Jessica - Solo per Amore - Cap 2

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genere
dominazione

CAPITOLO 2

La situazione aveva preso una piega inaspettata anche se sicuramente non indesiderata. Jessica aveva tirato fuori un lato di se che mai avrei immaginato ed ora tutto assumeva una sfumatura diversa, anche quel corpo che fino a ieri mi risultava mediocre, monotono se non che per quel culo, vero capolavoro della natura, ora aveva assunto una luce diversa, quegli occhi che sembravano non potermi nascondere nulla ora erano gli occhi che mi guardavano con la decisione della sottomissione mentre i miei colpi si abbattevano sulle sue natiche, quella bocca che non aveva fatto altro che rigurgitarmi addosso noiose e asfissianti domande ora era il luogo dove, devo ammetterlo, avevo versato uno degli orgasmi più belli della mia vita. Anche il seno che, se pur ben disegnato e sodo, era pur sempre una seconda scarsa ora acquistava fascino mentre la mia mente correva ai ricordi delle sculacciate chiedendosi che effetto avrebbe fatto abbattermi sulle tette invece che sul colo. Nei 30 minuti della sera prima era cambiato radicalmente il rapporto fra me e Jessica. Certo, dopo c'era stata la cena e anche se il suo corpo fasciato nel vestito griffato che aveva indossato era un gran bel vedere quella donna, tornati alla normalità, rimaneva per me noiosa, non mi stimolava la mente o almeno non me la stimolava come il cazzo. Era divertente vederla scomoda sulla sedia del ristorante e sapere che il suo culo doveva bruciare da matti ma non abbastanza da cancellare quella sua risata sciocca, di quelle che vedi bene sulle labbra della maggior parte delle donne che si sentono troppo belle. Comunque un patto è un patto e misi impegno nel far sentire quella ragazza una principessa tanto quanto ne aveva messo lei nell'essermi schiava e devo esserci riuscito bene giudicando dallo sguardo innamorato e gioioso che aveva a fine serata. Alla fine ci salutammo e li nel parcheggio, vicino alla sua macchina, le dissi. Non devi chiamarmi, mandarmi messaggi o farmi trilli, non devi cercarmi in alcun modo. Se e quando ti vorrò ti cercherò io. Lessi nei sui occhi mille domande, una disperata ricerca di rassicurazioni sul se e quando ma non disse nulla. Scese e se ne andò. Imparava in fretta.
...
Avevo bisogno di riflettere, Jessica era stata disposta per me a fare cose che nessuna prima lei aveva accettato ma le faceva per amore mentre io non solo non l'amavo ma dubitavo che sarei mai riuscito a farlo. Si, ero stato molto chiaro con lei ma questo non voleva dire che non mi stessi approfittando del suo amore, che non la stessi prendendo in giro.
D'altro canto mi aveva fatto cambiare idea sulle sue doti amatoriali e sarebbe stato estremamente saccente da parte mia essere certo che sotto quella risata scialba non si potesse nascondere qualcosa di inaspettato, coinvolgente, così, in fine, ritenni che era giusto darle quella possibilità di farmi innamorare che lei voleva tanto ma lo avrei fatto a modo mio e non mi sarei accontentato di niente di meno del tutto, incondizionato e senza confini.
...
Attesi e iniziai a tessere la mia trappola. Non la chiamai, non mi feci sentire in alcun modo, le avevo dato l'ordine di non cercarmi e questo andava contro la sua natura. Uno, due, tre giorni, resisteva nel non cercarmi, si stava impegnando... Passò una settimana, ancora nulla mentre io me ne stavo tranquillo a vivere la mia vita, sinceramente ci pensavo anche poco ma poi, l'ottavo giorno, arrivò l'sms.
Sette giorni, questo era il limite che si era fissata, sicuramente per riuscire a tenere duro, si era giurata che per sette giorni avrebbe resistito ma l'ottavo esplose.
L'sms era pieno dei peggiori insulti per il fatto di essersi impegnata tanto con me e essere stata abbandonata comunque, che ero uno stronzo e se già sapevo che l'avrei lasciata comunque potevo evitarle di passare le pene dell'inferno. Che sulle mi parole ci pisciava sopra come sulla mia coscienza.
Era andata esattamente come speravo e risposi.
"Queste parole meritano una punizione molto severa. Domani sera, solita ora, indossa solo scarpe e un cappotto lungo per il resto il solito rito e non farti più sentire fino a domani. Se non ti sta bene ti basta non venire e capirò"
...
Le otto in punto, puntuale come sempre, una cosa che apprezzavo molto, aprii la porta e lei entrò, lo sguardo basso, un lungo cappotto color melanzana e un paio di scarpe da tennis, si vedevano spuntare i calzini corti, doveva ancora imparare molto. Si diresse verso la camera da letto e io, senza voltarmi le dissi:
"Prima togliti quelle scarpe orrende"
Lei abbozzo il colpo e in silenzio tolse scarpe e calzini, io non la guardai neppure, avrebbe veramente rovinato tutto.
La raggiunsi in camera, era in piedi, il cappotto a terra a fare da contorno ai suoi piedi, completamente nuda con lo sguardo fisso a terra.
Voleva apparire arrabbiata, lo sapevo ma le si leggeva in faccia la felicità di essere con me, come se non avesse respirato per una settimana e io fossi ossigeno. Le sfiorai una coscia, all'interno, lei capì e allargò le gambe. Appoggiai la mia mano sul suo sesso avvicinandomi molto a lei, i nostri visi erano praticamente attaccati, il mio respiro finiva nella sua bocca leggermente dischiusa, il suo respiro era pesante. La frugai nell'intimità, con calma ma in modo deciso, questa volta era un lago. Continuai a lungo, dischiusi le grandi labbra fino a trovare il suo clitoride, lo feci scivolare distrattamente fra indice e medio e strinsi quel tanto che bastava per provocarle una smorfia e vedersi contrarre i muscoli del suo ventre. Mi insinuai lentamente in lei, un dito, su su fino in cima, fino a che il clitoride non si trovò schiacciato nell'incavo del mio pollice poi lo estrassi e lo rinfilai più volte per far scorrere i suoi umori che mi avevano bagnato tutta la mano e scorrevano già sulle sue cosce. Alla fine infilai un altro dito e ricomincia il mio lavoro allargandomi dentro di lei e ruotando quel tanto che la posizione mi consentiva mentre sentivo il suo respiro a pochi centimetri dal mio farsi sempre più pesante. Dopo almeno dieci minuti di quel massaggio estrassi le dita gocciolanti, le accarezzai la fica e lentamente mi spostai verso l'apertura del suo culo, puntai il medio sull'ano ed incomincia a spingere, a scorrere sempre più in profondità nel suo retto mentre le dicevo:
"Non hai scordato nulla???"
Lei cercava di spingere il bacino in avanti come per sfuggire, inutilmente, al mio dito anulare, lo infilai tutto, fino infondo, sentivo le labbra della fica intorno al dito indice mentre le altre avevano trovato posto nel solco delle sue chiappe. Era incredibile, quel culo era così stretto da far fatica a far entrare un solo dito e si vedeva, lei era completamente rigida e stava in punta di piedi.
"Allora??? Cosa hai scordato, ti do 5 secondi e poi infilerò un altro dito e poi un altro e se servirà tutta la mano"
Non lo avrei mai fatto, quel culo ero un gioiello che volevo gustarmi con calma assoluta e a lungo ma la minaccia ebbe il suo effetto. Lei alzò finalmente lo sguardo fissandomi negli occhi, non vi era più traccia di rabbia ma solo incredulità, non riusciva a trovare la risposta. Estrassi un po' il dito per affiancarlo all'indice e mentre iniziavo a spingere lei capì, non mi aveva baciato, quando arrivava doveva spogliarsi e baciarmi appassionatamente, questo era il rito. Si gettò sulle mie labbra con una foga animale, la sua lingua cercava la mia mentre riaffondavo l'unico dito nel suo ano fino infondo, mi si aggrappò con le braccia al collo per cercare sollievo e intanto attirò la mia lingua nella sua bocca incominciando a succhiarla, avidamente, come se mi stesse facendo un pompino. Mi gustai quel bacio a lungo mentre accarezzavo e frugavo il suo culo dall'interno e in fine estrassi il dito di colpo. Lei ebbe un sussulto e poi si rilassò, era stata tutto il tempo in punta di piedi. Solo allora si staccò dalla mia bocca e rimase li, eretta, completamente nuda di fronte a me, con il respiro affannato e due lunghi rivoli di umori che avevano ormai lasciato la fica grondante e avevano raggiunto le caviglie.
Le girai attorno e mi misi dietro di lei, le dissi di piegarsi in avanti ed appoggiare le mani sulle ginocchia, in quel modo il suo culo era completamente esposto, l'accarezzai, aveva i brividi, era terrorizzata all'idea di quello che poteva accaderle, di quello che prima o poi sarebbe accaduto, io lo capii e con malignità slaccia i pantaloni e li tolsi poi ripresi ad accarezzarla, le allargai bene le chiappe e leccai appena il suo buchetto, la osservai ancora un po', non c'erano tracce delle sculacciate della settimana prima, ne fui molto contento e verificarlo era l’unica vera ragione per cui l’avevo voluta in quella posizione, alla fine mi rimisi davanti a lei e le dissi di alzarsi. Non resistetti alla tentazione, quel sesso grondante sormontato da un piccolo ciuffetto di peli chiari, era troppo invitante, mi abbassai e, avvicinata la mia bocca alla sua fessure, mi dissetai avidamente, gustando i suoi umori così copiosi, le leccai le cosce, risalii lentamente senza saltare un solo centimetro di quella pelle vellutata e poi la baciai, bacia la sua fica come lei aveva baciato la mia bocca, la leccai in modo circolare, andando sempre più al centro, come in un gorgo finché la lingua non entrò dentro di lei e vi sprofondò insaziabile, poi le presi il clitoride, quel clitoride incredibilmente gonfio fra le labbra, lo succhia per allungarlo e tenendolo nella mia bocca ben teso incomincia a lapparlo prima piano e poi sempre più velocemente. Durante tutto questo lei cercò di stare immobile ma man mano che le mie attenzioni diventavano sempre più intense sentivo le sue gambe cominciare a tremare, si mordeva le labbra ad occhi chiusi mentre mugoli sempre più rochi sfuggivano al suo controllo. I muscoli della sua pancia vibravano ad ogni respiro e quando cominciai a lapparle il clitoride lei spalancò la bocca, appoggio le mani sulla mia testa e cominciò ad ansimare senza ritegno. Fu allora che mi fermai, fu talmente improvviso che quasi perse l'equilibrio e si dovette aggrappare alla mia spalla. La gelai dicendole:
"Ora esegui i miei ordini all'istante e senza fiatare, sdraiati sul letto, a pancia in su, tira indietro le gambe fino a che non avrai la testa in mezzo alle ginocchia, come se dovessi fare una capriola all’indietro, afferrati le gambe con le mani, dietro le ginocchia, chiudi gli occhi e non muoverti per nessuna ragione"
Le ci volle qualche secondo per riprendersi ma alla fine tornò in sé, si guardò intorno quasi non sapesse dov'era e poi trovò il mio sguardo, serio, arrabbiato e allora si mise come le avevo chiesto. In quella posizione sia il suo sesso che il suo buchetto erano completamente esposti e liberamente raggiungibili. Andai con calma nell'altra stanza a prendere quello che mi serviva e tornai da lei. Avevo in mano un bastoncino in canna di manila, con il manico di legno, tipo una sottile canna di bambù del diametro di neanche 1 cm, molto flessibile e lungo neanche 50 cm. Lo alzai e nel silenzio che riempiva la stanza si sentì il sibilo dell'aria, un istante e poi lo schiocco di quell'oggetto che andava a colpire proprio fra le grandi labbra della vulva scavandosi la strada. Il tutto era stato inaspettato, i suoi occhi si sbarrarono e la bocca si spalancò a cercare di fare uscire un lungo, straziante urlo ma il dolore era così forte che l'aria non riusciva ad uscire dai polmoni trasformando l'urlo in un rantolo disperato. Istantaneamente si portò le mani al sesso ferito e si rotolò in posizione fetale fino ad alzarsi sulle ginocchia mentre il viso rimaneva schiacciato nel materasso, incominciò a calciare disperatamente il letto da quella posizione mentre l'aria ricominciava ad affluire dando voce alla sua disperazione, le lacrime la rigavano e gli spasmi sembravano non avere fine.
Io sedetti sul letto ed attesi. Lei mi sentì e istintivamente riuscì a guadagnare la parte più lontana del letto riprendendo poi a massaggiarsi la fica per cercare un disperato sollievo a quel dolore lancinante.
Dovetti attende almeno dieci minuti prima che smettesse di piangere e lamentarsi e prima che il suo respiro tornasse normale poi parlai:
"Mi hai cercato al telefono disubbidendo ai miei ordini, mi hai insultato nel peggiore dei modi per messaggio arrivando a dirmi che pisciavi sulle mie parole e ti sei presentata con indosso delle scarpe da tennis e dei calzini" e lei "non mi avevi detto nulla delle scarpe" lo disse in modo stizzito, quasi avesse trovato un mio punto debole ma io con calma "devo forse dirti di prepararti al meglio per me???" restò in silenzio al che continuai:
“Meriti di essere punita ma le punizioni non possono essere tutte uguali, non aver preso il mio cazzo in bocca la prima volta non è certo uguale all’incredibile mancanza di rispetto a cui mi hai sottoposto e quindi la punizione non può esser certo delle semplici sculacciate.
Ora, se vuoi andare avanti, rimettiti in posizione ma questa volta con le mani non tenerti le ginocchia ma allargati la fica in modo da aprire le labbra perché la punizione è di cinque colpi e ne mancano quattro. Ad ogni colpo potrai affrontare il dolore come meglio credi, rotolarti, coprirti o quello che vuoi ma poi dovrai tornare in posizione da sola ma tieni presente che se ci metterai troppo tempo il colpo non sarà valido e dovremo ripeterlo e il tempo lo decido solo io.
Più in generale tieni presente che se ci deve essere un rapporto fra noi tu potrai non riuscire a fare quello che ti chiedo e tutto andrà bene ma dovrai provarci e riprovarci finché non riuscirai, in questo caso io non ti caccerò, potrai comunque dirmi di no in ogni momento ma al primo no il nostro accordo sarà rotto e tra di noi tutto, insindacabilmente, sarà finito senza possibilità di appello alcuno.
Ora ti do cinque minuti per decidere, in questo tempo o ti rimetti in posizione o te ne vai”
Andai nell’altra stanza dicendo che sarei tornato fra cinque minuti.
Attesi quei lunghi, infiniti minuti passeggiando per la stanza. Le mie mani erano fredde, leggermente sudate, ero teso, avevo colpito più forte di quanto credessi ma lo ritenevo giusto, il modo in cui mi aveva trattato era inaccettabile e se lei voleva veramente una possibilità con me beh, la realtà era quella e non vedevo a cosa sarebbe servito fingere o trattenermi, questo strano rapporto aveva ben poche possibilità nella mia testa ma non avrei lasciato che la finzione lo avvelenasse. Il tempo era trascorso, dovevo tornare.
Aprii la porta della camera e la trovai li, in posizione, il solito lenzuolo infilato in bocca, le mani ai lati della sua bella fichetta a tenerla ben allargata, pronta per il supplizio, devo ammetterlo, mi stupì profondamente.
Afferrai il frustino che era rimasto sul letto, lei chiuse gli occhi, un attimo di esitazione nel mio braccio ma poi mi forzai a non trattenermi come ritenevo fosse giusto, il sibilo, lo schiocco e il suo ululato soffocato, lungo, infinito.
Ricadde su un fianco, le mani ben premute sul sesso infiammato, il respiro veloce ma dopo neanche un minuto, con rabbia, si rimise al suo posto, ancora ansimante ma già in posizione, il lenzuolo non aveva mai lasciato la sua bocca, i segni dei colpi, chiari, violacei.
Il sibilo, lo schiocco, un altro urlo, trattenuto a denti stretti e soffocato in pochi secondi, tremava tutta, mordeva quel lembo di stoffa come fosse il suo unico appiglio per sopravvivere ma non si mosse e con uno sforzo sovrumano, fra i lamenti e il tessuto la sentii dire:
“continua per favore”
Sibilo, schiocco, il lenzuolo vola fuori dalla bocca, un urlo di dolore puro invade la stanza, le sue dita afferrano lo cosce, vi affondano in profondità, le unghie bianche per quanto stringeva ma non si mosse, le mani tornarono lentamente ad afferrare i lembi di quello che ormai era diventato solo un ricettacolo di dolore e ad allargarlo e poi, tra un lamento e un disperato tentativo di respirare ancora:
“finisci, ti prego padrone, finisci di darmi ciò che merito”
Ero sconvolto, il suo sesso era viola in modo incredibile, grazie alla verga elastica ogni colpo aveva raggiunto anche l’ano che era percorso da spasmi incontrollabili, il clitoride aveva raggiunto una dimensione assurda e sembrava dover esplodere.
Il sibilo, il colpo, la presa delle mani sfuggi e lei si rotolò sul letto, si rannicchio e afferrò il cuscino per andarvi a seppellire il volto, urla interminabili uscivano attutite da quel morbido riparo.
Il suo corpo sembrava non poter trovare sollievo dagli spasmi che lo percorrevano, restava li, a pancia all’aria, con le gambe divaricate, lontane dalla fonte di quel dolore e il cuscino ben premuto sul viso, piangeva e continuò così per non so quanto tempo ma poi riemerse.
Cercò il mio sguardo, la mia approvazione ma io le dissi:
“al quinto colpo non sei tornata in posizione, dobbiamo ripeterlo”
Sbiancò, si vide chiaramente che aveva perso ogni energia, era disperata ma in ogni caso lo fece, molto lentamente si rimise in posizione, si mosse come a rallentatore, ogni movimento le dava un dolore incredibile ma si mise in posizione.
Io la guardai incredulo per non so quanti minuti, li indifesa ad occhi chiusi, completamente sottomessa e poi mi spogliai completamente, presi delicatamente la sue mani e le tolsi dalla fica straziata, le allungai le gambe con cura, quasi fossero di un sottilissimo cristallo, cercando di esser il più gentile e leggero possibile mentre mi stesi sopra di le e con attenzione, scrupolosamente le entrai dentro, piano, dolcemente, non fu difficile, la quantità di umori che le ricoprivano il sesso era assurda ma lei sentì comunque dolore ma non si mosse.
Le arrivai fino in fondo, non feci nessun inutile su e giù che le avrebbe provocato solo e soltanto dolore, la sua punizione era finita e lei era stata incredibile, in quel momento aveva raggiunto il mio cuore.
Continuai a stare ben piantato dentro di lei senza uscire ma spingendo come se volessi arrivare sempre più in fondo. Spingevo e mi muovevo in modo circolare facendo ben attenzione a non strisciare mai la sua intimità sul mio corpo. Spingevo a cercare quel punto in profondità, quel punto da cui tutto parte e lei piano piano mi cinse con le braccia, non aveva forze, era leggera come una piuma ma mano a mano che spingevo le sue braccia mi cingevano un po’ di più e il respiro si faceva più affannoso. Continuai così per più di quindici minuti e alla fine l’orgasmo arrivò, salì lento come non dovesse mai esplodere, le percorse il corpo dolorante per tutta la sua lunghezza ma alla fine la invase, un urlo di piacere, così chiaramente liberatorio mentre le sue unghie si conficcavano nella mia schiena, non dissi nulla, resistetti a quel ridicolo dolore, se lo era meritato cento e cento volte e incomincia a stantuffarla, uscire un po’ dalla sua fica e rientrare, sempre di più sempre più veloce, sempre più in profondità e li il dolore della sua fichetta martoriata si mischiò all’orgasmo in corso, le sue gambe tremavano cercando di chiudersi per sfuggire all’intensità di ciò che stava provando ma me lo aspettavo ed ero ben piazzato con le ginocchia e i piedi, gliele tenni divaricate e continua a sbatterle il mio uccello al massimo dell’erezione sempre più forte mentre lei non smetteva di urlare e contorcersi per quel lungo orgasmo. Le afferrai le mani e gliele bloccai sopra la testa mentre prendevo un suo seno in bocca per succhiarlo avidamente, leccarlo morderlo. Succhia nella bocca la punta del capezzolo e mentre lo leccavo proprio al centro le feci come un lento, intenso, pompino e i suoi urli divennero ancora più acuti e in quella posizione, con gli ultimi colpi d’anca che ancora riuscivo a dare le riversai dentro un lungo, liquido e caldo getto di sborra che sembrava non avere fine.
Lo ricevette inarcando la schiena e poi si accasciò sul letto, gli occhi persi e il corpo che non voleva saperne di smette di sussultare come fosse percorsa da scariche di corrente da 1000 volt, era madida di sudore, i capelli chiari scompigliati ed appiccicati al letto.
Mi alzai da lei con attenzione, toccandola meno che potevo, ogni centimetro della sua pelle era divenuto ipersensibile e lei saltava ogni volta che la sfioravo. Tremava, la coprii delicatamente con il lenzuolo e rimasi li a guardarla, ancora incredulo finché non si addormentò sfinita.
...
Si svegliò la mattina dopo, l’avevo lasciata dormire, era domenica e spesso il sabato dormiva fuori con me quindi non c’era nessuno che si sarebbe preoccupato non vedendola tornare.
Sul letto le avevo lasciato una camicia da notte di seta, la mise e entrò nella saletta, avevo preparato la colazione, brioche fresche, succo d’arance appena spremute e te freddo al limone. In fondo avevo imparato a conoscerla e sapevo che questo era ciò che lei chiamava colazione.
Sul tavolo una rosa bianca e un pacchettino regalo.
Lei si sedette, con difficoltà ma alla fine trovò una posizione comoda, guardò il pacchetto e poi me che le sorrisi e le feci cenno di aprirlo.
Sembrava una bambina il giorno di Natale, lo scartò, lo aprì, all’interno come un piccolo orecchino di platino, un semplice anellino di quelli da mettere con il buco alle orecchie. Lei mi guardò e abbozzando un sorriso che nascondeva un po’ di delusione e mi disse:
“uno solo? Io di orecchie ne ho due”
“ma quello non è per le tue orecchie, questo è il numero di un centro specializzato, appena sarai guarita dalla serata di ieri dovrai recarti li dove il personale altamente qualificato lo applicherà al tuo clitoride, lo farei io ma rischierei di rovinare il tuo splendido sesso ed è una cosa che non voglio”
Vidi un brivido percorrerle la schiena e le dissi:
“non temere, dopo ieri sera questo sarà una passeggiata, credo in te e sappi che quello è uno di due anelli identici fatti su misura per noi, uno andrà sul tuo sesso e uno sarà appeso al mio collo fino a che il nostro patto sarà valido. Ci vorrà un po’ perché tu riesca a fartelo mettere e perché tu guarisca e fino ad allora dovrai aspettare, quando riuscirai a raggiungere l’orgasmo solo toccandoti il clitoride allora sarai pronta e dovrai chiamarmi ma non cercare di affrettare i tempi, devi trattare bene la tua fica e il tuo corpo perché sono miei e ci tengo molto. Ora mangiamo, ho prenotato un massaggio per fine mattinata e mi farebbe piacere se mi facessi compagnia”
Lei sorrise.

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scritto il
2025-02-19
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