Ripetizioni molto particolari - 10

di
genere
dominazione

– Ciao sono Francesco. Ma hai ancora il mio numero? Il giorno dopo che ci siamo visti, avevo provato a chiamarti con il numero di papà, ma visto che non rispondevi ho lasciato poi perdere! –
Ricordandomi delle ripetizioni fissate tre giorni fa per l’orale, mi schiaffeggiai la fronte e chiudendo gli occhi per quanto mi sentii stupida gli risposi:
– Scusami Francesco!!! Mi ero proprio dimenticata!!!! Ma quand’è che ti fanno passare?? – domando in tono mortificato.
– Eh, Giada… Mi passano oggi pomeriggio alle 15.00 ! – risponde in tono sconsolato.
– Cazzo… – rispondo sottovoce
– Dai non ti preoccupare… però… – si blocca un momento – ti andrebbe di accompagnarmi tu? Almeno sono più tranquillo – mi domanda.. anzi, quasi mi supplica..
– Ma io.. dovrei.. cioè… non so perché.. non so se sarebbe il caso.. forse sarebbe meglio ti accompagnasse tua madre no? – dico con il terrore di rincontrare Ferrandi in qualche corridoio.
Ricordo ancora l’ultima frase che uscì dalla sua bocca :
- Prof un cazzo... Vedi di andartene e non farti vedere mai più. Riguardo a Francesco poi, stai tranquilla che farò in modo che abbia ottimi voti - e per questo - … non farti vedere mai più … - ho il timore che se mi vedrà ancora, la prenderà come una provocazione.
– Dai ti prego, ti aspetto per pranzo alle 13.00 e poi ci incamminiamo verso scuola – conclude quasi in tono di comando.
– Ma Fra ! io non so se.. – lascio però la frase a metà, sentendo che dall’altro capo la chiamata è stata interrotta.
– Cazzo! – esclamo prima di alzarmi svogliatamente dal letto.
Ormai sono le 11.30 quando esco dal bagno dopo essermi fatta una doccia rigenerante.
In questi giorni ho proprio poltrito, non ho lavorato, non ho pulito casa, non ho fatto niente, ma almeno qualche uscita con le amiche sono riuscita a farmela. Decido per questo motivo, prima di uscire di casa, di risistemare almeno un poco la mia camera, prima che mia madre mi urli per l’ennesima volta che sono una disordinata cronica.
Assorta nei miei pensieri e con una leggera musica di sottofondo, quasi non mi accorgo che il telefono squilla già da qualche secondo.
Corro quasi ed una volta raggiunto, senza guardare chi sia, rispondo :
– Giada ma dove sei? Sono le 13.15… qui è tutto pronto –
Guardo l’ora della radiosveglia e sbianco. 13.15
– Scusami!!! Stavo pulendo casa e mi sono distratta! Arrivo subito!!! – dico mortificata prima di chiudere frettolosamente la chiamata.
– E adesso che mi metto? È tardissimo maledizione! – strillo mentre mi tuffo nell’armadio alla ricerca di qualcosa di decente da mettere.
Fuori piove, ed in effetti, i classici vestitini estivi è meglio che li eviti per non diventare un’improvvisata e involontaria “miss maglietta bagnata”.
Poi eccoli, i pantaloni per fare danza moderna.
Poi un top da tenere sotto una leggera felpa può andare anche bene scollato, tanto nessuno lo vede.
Scarpe da ginnastica, coda di cavallo e niente trucco.
Prendo la prima borsetta che mi capita, butto dentro chiavi della macchina, telefonino e documenti.
Quando mi guardo allo specchio, sapendo che andrò in una scuola, penso di poter essere benissimo scambiata per una prof di educazione fisica con questo vestiario.
Butto rapidamente la scopa e la paletta nel ripostiglio e in pochi attimi sono già in strada, di corsa, sotto la pioggia, dopo aver tirato su il cappuccio della felpa, corro verso la mia auto.
Lampeggiano le quattro frecce, apro la portiera e quando finalmente mi trovo nell’abitacolo mi rendo conto di essere già mezza fradicia.
– Ma almeno un cazzo di ombrello potevo prenderlo! – mi sgrido da sola prima di partire sgommando.
Arrivata di fronte a casa di Francesco, ovviamente anche lì non trovo subito parcheggio, ed anche lì, mi tocca fare un’altra corsa verso il portone del palazzo.
Il risultato della pioggia lo posso infine valutare nel piccolo box dell’ascensore, dove, guardandomi allo specchio posto nella parete posteriore, la felpa ha trattenuto bene la sua forma ed anche se bagnata non si nota nulla, mentre i pantaloni della tuta, soprattutto all’altezza del mio culo, si può notare quasi perfettamente il segno del perizoma e quasi si intuisce il suo colore bianco.
– Dai Giada! Un respiro profondo forza – mi incoraggio da sola.
Chiudo gli occhi, respiro profondo e poi in un attimo sfilo le scarpe da ginnastica che tengo sempre aperte, calo rapidamente pantaloni e perizoma fino alle caviglie, esco da essi, butto in un angolo il perizoma e mi infilo nuovamente i pantaloni. Senza manco aiutarmi con le mani, mi ributto con i piedi nelle scarpe e poi, dopo aver ripreso possesso del perizoma, lo infilo nel tascone della felpa.
Giusto in tempo.
Le porte si riaprono mentre ancora ho il perizoma in mano, ma già al sicuro da occhi indiscreti.
La porta di casa è socchiusa, la apro con cautela e chiedendo permesso la lascio chiudersi dietro di me.
– Vieni che si fredda tutto qui. – la voce agitata di Francesco mi fa intuire che non ci siano altri componenti della famiglia in casa.
Una volta giunta in cucina posso confermare che i piatti pronti sono solo due.
– Sei solo in casa? – domando sedendomi a tavola.
– Si. Mamma è via tutto il giorno e papà è al bar. – quando dice papà, un brivido mi corre lungo la schiena, ricordando le porcate che mi ha fatto qualche giorno fa.
– Capito, allora posso togliermi sta felpa fradicia. – decreto mentre mi tolgo a fatica l’indumento fradicio.
La butto quindi sulla sedia libera vicino a me e poi, quando mi volto, gli occhi di Francesco sono puntati su di me. Abbasso quindi lo sguardo e la visione deve essere in effetti molto gradita.
Per la fretta non avevo indossato reggiseni di alcun genere e con la leggera canotta ora fradicia, sto mostrando il recentemente citato “miss maglietta bagnata”.
Ridacchio divertita.
– Porcello. Dai ! Mangiamo ! – ridacchio mettendogli una mano davanti agli occhi.
Per tutto il tempo del pranzo, nessuno parla, evidente segno che entrambi siamo affamati.
Poi sono io a spezzare il silenzio :
– Ma hai cucinato tu? – domando curiosa visto che trovo tutto squisito.
Non mi risponde a voce ma si limita a scuotere il capo affermativamente.
– e bravo il mio cuoco – rispondo sorridendo e carezzandogli il capo.
Quando finiamo il pranzo, senza chiedere permesso mi dirigo verso i fornelli e mentre Francesco inizia a sparecchiare, io preparo il caffè. Nel frattempo, faccio finta di non notare i continui sguardi alla scollatura o al mio fondoschiena, fino a quando, messa la caffettiera sul fuoco, non mi tocca voltarmi.
Lo trovo intento a pulire il tavolo ma con lo sguardo è fisso tra le mie gambe.
– Ma la smetti?!?!?! – dico tirandogli uno schiaffetto sulla guancia, poi, dopo essermi inginocchiata di fronte a lui, con una mossa decisa, gli faccio cadere a terra pantaloni e boxer.
Il cazzo svetta dritto e duro di fronte il mio viso.
Con una mano lo avvolgo, lo stringo accompagnata dai suoi sospiri e poi, dopo averlo scappellato, inizio a ciucciarlo come fosse un ciupa ciupa.
Bastano veramente poche succhiate, qualche leccata e dopo un grigno quasi animalesco, si attacca alla mia testa. Sento il cazzo vibrare, il suo respiro fermarsi e poco dopo, tutta la sua voglia si scarica nella mia bocca.
Altro non posso fare se non inghiottire, inghiottire ancora e poi ripulire tutto.
– Cavolo che velocità. Era da tanto che non?? …. – lascio la domanda in sospeso mimando con la mano una rapida sega.
Lui ancora provato dall’appena conclusa vicenda, mi risponde affermativamente e sempre senza aprir bocca.
Il caffè inizia a salire, spengo il fuoco e dopo aver rovesciato il contenuto in due tazzine, mi dirigo verso il balcone.
Mentre bevo il caffè, mi accendo una sigaretta e poi appoggiandomi alla ringhiera e sporgendo un po’ il culo, dico a Francesco di raggiungermi.
Anche lui arriva con la tazzina fumante in mano e quando vede me, in quella posizione, sta volta è lui a lamentarsi mentre fissa il mio culo e quei pantaloni ancora umidicci che si perdono tra le mie natiche.
– Ok, va bene tutto. Ma ora basta provocarmi!! –
Entrambi ci mettiamo a ridere e poi fissiamo assieme il paesaggio bagnato dalla pioggia.
Finito di bere il caffè, decido di andare in bagno per darmi una veloce risistemata.
Dopo essermi sciacquata alla veloce, fissandomi allo specchio, constato che finalmente i vestiti si sono quasi del tutto asciugati. Decido quindi, prima di ritornare da Francesco, di indossare nuovamente il mio perizomino, poi giunta in cucina, Francesco è sparito e lo trovo in camera già intento a prepararsi per il colloquio orale.
Per tutto il viaggio rimane nervoso, non parla, gioca con le mani, mangia le unghie e parla a monosillabe.
Solo quando siamo arrivati finalmente di fronte a scuola, riesce a spiccicare una frase di senso compiuto :
– Sono teso. Spero di farcela o i miei mi ammazzano. Vero che mi guardi, mentre mi interrogano ? – mi domanda agitato.
– Ma certo, starò tutto il tempo dietro a te. Tranquillo però, vedrai che andrà tutto bene. – rispondo carezzandogli la testa.
Scesi dalla macchina, ci dirigiamo prima all’interno dell’istituto e poi seguendo le indicazioni, ci ritroviamo nell’aula magna.
In me, il timore di incontrare Ferrandi è sempre più vivo.
In Francesco, il timore di questo orale è anche in lui sempre più acceso.
Dopo pochi minuti, una professoressa, dal centro dell’aula inizia a dettare le disposizioni.
I ragazzi venuti a sostenere l’esame vengono quindi messi a sedere nella prima fila, di fronte alle cattedre. I genitori ed eventuali accompagnatori invece, vengono fatti accomodare nelle ultimissime file di modo da interagire il meno possibile con gli esaminati.
Una volta sistemati tutti, Francesco si gira un’ultima volta a controllare dove sono. Io con il pollice della mano rivolto verso l’alto e strizzandogli l’occhio, lo vedo che finalmente sorride.
La commissione in pochi minuti si riunisce e dopo che si sono sistemati sulle cattedre poste di fronte ai ragazzi, iniziano subito a chiamare in ordine alfabetico.
I primi due sono stati veramente un disastro, il terzo ragazzo invece, molto molto preparato e tra l’altro, “wow che fisico!”
Noto inoltre che i colloqui sono veramente lunghi, 15 o anche 20 minuti per ogni ragazzo o ragazza che passa e quindi, visto che il ragazzo è bravo, spero duri il più a lungo possibile.
Mentre sono assorta nei miei pensieri e mi godo la visione di questo ragazzo, mi sento stringere la spalla destra da qualcuno dietro di me.
Sorpresa, mi giro per capire chi sia e quando vedo il suo viso, impallidisco, mentre il cuore inizia a battere nuovamente all’impazzata.
Si avvicina con il volto al mio e poi, sottovoce, guardandomi negli occhi, mi domanda :
– Non ti avevo espressamente detto di non farti più vedere qui? – mi domanda il professor Ferrandi.
– Prof.. io.. non volevo.. ma… Frances… – mi fermo di colpo perché dalle cattedre, un professore sta appunto citando il suo nome.
Mi giro quindi repentina e lo vedo lanciarmi un’occhiata di sfuggita, giusto per capire che ero ancora qui e poi, a testa bassa, si dirige verso il patibolo.
Poi, ecco nuovamente, la mano sulla mia spalla a farsi viva stringendo ancora di più.
Poi la sua voce :
– Non abbiamo molto tempo. Forza. Seguimi. – il tono non ammette repliche.
Non oso contraddirlo, né tanto meno aprir bocca e come un automa, mi alzo dalla sedia controllando di non essere vista da Francesco uscendo in direzione della sagoma che mi attende nella penombra del corridoio di servizio.
Percorro diversi metri di quel corridoio buio, prima di arrivare di fronte all’uomo che mi attende, poi, quest’ultimo, dopo avermi squadrata da testa a piedi, apre una porta posizionata dietro di lui e lasciando il passaggio libero, mi indica di entrare.
Una volta varcata la soglia da entrambi, la porta si richiude alle nostre spalle e il prof, dopo aver fatto scattare due volte la serratura, estrae la chiave dalla toppa e la infila nella tasca dei suoi pantaloni.
Di fronte a noi, un corridoio molto lungo finisce con una porta grezza in ferro.
– Ti ricordi questo posto vero? – mi domanda mentre continua a squadrare il mio corpo.
Faccio cenno di no con la testa e lui prosegue :
– Forse ti ricorderai meglio se ti dicessi Luca, Matteo, Filippo e Mattia. – conclude ridacchiando.
A quei nomi, ricollego tutto e in pochi secondi il mio cuore torna a battere all’impazzata mentre penso la mia faccia diventi rosso fuoco.
Eccome se mi ricordo di quei nomi, ed in fondo a quel corridoio, ora ricordo anche cosa succedeva.
Dietro quella porta, nel locale caldaia.
Avevamo rubato la chiave di questo corridoio dall’armadio del bidello e dopo che Luca ne aveva fatta una copia, l’avevamo rimessa al suo posto.
Quel cavolo di rumore della caldaia.
Era praticamente assordante e così potevamo fare tutto il casino che volevamo, tanto nessuno ci avrebbe sentiti. Proprio lì, avevamo fumato le prime sigarette e poi, avevamo fatto e rifatto giochi tipo “obbligo o verità”.
La prima volta, io per fortuna avevo solo dovuto mostrare il reggiseno, mentre Luca e Mattia erano rimasti completamente nudi.
La seconda volta invece, me la fecero pagare, ma resistetti, riuscendo a rimanere in mutandine e reggiseno. I ragazzi invece, c’era chi non aveva più vestiti addosso e c’era chi invece doveva fare penitenze strane e sadiche.
Poi, la terza volta fui io a dover rimanere nuda e come se non bastasse, tutti assieme, mi toccarono ovunque per 2 minuti.
La quarta volta invece, fu l’inizio della mia discesa verso la vera perversione.
Quella volta, mi scoparono tutti e quattro.
Ma non uno per volta.
Tutti assieme.
Luca in bocca, Matteo nella patata e per finire Filippo e Mattia si alternavano nel culo.
Finirono poi per venirmi tutti e quattro in bocca.
– Cos’è, ti sei imbambolata? – la voce alle mie spalle mi risveglia dai pensieri.
– No.. no.. ci sono… – dico cercando di stare calma.
– Bene allora togliti le scarpe – mi dice stando fermo ad osservarmi con le braccia incrociate.
Non oso nemmeno più ribellarmi, dopo ciò che è successo l’ultima volta, tolte le scarpe alzo lo sguardo verso il suo.
– Ora lascia cadere a terra i pantaloni – continua usando sempre lo stesso tono e senza scomporsi minimamente.
Tra l’imbarazzo e l’agitazione che mi salgono dopo questa frase, con le mani che tremano, prendo l’elastico dei pantaloni e con lentezza lo faccio scendere fino alle caviglie, mostrando così le mie curve all’uomo, sempre fermo ed impassibile.
Quando infine torno in posizione eretta, la sua mano mi prende con forza dal colletto della felpa e con altrettanta forza, mi tira verso di se.
Con la faccia vado a sbattere sul suo petto, poco sotto il suo mento e poi, entrambe le sue mani prendono possesso delle mie chiappe per poi strizzarle con forza e attrarmi ancora di più contro di lui. Contro il suo ventre che sento sempre più gonfio sulla mia pancia e contro il suo petto con il respiro sempre più affannato.
Poi, quelle mani volgari risalgono lungo i miei fianchi e poi ancora più su, trascinando con se la felpa e la striminzita canotta.
In pochi attimi, quelle mani mi denudano lasciandomi con solo più quel sottile e bianco perizoma addosso.
Ed ora, sempre quelle mani, strizzano con forza le mie tette, ci giocano, torturano i capezzoli e poi tornano a vagare per il mio corpo.
Una di quelle mani infine, si insinua nell’ultimo pezzetto di stoffa rimasto e scendendo, facendosi strada tra le mie gambe, entrano a contatto con la mia patatina.
– Sei fradicia. – decreta la voce dell’uomo giocando con le grandi labbra.
Si è vero.
Sono un lago.
Tutta questa crudeltà gratuita mi sta eccitando all’inverosimile.
Sempre quella mano, ora prende quel piccolo indumento, lo stringe tra le mani e poi….
… un forte strattone che mi scuote…

– Aahhhhh!! – il mio urletto esce spontaneo.
…un altro strattone e il rumore di stoffa strappata rimbomba nel piccolo corridoio…

– Noo.. Il mio perizoma – impreco mentre scivola lontano dalla mia pelle denudandomi completamente.
Si porta quindi quel perizomino strappato al naso. Inspira quasi a volerlo risucchiare nelle narici e poi guardandomi negli occhi, se lo mette in tasca.
– Completamente nuda non ti avevo mai vista e devo dire che sei provocante anche così – ammette mentre mi carezza una tetta.
Poi, prendendomi per i capelli, mi fa girare di schiena e mi schiaccia con la faccia contro la sporca parete.
Mentre una sua mano continua a schiacciarmi il capo, con l’altra scende tra le mie gambe. Con dei piccoli calcetti mi obbliga ad allargare le gambe per facilitare l’operazione e poi, due dita della mano, si fanno strada tra le mie chiappe, fino al buchetto posteriore dove con la solita arroganza iniziano a spingere.
– Ahia.. la prego prof, piano – dico sentendo male per quelle due dita così prepotenti.
– Ahia? E lo dici dopo che ci sono già sprofondato dentro? – domanda ridendo per poi aggiungere.
– Brava la maiala che si è fatta aprire il culo di recente. Vero troietta? – domanda spingendo ancora più a fondo le dita nel mio culo.
Quasi non me ne ero resa conto che erano già all’interno. Inizialmente immaginavo cercassero di entrare, mentre temo che l’esperienza di qualche tempo fa, con il padre di Francesco, mi abbia allargata per bene.
La mano dopo essersi poi allontanata, si aggiunge a quella sulla mia testa e dopo avermi riportato in centro al corridoio, mi forzano entrambe verso il basso fino a quando mi trovo in ginocchio di fronte la sua patta gonfia.
– Ora me lo insalivi bene con la tua bocca. Capito? – domanda forzandomi il capo verso l’alto.
Faccio solamente cenno di sì con la testa, senza parlare.
Mi lascia quindi la testa e dopo aver aperto la patta, tira fuori un cazzo di modeste dimensioni quasi eretto.
Come un automa, mi avvicino con il viso ed aprendo la bocca, lo lascio entrare tra le mie labbra.
Inizio così a succhiare e pompare quel pezzo di carne che mano a mano diventa sempre più lungo e duro, quando, uno strattone ai miei capelli mi fa fermare .
– Ti avevo detto solamente di insalivarlo. Ma sapevo già che puttanella come sei, non avresti resistito. Ora però, insalivalo. – mi ordina deciso, prima di mollare la presa dai miei capelli.
Senza quindi staccarmi dal suo cazzo, inizio a raccogliere la saliva nella bocca, per poi spargerla con la lingua su tutta l’asta. Continuo a lungo fino a ché, mi ferma e con la solita rudezza, mi fa tornare in piedi per poi spingermi nuovamente contro il muro.
- Da quando sei diventata donna, ho sempre sognato questo momento. -
Così dicendo sento il suo corpo aderire contro il mio e poi, qualcosa di grosso e umido, farsi strada tra le mie chiappe.
Il cazzo punta quindi sul mio sfintere e poi, dopo essersi aggrappato con entrambe le mani ai miei fianchi, sento una spinta decisa, forte, e poi, lo schiocco dei due corpi che si incontrano.
Una fitta arriva dritta al cervello lasciandomi senza fiato.
– aaahhhhhh!!!! Il mio culoooo!!! Ahhhh cazzoo!!!! – urlo quasi mentre inizio a respirare a fatica per il dolore.
Senza remore alcune, esce quasi tutto dal mio culo e poi riaffonda ancora.
– Aaahhhh!!! Piano, ti prego…!!! – supplico…
Ma ancora una volta esce e poi, dopo aver sentito sputare due volte, rientra…
– Aahhhh!!!-
A mano a mano che entra ed esce, il bruciore inizia ad essere accettabile, mentre il suo cazzo continua ad essere lubrificato dai continui sputi. Poi, ad un certo punto, sempre tenendomi schiacciata contro il muro, prende possesso delle mie tette, le stringe, con i denti afferra il mio collo e inizia a fottermi il culo selvaggiamente.
Vibro tutta incatenata dalle sue mani e dai suoi denti, mentre quel cazzo mi infilza senza tregua.
Più passano i minuti e più la mia passera, scossa da tutte queste attenzioni sul mio corpo, inizia a manifestare la sua voglia di essere penetrata.
Dopo ormai 5 minuti abbondanti di scopata, sono un lago.
Le mie mani, vagano sul grezzo muro mentre le sue continuano ad essere aggrappate alle mie tette ormai doloranti.
Ad un certo punto, presa dall’eccitazione, lo supplico di fottermi la figa.
– Sei una vera puttana. Ma non te lo meriti, questa è la giusta punizione. – mi dice prima di riprendere a fottermi il culo.
Poi, le mani si staccano dalle tette, raggiungono la figa, aprono le labbra e due dita iniziano a ispezionarla, a penetrarla leggermente ed infine, entrambi gli indici affondano con forza all’interno.
– Aaaahhhh!!! Siiii!!! Ancoooraaa!!! – inizio a dire quasi in estasi per ricevere finalmente qualcosa dentro.
Ma poi, dopo poco, mentre sono ancora a bocca aperta, lo sento fottermi il culo con più forza. Lo sento iniziare nuovamente a far male, a bruciare e poi, mentre il suo fiato si accorcia, si stacca da me, lasciandomi il culo aperto.
Dopo avermi fatto girare, mi sbatte praticamente a terra, per poi mettersi sul mio petto.
Due, tre, quattro colpi di mano e con il cazzo affonda nella mia bocca.
– Ahhh! Sii, bevi tutto… – mi ordina mentre il suo sperma cola sulla mia lingua.
Lo succhio per bene, lo ripulisco e poi finalmente mi lascia alzare da terra.
Mentre si ricompone, riprendo possesso dei miei vestiti e piano piano, con il culo dolorante cerco di indossarli.
– Ti scoperei tutti i giorni per quanto sei eccitante. – mi conferma dandomi una pacca sul culo.
Dopodiché, prende dalla tasca la chiave, apre la porta e dopo avermi fatto passare, la richiude un’altra volta alle nostre spalle.
Quando torno a sedere nelle ultime file, Francesco sta concludendo il discorso.
Quando si alza e si gira, mi trova sorridente che gli faccio l’occhiolino e gli faccio capire che è andato benissimo!

Stiamo tornando a casa in auto, entrambi rilassati e sorridenti.
Mi accendo una sigaretta mentre sembra smettere di piovere.
In poche centinaia di metri, anche il sole torna a far capolino tra le nuvole e proprio in quel momento, Francesco mi dà la notizia che mi fa tornare l’ansia.

- I professori dicono che in qualche giorno riescono a darci i voti, così sappiamo se sono passato. - afferma sorridente.
- Bene, menomale. Così non dobbiamo aspettare troppo tempo. - rispondo sorridente.

- Si però ti devo avvertire che mamma è dovuta andare dai nonni all’estero e tornerà tra alcune settimane. Quindi papà, mi ha chiesto di aiutarlo almeno per questa settimana in cui ci sono tanti clienti al bar. - uno sguardo un po’ rattristato mi fa capire che avremo poco tempo da passare assieme.
- Quindi, immagino tu voglia dirmi che dovremo rimandare il giorno in cui riceverai il premio da me? - domando sorridendo nonostante sia un po’ triste per questa cosa.

Lo sento respirare forte e poi voltandosi, mi guarda con tristezza.
- Senti però ti devo avvertire che se passo gli esami, papà ha organizzato con altri genitori una settimana o due al mare. Solo noi ragazzi, ci affittano una casa tutta per noi. - mi scarica questa frase addosso come se dovesse a tutti i costi svuotare il sacco e dire cosa lo preoccupava maggiormente.
- Quindi non sei contento? - domando con finta calma mentre sorrido.
- No, perché volevo divertirmi un po’ con te – afferma tornando a guardare la strada.
- Tranquillo, quando tornerai potrai divertirti quanto vuoi. Non scappo, sono sempre qui, io – affermo sorridente.

Infine arriviamo di fronte casa di Francesco.
Mi avvicino al suo volto e con dolcezza lo bacio su una guancia.
Sta infine per uscire dall’auto, quando bloccandosi di colpo torna a parlare :
- Mi stavo dimenticando una cosa. Papà ha detto di passare da lui dopo avermi riportato a casa. Dice che ti deve parlare. – senza dire altro, esce dall’auto proprio mentre torna a diluviare con forza e mentre chiude la porta mi ringrazia con un veloce “ciao”.
scritto il
2024-11-06
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