Tutto -però- è il mio piacere.

di
genere
trio

Sul taxi che ci porta a casa, Valeria è meravigliosa con Michele: non smancerie, ma un misto di sensualità, protezione, eccitazione, aspettativa, sicurezza.
Benché nulla loro facciano per indurmi a pensarlo, anzi, mi sento di troppo o quantomeno ancillare. Quando passiamo da Rue Bonaparte, davanti al grande complesso dell’École nationale supérieure des beaux-arts, mi vengono in mente alcuni disegni di Paul Avril, un artista che frequentò la scuola a metà degli anni ’70 dell’Ottocento per divenire poi illustratore di novelle e altre opere letterarie celebri di Gustave Flubert, Théophile Gautie, Mario Uchard. Famoso per le illustrazioni di quella che era chiamata “letteratura galante”, ha la sua opera più celebre nella raccolta di illustrazioni per “De figuris Veneris: un manuale di classico erotismo” di Friedrich Karl Forberg. A lezione, quando illustro agli studenti l’evoluzione dell’arte figurativa nella seconda metà del diciannovesimo secolo, presento sempre un paio di disegni di questo autore: per mostrare la sua rappresentazione esplicita agli studenti, per colpirli.
Artista dallo stile non proprio a me congeniale (troppo freddo e asciutto, d’altro canto le emozioni dovevano essere nei testi che lui si limitava a illustrare), Avril è autore di alcuni disegni di mènage a trois che mi sovvengono alla mente e vivo come premonitori di ciò che sta per accadere: i protagonisti ritratti non sono quasi mai contemporaneamente coinvolti nell’azione. Uno o una guarda, sta in disparte mentre gli altri due vivono l’amplesso.
Entrati in casa, tra baci, carezze e abbracci sensuali, le strade si dividono: io vado a prendere nella mia stanza le bende di raso, Vale si reca in bagno, Michele -sempre con lo sguardo di quello che sta vivendo qualcosa che sta aspettando di capire- ci anticipa nella loro grande camera da letto. Poi faccio un passaggio anch’io nel gigantesco bagno, quindi è il turno del maschio del gruppo. Quando lui torna nella sua camera, trova me con il solo intimo, mentre Valeria è ancora vestita con il suo look vagamente da dominatrice che, d’altro canto, ha senso in ciò che ci attende. Ci stiamo baciando, ma subito lo accerchiamo e gli facciamo indossare una benda. Vale gli ordina di spogliarsi, cosa che da bendato si dimostra un minimo complicata, anche per il suo -francamente imbarazzante- cercare un appoggio per i vestiti. Solo dopo lei lo invita a sedersi sul letto, ai piedi del quale lo guido io. Gli intima, poi, di sdraiarsi tenendo le braccia sopra la testa, incrociando i polsi che leghiamo con l’altra fascia.
Io e lei ci rialziamo lasciandolo lì; ci baciamo in maniera volutamente rumorosa, anche grazie ai nostri respiri: inspirare il suo profumo è per me una carica, passare le mie mani sulle sue cosce e salire sotto il tessuto di quella cortissima gonna fino a stringere i suoi glutei tonici mi eccita.
Ci sdraiamo sul letto, ciascuna affianco a Michele: lo baciamo sul petto, sul collo, sulla bocca. “Ora -gli dico parlando a bassa voce - non saprai chi di noi ti darà piacere: di chi la bocca, le mani, i morsi. In chi entrerai. Né saprai se sarò io a dare piacere a Valeria o lei a me. Inutile che ti sforzi di capire, fidati. Meglio godersela.”
“Fai solo quello che ti dico. Lasciati andare alle emozioni -aggiunge Vale con voce profonda- e stai sicuro che il piacere scorrerà libero per tutti e tre.”
Le nostre parole, i baci, l’atmosfera: sono tutti elementi che producono un evidente effetto su Michele, la cui asta appare nella sua robustezza.
Io e lei ci alziamo di nuovo dal letto e ci muoviamo nella stanza. Vale manovra una piccola cassa che comanda con il telefonino: una musica lounge ovatta l’ambiente mentre nostri passi fanno cigolare in vecchio parquet. Si toglie la gonna e gli stivali cercando di non far rumore. Andiamo vicino alla finestra: le tende pesanti sono dello stesso velluto della chaise longue sulla quale Valeria mi fa segno di sedere. Poi mi indica di aprire le gambe. Io obbedisco e lei si inginocchia davanti a me, divaricandomi le ginocchia. Con una mano sposta di lato il mio slip mentre con l’altra inizia ad accarezzare il mio pelo biondo. Le sue lunghe dita scendono poi leggere sulla mia fessura; con movimenti lenti, raccoglie dopo poco il segno umido della mia eccitazione. E’ allora che sposta quella mano a palpare il mio seno robusto, mentre china il suo volto fino a portare le sue labbra su quelle mie, sotto il pube. I suoi baci sono morbidi, delicati. Poi è con la sua lingua che inizia a dedicarsi al punto del piacere; quindi, alterna i movimenti di questa all’azione delle sue labbra che succhiano il clitoride. Entrano in gioco anche due dita; non solo in gioco. E’ una complementarietà di sollecitazioni alle quali mi abbandono per un tempo indefinito; l’unico metro per misurarlo è che sto già ansimando. Guardo Michele sul letto: si sta attenendo in maniera disciplinata all’immobilismo comandatogli, con l’eccezione inevitabile di qualche movimento involontario del pene, nonché di piccoli movimenti della testa, come a cercare di intercettare meglio i rumori che sente.
Quando Valeria si rialza, interrompendo a tradimento la mia marcia verso il piacere, mi alzo anch’io: voglio che la sua lingua incontri la mia: la bacio sentendo i miei umori sulle sue labbra, sulla sua lingua. La spoglio di quel poco che indossa ancora; mi indica con un movimento della nuca di muoverci verso Michele, ma le faccio segno di andare lei. “Goditelo tutto tu”, le sussurro piano ad un orecchio, “non avevi detto che hai un rossetto che dovevo provare?”
Sorride con fare di intesa e va alla sua borsa, appoggiata su un cassettone. Vi trova ciò che cerca, quindi viene da me e mi porge un sacchettino di seta nera che contiene uno stick elegante, più pesante del consueto. Le indico di andare da Michele. Lei mi schiocca un bacio sulle labbra e mi sussurra che sono la benvenuta, se cambio idea. Va verso di lui mentre io mi sfilo gli slip e mi risiedo su quel morbido velluto.
Senza averci pensato, ho trovato il modo naturale per non vivere sentimenti contrastanti pensando a mio marito. Vero che anche lui, da bendato, ha goduto di Valeria, ma credeva che fossi io. Lo crede ancora.
Ruoto il rossetto dopo averlo aperto e mi metto comoda.
Quello che i miei occhi guardano è qualcosa di veramente eccitante: perché a me vedere Valeria muoversi come un gatto su Michele, leccarlo, baciarlo, succhiarlo, issarsi su di lui fa semplicemente impazzire. Guardare le scapole di lei, i muscoli della sua schiena, la fossa in corrispondenza del sacro: è un insieme di dettagli che mi conquista. Il piccolo rossetto vibrante fa crescere il mio piacere agendo su quel concentrato di terminali nervosi a forma di cappuccio che è all’apice delle mie piccole labbra. Se Michele potesse guardarmi! Penso che esploderei subito: senza potermi trattenere. L’idea sola del suo sguardo su di me, accentua il piacere che sta montando.
La mia mente vaga in pensieri disordinati e rapidi. Di colpo realizzo che era giusta la premonizione: come in un disegno di Avril il nostro triangolo è isoscele, loro sono due lati lunghi e acuto è l’angolo del loro piacere.
Come detto, però, quell’artista a me non piace e, con un self control che non credevo di avere, mi convinco a cambiare un pochettino le geometrie del gioco. Mi alzo, lascio acceso quel rossetto a vagare come impazzito sul velluto. Valeria adesso è a cavallo di Michele, dandogli le spalle. E’ bellissima concentrata nella sua ricerca di piacere. Le sue costole ben visibili che convergono sullo sterno piatto, il seno piccolo, il collo lungo, quella chioma che fluttua: ogni particolare di lei è bellezza ed eleganza. Vede che mi avvicino e mi tende il braccio, il suo sguardo è entusiasmo perverso. Le faccio segno che potremmo andare tutti e tre sulla chaise lounge. Le si illuminano ancor di più gli occhi; annuisce.
Si sfila Michele e gli ordina di alzarsi dal letto, quindi, io gli slego i polsi; lui si lascia condurre da me: “Ora delle mani avrai forse bisogno, per appoggiarti”, gli dico.
Mi sdraio a pancia in giù su quel velluto; tendo un braccio dietro la schiena come per chiamare a me Valeria, che guardo. Le indico di sdraiarsi su di me, prona come me. Mi guarda, sorride ed esegue. Il suo corpo è adeso al mio. Penso, a proposito di geometria, che siamo congruenti. Poi guida con la voce Michele di modo che si posizioni tra le nostre gambe aperte. Ci riesce e con una mano lo instrada dentro di se. La mia faccia è sulla chaise long di velluto, il ventre piatto di Valeria è appoggiato alla base della mia schiena; sento le ossa del bacino di lei premere ad ogni spinta di Michele. Il respiro di Valeria sopra il mio orecchio, il movimento sempre più robusto di Michele che la schiaccia su di me ancor di più: sento le clavicole di lei sulle mie scapole e penso che con una un minimo più in carne, come sono io, dev’essere più facile stare sotto: niente spigoli, più rotondità e morbidezza. Ma sento, soprattutto, sulle natiche i colpi dei testicoli di lui, insieme al calore agli umori di lei. Questa cosa mi eccita come non mai. Infilo, così, la mano sinistra sotto la pancia e mi tocco il clitoride schiacciato dal peso, mentre il respiro di Valeria dietro il mio orecchio si fa sempre più corto. Non c’è altro, se non l’avanzare sempre più nitido del mio piacere. Sempre più intenso, fino ad essere irruento. E’ come una raffica di vento quando fai vela: arriva e spinge con forza. Spinge il piacere a pervadermi ogni millimetro del corpo: i muscoli, la pelle, il cervello. Ma tutto parte da lì dove la mia mano piano piano rallenta. Non mi importa più di nulla: se non di lasciare scorrere questo fiume in me. Un’altra raffica, lunghissima, è come se mi facesse allo stesso tempo tendere e rilassare dentro.
Non c’è il contesto, non c’è l’ambiente, non ci sono altri. Eppure non sono sola. Tutto -tutto!- è però il mio piacere.


larecherche@tutamail.com
scritto il
2025-01-01
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