazione", aggiunse imbarazzata. "Non avevo intenzione di fare nulla con lui… cioè, non avevo intenzione di farlo, volevo solo baciarlo di nuovo per infastidirti, volevo solo togliergli la maglietta… poi però, non so… alla fine ci siamo tolti tutto, ma ti giuro, non volevo che succedesse!".
"Alla fine però è successo! Lo hai fatto, con lui!".
"Non so cosa mi sia preso… è stato più forte di me…".
"Ma… tu lo sapevi che io vi stavo guardando?!".
Avrei voluto essere arrabbiato con lei per quello che aveva fatto, per come mi aveva fatto perdere cinquemila euro, ma non riuscivo a trovare la rabbia dentro di me.
Anche lei, però, colse il mio errore.
"E perché non sei uscito? Cioè, avresti perso, ma ovviamente hai perso lo stesso…" mi guardò di traverso. Poi Karina si rese conto che sul davanti dei miei pantaloni c'erano evidenti macchie di sperma. Inspirò una seconda volta, ancora più bruscamente della prima, e si coprì la bocca spalancata con le mani. "Oh mio dio!", gridò di nuovo ad alta voce, ancora più forte di prima. "Hai goduto! Hai goduto guardandomi scopare col tuo amico!", disse, con una voce così improvvisamente stridula che non sapevo se ridere o piangere. Si accorse del mio disagio e venne subito da me, abbracciandomi e stringendomi… il ché era strano, dopo che si era appena scopata il mio odiato amico proprio davanti a me. "Va tutto bene, tesoro…" mi sussurrò tenendomi tra le sue braccia, "…sono in tanti ad avere delle perversioni, è una cosa tutt'altro che insolita, no?! Voglio dire, eravamo abbastanza consenzienti su tutto questo, entrambi, giusto? E questo è ciò che conta…!".
Evidentemente non aveva capito… o forse ero io a non aver capito di avere una deviazione, una perversione: godere nel vedere mia moglie, la mia «hotwife» a quanto pare, farlo con altri uomini.

"Andiamo a letto, dai!" mi disse, baciandomi sulla punta del naso, con quella stessa bocca che solo poco prima aveva ripulito il cazzo esausto di Brando dai loro umori mescolati insieme. "Domattina andremo a fare una bella colazione al bar, insieme, e poi ne parleremo…", si girò e mi diede uno schiaffo sul sedere, "…e chissà, forse possiamo anche approfittarne per organizzarci e fare qualcosa per te… di nuovo!", mi disse sorridendo da sopra la spalla. Si diresse verso la camera da letto, gettando i vestiti sul pavimento mentre si allontanava.
Facemmo l'amore con una passione e un trasporto che non avevamo mai avuto a letto prima di allora. Lei era eccitatissima, ed è venuta non so quante volte.
Forse, quella notte, avevamo scoperto anche la sua, di perversione.
scritto il
2024-07-27
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