Una moglie in prestito

di
genere
voyeur

Avevo dovuto prenotare all'ultimo minuto una costosa camera singola per potervi entrare, ma i pensieri mi vorticavano in testa troppo follemente per pensare di ripensarci. Era già passato il tramonto, e praticamente nessuno era rimasto fuori perché faceva troppo freddo. Mia moglie Sonia mi aveva scritto, appena arrivata, che lei e Milo, un mio amico di vecchia data, avevano preso una stanza al piano terra.
«COSÌ SARÀ PIÙ FACILE RAGGIUNGERE LA PISCINA!», mi aveva scritto.
«OTTIMO!». Le ho risposto con un messaggio. «QUALE CAMERA AVETE PRESO?»
«LA 108. MA PERCHÉ? MICA AVRAI INTENZIONE DI VENIRE, VERO?».
«CERTO CHE NI», risposi, scrivendo quel "NI" come un apparente errore. Volevo che lei sapesse che non ci sarei andato, ma in realtà ci stavo andando eccome! A dirla tutta, quell'errore ci sarebbe anche potuto stare, dato che mentre scrivevo il messaggio ero già a metà strada, alla guida della mia auto che volava attraverso un passo di montagna in salita.
Conoscevo un po' la struttura di quel resort, perché c'eravamo già stati una volta, io e mia moglie. L'avevo portata con me quando avevo ricevuto l'incarico di progettare e costruire un tunnel vetrato dalla nuova ala dell'hotel all'antica piscina calda alimentata da sorgenti minerali. A lei piaceva molto, ma a me? Io sono sempre stato troppo inquieto, sia nel corpo che nella mente, per starmene seduto in un resort a smaltire i miei pensieri. Sono troppo inclini a trovare luoghi oscuri dove andare, loro, quando vengono lasciati da soli…!
Mi assicurai di prendere una camera nell'ala più lontana, per evitare di incrociare involontariamente le nostre strade.

Mi stavo facendo strada nel buio e nel freddo attraverso l'arco, quando fui sorpreso di vederli già nel tunnel di vetro che portava alle piscine. Un giardino collinoso con arbusti e alberi bassi arrivava sul retro dell'edificio rotondo e vetrato della piscina, e io mi allontanai dal sentiero per uscire dalle luci basse e fioche e nascondermi nell'ombra degli arbusti.
Volevo solo fargli superare il sentiero nel punto in cui si avvicinava al tunnel, in modo da poter proseguire nella mia stanza e pianificare la mia prossima mossa. Ma il punto in cui inciampai mi offrì una vista inaspettatamente completa dell'edificio rotondo della piscina. Mi accovacciai e controllai che nessuna fonte di luce mi illuminasse, così che nessuno del personale o degli ospiti mi notasse in agguato nell'ombra. Poi alzai lentamente il viso verso le alte finestre appannate e verso la scena che mi fece quasi tremare le ginocchia.

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Disse di aver trovato una soluzione prima ancora di espormi il problema.
"Posso andarci su con Milo!".
Ruotai lentamente il viso dal gioco a cui stavamo giocando nella tavernetta, e scrollai le spalle, completamente ignaro di ciò di cui stavamo improvvisamente parlando.
"Il resort del Cervo Nero, intendo. Io voglio sempre tornarci, ma tu non vuoi mai. E poi Milo…".
"E poi Milo cosa?".
"Io e lui stavamo parlando, e gli stavo raccontando del posto… lui non ci è mai stato! Comunque, ho pensato: perché non ci andiamo io e lui, così non ti trascino in qualcosa che non ti piace e posso mostrare a Milo qualcosa che non sa, il saputello?!".
"Quando avresti parlato con Milo?".
"Non lo so. Io e lui parliamo spesso…" lei disse, mentre andava in cucina.
Milo e io ci siamo frequentati a lungo, in una sorta di persistente incapacità di lasciar andare quei giorni selvaggi e folli dell'Università, anche se poi le nostre vite hanno preso strade diverse. Abbiamo frequentato insieme la facoltà di Architettura, e abbiamo avuto esperienze folli e stravaganti, ma io ho avviato una piccola impresa di progettazioni e costruzioni che era stava pian piano decollata, mi sono sposato con Sonia e mi sono stabilito con lei in una casa di periferia con l'intenzione di far crescere la famiglia, mentre lui ha continuato a fare una vita da boemio, suonando in alcune band, viaggiando alla ricerca di cose sempre diverse, che si trattasse di illuminazione culturale o di una giovane ragazza che aveva contattato sui social network, e a vivere praticamente in un trolley che ruotava intorno a un certo numero di divani di amici sparsi un po' qua e un po' là in tutto il mondo, ma spesso tornando a svernare in Italia, soprattutto in estate e nei periodi delle festività lunghe.
A Sonia, però, Milo piaceva. Veniva a casa mia per la partita, o per una visita improvvisata, e rimaneva molto oltre l'ora di andare a letto, chiacchierando apparentemente nel cuore della notte con Sonia delle sue vecchie avventure in giro per il Nord America e delle sue nuove scoperte nelle terre del Sud Est Asiatico.
"È una persona interessante!", si difese una mattina dopo essersi infilata nel nostro letto solo dopo le 3:00. Sonia era una formatrice aziendale, e girava spesso per le varie città del Paese. "E poi abbiamo tante cose in comune, molte più di quanto pensassi…!", aggiunse.
"Per esempio?". Ero incredulo, ma riuscii a modulare la voce per far sembrare che la mia fosse solo vaga curiosità. Non riuscivo a immaginare cosa avesse in comune una formatrice aziendale impegnata, sempre in viaggio e fortemente ambiziosa, con un moderno menestrello giramondo.
"È un buon ascoltatore. Inoltre, ha molte idee moderne su cose all'antica".

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Mi accovacciai più in basso, nell'ombra, fuori dalle finestre dorate e incandescenti della piscina e osservai Sonia e Milo, uniche due persone in tutto il locale, che ridevano, si davano di spalla l'un l'altra e si liberavano degli accappatoi per rivelare i costumi da bagno sottostanti. Sonia indossava quello che io sapevo che riteneva il suo bikini più audace, quello che aveva comprato durante il nostro ultimo viaggio nelle Baleari e che diceva di non avrebbe mai potuto indossare in presenza di altre persone perché sarebbe sembrata troppo sfacciata. Era stupenda!

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Anche a me era capitato di parlare con Milo di alcune delle sue idee moderne.
"Ci sono un sacco di diversi tipi di rapporto, oggi…", mi diceva davanti a una birra, una sera che eravamo andati a vedere una partita al «Royal Crown Pub».
"Sono sicuro che ci sono", ho mantenuto le distanze, tenendo gli occhi sul maxischermo.
"La monogamia a vita, amico, non è una cosa che funziona, quasi mai".
"È quello che però la maggior parte delle persone sostiene", gli dissi, alzando le spalle.
"Lo sostiene. Ma non lo fa, donne o uomini che siano! Il fatto è…", sorseggiò la sua birra tenendo i suoi occhi furtivi sui miei, "…che gran parte di loro non se la aspetta davvero dal partner, e quindi non se la prende troppo quando il voto viene «aggirato»".
A quel punto dovetti fermarlo. Milo aveva molto da dire sulle regole non scritte della civiltà moderna, e su tutta la questione delle apparenze pubbliche contro la vita privata, ma per essere uno che non è mai stato nemmeno sfiorato dall'idea del matrimonio, non mi sembrava che avesse molta esperienza nel campo.
"Sono abbastanza sicuro che a loro dà fastidio".
"Guarda, ne saresti sorpreso", fece lui girando la testa e socchiudendo gli occhi.
"Davvero?" lo sfidai.
Lui piantò saldamente la sua bottiglia sul bancone, guardò a destra e a sinistra e si chinò sul tavolo vicino a me, come a confidarmi un segreto.
"Giacomo…", iniziò prima di chinarsi ancora di più sul tavolo, "…ci sono alcune mogli in giro che… come dire… che prendo in prestito, diciamo. Tra i mariti «permissivi», diciamo, ce n'è anche qualcuno che tu conosci…".
Gli lanciai un'occhiata. Era uno sparacazzate da sempre, e più di una volta ci ero cascato pure io.

C'è da dire, al riguardo, che io ero un conservatore piuttosto rigoroso, e Sonia lo era forse ancora più di me. Tuttavia, eravamo soliti condividere libri e dispositivi di lettura, e certe volte sfogliavamo insieme i libri online, proprio come facevamo anni fa quando girovagavamo per librerie durante i nostri viaggi in Europa. Ricordo quanto avevamo riso quando, per caso, trovammo in vendita, in una libreria di Londra, una serie di storie di cuckold e hotwife. Abbiamo dovuto cercare i loro significati nel dizionario urbano, tanto eravamo fuori dal mondo. Ma questo ci portò a parlarne.
"Perché mai un uomo dovrebbe volere che sua moglie vada con altri uomini?". Lei si strinse verso di me dal nostro banco di cuscini.
"Non lo so, tesoro" la guardai ignaro. "Non riesco a immaginarlo".
"La guardano?", continuò a chiedermi.
"Forse, non lo so… perché me lo chiedi?" ho riso.
"È una parola sola o due?", ha detto, digitando «hot wife» sul tablet.
"Ho sempre visto usare un'unica parola".
"Oddìo…!", si è coperta la bocca con la mano quando le è comparsa la definizione e le immagini. "Lo vanno dicendo anche agli altri che la moglie è una «hotwife»!".
"Ma va? Fammi vedere…", dissi, strappandoglielo di mano.
Lei rise, inspirò bruscamente e mi indicò. "Aaah! Ma guardati! Sei interessato!".
"Sono solo curioso di sapere a dove sta andando il mondo…", scossi la testa.
Lei allungò una mano sotto le lenzuola e mi afferrò l'uccello, che era indubbiamente eretto.
"Seee! Ammettilo che sei interessato! Sei tutto eccitato!". Scosse la testa con aria canzonatoria. "Giacomino Goggi…", mi prese in giro, "…aspirante cornuto!".
"O magari sei tu che, sotto sotto, ti piace fare la hotwife!".
Si strinse nelle spalle, si accoccolò sul letto e si strinse a me. Mi accarezzò anche il cazzo con disinvoltura. "Forse, chissà…", disse, prima di scoppiare a ridere e mordicchiarmi un capezzolo. Facemmo l'amore e non tornammo più su quella conversazione… ma il vigore con cui lo fece quella sera, cavalcandomi con la faccia infilata nel mio collo, appiccicata a me con tutta la forza quasi come se fosse costretta, obbligata a sentire il mio corpo senza guardarmi per poter godere, fu insolito.

Non ero ancora pronto ad ammetterlo, ma quella conversazione diede inizio a una serie di ricerche rivelatrici per me. Milo aveva ragione, anche se in quel momento non me ne rendevo conto. L'idea che lei andasse con un altro uomo mi eccitava, e non riuscivo più a cancellarla dalla mia mente. Era sbagliato in tutti i modi possibili, ma l'immagine di Sonia, nuda, sexy, che cavalcava un altro uomo, mi stava facendo lentamente perdere la ragione. Il fatto che Milo ci avesse provato in quel bar, quel pomeriggio, fu la goccia che fece traboccare il vaso.
"Stronzate!", dissi a Milo. "E chi sarebbe questo marito che ti lascia sua moglie?".
"Ovviamente non te lo dirò, ma mi conosci, non me lo inventerei. Posso inventarmi un sacco di stronzate, ma questa proprio no. Del resto, chi potrebbe?".
"Hai ragione", risi. "Sarebbe una stronzata troppo stronzata persino per te!".
"Ce ne sono alcune in cui il marito è, diciamo… è consapevole; noi ne parliamo, e lui lascia che avvenga… per un motivo o per un altro, chi cazzo lo sa?!".
"Quante?".
"Non è una cosa ben definita. Viene fuori e basta. Ma saranno forse, non so…", scrutò il soffitto, sommando dei numeri, "…quattro mogli, o cinque, con cui l'ho fatto più di una volta. E amico, sul serio…", si accarezzò il petto con le due dita tese, "…non lo farei mai con lei senza che tu lo sappia e sia d'accordo".
"Ehi!", indietreggiai. "Di chi stai parlando?".
"Era tanto per dire", fece finta di niente, sedendosi e bevendo un'altra sorsata di birra, guardando la partita sul grande schermo. Sapeva che, a quel punto, stavo fissando il suo viso con aria stupefatta. "Puoi anche farti le tue ricerche. Voglio dire…" si guardò intorno, "…statisticamente un buon 50% delle mogli prima o poi tradisce. E questo vale per tutte le mogli: quelle che non lo farebbero mai, quelle con cui nessuno andrebbe, tutte. Prendi tua moglie Sonia, per esempio…", bevve un altro lungo sorso; non lo interruppi, e credo che se lo aspettasse, "…è sexy, molto sexy. Ha un lavoro ben pagato, è una donna molto ambiziosa, molto intelligente, molto indipendente. Una moderna professionista urbana in una grande città. Quale pensi che sia la percentuale di mogli urbane giovani, intelligenti, indipendenti, ambiziose e sexy?". Mi fissò a bocca aperta. "Devi pensare che sia qualcosa di più del 50%. Non lo so, cazzo, diciamo l'80%?". Bevve di nuovo.

Ci fissammo in silenzio per un bel po', prima che io finalmente decidessi di affrontare l'argomento più nel dettaglio.
"Com'è che si organizzano?".
"Di solito io e la moglie facciamo un viaggetto fuori città…".
"In che senso? Tipo in un albergo?".
"Sì, esattamente. Una sorta di vacanza. Di solito i tizi non vogliono che qualcuno veda la propria moglie con un altro uomo. Quindi, zone dove nessuno li conosca".
"Quindi dicono solo: «Ecco, prendi mia moglie» e ciao…?".
"Non è proprio così, ma più o meno. Lo sai come funziona una vacanza, coglione. Lascia che ti chieda una cosa:…", si chinò di nuovo sul tavolo, "…diciamo che le carte sono scoperte, e tua moglie ti dice: «Ehi Giacomino… Mino… Jack…», non so, com'è che ti chiama lei?".
"Tesoro?".
Lui rise. "Okay! Allora, lei ti dice: «Ehi, tesoro… io e la mia migliore amica, sai quella che fa la segretaria, non ti puoi sbagliare, quella magra, capelli lunghi castani, occhi grandi verdi, le piace indossare la lingérie in casa…" cominciò, facendo la vocina da castrato. Risi e bevvi un sorso di birra. Lui intanto continuava: "…beh, io e la mia migliore amica stavamo parlando, e sai cosa? So che non significa che mi ami di meno solo perché la guardi, e so che non sarà una minaccia per me se dovesse scattare la scintilla tra voi due, perché la conosco e comunque le sto dando il permesso, ma che ne diresti di una bella vacanza in qualche hotel fuori città con lei, e puoi semplicemente, sai, scopartela il fine settimana e divertirti con lei e io non penserò a male di te? È solo una vacanza dalla solita routine. Voglio che tu ti diverta".
"Proprio così?".
"Lo vedi?".
"Vedo cosa?".
"Non hai detto: non mi interessa. Non hai detto: non lo farei. Non hai detto: è un'idea folle. No, hai detto: «Proprio così?», come se a qualcuno venisse offerta una cosa che desidera davvero, e lui non riesce a credere che lo scenario che ha già creato nella sua mente si sta verificando".
"È un'interpretazione un po' forzata, per due sole parole".
"E tu cosa diresti, se te lo proponesse?".
"Penserei che mi stia mettendo alla prova per vedere la mia reazione".
Lui rise.
"No, seriamente… okay, tu la sfotti un po' sulla cosa, ma poi lei si fa seria e dice: «No davvero, dico sul serio»… tu cosa le diresti?".
Scrollai le spalle.
"Vaffanculo, hai visto? Non lo sai! Lo sapresti, se fossi certo che lei dice sul serio e che a te non costerà nulla sentimentalmente".
"D'accordo".
"Bene!", annuì. "Ora, ti sei sposato Sonia perché è la tua anima gemella, avete molte cose in comune… giusto?".
"Certo".
"Siete così simili…".
"Ho capito dove vuoi arrivare" ho tagliato corto.
"Allora finisco questa cazzo di frase. Sappiamo già che la ragione per cui i mariti tradivano più delle mogli, tradizionalmente, è perché avevano un paracadute economico più morbido se il tradimento portava a una rottura. Le mogli, prima, non tradivano perché, se il matrimonio si fosse rotto, non avevano un lavoro, non avevano un reddito, sarebbero state additate come fedifraghe, sarebbero rimaste da sole, avrebbero perso troppo. Oggi questo non avviene più tanto; una donna, anche se già stata sposata, è ancora una persona che un altro uomo vorrebbe. Probabilmente ha un lavoro, e potrebbe anche guadagnare più del marito, in teoria. E il risultato qual è? Che le donne ora tradiscono tanto quanto gli uomini. Non perché siano cattive come gli uomini… è solo perché sono fatte come gli uomini. Sono curiose, fantasticano, vogliono godersi la vita, le loro cose, vogliono sapere che ne sono ancora capaci, voglio soddisfare il loro ego… qualsiasi cosa. Insomma, quando hai immaginato di scoparti la sua migliore amica, perché hai pensato di farlo nel tuo scenario, e non piuttosto in un SUO possibile scenario?".
Lo fissai a lungo prima di scoppiare a ridere.
"'Fanculo, Milo, mi avevi quasi fregato!". Rise anche lui, ma non come me. "Mi hai quasi fregato, devo riconoscerlo", dissi, facendo tintinnare la mia bottiglia contro la sua. "Bella questa!".
"Non stavo scherzando, amico", disse.
"Questa è davvero la cosa più cazzara che tu mi abbia mai fatto! Cioè, tu credi che io ti lasci prendere in prestito mia moglie, come dici tu, te la lasci portare in un quattro stelle per un fine settimana, e intanto me ne sto seduto lì ad aspettare mentre tu te la scopi?".
"Hai già presente la situazione, vero?", disse ridendo.

Lasciai passare qualche minuto prima di parlare di nuovo, ma non riuscivo a stabilire un contatto visivo con lui.
"Ti pagano?" dissi, continuando a guardare la partita sul maxischermo.
"Non la prima volta", anche lui tenne educatamente gli occhi sul video.
"E la moglie sa che è tutto organizzato?".
"Non sempre. Ma per onestà, è meglio mettere tutto in piazza, essere chiari da subito".
"E i mariti si eccitano per questa cosa, o per cose così?".
"Già…", disse laconicamente.
"Non capisco perché i mariti dovrebbero essere eccitati da questa cosa…!".
"A te perché ti eccita?".
"È questo che non capisco!", dissi. "Non so perché la cosa mi ecciti tanto".
"Tra l'altro, c'è un altro vantaggio…" lui disse, come se lo avesse appena ricordato.
"Quale?".
"Imparo cose su tua moglie che le mogli non amano troppo raccontare ai mariti".
"In che senso?".
"Un marito è una persona importante nella vita, una persona con la quale la donna potrebbe sentirsi timida, avere paura di condividere certe cose, nel caso fossero, per così dire, «poco lecite». Ma ad un amante, uno a caso, un uomo che puoi prendere o lasciare senza alcun costo emotivo, una donna si sente libera di dire molto di più su ciò che le piace e come gli piace… non si trattengono, non hanno motivo di girarci intorno. Così, senza troppi giri di parole, mi dicono come vogliono essere leccate, quanto a lungo, dove esattamente, quanto forte…! Lei ti ha mai detto queste cose?".
"No, non proprio…".
"Non è «non proprio»… ammettilo, non lo ha mai fatto! Ma con me lo fanno. Con me, a loro piace avere le cose come le vogliono, e credimi, possono essere molto egoiste a volte. Se passo un fine settimana o una notte con tua moglie, posso dirti molto su ciò che le piace e ciò non le piace".
"Come se tu fossi una specie di terapista".
"Non proprio. Io sono una vacanza… una vacanza dalla casa, dalla famiglia, dai progetti, il passato, il futuro, tutto. Il sesso non è legato a nulla del loro mondo. È solo sesso, puro e semplice. È come andare in un villaggio turistico: sono solo pochi giorni, mangi quello che vuoi, quando vuoi, ti diverti come vuoi, vai a dormire quando vuoi… c'è tempo per tornare alla routine quando ritorni a casa. È così che si comportano con me. Io per loro sono la vacanza".

E così, alla fine, senza tante parole, Milo disse che le avrebbe parlato, ma io dissi che sarei dovuto essere io a farlo… però era difficile, e continuavo a rimandare. Milo mi chiamò tante volte, e ogni volta gli assicuravo che sì, volevo andare fino in fondo, e che sì, ne avrei parlato con lei; ma no, non ero ancora riuscito a farlo. La verità era che non pensavo che ne sarei mai stato capace. Aspettare l'occasione perfetta era una scusa per non parlarne affatto. Non volevo che ostacolasse la nostra normale relazione.

Quando Sonia mi disse che lei e Milo avevano parlato, e che le era venuta questa idea di tornare in quel resort con lui e non con me, capii che il fuoco sotto di me era ormai acceso. Tuttavia, io e lei non ne abbiamo mai parlato. Entrambi abbiamo fatto finta che si trattasse solo di una vacanza con un'amica. Lei sapeva che c'era dell'altro, e di certo lo sapevo anch'io. Era possibile, e a quel punto probabile, che Milo le avesse detto che l'idea mi piaceva e che stava aspettando che gliene parlassi. Quindi tutti sapevano. L'unico a non volerlo fare ero io, e non si trattava nemmeno di un rifiuto dell'idea, ma dell'incapacità di ammettere a me stesso che ero uno di quei ragazzi che volevano che sua moglie stesse con un altro uomo. Un cuckold. La mia immaginazione vagava, e alla fine ero arrivato al punto di dover andare di persona a vederli insieme, per provare a me stesso che per me era okay che un uomo, un mio amico, prendesse in prestito mia moglie.
Quello che non dissi a Milo fu che mi piaceva guardare.

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Sbirciai attraverso il vetro del tunnel. Mia moglie e Milo erano soli nell'immensa cupola piena di vapore, seduti sui gradini fino al collo l'uno contro l'altra, come due sposini. Rimasi a bocca aperta quando li vidi baciarsi sorridendo. Il mio cuore sussultò quando vidi la mano di lei scendere lungo il petto di lui, sul suo addome e planare da qualche parte sulle sue ginocchia sotto l'acqua. E pronunciai un basso e prolungato: "Cazzo!" quando vidi Milo passarle la mano sul petto e toccarle il seno, e mia moglie poggiare la sua mano su quella di lui, stringendola e spingendola più forte sul petto.
Saltarono fuori, si misero gli asciugamani intorno alle spalle e si allontanarono insieme, mano nella mano, attraverso il «mio» tunnel di vetro, verso la loro stanza.

Mi avvicinai alla loro porta qualche minuto dopo. Non essendoci nessuno nel corridoio, appoggiai con cautela l'orecchio alla porta. Sentii Sonia squittire e ridere da dietro la porta… poi più nulla. Pochi secondi dopo la sentii gemere… tornai in camera mia e mi misi le mani nei capelli. Che cosa avevo fatto?!
Non riuscivo a stare calmo… continuavo a uscire dalla mia stanza, finendo per passare davanti alla loro porta più e più volte.
Verso mezzanotte, per poco non mi beccarono quando mi avvicinai premendo di nuovo l'orecchio all'esterno della loro porta; la maniglia si aprì di scatto, ed ebbi giusto il tempo di fiondarmi dall'altra parte, nel ripostiglio di servizio, prima di essere beccato nel corridoio. Li sentii sussurrare insieme, ridere e allontanarsi lungo il corridoio. Mi sporsi e guardai. Milo era vestito come non avevo mai visto. Ma Sonia era raggiante: indossava un vestito a tubino blu oltremare, attillato, con sandali alti. Gli teneva il braccio e traballava sui tacchi, ridacchiava e lo baciava come un'innamorata mentre si dirigevano lungo il corridoio di moquette verso il bar.

Feci il giro dell'esterno, e mi spinsi di nascosto tra i cespugli fuori dalla loro porta d'ingresso. Avrei voluto non essere in grado di raggiungere il loro patio, ma si trattava solo di sollevarmi su una breve ringhiera. Avrei voluto che la porta-finestra fosse chiusa e bloccata, ma non lo era. Avrei voluto che si aprisse solo di una fessura, per prendere aria, ma scivolò fino in fondo. Mi dissi che era sbagliatissimo entrare, ma lo feci comunque, chiudendo la porta del patio dietro di me.
Scrutai la stanza. Il letto era in disordine, e non ci avevano ancora nemmeno passato una notte. Mi lasciai cadere su una delle sedie attorno al tavolo, chiusi gli occhi e ripercorsi tutti i passi che avevo fatto per arrivare in quel posto miserabile.

Dovetti essermi appisolato, perché fui svegliato dal ronzìo della serratura e dal ticchettio della maniglia della porta. Era passata un'ora. Mi alzai di scatto, ma non c'era modo di arrivare in tempo alla porta del patio, né di chiuderla dietro di me. Mi tuffai nell'armadio dietro di me e accostai le ante, proprio mentre loro entravano.
Mia moglie e Milo si tenevano stretti tra loro, ridendo e abbracciandosi come una coppia in luna di miele. Urlai nella mia testa tutti i peggiori improperi per essermi addormentato, ma era stato tutto così dannatamente estenuante: camminare in casa, correre in macchina, spiare tra i cespugli fuori dalla piscina e entrare e uscire dalla mia stanza come un disperato… e ora mi trovavo nel loro armadio, rannicchiato e incapace di capire come uscirne. E per fare o dire cosa, poi? Desideravo e speravo che prendessero solo qualcosa, che si cambiassero solo le scarpe… insomma, che fossero solo di passaggio. Ma, visto anche l'orario, erano lì per passare la notte.

Sonia rise di gusto quando Milo si chinò e le afferrò il piede poggiato a terra, e lei ricadde sull'enorme letto quando lui le tirò via le scarpe. Si appoggiò sui gomiti e lo guardò sfilarle le scarpe, poi premette le dita dei piedi sul petto di lui.
"Adesso tocca a me…" disse, tirando il colletto della camicia con le dita dei piedi.
Lui si tolse la camicia e lei si spinse più al centro del letto.
Poggiai il palmo della mano sul retro della porta; volevo tanto aprirla prima che le cose andassero oltre, ma ero paralizzato… tra l'altro, ero senza nessuna plausibile ragione per spiegare come fossi finito dentro il loro armadio.
Sonia ridacchiò e poi strattonò la vita dei suoi pantaloni con le dita dei piedi.
"Uhmmm…", disse sorridendo verso di lui. Prese anche il telefono e cercò un po' di musica. "Perché non abbassi le luci?", gli disse. Lui si girò con i pantaloni slacciati, accese la fioca retroilluminazione della testata del letto e andò alla porta per spegnere la forte luce del soffitto. Quando tornò, lei mise il suo telefono sul tavolo con una musica bassa e pulsante che suonava dolcemente.
Milo era praticamente davanti a me, rivolto verso mia moglie. Si aprì i pantaloni in modo scenografico, probabilmente abituato a esibirsi in camere d'albergo con donne. Sonia, invece, per quanto ne sapevo, non era abituata a questo; tuttavia si spinse contro la testiera del letto e si rilassò, gustandosi il piccolo spettacolo di striptease di Milo. Le piaceva quello che vedeva.
Di nuovo fui preso dall'impulso di uscire, di andarmene almeno da lì, ma era troppo imbarazzante. Chiusi gli occhi, ma non servì a nulla.

"Vieni qui…", gli disse Sonia, accarezzando il letto accanto a lei.
Stavo avendo le palpitazioni, le mie gambe vibravano per quanto tremavo. Avevo creato questo mostro, e ora, grazie a una serie di decisioni insensate, mi ero costretto nella inevitabile posizione di essere costretto a guardare ciò che avevo avviato.
Senza scomporsi, Milo si sdraiò sul letto accanto a mia moglie, che cominciò a trattare il suo corpo come se fosse un giocattolo, un bambolotto di carne a grandezza naturale, esaminandolo e toccando dappertutto. Quando gli afferrò l'uccello attraverso i jeans, stavo per cadere giù dalle porte. Lei lo abbracciò forte, poi all'improvviso si mise in piedi sul letto sopra di lui, coi piedi al lati dei suoi fianchi. Sorridendo, allungò una mano dietro la schiena e tirò giù la cerniera del suo vestitino stretto e scintillante. Mi dava le spalle. Si sfilò il vestito lungo il corpo, muovendo il busto e i fianchi per farlo scorrere lungo il corpo e poi lungo le gambe, inarcando leggermente la schiena e sollevando il sedere a beneficio della mia visuale.
I suoi corti capelli castani formavano in ricciolo intorno al collo e alle spalle. La sua schiena era tonica e ben definita. Indossava reggiseno mutandine bianchi, e anche le sue unghie erano dipinte di bianco. Era una visione fantastica.

Scese all'ingiù, appoggiò le mani sulle sue cosce e si inginocchiò tra le sue gambe aperte, alzando il viso per guardarlo negli occhi. Anche se quella notte vidi molto di più prima di riuscire finalmente a fuggire, fu questa immagine che mi rimase maggioormente impressa: la mia Sonia, con gli occhi chiusi e la bocca aperta, in uno stato di quasi estasi, e Milo sotto di lei, che aveva allungato le sue braccia su quelle di mia moglie, carezzandogliele. Perché non sembrava più che Milo fosse il mio amico e Sonia mia moglie. Mi sembrava una coppia di innamorati.
Affondai nell'armadio e mi misi seduto, con la schiena che mi tremava per la rabbia e per il piacere. Milo tirò delicatamente le spalline del reggiseno di Sonia, e queste caddero dalle sue spalle sulle braccia. Sonia si sollevò e si sedette all'indietro, e lo guardò con le con un sorriso imbronciato sulle labbra mentre si allungava dietro di sé e si slacciava il reggiseno. Si girò per guardare direttamente verso l'armadio, e io mi bloccai… ma fu solo per lanciare il reggiseno contro la porta, dove cadde sul pavimento a pochi centimetri dal mio naso. Lei gli sorrise e gli aprì i jeans, passandosi la lingua sul labbro superiore, poi ricadde all'indietro, ridendo, mentre gli tirava via i pantaloni dal sedere e gli rovesciava i jeans facendoglieli sfilare dalle gambe.
Sonia si alzò di nuovo in piedi sopra di lui, si infilò i pollici sotto il bordo delle mutandine e le spinse giù dai fianchi e per le gambe. Lui la aiutò, mantenendola in equilibrio con le mani strette sui polpacci di lei e poi sfilandole dai piedi e dalle dita. Non parlavano affatto, non ne avevano bisogno, i suoi desideri erano chiari.

Ormai nuda, mia moglie si sedette di nuovo tra le gambe di Milo e gli tirò via le mutande. Era l'ultima cosa che avrei mai voluto vedere, ma fui comunque costretto a vederla: mia moglie era completamente nuda a letto con il mio amico, anch'egli completamente nudo.
Chiusi gli occhi, ma l'assenza di suoni mi fece montare la curiosità, e così dovetti guardare: erano in silenzio perché il cazzo di lui era tra le labbra di lei, accovacciata in ginocchio tra le sue gambe, coi suoi capelli scuri e ramati che spazzavano ripetutamente il suo addome stretto e piatto. Le mani di lei stringevano e rilasciavano i fianchi di lui, carezzandoli; il suo corpo dondolava avanti e indietro e la sua testa si sollevava e si immergeva verso il basso. A occhi sbarrati, mi costrinsi a fissare il punto di contatto tra loro: il cazzo di Milo brillava di riflessi scintillanti ogni volta che emergeva, più e più volte, dalle labbra piene e rilassate della mia Sonia.

Un forte gemito eruppe, soffocato, dal profondo di lei. A quattro zampe, lei risalì lungo il corpo di Milo e e si chinò addosso a lui per baciarlo sulla bocca. Lei ridacchiò, come se fosse ubriaca, e allungò una mano tra i loro corpi per accarezzare la sua erezione. Si mormorarono qualcosa a vicenda e poi risero; quindi Milo si rilassò sul letto e mia moglie si sollevò con delicatezza su di lui e si voltò su mani e ginocchia finché queste ultime affondarono nel materasso ai lati del viso di Milo.
Guardò in basso, nel vuoto tra i suoi ampi seni che pendevano e tra i loro corpi, fino al viso di lui, prima di abbassare il bacino. Lui, in risposta, le avvolse le mani intorno ai fianchi, e lei rovesciò la testa all'indietro e gemette verso il soffitto; poi gli strinse con forza l'uccello in mano e riportò il viso in basso, spingendo la bocca sul suo cazzo fino all'attaccatura del pube.
A quel punto non ci fu più nulla di silenzioso in nessuno dei due: lei gemeva e si staccava da lui per guaire e strillare a ogni movimento che lui faceva sulla sua figa con la lingua e le labbra. Si mise a ridere, poi rabbrividì e divenne immediatamente seria. Si tuffò sul suo cazzo e lo leccò, succhiò e baciò come se fosse impazzita.
Voltai il viso di lato per non vedere, ma i miei occhi restarono calamitati alla fessura tra le ante, a darmi una visione nuda e cruda dei due corpi nudi che succhiavano e leccavano freneticamente tutto ciò che era a loro portata. E io ero lì, con la bocca aperta in un urlo silenzioso.

Pensavo di averne avuto abbastanza, di essere al limite della sopportazione… quello, però, purtroppo era solo l'antipasto.
Sonia, sorridendo, tracciò una scia di baci sull'addome di Milo, sul suo stomaco e sul petto, fino al collo e infine alla bocca, mentre intanto si sistemava col corpo parallela a quello del mio amico disteso. Parlottavano insieme in mormorii indecifrabili, ridevano e si baciavano, e intanto potevo vedere mia moglie sollevare la gamba e scavallare l'addome di Milo, portandosi a cavalcioni dell'uomo che anelava. Il suo bacino si protendeva verso il membro di lui, cercandolo come se fosse calamitato.
Ero paralizzato… ero come in un sogno in cui si vorrebbe urlare, ma non si riesce ad emettere alcun suono. I miei occhi si riempivano di lacrime, che scorrevano lungo le guance fino alla mia bocca spalancata per lo stupore. Una raffica di «…no… no… no… no…» mi rimbombava in testa, ma Sonia era sorda a quel frastuono.

Lei mosse i fianchi, ondeggiandoli fino a cercare e trovare la punta del cazzo duro del mio amico, e ad alloggiarla contro l'apertura della sua figa. Nel frattempo lo stuzzicava dall'alto; lo baciava, sussurrava il suo nome, coi suoi occhi brillanti e ardenti di passione puntati in quelli di lui.
Ancora una volta lui la lasciò fare. E lei lo fece!
Ero ormai rassegnato, senza forze, sul fondo dell'armadio, mentre dall'esterno mi arrivavano le immagini e i suoni di mia moglie Sonia che calava i fianchi su quelli di lui, facendo in modo che le labbra lucide di umori della sua passerina si adattassero alla cappella sotto di lei. Muoveva i fianchi sensualmente, come una danza erotica, tenendolo dentro di sé solo per la cappella, e alle mie orecchie arrivarono i gorgheggi delle sue risatine. Milo avrebbe potuto spingersi in alto inarcandosi sul materasso, e affondare dentro di lei… invece non fece altro che restare lì disteso per lei, accarezzandole la schiena, baciandola sul collo, sfiorandole delicatamente le braccia e i fianchi, sorridendole, sussurrandole parole dolci e godendosi il delicato, sensuale massaggio dei seni di mia moglie che gli carezzavano il petto, e della sua vagina che gli manovrava il membro virile di qua e di là, tenendolo ancorato per la cappella.
"Tesoro mio…", sospirò Sonia, e io mi sentii il cuore stretto in una morsa.
Poco dopo, ebbi un nuovo tuffo al cuore quando vidi l'asta di Milo, in un unico lungo e lento movimento, inghiottita fino in fondo dalla stretta figa di mia moglie, e poi lei che, ben assestata sul suo bacino, si sollevava dritta sopra di lui e cominciava a dondolare ed avvitare i suoi fianchi sopra di lui, gemendo e ansimando con il suo cazzo sprofondato il più profondamente possibile dentro di lei.
Lo scopò con dolcezza e con passione. Lui sollevò le braccia e portò le mani sulle tette sode e perfette di Sonia, carezzandole e massaggiandogliele, mentre lei si muoveva sensualmente sopra di lui. Torse il busto su un lato, rivolta verso di me, tenendosi in posizione con un braccio teso poggiato al centro del petto di Milo e afferrandosi con l'altra mano sotto la coscia di lui, e continuò a cavalcare, ansimando e sudando, gemendo e strusciandosi su di lui, pube contro pube. Era la scena più erotica che avessi mai visto!

Dopo un po' smontò da lui, rotolò sullo stomaco e sollevò il culo in alto perché lui la prendesse da dietro. Conoscevo bene quella posizione: era così che riusciva a raggiungere l'orgasmo con me. Di solito si toccava quando la prendevo da dietro, ma con Milo no… afferrò le lenzuola e strinse i pugni, così forte che le nocche le diventarono bianche. Lui la stantuffava con colpi potenti, tanto da scuotere il suo corpo e il letto. Sonia si inarcò profondamente e spiaccicò il viso con una guancia contro il materasso, e potei vedere tutto il suo corpo che vibrava e tremava. Sussultò un'ultima volta con un potente acuto, e io mi preoccupai, cercando di ricordare se avevo o meno chiuso la porta-finestra, che qualcuno da fuori la sentisse urlare così.

Milo si tirò fuori, ma lei non lo lasciò venire prima di saltare rapida a prendere il suo cazzo in bocca. Quando lui schizzò, lei perse il controllo del suo cazzo e lo sperma le finì sul viso e sulle tette. Sonia si limitò a ridere e a cercare di rimetterserlo in bocca.
Rimasero sdraiati per diversi minuti a riprendere fiato, accucciati l'una contro l'altro, prima che lei si alzasse di scatto e si precipitasse in bagno. Sentii la doccia che si apriva, poi lei uscì e trascinò Milo in bagno con lei, ridendo e sbaciucchiandolo.
Nonostante avessero lasciato la porta del bagno aperta, riuscii a sgattaiolare fuori dall'armadio e a dirigermi verso la porta della camera. Prima di uscire da lì, notai la fede nuziale di Sonia sul comò, accanto alla TV.
Decisi di non rimanere lì quella notte, preferendo invece tornare a casa in auto. Guidai a zonzo fino alle prime ore del mattino, prima di rientrare.

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Una settimana dopo incontrai di nuovo Milo al pub. Non fu lui a iniziare la conversazione. Sapevo che l'avrebbe fatta iniziare a me. La mia mente era in subbuglio, e il mio corpo si sentiva a pezzi. Le visioni di mia moglie che lo cavalcava in quella stanza del resort mi avevano ossessionato per tutta la settimana.
Alla fine non riuscii più a trattenermi. "Ti fai pagare, giusto?" gli dissi. "Quanto?!".
scritto il
2024-08-07
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