L'autostoppista russa

di
genere
etero

Era fine luglio, faceva un caldo insopportabile e io non vedevo l'ora di raggiungere mia moglie e mia figlia al mare. Dopo aver sistemato le ultime cose in ufficio, uscii ed andai di corsa a casa a caricare i bagagli, quindi mi misi subito in viaggio per raggiungere Gallipoli, in Puglia, dove il resto della mia famiglia si trovava già da quasi una settimana.
Man mano che mi avvicinavo all'ingresso dell'Autostrada, il traffico si intensificava sempre di più, e già cominciavano a manifestarsi i primi accenni di coda. «Ma porca di quella maiala…!» imprecai. «…Ma perché?! Perché nessuno fa più le partenze intelligenti, e invece fanno tutti le partenze deficienti?!!». Purtroppo, però, recriminare non servì a nulla, se non a farmi salire il nervoso. A ciò si aggiunga che il condizionatore aveva qualche problema, soprattutto quando si stava fermi in coda… così, per evitare di soffocare dal caldo, abbassai il finestrino, sia dal lato guida che dal lato passeggero.
Alzai un poco il volume della radio, per distrarmi un po', e presi ad avanzare con il ritmo «a scatti» della coda.

Ero giunto quasi alla barriera, quando mi sentii toccare il braccio che sporgeva dal finestrino…! Feci un sobbalzo, temendo che si trattasse di qualche venditore ambulante, o peggio, di qualche scippatore… poi mi voltai, e la vidi. Era giovanissima, con i capelli castano chiari, una maglietta aderente al suo corpo snello ed un paio di pantaloncini di jeans.
"Tu dà me un passaggio, pazhàluyste?" mi chiese, in un italiano un po' forzato, dall'evidente accento russo o giù di lì.
"Guarda, io vado giù fino in Puglia, non esco dall'autostrada…" risposi pensando di scoraggiarla, e sperando che capisse quello che dicevo.
"Kharashò…" rispose lei, guardandomi con aria speranzosa.
Dietro di me sentivo i clacson iniziare a suonare, dato che la fila era avanzata ma io stavo bloccando la strada.
"Va bene, sali… ma fai in fretta" le dissi innestando la marcia.
"Balshoy spasìba! Grazie!" lei disse entusiasta. Raccolse lo zaino e saltò in macchina di corsa, ed io ripartii subito dopo.

Pochi minuti dopo eravamo finalmente in autostrada. Tra me che ero impegnato a cercare di districarmi tra il grosso del traffico, e lei che, aperto lo zaino ne tirò fuori un libro e si mise a leggere, per molto tempo fu soltanto la radio a scacciare il silenzio dentro la macchina.
Non appena il traffico si diradò, decisi di rompere il ghiaccio. In fondo era un viaggio lungo, e senza fare almeno due chiacchiere sarebbe stato decisamente più imbarazzante di quanto già fosse.
"Dove stai andando?" le chiesi.
Lei interruppe la lettura.
"Dove tu va…!?" mi rispose.
"Molto lontano… a Gallipoli, nel Salento" le risposi.
"Dove, Salento? È bel posto?" mi domandò ancora ed io annuii, cercando di spiegarle dove si trovasse. Lei sorrise. "Allora anche io va Gallipoli…!" disse, sollevando le spalle come per significare che non era una scelta importante.
"Bene… in questo caso però dovrai scendere dalla macchina prima che arriviamo… a Gallipoli ho mia moglie che mi aspetta, e potrebbe avere strane idee…" ridacchiai.
"Moglie…? Strane idee…??" disse, senza capire. Le mostrai la fede al dito, e solo allora annuì, facendo cenno di aver compreso. "Allora tu casanova? Tvoya zhena gelosa?" mi disse. Ridemmo insieme.

Iniziai a parlarle; le domandai come si chiamava, da dove venisse, cosa facesse nella vita e così via. Oksana, questo il suo nome, mi rispondeva volentieri, ed il suo italiano, già discreto, migliorava via via che la nostra conversazione andava avanti. Forse aveva solo bisogno di prenderci la mano, di esercitare la lingua… o forse era lei che diventava sempre meno nervosa e più spigliata. Ad ogni modo incominciò anche lei a prendere l'iniziativa nel discorso.
"Io… venuta in Italia per sole…" mi disse, quasi a scusarsi della sua pelle chiarissima, candida, con piccolissime efelidi.
"Non hai un posto preciso dove andare?" le chiesi, incuriosito.
"Nyet… no! Quando io viaggia io sempre… displatny… libera… sichyosh'?".
"Non è la prima volta che vieni in Italia, però…".
"Da, prima volta… io in Italia… nikogda nje byla… mai stata".
"Comunque parli piuttosto bene l'italiano…".
"Sì… studiato a scuola… v shkole… io amo Italia…! Ya lyublyu Italye!" sorrise, un po' nervosamente. Le sue gambe lunghe ed affusolate si muovevano in continuazione attirando ogni volta la mia attenzione. Dovevo cercare di evitare di distrarmi e continuare a restare concentrato sulla guida.
Per un bel po' di chilometri viaggiammo spediti… poi, però, il traffico tornò ad intensificarsi e la velocità scese, mentre invece la temperatura all'interno dell'abitacolo salì di conseguenza.
Ad un tratto lei si tolse la maglietta, rimanendo con il solo reggiseno di un bikini da bagno. Non potei fare a meno di notare che aveva due tette stupende, probabilmente una quarta misura, ed erano loro, con la loro consistenza, a dare forma al sottile tessuto del reggiseno.

Andammo avanti a parlare di tutto, con il semplice scopo di distogliere la mia mente da quel giovane corpo così pericolosamente vicino a me. Continuammo così fino a circa le otto di pomeriggio… in realtà le otto di sera, ma c'era ancora sole a illuminare il cielo.
"Hai fame? Ci fermiamo a mangiare qualcosa?" le domandai, e lei mi sorrise.
"Sì, tanta fame. Grazie!" rispose.
Cominciò ad infilarsi la maglietta. Non che cambiasse granché, era talmente stretta che aderiva perfettamente alla curva dei suoi seni.

Ci fermammo così in un'area di servizio. Lei cominciò a guardarsi intorno, affascinata da tutta la roba esposta tra scaffali e frigoriferi.
"Io vado a telefonare a mia moglie. Ci vediamo qui tra cinque minuti…" le dissi, e la lasciai.
Il tempo di andare in bagno, rinfrescarmi un poco, chiamare mia moglie e ritornare al punto dove l'avevo lasciata, che la trovai vicina ad un ragazzo intenta a parlare. Non appena mi vide sembrò sollevata, e, dopo averlo frettolosamente salutato mi corse incontro. Aveva un'espressione di disappunto sul viso.
"Che è successo? Ti stava dando fastidio?" domandai.
"Lui chiesto me di fare… svoy otpusk… mie vacanze con lui…", scosse le spalle, "…ma io so cosa lui voleva… lui solo… tol'ko seks… scopare…", assunse un'espressione dubbiosa e mi guardò, "…scopare… voi dice così in Italia?!?".
Non potei fare a meno di ridere per la sua spontaneità. Dentro di me però mi trovai d'accordo con quel giovanotto; se avessi avuto la sua età, anch'io ci avrei fatto un pensierino, con quella ragazzina russa. Poi la guardai, e subito mi diedi dell'ipocrita: non si trattava di una questione d'età… ci avevo fatto un pensierino anche io, in quello stesso momento e anche prima, da quando l'avevo vista salire in auto. Se non avessi avuto mia moglie che mi aspettava, cavolo, ci avrei provato anch'io.
Lei aveva ripreso a parlare.
"Lui carino, da, ma io ha te e… tua màshina… tua macchina…" sorrise, ed io, un po' a malincuore per la sua brutale sincerità, mi unii alla sua risata.
Poi ci recammo nell'area ristorante. Era una di quelle tipo self-service «a isole», per cui ognuno poteva prendere quello che voleva. Io scelsi una porzione di lasagne al forno, mentre lei, che era vegetariana, optò per un'insalatona, di quelle con le ciliegine di mozzarella. Entrambi, comunque, decidemmo di dividerci una bottiglietta di vino rosso. Alla fine volle assolutamente pagare lei.
"Tu dà me passaggio, io paga pranzo…" concluse, e di fronte a tanta ostinazione, seppure un poco imbarazzato, la lasciai fare.
Ogni minuto che passava la trovavo sempre più simpatica. Mi piaceva parlare con lei, ed evidentemente anche a lei, dal momento che, se lasciavo cadere la conversazione, lei subito mi sollecitava a continuare.

Ci rimettemmo in viaggio. Il tempo passava, i chilometri si accumulavano, e con loro anche la mia stanchezza.
"Ti dispiace se ci fermiamo un attimo? Ho bisogno di dormire qualche minuto?".
"Nyet problem…", lei scosse la testa.
Mi fermai alla successiva stazione di servizio e posteggiai in un luogo abbastanza illuminato; non volevo che lei si spaventasse e pensasse che volessi provarci… cioè, accidenti, io lo avrei anche fatto; ma la differenza d'età mi intimoriva ancora di più dell'idea di tradire mia moglie.
Scacciai quel pensiero dalla mente e reclinai il sedile; quindi chiusi gli occhi e cercai di dormire.
Stavo quasi per riuscirci, quando incominciai a percepire il suo profumo. Mi sforzai d'ignorarlo, ma alla fine, aprii gli occhi e ciò che vidi mi sconvolse definitivamente. Anche Oksana si era sdraiata sul sedile, su un fianco, e mi voltava le spalle; le sue giovani natiche, sode e piene, sporgevano quasi completamente dai pantaloncini di jeans che si erano profondamente infilati nel solco.
Rimasi a lungo a fissarla, e mi riscossi solo quando lei si mosse leggermente. Il timore che lei si voltasse e mi cogliesse con lo sguardo fisso su di lei mi spinse a voltarmi… ma ormai quell'immagine mi si era ben impressa nella mente, ed incominciò a mescolarsi con quella, precedente, dei suoi bellissimi seni, del suo sorriso invitante, della sua risata squillante.
Dopo pochi minuti mi resi conto che non sarebbe servito a nulla, che quella notte non avrei dormito. Decisi quindi di concentrarmi sul viaggio, in attesa che la mia erezione svanisse, ma mi ci vollero lunghi, duri minuti.

Non molto dopo mi rialzai, riaccesi la macchina e ripartii, cercando di guidare un po' più bruscamente del dovuto per risvegliarla. Non potevo sopportare a lungo la vista di lei distesa senza che pensieri sessuali mi occupassero di nuovo la mente.
Oksana si risvegliò, e dopo essersi stiracchiata guardò l'orologio… e si accorse che eravamo rimasti fermi solo pochi minuti.
"Perché tu parte così presto?" mi domandò.
"Non avevo più sonno…" risposi frettolosamente. Ero chiaramente imbarazzato.
Lei rimase qualche minuto in silenzio, poi ad un tratto scoppiò in una risata.
"È per me? Tu no dorme per me?".
Mi sentii vagamente canzonato da quella ragazzina.
"Figurati… ho solo fretta di raggiungere mia moglie!" le risposi secco. La mia voce era dura, ma lei non ci fece caso.
Sentii la sua mano accarezzarmi i capelli, e mio malgrado provai un brivido… poi ad un tratto lei si spostò rapidamente e mi diede un bacio sulla guancia.
"Spasìba… tu è uomo molto buono…" mi sussurrò.
Rimasi a lungo in silenzio, poi lei tornò a stuzzicarmi, con insistenza, ed alla fine tornammo a parlare tranquillamente.
"Sai…" lei mi disse a un certo punto, "…anno scorso, v Korvaitii… in Croazia… camionista aspettato che io dorme, spogliata tutta, e poi io svegliata con suo coso puzzolente su mia faccia…" disse, ridacchiando tra sé. Cercai di fingere indifferenza a quella sua ammissione, anche se il solo pensiero mi sconvolgeva. Sorrisi anch'io con lei, ma poi la cosa mi incuriosì.
"E… poi… che è successo?" domandai.
Lei scosse le spalle, credo che fosse un suo gesto abituale.
"Non so… lui a ospedale, credo…", e per chiarirmi il concetto, mi mostrò i suoi piccoli e bianchissimi denti.
"Sei una ragazzina pericolosa!" mi finsi meravigliato, per mascherare la tensione.
Lei assunse un'espressione imbronciata, poi ribattè.
"Io donna, no ragazzina", disse, e subito dopo le sue mani si portarono sotto i seni, sollevandoli e muovendoli. "Queste tette di ragazzina, per te?" …poi la sua espressione corrucciata sparì, e lei scoppiò nuovamente a ridere. Questa volta, però non riuscii ad unirmi a lei nella risata. Distolsi lo sguardo da lei e tornai a concentrarmi sulla strada, augurandomi che non si accorgesse dell'erezione che stava deformando i miei calzoni.

Mancavano meno di due ore all'alba, e mi augurai che il sole iniziasse presto a sorgere, ponendo fine al mio tormento di quella notte.
Percepii i suoi movimenti senza capire, poi sentii la sua bocca vicino al mio orecchio.
"Ye sdelala koy-shto plakhoye… sono stata tanto cattiva…" mi sussurrò… il suo alito caldo e profumato sulla mia guancia non migliorava la mia situazione, ed il suo seno sodo che premeva contro la mia spalla fece ancora peggio.
Ad un tratto sbandai, mentre la sua mano si appoggiava sul mio sesso, accarezzandolo attraverso i pantaloni.
"Quando tu può, ferma tua mashìna…" mi disse, senza smettere di accarezzarmi.
Per lunghi minuti la mia mente lottò, cercando di resistere… ma fu una battaglia persa; non appena vidi un'area di servizio, rallentai e vi entrai.

Posteggiai molto lontano dalle poche vetture presenti. Spensi i fari e mi voltai verso di lei, afferrandola e baciandola selvaggiamente.
La sua mano non smise di muoversi sul mio membro, anzi accentuò le sue carezze… poi sentii le piccole dita muoversi, abbassarmi la lampo, spingersi nell'apertura ed impossessarsi del membro.
Si staccò dalle mie labbra e mi fece appoggiare allo schienale.
"Tu no paura, io no morde te…" mi disse ridacchiando, poi si chinò su di me.
Sussultai al contatto delle sue dolci labbra, sottili ma soffici, sul mio glande tesissimo. Il membro le scivolò in bocca, e la sua testa iniziò a scorrere piano, su e giù, su e giù, mentre le sue mani mi slacciavano completamente i pantaloni, calandomeli giù insieme ai boxer.
Le sue mani incominciarono ad accarezzarmi ovunque, mentre le sue labbra e la sua lingua continuavano a giocare con il mio sesso.

La fermai, tirandola nuovamente a me.
Le sollevai la maglietta, sfilandogliela via, e le slacciai il reggiseno del bikini. I suoi capezzoli, paffuti e rosei, erano turgidi per l'eccitazione. Li baciai e li leccai, alternando dolcezza e passione… e la sentii fremere e gemere, mentre mi accarezzava i capelli, spettinandomi tutto.
La spostai sul sedile, le sfilai i pantaloncini e le slacciai le mutandine del bikini, tirandogliele via, mentre lei sollevava il sedere per facilitarmi. Quindi le dischiusi dolcemente le cosce e vi affondai il mio viso, aspirandone rumorosamente il dolce profumo di giovane donna eccitata.
Con le dita dischiusi il suo delizioso fiore ed iniziai ad assaporarlo… la mia eccitazione mi fece dimenticare persino della mia dolorosa erezione… in quel momento non pensavo a me; volevo dedicarmi unicamente a lei, desideroso solo di farla godere, di darle l'esperienza erotica della sua vita… leccavo, suggevo, le stimolavo il clitoride con la punta della lingua e con le labbra, facendole vibrare… ed alla fine i suoi gemiti rumorosi e incontrollati, le sue grida di piacere ruppero il silenzio della notte, testimoniando il suo orgasmo a quella fetta di mondo addormentata.

Dopo che si fu ripresa dal suo intenso piacere, ancora col respiro pesante e affannoso, Oksana mi fece sollevare da lei e, con movimenti elastici da ginnasta, mi spinse nuovamente sul sedile di guida e si lanciò sopra di me, montandomi a cavalcioni. Sentii le sue gambe abbracciare strette i miei fianchi, e dopo pochi attimi la sua figa, calda e stretta, avvolgermi il membro. La sentivo sfregarsi su di me col suo petto, abbracciarmi e baciarmi voluttuosa mentre il suo sesso scendeva sempre più lungo il mio… fino a ché affondai completamente nella sua caverna umida.
Con i muscoli della sua vagina che fasciavano la mia asta come un guanto, lei cominciò a cavalcarmi. I suoi deliziosi fianchi presero a muoversi, avanti e indietro, senza staccarsi mai dai miei, mentre le mie mani si arpionavano alle sue giovani natiche e la mia bocca si riempiva dei suoi seni che dondolavano davanti al mio viso.
Le sensazioni di piacere che mi avvolgevano erano indescrivibili. La figa della ragazza sembrava una mano che stringeva, avvolgeva, accarezzava il mio membro…
Con uno spasmo, seguito da un suo urletto, si serrò ancora più forte attorno a me. Poi si sollevò su di me, piantandosi di peso sulle mani piazzate sul mio petto, e cominciò a scuotere il suo pube freneticamente sul mio… stava chiaramente godendo, i suoi gemiti e i suoi profondi ansimi lo dimostravano, ed il mio pube innaffiato dai suoi umori ne era un'ulteriore conferma.
Con le mani cercai le sue tette, che mi avevano ossessionato per tutto quel tempo con le loro forme procaci, e le strinsi tra le mani, strappandole altri gemiti. Le mie palme accarezzarono i suoi capezzoli duri per l'eccitazione; poi le strinsi sollevandole e spingendole l'una contro l'altra, e in quel modo sembravano ancora più grandi e appetitose.
Vederla muovere sopra di me era uno spettacolo semplicemente magnifico, e godermela e sapere che la stavo facendo godere era per me una libidine che non ho parole per raccontare. Entrambi eravamo persi in un delirio di passione, incuranti del mondo esterno, infrangendo ogni barriera linguistica… lei che continuava a parlarmi in russo, io che le rispondevo in italiano.

Mentre Oksana era lì che stava avendo un nuovo orgasmo sopra di me, mi accorsi che ero ormai prossimo al limite.
Riuscii a recuperare quel minimo di controllo perché le mie mani bloccassero con forza il movimento ondulatorio dei suoi fianchi.
"Fermati!" le dissi con voce tesa nello sforzo di controllarmi. "Fermati, o mi farai venire dentro di te!".
Lei si scosse e, ripresasi a sua volta, mi sorrise.
"Tu no è casanova, allora…" ridacchiò.
Mi baciò, prima di spostarsi rapida da sopra di me e scivolare nell'incavo sotto il sedile accogliendo nuovamente in bocca il mio membro prossimo ormai ad esplodere. Si voltò a fissarmi mentre la sua piccola mano scorreva veloce lungo l'asta e la sua lingua mi solleticava il glande.
La guardai negli occhi e lei ricambiò il mio sguardo, continuando a fissarmi anche quando il mio membro incominciò a sussultare, imprigionato tra le sue labbra e la sua lingua, ed il mio sperma le schizzò copioso in bocca.
La vidi deglutire affannosamente per tenere dietro al mio travolgente orgasmo.
Poi iniziai a calmarmi, ed alla fine mi rilassai.
Lei si risollevò e venne a sdraiarsi di nuovo sopra di me.
"Tu tanto bravo… e tanto buono, da…" e scoppiò a ridere per poi baciarmi appassionatamente.
Ci addormentammo, finalmente esausti, l'una nelle braccia dell'altro.

La mattina successiva, di buon'ora, ci risvegliammo e finalmente riprendemmo la strada verso Gallipoli, chiacchierando e scambiandoci ancora qualche carezza e qualche fugace bacio. Giunti a destinazione, a malincuore, dovetti lasciarla nella piazza del paese, prima di raggiungere l'albergo dove mi aspettavano mia moglie e la mia bambina.
Non l'ho più rivista, Oksana… ma non la dimenticherò mai, questo è certo!
scritto il
2024-08-05
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