Dai piedi in su atto XXXV

di
genere
dominazione

LA PRIMA APPARIZIONE DI UN GIOVANOTTO
Il padrone non è ancora rientrato. Non ho molto da dire. Senza il padrone mi sento solo. Il padrone mi avvisa per SMS che non rincaserà tanto sul presto. Vado a riordinare il bagno. Mi chiama. Mi dice che sta tornando e che non è da solo. Mi metto nudo e indosso il collare. Lo aspetto in ginocchio vicino alla porta. Arriva. Entra. Gli bacio la patta. Mi manda via in malo modo. Mi manda nel sottoscala. C'è uno schiavo giovane con lui. Sono un po' geloso. Sento che lo frusta. Urla e piange. Almeno non le ho buscate io. Ma cosa non darei per essere lì con loro. Mi chiama. Ha il culetto in fiamme. Lo ha ridotto proprio male. Cerco di consolarlo. Mi dice di spedirlo via. Che gli basto e gli avanzo io. Gli ha dato cinquanta euro. Lo spingo fuori a strattoni con i suoi indumenti in mano. Se ne va. Il padrone non mi vuole tra le palle. Mi manda a stare nello sgabuzzino. Sento che si è addormentato. Mi assopisco. Di buon mattino mi libera e mi dice che la sera avanti era di luna storta. Caca nel bidet, come fa spesso. Prendo le misure del suo stronzo. Dieci centimetri per tre di diametro. A mano nuda lo afferro e lo soppeso. Circa due etti. Lo getto nel cesso. Annoto tutto sul nostro libro di bordo. Ci ripuliamo, lui il culo e io la mano e ci vestiamo. Come se niente fosse andiamo al lavoro.

ERA BISOGNOSO (DI DISCIPLINA)
Da quella volta che era stato preso per la collottola dal padrone e condotto a casa nostra per una ripassata di culo il bel giovanotto (22 anni di età) si presentò sempre puntuale ogni lunedì sul far delle tenebre per ricevere la sua dose. Non veniva nemmeno più pagato. Aveva chiesto lui di tornare per delle sessioni regolari di disciplina di cui sentiva fortemente il bisogno. Il padrone (in divisa da capo carceriere) gli aveva riservato una gogna e un cane tutti suoi. Doveva spogliarsi e indossare una tunichetta corta e logora di canapa grezza, da penitente. Io assistevo in disparte (in divisa da secondino). Tutto si svolgeva in un silenzio di tomba. Al termine del servizio correttivo il poveretto baciava il cane e restava segregato per un buon quarto d'ora, nudo come un verme, in una cabina bassa, foderata di specchi, con un pavimento ispido di setole puntute (quasi come il letto di un fachiro) e illuminata da una striscia di LED, dentro la quale poteva stare solo in ginocchio, a riflettere e a rimirare la parte punita (sempre e solo il culo) e a guardarsi in viso per provare solo vergogna. Si rivestiva, ringraziava il dom, che lui doveva chiamare MS (=Mio Severo), lo salutava baciandogli il dorso della mano e se ne andava. Usciva di casa sempre contento e grato per essere stato accolto e accontentato, strofinandosi per bene con entrambe le mani le chiappe bollenti e dolenti. Se mai lo menzionava il padrone lo chiamava non semplicemente il Gluteo, ma “il Glutèo”. In seguito ho capito la ragione di quello strano accento. Il suo vero nome era Mattèo, universalmente chiamato “Tèo”, al quale il supremo DM aveva aggiunto un tocco del suo humor.
scritto il
2024-10-06
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