Regola di casa
di
RomanDeVil
genere
etero
"E tu da dove esci?" le chiese Giuseppe entrando in cucina nel cuore della notte.
Giuseppe era uno studente fuorisede, che divideva l'appartamento con altri tre ragazzi. Era abituato a vedere ragazze di passaggio, ma vedersele in cucina nel bel mezzo della notte era una cosa assolutamente inusuale. Era una regola della casa che tutti quanti conoscevano molto bene e che avevano deciso di comune accordo: niente ragazze in giro per casa. Dopo aver consumato, dovevano togliere il disturbo. Gli altri due coinquilini erano tornati a casa per il fine settimana. L'unico rimasto era Silvio, quindi doveva essere insieme a lui. La osservò a lungo, lui poggiato allo stipite della porta in boxer e lei indaffarata a cercare disperatamente qualcosa di commestibile, incurante di quella presenza. Giuseppe era abbastanza irritato da quell'atteggiamento strafottente; dopotutto stava rovistando nei mobili che erano anche i suoi. Doveva ammettere però che con quel maglione di lana color paglina, sicuramente di Silvio, aveva un aspetto davvero intrigante. Si stiracchiava verso le mensole più in alto, trascinando il maglione fin sotto la linea del sedere. Chissà se aveva gli slip o meno? Curiosità sciocca, perché dal caschetto nero arruffato, il trucco sciolto e la fame che evidentemente si ritrovava, doveva aver appena fatto sesso. Le gambe, nell'allungarsi, mostravano una bella linea, e anche a seno sembrava davvero ben messa. Tuttavia, nell'insieme, appariva una ragazza come tante altre. Nessun segno particolare o vezzi che lo attirassero più di tanto.
"Possibile che non abbiate niente da mangiare, in questa casa?".
"Sei un'illusa se speri di trovare qualcosa… ma scusa, te da dove sei uscita?" ribadì Giuseppe, mentre si sedeva alla tavola.
"Dai sogni erotici del tuo amico! E ora, Giuseppe, mi dici cosa posso mangiare?" domandò ancora voltandosi verso di lui con aria seccata e le mani ai fianchi.
"Conosci addirittura il mio nome? Vuol dire che sei proprio entrata in intimità con Silvio!".
"È lui che è entrato in intimità con me!" rispose poggiandosi al mobile della cucina a braccia conserte, rassegnata alla fame.
"E da quanto vi vedete?".
"Come mai sei tanto interessato alla vita privata del tuo coinquilino?".
"Se vuoi ti posso preparare un caffelatte…!", dichiarò vedendola disperata, quindi riprese. "Me ne interesso quando vengono infrante le regole di questa casa! Io sono fidanzato, ma la mia ragazza non rimane qui a dormire per rispetto verso i miei coinquilini, e tantomeno si mette a girare mezza nuda per casa!".
"Sì, l'ho sentito che sei fidanzato. Ma da quello che mi hanno detto, non la fai dormire con te perché avete una soglia di sopportazione reciproca limitata ad una scopata, dopodiché cominciate a scannarvi come cane e gatto… e visti i graffi dietro la tua schiena, direi che il gatto è lei!", replicò lei in tono sarcasticamente calmo e sicuro, mentre Giuseppe preparava il caffè.
"Lo sai che hai una lingua troppo lunga?" disse mentre metteva la caffettiera sul fuoco.
La ragazza si avvicinò a lui da dietro le spalle e gli portò le labbra all'orecchio.
"E lo sai che la so usare anche meglio quando non parlo?", gli sussurrò, quindi cominciò a leccargli il padiglione, con una lentezza metodica, a scendere prima verso il lobo, succhiandoglielo, e poi verso il collo. Lo lasciò quasi senza fiato, mentre si allontanava per andare a togliere il caffè dal fuoco. Solo il tintinnìo del cucchiaino che girava nella tazzina lo risvegliò da quello stato d'ipnosi.
"Cosa significa quello che hai fatto?" chiese lui, ancora instupidito.
"Niente!".
"Niente?" ripetè, mentre lei lo guardava sorseggiando tranquillamente dalla tazza, seduta di fronte a lui, rannicchiata con i piedi sulla sedia e le ginocchia quasi sotto il mento.
Giuseppe non poté resistere alla tentazione di dare una sbirciata, per constatare se da quella posizione si vedessero o meno le mutandine.
"Se vuoi vedere basta solo che tu me lo dica!".
Quello sguardo malizioso e sicuro di sé gli dava sui nervi ed allo stesso tempo lo affascinava. Sembrava che potesse leggerle dentro, e invece non si rendeva conto che era proprio lei a condurre per mano, in un sottile gioco di seduzione, i suoi pensieri e forse anche i suoi desideri.
"Ah, Giuseppe, sei sveglio?".
Era Silvio, ancora in mutande, entrato in cucina per vedere se c'era qualcosa da mangiare.
"Inutile!" disse la ragazza senza smettere di sorseggiare regolarmente dalla tazzina.
"Okay, vuol dire che mi vesto e vado a comprare qualche cornetto, perché ho una fame infernale! E tu, piccola?".
"Alla crema!" disse guardandolo e portandosi delicatamente il mignolo alle labbra per mordicchiarlo e ridere maliziosamente.
"Tu mi fai impazzire!" esclamò Silvio allontanandosi, sotto gli occhi ancora sorpresi di Giuseppe. "Vado a vestirmi ed esco, torno subito!".
"Sembra veramente pazzo di te!", la stuzzicò Giuseppe, alzandosi dalla sedia.
"Non dovresti prendere il caffè. Stimola l'ipertono muscolare!" rispose la ragazza, vedendo che Giuseppe se ne stava versando una tazzina ed osservando i boxer già rigonfi del ragazzo. Lui tornò a sedersi, accanto a dove era seduta la ragazza. "Comunque, sul fatto che è pazzo di me, hai ragione!" aggiunse lei.
"E come ci sei riuscita? Voglio dire, ho visto ragazze più belle di te passare per questa casa e non rientrarvi più!".
In quel momento si sentì la porta d'ingresso chiudersi; Silvio era uscito di casa.
"Vuoi davvero sapere come ci sono riuscita?", riprese la ragazza, alzandosi di scatto e montando, con un'abile rotazione del busto, a cavalcioni su Giuseppe. Alzò la grossa maglia di quel tanto che bastava per far salire dal basso il pungente odore di sesso, paralizzando il ragazzo e allo stesso tempo confermandogli la sua nudità inguinale. Lui la sentiva strofinargliela sul ventre, appena sopra l'elastico dei boxer. Era talmente bagnata che gli scivolava addosso, ungendogli i peli dell'addome. Si muoveva simulando piacere, o forse lo stava provando sul serio, poiché nella frizione era abilmente riuscita ad allargare le labbra della vulva, e ora Giuseppe riusciva a sentire il clitoride gonfio disegnargli addosso irregolari arabeschi. La ragazza si manteneva con una mano dietro al collo e con l'altra sul ginocchio di lui, tirando e premendosi, nella risalita, contro il corpo fremente, per poi lasciarsi andare verso il basso a sfiorare il membro sempre più rigido. Era veramente brava!
Giuseppe, scosso dall'eccitazione, parve dimenticare che Silvio sarebbe potuto rientrare anche subito, e la afferrò dietro al collo per portare la bocca a stretto contatto con la sua, alla ricerca di quella lingua la cui abilità era già stata dimostrata. La ragazza introdusse una mano all'interno dello scollo a V, troppo ampio per il suo décolleté, trovò il seno e lo portò alla luce come un tesoro da troppo tempo sepolto, e lo offrì alle labbra del ragazzo, che si dedicarono a quel cuscinetto di carne, mentre dall'altro lato dell'equatore, sepolto nei boxer, un altro tesoro veniva riportato alla luce.
Giuseppe guardò negli occhi quella creatura, che sembrava uscita non solo dai sogni erotici del coinquilino, ma forse da qualche valhalla del piacere, e percepì in quella sua espressione il proposito di dimostrargli qualcosa e la consapevolezza che quel qualcosa lo avrebbe lasciato piacevolmente colpito. Si sentì afferrare il sesso ed accompagnarlo dentro di lei, strappandogli un sentito: "…Ooooohh…!".
Si sentiva che c'era stato qualcuno lì dentro prima di lui. Era completamente dilatata e fradicia, come se qualcuno le fosse venuto dentro. Il bacino di colpo smise ogni ondeggiamento; la ragazza rimase ferma, impalata sul suo membro, mentre il suo seno continuava ad essere piacevolmente maltrattato dalle labbra di lui, che si accanivano in maniera tanto maggiore quanto più grande era l'eccitazione che aveva appena raggiunto. Il membro rimaneva lì, avvolto in una sensazione di calore crescente, intrappolato volontariamente in quella fessura e soggiogato da un desiderio di piacere che doveva assolutamente soddisfare.
"Oh, sì…!" sospirò la ragazza. "È veramente piacevole tenerti dentro. Mi calzi proprio a pennello!".
La punta del glande arrivava giusto a sfiorare la parte più profonda dell'utero, che vi si stringeva attorno con contrazioni quasi impercettibili; mentre lei, sempre immobile, troneggiava, come una Parca sulle fila del suo desiderio.
Quella sensazione fu brutalmente spezzata quando, ad un tratto, la sentì sollevarsi dal palo sul quale spontaneamente si era infilata. Ma prima che riuscisse a sfilarsene completamente, lui, prendendola per i fianchi, la riportò in basso, impalandola nuovamente su di sé.
"E adesso dove pensi di andare?".
"Dovevo solamente dimostrarti come avevo fatto a far impazzire Silvio. Non ho mai detto che sarei andata fino in fondo!" gli sussurrò sadicamente.
"Eh, no! Silvio ha infranto la regola di casa, e adesso va punito…!" rispose lui.
"E come pensi di punirlo?".
"Non doveva lasciare una ragazza per casa. Tantomeno una come te!".
"E com'è, «una come me»?", chiese sorridendo, come se avesse già idea della risposta.
Giuseppe si sollevò senza parlare e, sempre tenendosi profondamente infisso dentro di lei, la adagiò sul tavolo, sollevandole la maglia ed affondando il viso e la bocca tra i seni che lei gli offriva ancora. Prese a possederla in un indemoniato andirivieni, pompava ed ansimava come un toro, mentre la vedeva godere nel sentirsi sbattere sul tavolo di legno caldo e di vetro freddo, con una passione che era riuscita a stimolare in così poco tempo. L'unico desiderio di Giuseppe era quello di godere dentro quel corpo che, ancora bollente per il precedente amplesso, era già pronto ad essere coperto da un nuovo maschio eccitato. Voleva venirle dentro, per coprire con il proprio seme quello di Silvio. Abbandonò i seni e si alzò in posizione eretta, davanti a lei. Stavolta era lui a troneggiare. Abbassò gli occhi verso la parte in cui i loro due corpi si univano, e si fermò ad osservare come quella fessura lo inghiottiva ingordamente, accompagnata dai rumori dell'osceno risucchio. Il clitoride arrossato e gonfio si mostrava come un'appetitoso ribes. Lo sfiorò con l'indice, provocandole gemiti intensi e prolungati. Insistette ancora su di esso, mentre le gambe si aprivano sempre di più e la testa della ragazza si sollevava per osservare il perverso spettacolo.
I gemiti si alternavano da entrambe le parti, ed esplosero in un violento orgasmo che li lasciò entrambi senza fiato, lei abbandonata sul tavolo, con la maglia ancora arrotolata sul petto, e lui, ancora dentro di lei, appoggiato con le mani sul bordo.
Giuseppe sentiva il suo sesso sguazzare tra il frutto del piacere suo, di quella ragazza e di Silvio, che forse neanche avrebbe mai saputo di essere stato punito a quel modo.
Ci fu un attimo di imbarazzo, come quando ci si ritrova involontariamente abbracciati a qualcuno, subito superato da entrambi, che, evitando di guardarsi direttamente, provarono a ritrovare un contegno, per evitare che Silvio si rendesse conto di ciò che si era appena consumato.
Si rialzarono e si misero a sedere in cucina, continuando a sorseggiare i caffè ormai raffreddati, quando entrò finalmente l'ignaro amico.
"Oh, non avrei resistito oltre!" esclamò la ragazza.
"Per forza, ti fai pure il caffè, lo sai che stimola l'appetito!" sentenziò Silvio, che, avvicinandosi a lei, le sussurrò: "Posso soddisfare i tuoi appetiti come più preferisci!".
"Per ora mangio il cornetto…", rispose lei. "Poi dopo ti chiederò qualche altra cosa!", e prendendolo per mano, lo portò verso la sua camera aggiungendo: "Ho una cosa da farti assaggiare e che ho conservato calda per te!".
Finse di aver dimenticato i cornetti e lo lasciò in camera per andare di nuovo in cucina, dove Giuseppe, stravaccato sulla sedia con le mano incrociate dietro la testa e l'espressione appagata, la osservava.
"Dici che passerò da questa casa come le altre ragazze?" chiese in tono di sfida.
"Torna di là e fagli assaggiare quella cosa, prima che si raffreddi!", replicò lui, pensando che in quella maniera la sua piccola vendetta sarebbe stata assoluta e completa; e, mentre la vedeva dirigersi ancheggiante verso la camera dove Silvio ignaro l'aspettava, si domandò ancora una volta da quale girone infernale fosse mai uscito quel sensuale demonio.
Giuseppe era uno studente fuorisede, che divideva l'appartamento con altri tre ragazzi. Era abituato a vedere ragazze di passaggio, ma vedersele in cucina nel bel mezzo della notte era una cosa assolutamente inusuale. Era una regola della casa che tutti quanti conoscevano molto bene e che avevano deciso di comune accordo: niente ragazze in giro per casa. Dopo aver consumato, dovevano togliere il disturbo. Gli altri due coinquilini erano tornati a casa per il fine settimana. L'unico rimasto era Silvio, quindi doveva essere insieme a lui. La osservò a lungo, lui poggiato allo stipite della porta in boxer e lei indaffarata a cercare disperatamente qualcosa di commestibile, incurante di quella presenza. Giuseppe era abbastanza irritato da quell'atteggiamento strafottente; dopotutto stava rovistando nei mobili che erano anche i suoi. Doveva ammettere però che con quel maglione di lana color paglina, sicuramente di Silvio, aveva un aspetto davvero intrigante. Si stiracchiava verso le mensole più in alto, trascinando il maglione fin sotto la linea del sedere. Chissà se aveva gli slip o meno? Curiosità sciocca, perché dal caschetto nero arruffato, il trucco sciolto e la fame che evidentemente si ritrovava, doveva aver appena fatto sesso. Le gambe, nell'allungarsi, mostravano una bella linea, e anche a seno sembrava davvero ben messa. Tuttavia, nell'insieme, appariva una ragazza come tante altre. Nessun segno particolare o vezzi che lo attirassero più di tanto.
"Possibile che non abbiate niente da mangiare, in questa casa?".
"Sei un'illusa se speri di trovare qualcosa… ma scusa, te da dove sei uscita?" ribadì Giuseppe, mentre si sedeva alla tavola.
"Dai sogni erotici del tuo amico! E ora, Giuseppe, mi dici cosa posso mangiare?" domandò ancora voltandosi verso di lui con aria seccata e le mani ai fianchi.
"Conosci addirittura il mio nome? Vuol dire che sei proprio entrata in intimità con Silvio!".
"È lui che è entrato in intimità con me!" rispose poggiandosi al mobile della cucina a braccia conserte, rassegnata alla fame.
"E da quanto vi vedete?".
"Come mai sei tanto interessato alla vita privata del tuo coinquilino?".
"Se vuoi ti posso preparare un caffelatte…!", dichiarò vedendola disperata, quindi riprese. "Me ne interesso quando vengono infrante le regole di questa casa! Io sono fidanzato, ma la mia ragazza non rimane qui a dormire per rispetto verso i miei coinquilini, e tantomeno si mette a girare mezza nuda per casa!".
"Sì, l'ho sentito che sei fidanzato. Ma da quello che mi hanno detto, non la fai dormire con te perché avete una soglia di sopportazione reciproca limitata ad una scopata, dopodiché cominciate a scannarvi come cane e gatto… e visti i graffi dietro la tua schiena, direi che il gatto è lei!", replicò lei in tono sarcasticamente calmo e sicuro, mentre Giuseppe preparava il caffè.
"Lo sai che hai una lingua troppo lunga?" disse mentre metteva la caffettiera sul fuoco.
La ragazza si avvicinò a lui da dietro le spalle e gli portò le labbra all'orecchio.
"E lo sai che la so usare anche meglio quando non parlo?", gli sussurrò, quindi cominciò a leccargli il padiglione, con una lentezza metodica, a scendere prima verso il lobo, succhiandoglielo, e poi verso il collo. Lo lasciò quasi senza fiato, mentre si allontanava per andare a togliere il caffè dal fuoco. Solo il tintinnìo del cucchiaino che girava nella tazzina lo risvegliò da quello stato d'ipnosi.
"Cosa significa quello che hai fatto?" chiese lui, ancora instupidito.
"Niente!".
"Niente?" ripetè, mentre lei lo guardava sorseggiando tranquillamente dalla tazza, seduta di fronte a lui, rannicchiata con i piedi sulla sedia e le ginocchia quasi sotto il mento.
Giuseppe non poté resistere alla tentazione di dare una sbirciata, per constatare se da quella posizione si vedessero o meno le mutandine.
"Se vuoi vedere basta solo che tu me lo dica!".
Quello sguardo malizioso e sicuro di sé gli dava sui nervi ed allo stesso tempo lo affascinava. Sembrava che potesse leggerle dentro, e invece non si rendeva conto che era proprio lei a condurre per mano, in un sottile gioco di seduzione, i suoi pensieri e forse anche i suoi desideri.
"Ah, Giuseppe, sei sveglio?".
Era Silvio, ancora in mutande, entrato in cucina per vedere se c'era qualcosa da mangiare.
"Inutile!" disse la ragazza senza smettere di sorseggiare regolarmente dalla tazzina.
"Okay, vuol dire che mi vesto e vado a comprare qualche cornetto, perché ho una fame infernale! E tu, piccola?".
"Alla crema!" disse guardandolo e portandosi delicatamente il mignolo alle labbra per mordicchiarlo e ridere maliziosamente.
"Tu mi fai impazzire!" esclamò Silvio allontanandosi, sotto gli occhi ancora sorpresi di Giuseppe. "Vado a vestirmi ed esco, torno subito!".
"Sembra veramente pazzo di te!", la stuzzicò Giuseppe, alzandosi dalla sedia.
"Non dovresti prendere il caffè. Stimola l'ipertono muscolare!" rispose la ragazza, vedendo che Giuseppe se ne stava versando una tazzina ed osservando i boxer già rigonfi del ragazzo. Lui tornò a sedersi, accanto a dove era seduta la ragazza. "Comunque, sul fatto che è pazzo di me, hai ragione!" aggiunse lei.
"E come ci sei riuscita? Voglio dire, ho visto ragazze più belle di te passare per questa casa e non rientrarvi più!".
In quel momento si sentì la porta d'ingresso chiudersi; Silvio era uscito di casa.
"Vuoi davvero sapere come ci sono riuscita?", riprese la ragazza, alzandosi di scatto e montando, con un'abile rotazione del busto, a cavalcioni su Giuseppe. Alzò la grossa maglia di quel tanto che bastava per far salire dal basso il pungente odore di sesso, paralizzando il ragazzo e allo stesso tempo confermandogli la sua nudità inguinale. Lui la sentiva strofinargliela sul ventre, appena sopra l'elastico dei boxer. Era talmente bagnata che gli scivolava addosso, ungendogli i peli dell'addome. Si muoveva simulando piacere, o forse lo stava provando sul serio, poiché nella frizione era abilmente riuscita ad allargare le labbra della vulva, e ora Giuseppe riusciva a sentire il clitoride gonfio disegnargli addosso irregolari arabeschi. La ragazza si manteneva con una mano dietro al collo e con l'altra sul ginocchio di lui, tirando e premendosi, nella risalita, contro il corpo fremente, per poi lasciarsi andare verso il basso a sfiorare il membro sempre più rigido. Era veramente brava!
Giuseppe, scosso dall'eccitazione, parve dimenticare che Silvio sarebbe potuto rientrare anche subito, e la afferrò dietro al collo per portare la bocca a stretto contatto con la sua, alla ricerca di quella lingua la cui abilità era già stata dimostrata. La ragazza introdusse una mano all'interno dello scollo a V, troppo ampio per il suo décolleté, trovò il seno e lo portò alla luce come un tesoro da troppo tempo sepolto, e lo offrì alle labbra del ragazzo, che si dedicarono a quel cuscinetto di carne, mentre dall'altro lato dell'equatore, sepolto nei boxer, un altro tesoro veniva riportato alla luce.
Giuseppe guardò negli occhi quella creatura, che sembrava uscita non solo dai sogni erotici del coinquilino, ma forse da qualche valhalla del piacere, e percepì in quella sua espressione il proposito di dimostrargli qualcosa e la consapevolezza che quel qualcosa lo avrebbe lasciato piacevolmente colpito. Si sentì afferrare il sesso ed accompagnarlo dentro di lei, strappandogli un sentito: "…Ooooohh…!".
Si sentiva che c'era stato qualcuno lì dentro prima di lui. Era completamente dilatata e fradicia, come se qualcuno le fosse venuto dentro. Il bacino di colpo smise ogni ondeggiamento; la ragazza rimase ferma, impalata sul suo membro, mentre il suo seno continuava ad essere piacevolmente maltrattato dalle labbra di lui, che si accanivano in maniera tanto maggiore quanto più grande era l'eccitazione che aveva appena raggiunto. Il membro rimaneva lì, avvolto in una sensazione di calore crescente, intrappolato volontariamente in quella fessura e soggiogato da un desiderio di piacere che doveva assolutamente soddisfare.
"Oh, sì…!" sospirò la ragazza. "È veramente piacevole tenerti dentro. Mi calzi proprio a pennello!".
La punta del glande arrivava giusto a sfiorare la parte più profonda dell'utero, che vi si stringeva attorno con contrazioni quasi impercettibili; mentre lei, sempre immobile, troneggiava, come una Parca sulle fila del suo desiderio.
Quella sensazione fu brutalmente spezzata quando, ad un tratto, la sentì sollevarsi dal palo sul quale spontaneamente si era infilata. Ma prima che riuscisse a sfilarsene completamente, lui, prendendola per i fianchi, la riportò in basso, impalandola nuovamente su di sé.
"E adesso dove pensi di andare?".
"Dovevo solamente dimostrarti come avevo fatto a far impazzire Silvio. Non ho mai detto che sarei andata fino in fondo!" gli sussurrò sadicamente.
"Eh, no! Silvio ha infranto la regola di casa, e adesso va punito…!" rispose lui.
"E come pensi di punirlo?".
"Non doveva lasciare una ragazza per casa. Tantomeno una come te!".
"E com'è, «una come me»?", chiese sorridendo, come se avesse già idea della risposta.
Giuseppe si sollevò senza parlare e, sempre tenendosi profondamente infisso dentro di lei, la adagiò sul tavolo, sollevandole la maglia ed affondando il viso e la bocca tra i seni che lei gli offriva ancora. Prese a possederla in un indemoniato andirivieni, pompava ed ansimava come un toro, mentre la vedeva godere nel sentirsi sbattere sul tavolo di legno caldo e di vetro freddo, con una passione che era riuscita a stimolare in così poco tempo. L'unico desiderio di Giuseppe era quello di godere dentro quel corpo che, ancora bollente per il precedente amplesso, era già pronto ad essere coperto da un nuovo maschio eccitato. Voleva venirle dentro, per coprire con il proprio seme quello di Silvio. Abbandonò i seni e si alzò in posizione eretta, davanti a lei. Stavolta era lui a troneggiare. Abbassò gli occhi verso la parte in cui i loro due corpi si univano, e si fermò ad osservare come quella fessura lo inghiottiva ingordamente, accompagnata dai rumori dell'osceno risucchio. Il clitoride arrossato e gonfio si mostrava come un'appetitoso ribes. Lo sfiorò con l'indice, provocandole gemiti intensi e prolungati. Insistette ancora su di esso, mentre le gambe si aprivano sempre di più e la testa della ragazza si sollevava per osservare il perverso spettacolo.
I gemiti si alternavano da entrambe le parti, ed esplosero in un violento orgasmo che li lasciò entrambi senza fiato, lei abbandonata sul tavolo, con la maglia ancora arrotolata sul petto, e lui, ancora dentro di lei, appoggiato con le mani sul bordo.
Giuseppe sentiva il suo sesso sguazzare tra il frutto del piacere suo, di quella ragazza e di Silvio, che forse neanche avrebbe mai saputo di essere stato punito a quel modo.
Ci fu un attimo di imbarazzo, come quando ci si ritrova involontariamente abbracciati a qualcuno, subito superato da entrambi, che, evitando di guardarsi direttamente, provarono a ritrovare un contegno, per evitare che Silvio si rendesse conto di ciò che si era appena consumato.
Si rialzarono e si misero a sedere in cucina, continuando a sorseggiare i caffè ormai raffreddati, quando entrò finalmente l'ignaro amico.
"Oh, non avrei resistito oltre!" esclamò la ragazza.
"Per forza, ti fai pure il caffè, lo sai che stimola l'appetito!" sentenziò Silvio, che, avvicinandosi a lei, le sussurrò: "Posso soddisfare i tuoi appetiti come più preferisci!".
"Per ora mangio il cornetto…", rispose lei. "Poi dopo ti chiederò qualche altra cosa!", e prendendolo per mano, lo portò verso la sua camera aggiungendo: "Ho una cosa da farti assaggiare e che ho conservato calda per te!".
Finse di aver dimenticato i cornetti e lo lasciò in camera per andare di nuovo in cucina, dove Giuseppe, stravaccato sulla sedia con le mano incrociate dietro la testa e l'espressione appagata, la osservava.
"Dici che passerò da questa casa come le altre ragazze?" chiese in tono di sfida.
"Torna di là e fagli assaggiare quella cosa, prima che si raffreddi!", replicò lui, pensando che in quella maniera la sua piccola vendetta sarebbe stata assoluta e completa; e, mentre la vedeva dirigersi ancheggiante verso la camera dove Silvio ignaro l'aspettava, si domandò ancora una volta da quale girone infernale fosse mai uscito quel sensuale demonio.
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