Non sono suo marito

di
genere
comici

"Come sta il mio fustaccio sexy stasera?".
La delicata voce femminile mi giunse all'orecchio con un soffio caldo e umido, appena udibile sopra il clamore indisciplinato del pub. Le morbide labbra di lei mi sfiorarono il lobo mentre pronunciavano quelle parole. Morbide ciocche dei suoi capelli ricadevano sulla mia nuca, mentre una fragranza sconosciuta di rose e gelsomino inebriava i miei sensi. Sentivo i suoi ampi seni premere comodamente contro la mia schiena, mentre lei avvolgeva le sue braccia intorno al mio torace in un tenero abbraccio.
«Sembra che Rita si senta molto meglio…», pensai. A quanto pareva, il suo mal di testa non era così grave come si aspettava.
Quando mi voltai sullo sgabello, voltandomi per salutare la mia compagna, il suo volto mi fu addosso in un lampo, eclissandomi la vista dell'intero pub. Con le sue labbra lussuriose che calavano sulla mia bocca, chiusi gli occhi di riflesso e accettai la sua lingua che mi invadeva la gola. Il suo bacio era profondo e appassionato.
Le nostre lingue si intrecciavano e nuotavano insieme fluidamente come delfini che si divertono, sopra e sotto l'altra, fuori da una bocca e dentro l'altra. Il bacio era così seducente, nella sua intensità e sfrontatezza, che sentii quel familiare formicolìo di euforia incresparsi sotto la mia pelle. Il mio cazzo cominciò a gonfiarsi. Ero perso nell'eccitazione del momento, consumato dal fervore di quel bacio sensuale. La sala del pub e tutti i suoi rauchi frequentatori scomparvero dai miei sensi mentre ci baciavamo. Non m'importava di nient'altro, tranne che della fame di piacere che mi percorreva il corpo. Era da tanto che desideravo accarezzarla, Rita, stringere la carne soffice ma soda dei suoi seni, accarezzare i contorni lisci del suo sedere.
Sollevai il braccio dal bordo del bancone, ma, mentre lo facevo oscillare lentamente verso il suo petto, rovesciai inavvertitamente il mio drink.

L'incantesimo si ruppe all'improvviso. I miei occhi si aprirono di scatto mentre il Jack&Cola ghiacciato mi si riversava sulla gamba dei pantaloni. Cercai di interrompere il bacio, ma lei non si spostò. Il suo viso, troppo vicino perché potessi metterlo a fuoco, era incorniciato da voluminosi riccioli di capelli biondi.
«…Biondi?!» pensai all'improvviso.
Rita era bruna. Questa non era Rita!
Mi chinai all'indietro e vidi per la prima volta chiaramente il volto della mia visitatrice. Era un viso piuttosto seducente: ciglia lunghe e ampie che svolazzavano su occhi scuri e civettuoli, un naso affusolato leggermente cosparso di lentiggini sul ponte, e labbra piene, succulente, che sembravano tanto deliziose quanto lo era il loro sapore. Lunghe ciocche ondulate di setosi capelli dorati le ricadevano sulle spalle, mentre le sopracciglia castane scolpite mi dicevano che la tappezzeria di «sotto» non corrispondeva del tutto a quella di «sopra»… anche un qualche sospetto che lì sotto non ci fosse alcuna tappezzeria, devo dire la verità, mi era venuto.
Non avevo mai visto prima quella bellissima seduttrice. Non avevo idea di chi fosse.
"Le donne di Atlanta sono certamente amichevoli…" sorrisi, cercando di nascondere la mia confusione.
"Sì, lo siamo", sorrise la bionda. "E sappiamo cosa piace ai nostri uomini…".
«…I nostri uomini?». Un pensiero strano mi attraversò la mente. «Mi considera il SUO uomo? Ma chi è questa ragazza?». Già, chi era? Una ninfomane del luogo che aveva trovato la sua nuova preda? Qualche mia amante dimenticata da troppo tempo? O forse qualcuna assoldata dai miei amici per farmi uno scherzo?
"Mi piace il nuovo taglio di capelli…", disse mentre mi accarezzava il cuoio capelluto con un tocco affettuoso.
«Taglio di capelli?» pensai. Erano passate diverse settimane dall'ultima volta che ero andato dal barbiere, e pensai che avrei dovuto darmela, una spuntatina.
"Cosa ti fa pensare che mi sia appena tagliato i capelli?" dissi.
La bionda ignorò la mia domanda mentre un sorriso si allargava sul suo viso, stropicciando gli angoli dei suoi occhi da cerbiatta.
"E anche l'accento che stai imitando… è quello di New York, vero?", disse, notevolmente sorpresa. "Lo sai che gli accenti mi fanno eccitare…".
Emise un ringhio basso e gutturale e poi mi artigliò lentamente il petto, imitando una gatta selvaggia mentre mi passava le unghie sulla camicia. La gente si riferisce al dialetto di New York in tanti modi diversi, ma non ricordo di averlo mai sentito definire «eccitante», e di certo non avrei mai immaginato che potesse scatenare una reazione di quel genere.
"Quando hai imparato a imitare l'accento così, Hank?", fece le fusa.
«Hank?!». Oh cielo, ora la cosa cominciava ad avere senso. Mi aveva chiaramente confuso con qualcun altro. «Sarà ubriaca? Sarà fatta di qualcosa?» pensai.
"Non sono Hank", dissi. "Mi chiamo Roger. Temo che lei si sia confusa…".
La bionda mi fissò con attenzione negli occhi, e poi un ampio sorriso le illuminò il volto come se fosse la battuta finale di una barzelletta. Allo stesso tempo, avendo già infilato la mano nella mia camicia, mi massaggiava il pettorale sinistro e sfiorava provocatoriamente con il pollice il mio capezzolo. Chiaramente non credeva a quello che avevo detto.
"Davvero, non sono Hank!" cercai di essere più convincente, ma mantenni un tono leggero perché non sapevo con chi avevo a che fare. "Forse sarà l'illuminazione qui dentro, ma…".
"Non credi che una donna lo sappia riconoscere, suo marito?", mi interruppe.
«Suo… marito?!?» pensai. Ora, come si può scambiare un'altra persona, un estraneo, per il proprio coniuge? Non importa quanto scarsa potesse essere la luce. Quanto potevo somigliare, io, a suo marito? «Ehi, aspetta un attimo…!». Mi ricordai improvvisamente di una cosa che Rita mi aveva detto all'inizio della settimana.

* * *

Rita era una mia amica, anche lei di New York. Mi aveva accompagnato nella mia gita in Georgia. Eravamo buoni amici, quel tipo di amici che ci sono sempre l'uno per l'altro… o in questo caso, per l'altra. Io e Rita eravamo molto affiatati, da anni… ma non così tanto da prendere in considerazione il matrimonio. Non avevamo mai sviluppato un legame emotivo, anche se eravamo molto spesso intimi. Credo che si possa dire che eravamo «trombamici». Quando per lavoro avevo dovuto recarmi ad Atlanta per un fine settimana lungo, Rita, disoccupata e senza nulla di meglio da fare, aveva accettato di venire con me.

Il giorno prima che quella bionda mi braccasse in quel pub, Rita mi aveva detto che quel giorno aveva fatto un incontro interessante.
"Ho incontrato il tuo gemello oggi pomeriggio!", mi disse eccitata.
"Il mio cosa?!" chiesi. Non avevo mai avuto un gemello, né un fratello o una sorella. Rita mi spiegò con un certo entusiasmo che quel pomeriggio aveva visto un tizio che era il mio «doppione». Disse che era "…esattamente…" come me, solo con i capelli più lunghi.
Quando ho riso e l'ho presa in giro dicendo che probabilmente era anche più basso, più pesante e con gli occhi di colore diverso, ha cambiato rapidamente argomento, dopo avermi detto che mi stavo comportando da «idiota e gran pezzo di merda». Beh, mi capita spesso.
Non ci avevo più pensato a quel mio presunto sosia… fino a quel momento nel pub.

* * *

«È possibile che io assomigli davvero al marito della bionda? Potrebbe essere l'uomo che Rita aveva visto e che aveva detto essere il mio sosia?» pensai. Se così fosse, mi chiesi come avrebbe reagito Hank se, entrando nel bar, avesse sorpreso sua moglie a fare a lingua in bocca con me. Ricordandomi che le leggi sulle armi da fuoco da queste parti erano ben più permissive rispetto a New York, un'improvvisa nube di farfalle cominciò ad agitarsi nel mio stomaco.
"Deve credermi. Non sono suo marito…" la supplicai.
Gli occhi della bionda sexy scintillarono di gioia. E perché non avrebbe dovuto essere allegra? Pensava che suo marito si stesse divertendo un po' con lei.
"Okay", rise lei. "Ti va di giocare, eh? Qui in pubblico? A me va bene, se è questo ciò che vuoi".
Sorrise maliziosa, i suoi occhi innocenti e complici accesero in me un sentimento inaspettato: il vibrante richiamo del desiderio sessuale. La mia parte cosciente e razionale voleva che mi allontanassi da quella donna e lasciassi il pub. Il mio uccello, tuttavia, si era rilassato molto poco dopo quel bacio concluso frettolosamente, e inoltre, evidentemente, non ero poi così razionale come credevo.

Decisi di restare lì per un po', per scoprire cosa stava succedendo davvero. Intendevo dedicarle non più di mezz'ora, poi l'avrei troncata lì e me ne sarei andato prima che Hank si fosse fatto vivo.
"Posso offrirle da bere?" le dissi.
"Certo che puoi, Roger…", tirò fuori il mio nome con una certa accondiscendenza, facendo finta di niente, non rinunciando a credere che fossi suo marito.
"Barista…!" chiamai agitando il braccio, ma non riuscii ad attirare la sua attenzione.
"Dovrai fare di meglio", sorrise la bionda, e mi scansò guardando il bar. "George!", gridò. "Da questa parte!".
Veloce come un fulmine, un barista dalle spalle larghe era in piedi davanti a noi.
"Cosa ti do, Kelly?", sorrise, passando uno straccio sul bancone e ripulendo la pozzanghera lì dove avevo rovesciato il mio drink.
"Da bravo, George, preparami un Mojito…", disse allegramente la signora Hank.
"Certo, tesoro", sorrise il corpulento barista. Poi raccolse il mio bicchiere vuoto e si rivolse a me. "E tu cosa stavi bevendo, Hank?".
"Oh! Devi chiamarlo Roger stasera", rise la bionda. "Vuole essere chiamato Roger".
"Come vuoi!", mormorò il barman, scrollando le spalle. "Cosa bevi, Roger?".
"Jack&Cola…" risposi con voce preoccupata. Non potevo credere che mi avesse chiamato Hank. Questo confermava che effettivamente avevo un doppione? O anche il barista era coinvolto nello scherzo?
Quando George tornò con i nostri drink, Kelly mi prese il braccio e mi allontanò dal bar. "Forza. Andiamo a sederci a un tavolo…", disse vivacemente e mi condusse verso il lato opposto della sala, dove piccoli tavoli rotondi erano allineati al muro.

Ci muovemmo tra l'orda di clienti soddisfatti di George. A metà della stanza, un uomo dagli occhi smussati con una maglietta rossa degli Atlanta Braves sgualcita mi salutò con una bottiglia di birra mezza piena.
"Ehi, Hank!", esclamò.
«Un altro che crede che io sia Hank…» pensai.
Resistendo alla spinta di Kelly, rallentai il passo e mi voltai verso l'uomo.
"Ti è piaciuta la partita di ieri sera?". L'amico di Hank biascicava e barcollava. Un improvviso cipiglio gli offuscò il volto e aggiunse rapidamente: "Ehi, ti sei tagliato i capelli?!".
In quel momento capii che non ero il bersaglio di uno scherzo. Quel tizio era così palesemente ubriaco che non era possibile che partecipasse in modo convincente a uno scherzo del genere.
"I Braves sono fantastici!" risi, dandogli il cinque per tenerlo calmo, e subito dopo seguii Kelly che mi trascinava verso un tavolino libero in un angolo abbastanza isolato.
Mi sedetti sul lato della parete del traballante tavolino, mentre la mia bionda «consorte» si era seduta di fronte a me.
"Allora…" fece una pausa per sorseggiare il suo Mojito, "…ora raccontami la tua storia, Roger". La parola «storia» le uscì dalla lingua con lo stesso tono sarcastico col quale aveva detto il mio nome.
Non occorreva essere un veggente per sapere che, qualunque cosa avessi detto, Kelly l'avrebbe presa come una totale stronzata. Sapevo anche che era molto divertita da tutto questo. Era inutile continuare a insistere che non ero suo marito.
"Sono di New York…!" dissi mentre la bionda sexy giocava con la cannuccia del suo drink. "Sono venuto per lavoro, starò qui per il fine settimana".
"E che tipo di lavoro è?", chiese ansiosa.
"Sono un meccanico".
"Un meccanico!". Le si illuminarono gli occhi. "Vuoi dire un sicario?".
"No!" non potei fare a meno di ridere. "Non sono un sicario. Io riparo macchine. Non sparo alla gente. Credo che tu abbia guardato troppi film…".
"Non fa niente…", sorrise scherzosamente, "…il tuo segreto è al sicuro con me".
"Non ho segreti", insistetti. "Sono proprio un meccanico".
"È così eccitante!", disse stringendomi la mano. "Ed io chi dovrei essere? Qual è la mia parte?".
«Pensa che sia un gioco di ruolo! Ma quanto è fuori, questa?!?» pensai.
"Non è un gioco", dissi. "Non ci sono mica parti da recit…".
"Lo so chi posso essere!", esclamò sorniona, interrompendo le mie parole. "Che ne dici della femme fatale? La dama sensuale che sa che sei un sicario, ti seduce come una Bond girl e usa il suo fascino per ottenere informazioni da te…!".
"Wow!" risi. "Calma, calma! Non stiamo facendo nessun gioco di ruolo. Io non sono un sicario. E lei non è…".
Ero troppo distratto, mentre guardavo Kelly dall'altra parte del tavolo, per continuare quello che avevo da dire. Mi fissava in modo seducente, con ampi occhi assonnati, mentre trascinava lentamente la punta della lingua sul labbro superiore, da un angolo all'altro. Allo stesso tempo, si sbottonava con cura la parte superiore della camicetta di seta bianca, rivelando la frangia di pizzo rosso del reggiseno e uno scorcio di scollatura da far venire l'acquolina in bocca.
«Beh… in fondo, per stasera, potrei anche essere un sicario…» ci ripensai, asciugandomi una goccia di sudore dalla fronte.

L'affascinante donna si alzò dalla sedia e si avvicinò al mio lato del tavolo. Si sedette sulla mia coscia, di traverso alla mia gamba. La sua gonna succinta, a quadri rossi e neri, terminava bruscamente a metà coscia, offrendomi una visione allettante delle sue gambe lisce e scolpite.
"Ora che ho la tua attenzione…", disse ridacchiando.
Oh sì, ce l'aveva decisamente la mia attenzione.
Kelly aprì e chiuse le gambe in modo stuzzicante, le sue ginocchia sfioravano l'interno dell'altra mia coscia come tergicristalli silenziosi. Sentivo le terminazioni nervose del mio inguine prendere vita. Se stava cercando di convincermi che poteva recitare la parte della sexy seduttrice, aveva già superato il provino.
Accarezzandomi la guancia con il palmo della mano, si appoggiò a me.
"Chi sei venuto a far fuori, Roger?", il suo viso era a pochi centimetri dal mio.
Se fossi stato davvero un sicario, in quel momento le avrei spifferato tutto. Avrei vuotato il sacco fino in fondo. Ero ipnotizzato. Invece, aprii la bocca per darle una qualche risposta improvvisata, ma la mia mente era vuota. Mi aveva lasciato senza parole. Rimasi seduto a fissare la mia seduttrice con la bocca aperta.
Kelly si avvicinò e incollò la sua bocca aperta alla mia. In un attimo riprendemmo da dove avevamo interrotto prima… con le nostre lingue che danzavano. La sua bocca sapeva di menta e lime, come il suo drink. Il suo bacio mi eccitava… il mio cazzo era duro e pulsante… mi teneva giusto dove voleva. Ero come plastilina nelle sue mani.

Proprio in quel momento, dal jukebox del bar partì un'allegra canzone country. Lei si staccò e balzò in piedi.
"Adoro questa canzone!", esclamò con un sorriso diabolico.
Cominciò a ballare davanti a me, ancheggiando al ritmo della musica e spingendo il bacino verso di me in modo suggestivo. Rimasi lì ipnotizzato, osservando ogni suo movimento.
La sexy seduttrice piegò il corpo in avanti e fece scorrere le tette sul mio petto. Poi mise le mani sulle mie ginocchia e le fece scivolare verso l'alto, accarezzandomi le cosce mentre continuava la sua danza provocante.
"È la tua pistola, quella…" mi chiese, sorridendo sorniona mentre le sue dita si avvicinavano leggermente al mio inguine, "…o ti piace come ballo?".
"Oh, mi piace molto!" risi.
Rapidamente si girò e iniziò a fare del twerking. Inarcando la schiena, spinse il sedere all'indietro, sollevandolo in aria e facendolo dondolare su e giù, a portata di mano. Quando si piegò, la sua gonna, già corta, si alzò, esponendo sottili mutandine di pizzo rosso. Adoro le donne che coordinano la loro biancheria intima. Il mio uccello si indurì. Mi stava facendo impazzire.

I movimenti della mia arrapante ballerina non passarono inosservati. Attirò l'attenzione di due locali dalla faccia losca che la guardavano intensamente con occhi allupati e si scambiavano commentacci tra un sorso di birra e l'altro, ognuno ridendo a crepapelle della propria battuta.
Kelly indietreggiò gradualmente mentre oscillava i fianchi e muoveva il sedere, ballando sempre più vicina a me, finché non cadde all'indietro sulle mie ginocchia. Non appena si sedette, i due interessati spettatori si allontanarono, evidentemente pensando che lo spettacolo fosse finito. Per me, invece, la performance di quella sensuale pantera bionda era appena cominciata. Continuò la sua danza provocante, ora sopra di me. Le sue natiche catturarono il mio membro duro nel solco tra di esse, e lei si mise a scivolare avanti e indietro su di esso.
Quando girò la testa, come se stesse per dire qualcosa alle sue spalle, le afferrai una manciata di capelli e le strattonai la testa all'indietro. Quel gioco di ruolo la stava eccitando così tanto che pensai di fare la mia parte… anche se per poco.
"Basta parlare del mio lavoro", le ringhiai all'orecchio. Liberandole i capelli, le spinsi la testa in avanti.
Immediatamente si contorse all'indietro, più determinata sul mio cazzo. Potevo sentire il calore e la morbidezza della sua figa, anche attraverso gli strati dei vestiti. Si strofinava su di me con vigore. Se avesse continuato a farlo, sarei venuto proprio lì, in quel momento… ma lei si scostò frettolosamente da me.
"Devo usare il bagno…", sussurrò grossolanamente e scomparve tra la folla.

Rimasi seduto al tavolino, stordito, solo con l'odore persistente del suo profumo e un'erezione straziante che implorava di essere liberata dal suo tormento. La lap dance di Kelly era stata così arrapante che sentivo ancora il suo corpo strusciarsi su di me.
Mi girava la testa. Era sconcertante che quella vipera impazzita non solo credesse davvero che io fossi suo marito, ma anche che stessi recitando la parte di uno spietato killer newyorchese. Ma chiunque pensasse che fossi, e qualunque cosa pensasse che stessi facendo, per me non aveva importanza. Mi aveva fatto eccitare al punto che volevo disperatamente scoparmela.
Aspettai pazientemente che l'oggetto della mia lussuria tornasse, mentre tracannavo ciò che restava del mio Jack&Cola.

Proprio mentre stavo pensando di farmene fare un altro, vidi la bomba bionda che si faceva strada tra la folla dei compagni di bevute.
"Ho un regalino per te, Roger…", mi guardò con un sorriso malizioso mentre si avvicinava al tavolo. Nel pugno chiuso, che sollevò dal fianco, c'era una massa appallottolata di stoffa cremisi. Infilò delicatamente il tessuto nel taschino della mia giacca. Capii subito che si trattava delle sue mutandine, e il mio cazzo sobbalzò.
Kelly sistemò la sua sedia davanti alla mia e si sedette di fronte a me, con le ginocchia incastrate tra le mie. Senza esitare, posai la mano sulla sua gamba e la feci scivolare sottilmente sotto la gonna… il regalo delle sue mutandine era stato, nella mia mente, un invito. Il calore accogliente e l'umido sulla sua pelle accolsero le mie dita che avanzavano.
Feci avanzare la mano con tranquillità fino a sentire le morbide protuberanze della sua vulva. Per la cronaca, non c'era nessuna tappezzeria, proprio come avevo sospettato. Muovevo i polpastrelli tra le sue pieghe, scivolando tra le secrezioni lubrificanti che mi accoglievano le dita.
Sentendo un sospiro, alzai lo sguardo verso il viso di Kelly che cercava di reprimere un sussulto a denti stretti. I suoi occhi si rovesciarono all'indietro quando le mie dita sondarono il suo sesso, le palpebre sbatterono. Un sorriso tremante le illuminò il viso.
La sua mano si slanciò in avanti e si posò sul mio inguine, dove strinse la protuberanza prominente nei miei jeans. Artigliò famelicamente la mia erezione e poi, incurante della folla che ci circondava, iniziò a slacciarmi la cintura. Non riuscii nemmeno a rendermi conto di ciò che Kelly stava facendo, che i miei pantaloni furono già aperti e lei me li stava sfilando giù dai fianchi. Istintivamente sollevai il sedere dalla sedia per aiutarla, e Kelly mi tirò giù i pantaloni fino alle ginocchia. Me li avrebbe abbassati fino alle caviglie, se non fosse stata impedita dal suo stesso ginocchio.
In quel momento avrei dovuto essere assalito e risvegliato dalla preoccupazione, a seconda del caso, che Hank apparisse inaspettatamente con le pistole spianate, oppure che un poliziotto di Atlanta mi arrestasse per atti osceni. Ma ogni paura svanì nel caos confuso di quel pub affollato. L'unica cosa che occupava la mia mente era Kelly e quello che avrebbe fatto dopo.
Chiuse la sua mano minuta intorno alla mia asta rigida e la fece scivolare lentamente su e giù. Il suo pollice passava avanti e indietro sulla mia punta, spalmandomi sulla cappella il liquido trasparente che trasudava dalla fessura in cima. Il suo tocco mi eccitava. La mia mente correva. «Mi farà una sega? È talmente sfrenata da farmi un pompino proprio qui?» pensai mentre mi contorcevo in una fremente attesa.
Intanto, sotto la gonna, facevo scorrere le dita nella sua fessura scivolosa. Mi stava facendo sentire così bene che desideravo ardentemente restituirle il favore. Individuai il suo bottoncino gonfio, e passai il pollice sulla sua superficie, gradualmente aumentando la pressione sul suo clitoride, e lei rispose spingendo il suo pube contro i miei polpastrelli impiastricciati dei suoi umori.

All'improvviso, Kelly si staccò. Mollò il mio cazzo, spinse la sedia all'indietro e si alzò. Quando mi voltò rapidamente le spalle, per una frazione di secondo mi convinsi che si trattava di un elaborato scherzo ai miei danni. Ero certo che da un momento all'altro la folla sarebbe scoppiata a ridere alla vista di me seduto a culo nudo su una sedia da pub con un'erezione impetuosa, le dita bagnate e un'espressione stupida sul viso.
Ma mi sbagliavo.
La sexy pantera appoggiò il suo culo formoso verso di me e si abbassò proprio come aveva fatto prima. Ma questa volta allungò la mano all'indietro e sollevò l'orlo della gonna come un pianista da concerto che getta via le code del suo smoking. Scorsi per un attimo i globi pallidi del suo sedere delizioso mentre scendeva su di me, e mi leccai le labbra.
Quando Kelly lasciò cadere il suo bellissimo culetto nudo sul mio grembo, mancò di pochissimo la mia erezione e la spinse indietro verso il mio corpo. Subito si rialzò e fece un secondo tentativo, e questa volta centrò il bersaglio. Immagino non fosse il primo rodeo di quella cowgirl.
Dopo aver posizionato la sua calda e umida apertura sopra la punta del mio uccello, si lasciò cadere di nuovo, inghiottendo comodamente la mia asta con la sua figa. Ebbi una immediata sensazione di calore confortante e di eccitante morbidezza. Un lampo di puro piacere mi attraversò l'uccello. Ero in paradiso… una sensazione incredibile! Kelly assaporò per un attimo quel delizioso istante di penetrazione, poi si alzò e ricadde di nuovo su di me… e ancora… e ancora.
Cavalcò sul mio cazzo, dapprima senza fretta, premendo con il suo corpo mentre scivolava meticolosamente verso l'alto, per poi ripiombare giù in una rilassata caduta libera. Spostai l'avambraccio sotto la gonna, sfiorai con la mano la sua pelle calda e vellutata e infilai le dita nella sua passera ricoperta di umori viscosi. I miei polpastrelli cercarono con cautela il suo clitoride. Quando lo trovai, lo massaggiai piano, tenendomi a stretto contatto con esso mentre il suo corpo si alzava e si abbassava costantemente sul mio bastone.
Kelly rispose immediatamente alle carezze delle mie dita pompando più velocemente il suo corpo sul mio. Ad ogni spinta del suo corpo diventava sempre più bollente, e presto si mise a dondolare su di me con uno zelo da predatrice.

Con il suo corpo che mi bloccava la visuale, non ero in grado di vedere la folla che ci circondava, ma potevo sentire alcuni dei loro commenti.
"Oh mio dio! Guardate quei due che fanno…?!".
"Brava troia! Dacci dentro, dacci dentro!".
"Ehi, voi due… prendetevi una cazzo di stanza!".
Non mi disturbava affatto che la nostra lussuria ormai fuori controllo fosse diventata il centro di attenzione della clientela del pub. Ero talmente consumato da quella feroce fame di soddisfazione sessuale che non me ne sarebbe fregato nulla nemmeno se la CBS News fosse entrata e ci avesse ripresi per un servizio per il telegiornale della sera. Anche Kelly non sembrava preoccupata dal nostro pubblico. Anzi, credo che l'attenzione le piacesse.

Presto cominciai a sentire il suo corpo tremare. Le sue spinte divennero meno ritmiche, ma più determinate. Sentivo che era lì lì, e anche il mio corpo rispose con altrettanta impazienza.
Un'onda pulsante di elettricità attraversò ogni mio muscolo e si diresse rapidamente verso l'inguine, trascinando con sé ogni briciola di energia del mio corpo. Le palle si contrassero, i peli si impennarono come se fossero stati caricati di elettricità statica… e un forte formicolìo cominciò a montarmi da dentro il mio scroto fino alla punta del cazzo.
Kelly continuava a contorcersi e a dimenarsi su di me. Era vicina. Mi sforzai di non mollare… il mio cazzo pulsava in modo disperato.
«Trattieniti! Aspetta che venga prima lei…» urlai a me stesso, nella mia mente.
Lei inarcò la schiena, inarcò il collo all'indietro e fissò il soffitto mentre mi cavalcava. Con il viso ben premuto contro la sua schiena, potevo sentire i rantoli dell'aria che entrava e usciva a boccate dai suoi polmoni.
«Resisti, cazzo…!» mi incitavo da solo.
Nell'istante successivo lei si slanciò in avanti, gettando la testa sul petto, con i lunghi capelli biondi che le nascondevano il viso.
«Ci siamo quasi…!».
Il suo corpo sussultò bruscamente, e rimase immobile per qualche secondo. Si mosse piano, e poi un altro spasmo la colse. Stava venendo. Si contorceva imperterrita, schiacciando con forza il mio pube col suo mentre il suo orgasmo la dilaniava.
Stimolato dalle suzioni peristaltiche dalla sua figa, non riuscii più a contenere l'urgenza di venire che stavo trattenendo. Un'ondata di sperma sgorgò dalla radice del mio cazzo e schizzò in profondità nella sua caverna, fuoriuscendo da me in rapidi scoppi disarticolati. Sollevai i fianchi, spingendomi con più forza nella sua figa mentre venivo. Sopraffatto, caddi in avanti contro la sua schiena e mi accoccolai con le braccia intorno a lei. I nostri corpi si fusero come un tutt'uno nel piacere orgasmico di entrambi. Continuavamo ad agitarci, l'uno contro il corpo dell'altra, finché il nostro entusiasmo non si placò.

Kelly rimase sopra di me anche dopo che i nostri orgasmi erano svaniti. Con le mie braccia ancora saldamente avvolte intorno alla sua vita in un abbraccio amorevole, restammo seduti immobili in silenzio. Il nostro pubblico di guardoni perse rapidamente interesse per noi e si diresse altrove, per trovare cose migliori con cui divertirsi.
Sentii il mio cazzo in via di rilassamento ritirarsi a malincuore dall'accogliente tana di Kelly, e una densa colata dei nostri fluidi cominciò a gocciolare gradualmente lungo le mie palle. Quando lei si sollevò, aggiustandosi la gonna, mi alzai rapidamente anch'io dalla sedia appiccicosa e mi tirai su pantaloni e mutande. Stranamente, nessuno sembrò notarlo.
"Penso che dovrò andare a darmi una ripulita…", disse con un sorriso imbarazzato mentre si raddrizzava la gonna e dava un'occhiata ai bagni.
"Anch'io, credo…" dissi con una smorfia, sentendo il pasticcio che avevo nel cavallo dei miei boxer.
Lei cominciò a farsi strada tra la folla, ed io le andai dietro con un'andatura leggermente arcuata.

* * *

Dopo la pulizia post-coito, la reincontrai fuori dai bagni e decidemmo di farci un altro drink. Ci avvicinammo al bar.
Kelly guardò i sedili malandati dei vecchi sgabelli, rovinati da macchie di birra, bruciature di sigaretta e chissà cos'altro. Ci pensò due volte a sedersi e decise di stare in piedi. Appoggiandosi al bancone con il gomito, prese in mano il Mojito che George, il barista, aveva appena appoggiato lì.
"Non mi hai ridato le mutandine…", sorrise diabolica. Io risi.
"Ehi, un regalo è un regalo. E poi comunque non ti servono…" risposi con malizia.
"Suppongo di no", ridacchiò e mi strinse affettuosamente il ginocchio. "Devo continuare a chiamarti Roger?", aggiunse, sbattendo le ciglia e alzando le sopracciglia con curiosità.
Sorrisi per quanto appariva timida e innocente… quella ragazza che, solo pochi istanti prima, mi aveva cavalcato con spericolato abbandono in piena vista del pub.
"È davvero il mio nome", gemetti. «Crederà mai che non sono suo marito?» pensai tra me, stupito che fosse ancora convinta che io fossi questo Hank.
"E va bene, Roger… allora, perché non andiamo a casa e finiamo quello che abbiamo iniziato?" Kelly disse dolcemente, con quella voce suadente che padroneggiava così bene. "Voglio scoparti anche l'anima…".
Per un attimo pensai che avrei dovuto chiudere lì la serata e tornare nella mia stanza d'albergo. Cominciavo a sentirmi in colpa per essermi divertito così tanto, per aver scopato e bevuto, mentre Rita era in albergo a soffrire di emicrania. Ma forse avevo un qualche istinto suicida, ed ero eccitato dalla minaccia di essere beccato da Hank mentre mi scopavo sua moglie; o forse volevo solo vedere quanto quel tizio mi somigliasse davvero… o forse l'offerta di Kelly di scoparmi anche l'anima era semplicemente troppo allettante. Qualunque fosse la ragione, mi convinsi a seguire quella donna fino al suo appartamento.

Camminammo per circa cinque minuti dal bar prima che Kelly lasciasse il marciapiede e salisse una breve serie di gradini in mattoni. Si fermò davanti alla porta, apparentemente aspettando che le aprissi.
"Ehm… credo di non avere la chiave con me…", le dissi sorridendo e lei sospirò. Sembrava che si fosse un po' stancata di vedermi rimanere nel mio personaggio. Dopo aver frugato a malincuore nella sua borsa, trovò finalmente le chiavi e aprì la porta.
La seguii in un soggiorno arredato in modo spartano, con un caratteristico ventilatore a soffitto in stile Casablanca che girava sopra la testa. Un cigolìo metallico ripetitivo permeava la stanza. Alzai lo sguardo verso il ventilatore a soffitto.
"Sembra che quel ventilatore abbia bisogno di un po' d'olio", dissi ridendo.
"Mmmm… non ci avevo mai fatto caso", disse lei scrollando le spalle, e poi mi passò le braccia sulle spalle. "Non preoccupiamoci delle riparazioni domestiche in questo momento, «Roger», mio misterioso sicario…". Premette le sue labbra sulle mie e mi baciò intensamente. "Andiamo, mettiamoci all'opera…" disse con improvvisa urgenza.
Prendendomi per il polso, mi mi condusse lungo il breve corridoio verso il retro dell'appartamento.

Quando il fastidioso cigolìo divenne più forte, però, mi resi conto che non proveniva dal ventilatore. Quel persistente rumore proveniva chiaramente dalla camera da letto in fondo al corridoio… ed era, in effetti, un chiaro scricchiolìo del materasso e della rete del letto.
La porta della camera era socchiusa, aperta solo di uno spiraglio. Kelly esitò davanti ad essa e si voltò verso di me, con i lineamenti delicati contorti dallo shock e dalla confusione.
"C'è qualcuno qui!", sussurrò freneticamente.
"Non sembra che intendano farci del male", dissi rassicurante a bassa voce. "Vediamo cosa sta succedendo…!".
Prima che lei potesse obiettare, con cautela, spinsi la porta verso l'interno. I due amanti nudi sul letto non si accorsero di noi, troppo coinvolti nell'atto. Con l'uomo rivolto a faccia in là e concentrato sulla donna nascosta sotto di lui, Kelly non aveva assolutamente idea di chi fossero.
Rimanemmo in silenzio per un momento sulla porta, come una coppia di guardoni, ad osservare la coppia sconosciuta che scopava. A giudicare dal modo in cui i loro corpi erano imperlati di sudore, i due erano lì da un po', e a giudicare dal modo in cui ansimavano, stavano per mettere un'altra tacca sul fucile. Kelly sembrava particolarmente affascinata dall'andamento ritmico del sedere dello sconosciuto che si muoveva tra le lunghe gambe tese della sua amante.
"Chi sono queste persone?", si chiese ad alta voce.
Al suono della voce di Kelly, l'uomo nel suo letto interruppe bruscamente le sue spinte, ruotò il corpo e ci guardò da sopra la spalla.
La vista del suo volto mi lasciò sbalordito. Ero scioccato.
Non mi sorprese affatto che quell'uomo fosse Hank, il marito di Kelly… ma ciò che mi stupì fu la sua incredibile somiglianza con me! Era come guardare un video in 3D di me stesso, come se mi guardassi allo specchio. Era così surreale.
"Hank!" Kelly esclamò, fissando incantata il marito. Immediatamente si girò verso di me con la bocca aperta e le mani strette. "Tu… tu chi sei?", mi chiese debolmente.
"Roger!". Ebbi l'impulso di aggiungere un: "Te l'avevo detto!", ma le feci invece la mia migliore espressione da gnorri.
Lei mi fissò intensamente negli occhi per un attimo, cercando di capire come stavano le cose… e poi riportò la sua attenzione su Hank.
"Fottuto bastardo!", si lamentò. "Mi hai fatta aspettare al bar, e nel frattempo eri qui a chiavarti questa troia!".
"Posso spiegarti, tesoro…" Hank balbettò.
"E non chiamarmi «tesoro»! Vaffanculo! Non ho bisogno di nessuna spiegazione da te, pezzo di merda!" Kelly replicò.

Fu in quel momento che vidi tutto con assoluta chiarezza. Mi resi conto che ero stato fregato. Eravamo stati fregati entrambi, Kelly e io. Era stata Rita, la mia cara amica di New York, a consigliarmi caldamente quel bar. Anzi, aveva quasi insistito perché ci andassi mentre lei si prendeva cura del suo terribile mal di testa. E Hank ci aveva mandato Kelly…
Anche se ancora lì, mezza nascosta sotto il corpo di Hank, sapevo che era Rita quella che giaceva lì con il suo cazzo ancora dentro. Avevano pianificato tutto insieme… probabilmente per tenere Kelly e me occupati mentre loro giocavano a «nascondi la salsiccia». E pensare a quanto mi ero sentito male per lei, credendo che stesse soffrendo così tanto, da sola in albergo.
"Vieni, Roger, andiamocene!" Kelly mi strinse il braccio mentre si voltava verso il corridoio.
"Lieto di averti conosciuto, Hank…!" sorrisi ampiamente da sopra le spalle prima di andarmene con sua moglie. "Ci vediamo, Rita!". Lei sollevò la testa dal materasso quando sentì il suo nome, il viso rosso per l'imbarazzo, le sopracciglia aggrottate a riconoscere il suo errore.
"Che vada a farsi fottere!" Kelly sputò mentre uscivamo dal suo appartamento.
"Che si fottano entrambi", aggiunsi.
Passeggiammo lungo il marciapiede, abbracciati l'uno all'altra, dirigendoci verso il mio albergo.
scritto il
2024-07-28
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