Cappuccino con schiuma

di
genere
confessioni

Dopo una vita passata nell' agio, figlia dell'alta borghesia Milanese e poi moglie di un piccolo industriale della bergamasca ,ero abituata ad avere tutto senza dover faticare e per certi versi potevo tranquillamente definirmi persino viziata.
Non mi mancava nulla e quello che non l'avevo mi bastava schioccare le dita per ottenerlo.
Poi come un fulmine a ciel sereno la mia vita cambiò, a 42 anni mi ritrovavo senza un soldo, spogliata di tutti i miei averi e a dover cercare un lavoro per vivere.
Alla ditta di famiglia, dopo uno scandalo finanziario finito sui giornali erano stati posti sigilli dalla guardia di finanza suo ordine del tribunale di Milano.
L'imbarazzo era stato tremendo quando i finanzieri mentre eravamo ad una festa a casa di amici vennero a prendere mio marito Carlo per portarlo in galera.
Avrei voluto morire quando alcune settimane dopo l'avvocato mi disse che il tribunale aveva posto sotto sequestro tutti i beni mobili e immobili di mio marito l'unica concessione ammessa fu quella di farmi rimanere nel nostro attico in centro a Milano per un periodo non superiore ad un anno ,dopodiché anche quella proprietà sarebbe stata messa all'asta.
Ero stravolta, anche la mia famiglia si era allontanata per evitare di essere coinvolta nello scandalo.
Immancabilmente l'ipocrisia di chi conoscevamo si palesò, i nostri amici sparirono, anche quelli più cari e di vecchia data si negavano al telefono o cambiavano strada quando mi incontravano, persino la Kiki la filippina che lavorava con noi da 15 anni come domestica, sempre devota e affezionata un bel giorno senza dire niente prese le sue cose e ritornò al suo paese.
Ahimè più tardi scoprì che mi aveva anche rubato parecchie cose dal mio armadio ,vestiti ,gioielli ,stilai una lista e andai al più vicino commissariato di zona per fare la denuncia.
L'esperienza fu degradante, il brigadiere che redisse il mio esposto dubitò della mia buona fede, sapeva benissimo che ero la moglie dell'uomo che aveva truffato lo stato per quasi 110 milioni di euro, senza alcun tatto mi accusò di è aver orchestrato una messa in scena nel tentativo di far sparire alcuni beni personali così da evitare un possibile sequestro.
Provai a discolparmi dalle sue accuse ma le mie ragioni apparvero non avere particolare presa sull'uomo in divisa e lasciai quasi in lacrime la caserma, l' esperienza di quella mattina fu mortificante.
Le cose andavano sempre peggio, sembrava che su di me aleggiasse una nuvoletta nera di sfortuna.
I conti di mio marito erano stati tutti bloccati e solo grazie ad intercessione del avvocato il mio conto in banca, quello che avevo dai tempi della facoltà di architettura in cui tenevo parte dei miei risparmi non era stato incluso tra i beni sequestrati o sequestrabili.
Fu un sollievo temporaneo, presto tra avvocato, spese processuali ,spese quotidiane e bollette i soldi finirono.
Dovevo trovare una soluzione per rimpinguare le mie entrate.
Passai settimane a chiamare amici in cerca di aiuto e ne ottenni solo telefoni sbattuti in faccia, realizzando quindi che l'unica che poteva darmi una mano ero io.
Passai notte e giorno a guardare gli annunci di lavoro, nulla si adattava alle mie competenze, non che ne avessi alcuna.
Avevo conosciuto mio marito ai tempi del liceo, ci eravamo sposati prima di laurearmi ,non avendo mai lavorato un giorno in tutta la mia vita praticamente ero alla mia prima esperienza in assoluto e tutti gli annunci che avevo letto ne richiedevano almeno un minimo mentre quelli che non richiedevano alcun tipo di esperienza pregressa mi risultavano troppo degradanti o con paghe da fame.
Provai a fare la dog sitter, i clienti all'inizio non mancarono, molti di loro erano uomini single, davanti a una bella donna non si preoccupavano più di tanto di dover spendere la cifra che chiedevo per i miei servizi per portare a spasso i loro cani, se non fosse stato per la mia allergia al pelo del cane e per il disgusto che provavo nel tirare su le deiezioni di quegli animali sarebbe stata una buona entrata, alla fine tra congestione nasale e litigate quotidiane con i passanti perché non tiravo su la cacca del cane di turno dovetti rinunciare.
Allora provai a guadagnare soldi con il web.
Attraverso un sito di aste, provai a vendere parte dei miei vestiti, mi accorsi presto che gli articoli più richiesti erano le mie scarpe e il mio intimo, molti degli acquirenti per lo più uomini arrivavano a spendere una cifra che non di rado superava il valore commerciale dei capi d'abbigliamento messi all'asta.
Quando l'asta era stata aggiudicata, l'acquirente mi chiedeva di mostrargli una foto che testimoniasse il fatto che quella roba fosse mia e che l'avessi indossata di recente, così prima di ogni spedizione allegavo in una mail di conferma alcuni scatti in cui indossavo l'articolo che avevo venduto.
Non furono in pochi a farmi quella richiesta e così mi adattai al mercato.
Decisi che mettere nell'annuncio foto di me con indosso gli indumenti che volevo vendere , facendo bene attenzione a tagliare fuori il mio viso per poter mantenere comunque un certo anonimato ,pensando che potesse essere un'ottima strategia di marketing e difatti gli affari crebbero esponenzialmente, nel giro di poche settimane il mio armadio si svuotava e le mie tasche si riempivano di soldi.
La cosa però non piacque ai moderatori del sito i quali sostenendo che la mia condotta immorale era inaccettabile, suggerendomi di andare altrove a cercare clienti per i miei servizi, quando provai a protestare con un accesissima mail , mi risposero semplicemente che avevo accettato delle condizioni di utilizzo, condizioni che avevo palesemente violato e mi chiusero l'account.
Il business delle aste era definitivamente chiuso.
Ero depressa, mi mancavano le idee, le brutte notizie che quotidianamente l'avvocato mi portava e le richieste di Carlo dal carcere non aiutavano di certo.
Passavo le mie giornate a dormire, a bere e a masturbarmi tutto il giorno nel tentativo di cercare un po' di sollievo nell'autoerotismo.
Un giorno ero particolarmente ubriaca, con indosso soltanto delle mutandine che non cambiavo da parecchi giorni andai sul terrazzino del mio appartamento e nonostante fossi perfettamente consapevole della presenza degli operai che stavano rifacendo il tetto del nostro condominio , distesa sul lettino mi diedi piacere con il collo dell'ultima bottiglia di Merlot presa dalla cantina di mio marito.
Quando rientrai in casa dopo aver dato spettacolo, guardandomi allo specchio mi resi conto che avevo ormai toccato il fondo e che dovevo reagire.
Mi diedi una ripulita, rimasi sobria per parecchi giorni, feci una dieta disintossicante e quando finalmente mi sentì pronta fregandomene delle chiacchiere di tutti quelli che mi stavano intorno mi feci rivedere in giro.
Un giorno mentre facevo colazione nel bar dello Sporting Club che frequentavo da quando conoscevo mio marito ,origliai la conversazione di una delle ragazze che annunciava al titolare la sua intenzione di licenziarsi.
Marco per l'appunto il titolare del bar, era un giovanotto di trent'anni tanto cortese e gentile a cui però non avrebbe fatto male perdere qualche chiletto ,cambiare pettinatura e guardaroba.
Sapevo che aveva un debole per me, non che ci avesse mai provato direttamente ma certe cose una donna le intuisce.
Il modo con cui mi parlava, dalle attenzioni che aveva ,il fatto che non riusciva a staccarmi gli occhi di dosso quando indossavo una gonna troppo corta o una camicetta troppo scollata, quando mi presentavo nel bar dopo aver fatto una bella nuotata nella piscina del club con indosso solo il bikini, erano i segni che il ragazzo mi desiderava da morire.
Cosi mi venne in mente che avrei potuto far leva su di lui e farmi assumere come cameriera o barista.
Così appena mi fu a tiro lo chiamai facendomi raggiungere al tavolo e mi proposi, mentre sorseggiavo il mio cappuccino facendogli gli occhi dolci, la sua reazione non fu proprio quella che mi aspettavo, il suo viso si contorse in un'espressione di sorpresa, dubbio, persino di poca fiducia, balbettando mi disse che forse non era proprio una buona idea.
Quando gli chiesi il perché ,ci mise un po' a rispondermi poi se ne uscì chiedendomi se avevo esperienza in quel settore della ristorazione se in pratica avevo mai lavorato in un bar.
Che oltraggio ,certo che non avevo esperienza che non avevo idea di come si facesse un cappuccino ma avrei potuto imparare.
Ero stata servita e riverita per tutta la mia vita, avevo la certezza che il loro non fosse poi un lavoro così complicato e pesante, lo incalzai che se lui era un bravo capo , un bravo esercente, avrebbe potuto insegnarmi e io avevo una gran voglia, una grandissima voglia di imparare.
Gli sfiorai la mano guardandolo dritto negli occhi, sporgendomi in avanti poggiando i gomiti sul tavolo in maniera che potesse gettare lo sguardo nella mia scollatura e la mia strategia parve funzionare.
Marco come speravo non fu in grado di resistermi, mi annunciò che quando volevo avrei potuto cominciare un breve periodo di prova dopodiché se le cose fossero andate bene per entrambi mi avrebbe assunto con un contratto in regola.
Feci passare qualche giorno prima di presentarmi al bar, ero stata impegnata con la vicenda di mio marito, inoltre il direttore dello Sporting Club mi dava la caccia per chiedermi come avevo intenzione di saldare la quota d'iscrizione a settembre e i debiti che avevo lasciato, così dovevo evitarlo, per evitare ulteriori imbarazzi e non fu per niente facile, una mattina superando la guardia all'ingresso distratta da altri soci del club riuscii a intrufolarmi nella struttura. Feci la mia entrata nel bar come una diva che si affaccia sul palcoscenico la sera della prima in teatro.
Trovai solo Caterina una delle ragazze più giovani ha anche una delle più gentili, mi disse che Marco le aveva informate che avrei fatto un periodo di prova li da loro, mi informò che il suo capo quel giorno non ci sarebbe stato e che se avevo intenzione di iniziare sarei potuta tornare il giorno dopo, ne fui un po' seccata ma ,gli dissi che sarei ripassata, prima di uscire Caterina provando a cercare di essere il più gentile possibile aggiunse che se non volevo fare una brutta impressione con le colleghe sarebbe stato meglio presentarsi non più tardi delle 7:00, cioè quando il bar apriva al pubblico.
La ringraziai e notando che continuava a rivolgersi a me con il lei la invitai ad avere un atteggiamento più confidenziale, visto che dal giorno dopo saremmo state colleghe.
Mentre mi avviavo verso l'uscita, mi si parò davanti il direttore con una guardia della sicurezza, dicendomi che non ero più la benvenuta come il socia del club, stizzita gli risposi in quanto ex socia poteva anche negarmi l'accesso al suo patetico Club ma essendo ormai dipendente del bar e quindi una lavoratrice contrattualizzata, non poteva far nulla divieti le spalle e me ne andi via lasciandolo di sasso.
La mattina dopo puntuale mi presentai alle 7:00, Marco non era ancora arrivato trovai la Ada la più anziana del gruppo e la Veronica una ragazza taciturna, nel vedermi entrare mi squadrarono da capo e piedi ,avevo cercato di copiare a mio modo quello che era la loro divisa, una gonna nera lunga fino al ginocchio, una camicia bianca e delle scarpe comode.
Ma le cose che indossavo io erano di alta gamma e di marca, di scarpe comode non ne ho mai possedute e le scarpe con il tacco più basso che avevo erano delle Chanel tacco 7, la camicia era di Valentino di seta bianca, tagliata su misura mi stringeva la vita e mi sottolineava l'abbondanza del mio seno, la gonna era di Prada con uno spacco laterale fino a mezza coscia e mi fasciava i fianchi, la mia biancheria di lusso di un Celeste pastello appena accennato comprata in una boutique di Parigi era fatta a mano e su misura da uno degli artigiani più richiesti d'Europa, tutto era testimonianza del mio stato sociale e del lusso in cui avevo sempre vissuto, quindi era normale ricevere quegli sguardi pieni di quella che io non ebbi problemi a riconoscere come invidia.
Nelle ore successive non avendo mai lavorato in vita mia e non avendo pertanto mai avuto colleghe imparai che le donne invidiose non sanno per niente essere solidali.
Le due ragazze mi presero di mira facendomi fare cose faticose ,umilianti e assurde.
Ada la più anziana che avrebbe dovuto insegnarmi i segreti del mestiere, non aveva fatto altro che urlami dietro , offendermi e prendermi in giro, Veronica dal canto suo forse in un senso di sudditanza verso la collega più anziana si ostinava ad ignorarmi del tutto, non rispondeva nemmeno quando le facevo delle domande semplici o cercavo di creare un dialogo, le due stronzette erano chiaramente in combutta, mi fecero l'oggetto delle loro cattiverie ,il culmine fu quando mi mandarono a servire il signor Donato.
Anche se frequentavo spesso lo Sporting Club quel tizio mi sembrava un volto nuovo, forse semplicemente frequentavamo quel posto in orari e giorni diversi o più semplicemente non avendo alcuna attrattiva era sempre passato inosservato.
Ad una prima occhiata sembrava essere un simpatico vecchietto e invece si rivelò essere un autentico molestatore, un maniaco, un pervertito.
Mi presentai a lui con il mio cognome da nubile per non creare inutili imbarazzi, lui non sembrava conoscermi ma fu molto lieto di fare la mia conoscenza.
È appena ne ebbe l'occasione palesò questo suo piacere toccandomi il culo ogni volta che ne ebbe occasione.
All'inizio il signor Donato sembrava in buona fede, lo faceva in maniera quasi accidentale poi sempre più in modo sfacciato.
Quando lo feci presente ,le ragazze mentre preparavano il suo ordine, mi dissero di avere pazienza, era uno dei clienti più affezionati del bar, che in fondo era innocuo e che oltretutto era uno che lasciava belle mance.
Per quanto non fosse la prima volta che mi lasciavo palpeggiare da qualcuno per denaro, anni prima mi ero mantenuta gli studi universitari accompagnando i ragazzi più sfigati della facoltà alle feste dietro pagamento, di certo era la prima in assoluto che mi ritrovavo in una situazione simile.
Per la prima volta da tanto tempo mi sentivo ferita e umiliata ma, per non darla vinta né a lui né a quelle aguzzine delle mie colleghe decisi di non mollare.
Così misi il sorriso più scintillante che avevo, svuotai una bottiglietta d'acqua per mandare giù il boccone amaro e tornai da lui ogni volta che chiedeva la mia attenzione e per un bel po' fu il mio unico cliente.
Feci buon viso a cattivo gioco sopportando le battutine sconce, gli apprezzamenti volgari non troppo velati, i pizzicotti sul culo, stringendo i denti quando con la scusa di saggiare il materiale della mia camicetta dubitando da ex commerciante tessile che si trattasse di seta autentica mi tastò il seno, soppesandolo e arrivando con mio enorme imbarazzo a strizzare la parte più sensibile del mio corpo dopo il mio ano, i miei capezzoli, i quali sollecitati si erano drizzati sotto il tessuto finissimo e bagnato di sudore stabilendo alla fine che sì, quella era proprio seta di ottima qualità, per poi finalmente lasciarmi andare.
Donato tornò all'attacco poco dopo evidentemente non pago delle sevizie a cui mi sottoponeva.
Quando gli portai un altro caffè, con la scusa di una vista ormai infiacchita dagli anni, mi chiese di aiutarlo a leggere un articolo sul giornale, giornale che teneva in parte appoggiato sul tavolino, in parte sulle cosce.
Neanche la mia vista è mai stata molto buona senza occhiali, che evitavo di mettere quando ero in occasioni pubbliche, ero piuttosto cecata così dovetti avvicinarmi molto per leggere l'articolo sul fondo della pagina.
Trassi un sospiro invocando la pazienza, quando la sua mano approfittando dell'estrema vicinanza si posò un'altra volta sul mio culo.
Dalla posizione piegata e il fatto che ero stata in giro per il locale tra un cliente ed un altro senza riuscire a prendermi nemmeno una pausa aveva contribuito a che l'orlo della gonna fosse risalito in maniera preoccupante.
Così mentre leggevo, Donato stava cercando di infilare le dita tra le natiche messe a nudo nell'intento di scoprire quanto profondo fosse il solco delle mie chiappe.

Tentai di sottrarmi spostandomi leggermente, ma lui ritornò subito all'attacco, a quel punto mi rassegnai esausta.
Rimasi accondiscendente alla sua avance, concentrata nell'intento di offrire al mio cliente il servizio che mi era stato richiesto, leggendo ad alta voce un noioso articolo su una partita di calcio disputata qualche giorno prima.
Feci appello a tutta la mia forza di volontà quando due dita dell’arzillo vecchietto insinuatasi tra la mia carne sudata e rovente si soffermarono sul tassello umido del cavallo delle mie mutandine fino a trovare le labbra paffute della mia passera, strofinando in lungo e largo il solco che la divideva attraverso il tessuto.
Fui stoica, talmente concentrata che arrivai a capire troppo tardi che il nonnetto si era aperto la patta dei pantaloni tirato fuori l'uccello e si stava masturbando e nel contempo stimolava il mio inguine da cui ormai colava giù per le cosce ciò che non era solo sudore.
Troppo tardi, troppo tardi per evitare ,raggiunto l'apice del suo piacere, tirandomi a sé fino a che fui abbastanza vicina da consentirgli che il mio fianco destro fosse fatto bersaglio di un unico bollente e lungo fiotto di sperma.
Rimasi immobile osservando il suo seme scivolarmi sul fianco, mentre lui beato si annusava alla mano bagnata dei miei umori, poi come se non fosse successo nulla si risistemò la patta dei pantaloni e mi chiese di portargli un altro caffè.
Passò un'oretta, il signor Donato se ne era andato felice e soddisfatto, finalmente Marco fece la sua comparsa nel locale.
Fui tentata di raccontargli ciò che era successo ma qualcosa mi disse di tacere e quando mi chiese com'era andata gli risposi semplicemente che non era andata male.
Figurarsi se potevo dirgli che il primo giorno di lavoro mi ero lasciata palpare le tette, fare un ditalino e sborrare sul culo da un cliente.
Per la mia prestazione il signor Donato in realtà fu anche generoso.
Prima di andare via dopo avermi chiamato da parte cercando un po' di privacy, mi aveva lasciato una banconota da 200 euro nella scollatura della camicetta.
Decisi che quella per adesso doveva essere una cosa che doveva restare tra me e il caro signor Donato.
Per tranquillizzare Marco, aggiunsi che i clienti erano simpatici e anche le ragazze mi avevano accolto bene, mentii dicendogli che erano state tanto gentili con me.
Nel sentirmi dire quelle cose lui ne fu sollevato, ammise che Ada per quanto fosse brava, una su cui a lavoro si poteva sempre contare è dotata di una grande professionalità, non aveva certo un carattere docile soprattutto con le colleghe nuove.
Mi chiese se volevo continuare e gli risposi di sì, né fu lieto e mi diede il benvenuto del suo staff ,lo ringraziai sorridendogli.
Passandomi accanto notò la macchia bianca che spiccava sulla mia natica destra, dissi che si trattava della schiuma di un cappuccino che distrattamente mi ero versata addosso.
Marco ne era dispiaciuto sperò che non si fosse rovinata la gonna.
Lo tranquillizzai dicendogli che sapevo come trattare quelle macchie, con un po' di acqua tiepida e sapone neutro la gonna sarebbe tornata come nuova.
Lui ne fu sollevato e se ne andò ignorando che tra le cosce bollenti la mia fica era ancora completamente bagnata, palpitante e desiderosa di essere riempita.
Mi accingevo a vivere una nuova vita e per quello, per sfamare la mia passera da quel giorno in poi le occasioni, non sarebbero mancate…
scritto il
2024-08-25
2 . 8 K
visite
2 4
voti
valutazione
6.4
il tuo voto
Segnala abuso in questo racconto erotico

commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.