La collegiale: ritorno a Milano

di
genere
incesti

Finalmente ero tornata a Milano per le vacanze di Natale e la Svizzera non mi avrebbe rivisto prima del 7 gennaio.
Dalla stazione avevo preso un taxi per portarmi a casa dei miei nonni ad Arcore dove tutta la mia famiglia mi aspettava.
Il tassista era decisamente il mio tipo, un terronaccio come tanti di quelli che vivono a Milano.
Pasquale, così disse di chiamarsi, cercava di camuffare le sue origini con una forzata inflessione meneghina e quello lo faceva risultare un po' ridicolo.
Mi ricordava zio Antonio, non un parente ma un collega di mio padre che qualche anno prima ,quando ero molto più giovane, molto più inesperta e molto più curiosa, durante una cena aziendale mi aveva dato il tormento per tutta la serata e un po’ con l'inganno, un po’ con le lusinghe, un po' per sfinimento, mi aveva convinto a fargli una sega con le mie mutandine sotto al tavolo, davanti a tutti, davanti a mia madre a sua moglie al figlio seduti gli accanto, mentre ignari ascoltavano il discorso di mio padre per ringraziare tutti i colleghi per gli ottimi risultati ottenuti quell'anno.
Quel ricordo eccitante solleticò la fantasia, sorrisi e gli chiesi se era calabrese.
Con orgoglio ci tenne ad informarmi che era originario di Cosenza.
Pasquale era sulla cinquantina, ricci capelli corti sale e pepe con un'espressione del viso vissuta, il volto di un uomo pieno di esperienza, anche quel poco di pancetta che gli arrotondava la Polo bianca sotto la giacca di jeans mi eccitava parecchio, la zoccola che viveva in me venne a grattarmi la passerina.
Sotto la giacca di pelle indossavo un abitino di maglia grigio aderente a collo alto tenuto in vita da una sottile cintura anch'essa di pelle.
Le gambe, sopra le parigine nere portavo degli stivali scamosciati alti fino a sopra il ginocchio.
Salita in macchina mi sistemai al centro del sedile posteriore, l'orlo dell'abito era piuttosto corto e il tessuto elastico risalì vertiginosamente.
Il tassista dopo avermi chiesto la destinazione mi diede una lunga occhiata e sorrise, già sentivo che tra noi scorreva un grandissimo feeling, non faceva alcun mistero nel gettare il suo sguardo tra le mie gambe, gli risposi un po' arrossendo dicendogli l'indirizzo dove doveva lasciarmi, lui sorrise e mise moto la vettura.
Mentre sfrecciavamo nel traffico di Milano spostò lo specchietto retrovisore, si godeva la visione del regalino che il preside dell'Istituto la sera prima ha una cena privata di congedo aveva fatto a tutte le sue ragazze.
Delle mutandine trasparenti, rosse per festeggiare il Natale.
il tassello davanti era in pizzo e riproduceva la forma di una farfalla ,il cavallo era aperto e tra i lembi di seta del perizoma scorrevano otto perline che scindevano le labbra della passerina.
Eravamo bloccati nel solito traffico della tangenziale nord.
Ammiravo la sua abilità di star contemporaneamente concentrato sulla strada e di sbirciarmi sotto la gonna.
Per rendere il suo compito più agevole lasciai che le ginocchia si rilassassero mentre con le dita arricciavo quel poco di tessuto che mi era rimasto sulle cosce.
La mia fighetta era completamente esposta ai suoi sguardi.
L'uomo intuendo una mia disponibilità mise da parte gli indugi e mi disse che quelle che indossavo erano proprio delle belle mutandine.
Il mio pesciolino aveva abboccato e ora dovevo solo tirarlo su.
Sorrisi e lo ringraziai ,mi incalzò chiedendomi di che materiale fossero e se erano comode.
Gli risposi che erano comodissime ma, fingendomi ingenua, che non sapevo dirgli di che materiale fossero fatte.
Eravamo fermi incolonnati tra tre lunghissime file di auto, nell'abitacolo del taxi sembrava cominciare a fare un caldo terribile e non era solo per l'aria condizionata messa a manetta.
Il tassista si voltò verso di me e mi chiese se poteva saggiarne il tessuto così da avere un'idea.
La sua iniziativa mi divertì e con aria innocente mentre aprivo e chiudevo le gambe, prima di dargli il mio consenso gli chiesi se era un esperto di mutandine.
Pasquale con arroganza sostenne di averne sfilate parecchie.
A quel punto risi divertita e acconsentì.
La sua mano mi si posò sul cavallo, mi pare inutile dire che non era assolutamente interessato a scoprire quale fosse il tessuto che componevano le mie mutandine, le sue dita si dedicavano a sollecitare la mia passerina già tutta bagnata.
Se non fosse stato per il tizio dietro di noi che non la smetteva di suonare il suo clacson e di urlarci contro la situazione sarebbe evoluta in maniera diversa. La strada si era liberata davanti a lui, Pasquale aveva ripreso la guida, durante il tragitto mi chiese se avevo voglia di seguirlo in un motel lì vicino.
L'invito mi stuzzicava ,guardai l'orologio e i realizzai che era tardi, a malincuore gli risposi che la mia famiglia mi stava aspettando.
Pasquale fu cortese non insistè più di tanto ,si rassegnò e mi portò a destinazione.
Fermò il taxi davanti alla Villa dei miei nonni rimanendone ammirato.
Prima di lasciarlo dopo aver pagato la corsa mi allungò un biglietto da visita precisando che si avevo bisogno di andare da qualche parte e in maniera esplicita, di essere scopata come si deve non dovevo far altro che chiamarlo.
Indicandogli la foto che aveva sul cruscotto di una donna e tre bambini gli chiesi ironica cosa avrebbe pensato sua moglie.
Non che me ne importasse qualcosa, ebbi impressione che cedere alla sua proposta sarebbe stato decisamente divertente per entrambi.
Pasquale fece spallucce e mi rispose che occhio non vede cuore non duole.
Risi egli promisi che ci avrei pensato.
Prima di entrare nel portone mi voltai a guardarlo, lo vidii annusarsi la mano che aveva tenuto tra le mie cosce sicura che il mio odore si era impregnato sulle sue dita.

Una volta in casa tutti presenti erano felicissimi di vedermi, era quasi un anno che non li vedevo ero come la figlia perduta che ritorna a casa, senza neanche dirlo mio padre era quello più entusiasta.
Fregandosene di tutti ,di sua moglie, dei suoceri e della Giada, la Filippina che era a servizio da una vita a casa dei mie nonni, mi abbracciò sollevandomi di peso e baciandomi su tutto il viso, io ricambiai l'entusiasmo e i suoi baci.
Nell'enfasi del momento rimanemmo avvinghiati l'uno all'altra, le sue mani si posarono sul mio culo mentre le mie cosce stringevano intorno alla sua vita.
L'orlo del mio abitino era risalito fino scoprirmi del tutto il sedere mentre le sue mani mi afferravano le chiappe mostrando a tutti l'indecente capo di biancheria intima che indossavo sopra di esso.
Mentre mordevamo l'uno o la lingua dell'altro, potevo sentire il suo uccello eretto attraverso i pantaloni della sua tuta premermi contro la passerina.
Ero bagnatissima sia per colpa di Pasquale che avevo lasciato poco prima sia per aver ritrovato il mio adorato papino.
Se non fosse stato per mia madre che ci aveva interrotti, fingendosi divertita mentre era decisamente imbarazzata dicendoci che stavamo dando spettacolo, chissà dove saremo arrivati.
Improvvisammo delle scuse divertite, con fatica ritrovammo un po' di contegno restando però comunque abbracciati l'uno appiccicato all'altra.
Papà sembrava non riuscire a trattenersi ,mentre parlavo con i nonni e la mamma del più e del meno, delle mie impressioni sull'istituto svizzero, del viaggio e sui miei impegni di quei giorni, la sua mano si insinuò di nuovo tra solco delle mie chiappe, con discrezione scivolò sotto l'orlo del vestito, trovò la mia passerina umida e lì nel salotto dei miei nonni ,in piedi davanti all'albero di Natale e il loro prezioso tappeto persiano, mi regalò un lento e indolente ditalino.
Cercai di fare appello a tutte le mie forze per non dare nell'occhio ma lo sguardo attento di mia nonna si rese conto che qualcosa non andata.
Fu mia madre a suggerire che probabilmente ero stanca io lo confermai aggiungendo che la sera prima era stata ad una festa ed ero esausta, omettendo il dettaglio che la festa in questione si era poi trasformato in un'orgia.
La mamma mi disse di andare al piano di sopra e chiese a mio padre di accompagnarmi per aiutarmi a portare su la mia valigia, lui ne fu ben lieto.
Nella privacy di quella camera, seduta sul letto, sullo stesso letto che mi aveva ospitato ogni volta che ero stata in visita a casa dei nonni fin da quando ero bambina, osservavo mio padre che stava in piedi davanti a me.
In piedi tra le mie cosce spalancate, massaggiandogli il cazzo attraverso il tessuto della tuta con una mano mentre con l'altra massaggiavo la mia passerina, gli chiesi se gli ero mancata.
Lui rimase in silenzio e io capii che avrei dovuto verificare da sola.
Lentamente mordendomi le labbra e sentendo recitazione crescere, pregustandomi ogni attimo gli abbassai i pantaloni sotto il quale scoprii non indossasse nemmeno le mutande.
Il suo uccello duro mi balenò davanti al naso, il suo glande in parte esposto era lucido e umettato.
Ammirata da quel suo omaggio mi spogliai restando con solo il perizoma indosso ,mi stesi sul letto a gambe aperte offrendomi a lui.
Il mio dolce Paperino mi divorava con gli occhi ,diceva che ero bellissima, sensuale, Divina, aggiungendo che tanta bellezza doveva essere condivisa con i suoi colleghi, gli stessi colleghi che l'altra volta avevano ammirato la bellezza del mio corpo.
Con i quali, mi confessò, aveva condiviso la registrazione delle videochiamate che aveva avuto con me in quei mesi.
Rimasi un po' delusa per essere venuta a sapere che ero stata esposta senza il mio consenso hai suoi amici.
Erano conversazioni personali, intime, in tutte mi ero sempre mostrata, su richiesta di mio padre in biancheria intima.
Ogni volta insisteva per farmi assumere certe pose, di mostrare certi dettagli ravvicinati di quei capi tutti molto sexy tutti pensati tra tulli pizzi e trasparenze più per mettere in evidenza che per proteggere dagli sguardi.
Al disappunto si aggiunse anche un po' di imbarazzo, Certo con la vita che facevo in Svizzera l'imbarazzo non mi si addiceva eppure era così.
In alcune occasioni mi aveva chiesto di compiere certe azioni, come assistere mentre mettevo lozione per il corpo sulla mia pelle nuda o quando a cosce aperte , sempre sul suo insistenza, mi depilavo la passerina davanti a lui.
Gli tenni il broncio, ero arrabbiata e glielo dissi, mi rispose che non dovevo esserlo ,che ero bellissima, che i suoi colleghi avevano adorato ogni singolo secondo di quei video, che se non mi aveva detto niente era stato solo al fine di ottenere delle immagini più spontanee e naturali.
Mi baciò sulla fronte, non riuscivo ad essere arrabbiata con lui troppo a lungo e quando mi propose di fare dei nuovi scatti, non ebbi alcuna obiezione.
Questa volta però le foto, dozzine di foto, condivise in diretta sul gruppo furono molto più spinte.
In una stavamo in piedi l'uno di fianco all'altro nudi, io gli tenevo l'uccello in mano mentre lui mi copriva con le sue mani i seni
In un'altra stavo sotto di lui mentre mi premeva sul viso il suo pene.
In un'altra la punta della mia lingua gli sfiorava il glande raccogliendo alcune gocce del suo pre-sperma.
In una terza accoglievo il suo cazzo tra le tette e nell'immagine successiva la sua calda sborra mi ricamava il viso.
Qualche istante dopo mentre succhiavo la cappella ancora umida di mio padre sperando di estrarne tutto il nettare dai suoi testicoli che potevo sentire tra le mie dita ancora gonfi e pesanti e lui condivideva ogni attimo con i suoi colleghi foto dopo foto in chat, qualcuno bussò alla porta della mia camera.

Ancora una volta Salvi per un pelo, se non fosse stato per la domestica dei miei nonni salita ad informarci che il pranzo era pronto chissà dove ci saremmo spinti.
Dopo un ultimo bacio, ci rivestimmo e facendo finta di niente raggiungemmo il resto della mia famiglia per consumare con loro il pasto.
Mentre assaggiavo arrosto di mia nonna, mi accorsi che mio padre seduto al mio fianco non mi staccava gli occhi di dosso.
Percepivo il suo desiderio cocente sopra la mia pelle.
La mia fichetta si bagnò di nuovo, quando mise il suo cazzo in mano sotto la tovaglia ricamata.
Tutti erano distratti della TV e ci ignoravano , solo la Filippina notò quello che stavamo facendo, mi sorrise colpisce mentre facevo venire mio padre nella mia mano nuda. Mentre mi pulivo le mani con uno dei tovaglioli preziosi di mia nonna ,mi chiesi se avremmo mai superato quel limite che c'è tra consanguinei.

A quella domanda solo il tempo avrebbe dato una risposta...
scritto il
2024-08-30
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