Dai piedi in su atto VIII

di
genere
dominazione

Passate le prime serate di rodaggio in compagnia del mio nuovo supremo PM (= Padrone e Maestro) i nostri incontri serali proseguirono serrati in un clima di conferma del mio devoto servizio ai suoi piedi, mirato a consolidare il legame che si era instaurato fra di noi. Il mio supremo mi faceva esercitare in quelli che chiamava “i pezzi forti del programma”. Pompa dopo pompa, inculata dopo inculata, cerimoniale dopo cerimoniale tutto mi riusciva, ardisco a dire ci riusciva, più naturale e più sciolto. Quella casa era diventata ormai la palestra e il tempio della mia sottomissione. La frequentazione del supremo mi rendeva sempre più consapevole della vastità e della raffinatezza dei suoi saperi. Egli si prodigava a farmi sentire sempre più a mio agio e contemporaneamente a disagio innanzi al suo cazzo. Riceveva spesso chiamate telefoniche durante le quali elargiva dritte e spiegazioni a diversi padroni in cerca di consiglio o a schiavi in crisi da raddrizzare. Durante tali conversazione mi teneva sempre a cuccia accanto a lui e va da sé che me ne rendeva partecipe lasciandomele origliare. A tutti faceva notare che era impegnatissimo alle prese con uno schiavo di grande pregio e molto promettente. Parlava di me e mi definiva “autentico schiavo di corpo e di mente” o “gemma grezza da portare alla luce”. Capivo anche, non senza stupore, che i suoi interlocutori appartenevano senza eccezione ad una élite di persone molto in vista nella vita pubblica della città. Li aveva selezionati, in quanto dom o sub, per diventare membri di un cerchio magico. Tutti lo interpellavano con riguardo e lo chiamavano “Maestro dei maestri”, profondendosi a lui in cauti preamboli. Si scusavano di fargli perdere tempo, temevano di averlo disturbato con delle sciocchezze e lo ringraziavano per l'attenzione ai loro problemi e per i suoi sempre chiari e insostituibili responsi. Al termine di ogni telefonata il mio padrone riservava un buffetto di congedo quasi benevolo ai dom, e ai sub intimava una sberla che si somministravano al volo per fargli ascoltare in linea il ciaf e il lamento che ne sortiva. A scanso di imbrogli dovevano inoltre certificarne l'effetto inviandogli una foto particolareggiata che mostrasse i segni fioriti sulla loro epidermide tenendo sullo sfondo la prima pagina di un quotidiano fresco di giornata. E a tale scopo i sub di sinistra ( che lui canzonava come “sinistri”) utilizzavano in genere “La Repubblica”, mentre quelli più di destra ( che chiamava “carbonelle” o “anime nere”) il “Corriere della Sera”. Tutte queste celie semiserie del mio supremo PM suscitavano in noi una certa condivisa ilarità, che il padrone prontamente temperava e smorzava con un ceffone tutto per me da farmi girare la testa dall'altra parte.
scritto il
2024-09-19
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