BBW passion - 2^parte
di
Ottobre Rosso 66
genere
dominazione
Alle sedici e cinquanta fui già nell'androne dei garage accanto l'ascensore con l'auto pronta. Dopo più di una mezz'ora scese Caterina, che prima di sedersi in macchina, con aria di sfida, a farmi intendere smaccatamente che lo aveva fatto apposta, mi dice: “Che c'è che mi guardi? Hai qualche problema se sono scesa con ritardo?”
“Oh no, nessuno dottoressa...non oserei mai farle appunti del genere, nemmeno per scherzo...io sono qui al suo servizio e l'aspetto anche un giorno ed una notte intere se lei lo ritiene opportuno, io sono a sua totale e completa disposizione ad ubbidire ciecamente ad ogni suo ordine e non oserei mai contraddirla, mi creda!” le risposi col tono preoccupato.
“Ecco, bravo...allora invece di guardarmi con quella faccia di cazzo...muoviti che sono in ritardo!” mi esortò arrogante sedendosi definitivamente in macchina e partimmo.
Durante il tragitto pensai a quel “faccia di cazzo” detto spudoratamente, senza scrupolo e il minimo rispetto verso di me, soprattutto che sono nemmeno da un giorno al suo servizio e non immagini che così presto ci si possa prendere una tale libertà. Ma fu come se Caterina, in questo breve lasso di tempo, avesse già compreso da subito la mia natura, quella di colui che aspira ad essere uno schiavo, il suo schiavo! Che annulla qualsiasi anche minuscola forma di dignità davanti alla propria padrona, che per tanto può permettersi di stracciarla a suo piacimento. Fu un'erezione perenne fino a che arrivammo a destinazione.
Scesa dall'auto, prima di varcare la soglia del portone dello studio, Caterina mi ordina di tornare a casa sua perchè Pina aveva bisogno di me.
Tornato all'attico, la colf mi accolse col solito sorrisino sarcastico e poi facendosi fredda mi dice: “La dottoressa vuole cambiata la disposizione dei mobili di casa...ti dico io quali e come, datti da fare muoviti!”
“Si Pina come vuoi, subito” le risposi
“Signora Pina!...e dammi del lei!” mi riprese stizzita
“Si signora Pina, le chiedo scusa...” le dissi e il cazzo mi tornò duro.
Iniziai a lavorare. Pina mi fece fare un mazzo così. I mobili indicati erano pesanti e me li fece spostare più volte fino a quando non si riteneva soddisfatta, ma molto più probabilmente per il solo piacere di vedermi soffrire. Infatti seduta, gonna corta, collant neri velati a coprire le gambe sensualmente accavallate con ballerina dondolante dal piede sospeso, mi osservava con un sorrisetto di arrogante soddisfazione, algida ed implacabile, alternando attenzioni al suo cellulare. Compiacendosi nel darmi ordini una volta in maniera secca e in altre, mentre smanettava sul telefonino, come annoiata.
Questa situazione mi eccitò tanto, nonostante il sudore e la fatica. Ce l'avevo durissimo. L'immagine di Pina che mi stava divertendo a sfiancarmi di fatica con la ballerina dondolante al piede mi faceva impazzire.
Improvvisamente la ballerina cadde. Io mi bloccai a guardare. Lei non se ne curò più di tanto, assorta sul suo cellulare roteava lentamente e sensualmente il piede scalzo. Mi arrapai da morire. Così agii d'istinto seguendo la mia natura e osai. M'inginocchiai e gliela calzai con lentezza.
“Non è così che si fa!” reagì Pina con inaspettata calma e senza distogliere l'attenzione dallo schermo del telefonino, mentre rimanevo in ginocchio immobile ed incredulo per questa reazione.
Quindi dopo un istante posò il cellulare su un mobiletto accanto, si sfilò con la mano di nuovo la ballerina. Si chinò verso di me, mi afferrò dalla nuca e me la schiaffò sul viso per farmene sentire l'afrore misto di sudore e cuoio. Me la tenne schiacciata col piede per qualche minuto. Quando si ritenne soddisfatta, con un ghigno satanico la fece cadere e la sostituì con la pianta del piede, che prima schiacciò sul naso e sulla bocca e poi me la strusciò su tutta la faccia e pi fermandosi mi ordina secco: “Bacia e lecca!! Così si fa!!”
Non mi parve vero! Stavo sognando? No. Era reale, in pochi secondi erano divenute vere le mie fantasie. Quindi senza indugi baciai e leccai con ardore la pianta e le dita di quel bellissimo ed odoroso piede inguainato nel collant, mentre lei mi osservava con arrogante soddisfazione.
Dopo un po' che adoravo, cambiò piede e fece lo stesso di prima: ballerina sulla faccia e poi piede da baciare e leccare.
Dopo di che mi fece stendere completamente a terra e, lei sempre seduta, mi piantò entrambi i piedi sulla faccia come volesse soffocarmi. Ero eccitatissimo e l'erezione si notava nitida dalla patta dei pantaloni gonfia. Pina se ne accorse e con un piede, continuando a soffocarmi con l'altro, cercò di infilarlo sotto la vita facendomi intendere che dovevo togliere i pantaloni.
Così feci. Sfilai pure le mutande ed il cazzo mi saltò fuori a molla dritto e duro. A quel punto Pina si alzò, sfilò via collant e slip, e si sedette col culo nudo sulla mia faccia piegandosi in avanti sul cazzo che prese in bocca iniziando un lento e succulento pompino.
“Leccami il buco del culo e la fica!” mi ordinò eccitata mentre mi spompinava con lentezza. Leccai con avidità dove mi ordinò, mentre lei pompava lenta stando attenta che non arrivassi al punto da non poter più trattenere la sborrata, in modo da condannarmi in una sorta di limbo fra piacere e sofferenza. Fino a che, strusciando con decisione la fica aperta sul mio visto, arrivò lei all'orgasmo. Così mi lasciò il cazzo duro e voglioso frustrando il mio.
“Oh no signora, la prego mi faccia venire...” tentai la supplica
“Come osi chiedermi questo!? Rivestiti subito e vai a prendere la dottoressa, sbrigati verme!” fu la sua risposta piccata mentre si ricomponeva.
Tentai di fare da solo, ma mi assestò un calcio nei coglioni che dal dolore vidi le stelle ed i pianeti!
“Non osare! Ho detto non osare! Ubbidisci!! Ti ho detto rivestiti e vai a prendere la dottoressa, verme!! Muoviti!!” ribatté rabbiosa mentre mi contorcevo per gli spasmi di dolore. Quindi mi lasciò li a terra per sparire dietro la porta del bagno.
Così appena mi si calmò il dolore, mi rivestii e andai a prendere Caterina che scese dopo una mezz'ora circa che ero di nuovo davanti lo studio. Una volta in macchia mi comunicò che non andava a casa, ma dovevo accompagnarla in un noto e lussuoso ristorante della città dove era in programma una cena di lavoro.
“Dovrebbe essere superfluo dirti che devi rimanere qui in macchina a mia disposizione fino a quando finisce la cena e io decido di tornare a casa, ma è meglio che te lo ribadisca per il tuo bene...sia mai ti venga in mente di allontanarti anche di qualche metro senza il mio permesso. E quando parlo di bene non intendo solo il posto di lavoro, ma intendo che dopo aver finito di mangiare e soprattutto di bere, divento molto ma molto irascibile e se mi fai incazzare la tua incolumità fisica sarebbe molto a rischio...è chiaro?” mi ammonì Caterina non appena arrivammo al ristorante, poco prima che la facessi scendere dall'auto.
Quindi rimasto da solo in macchina in attesa, pensai ancora all'inaspettato trattamento che mi riservò Pina, al quale aggiunsi le minacce appena ricevute da Caterina. Per questo ero eccitatissimo. Ce l'avevo duro e teso che non resistetti. Così preparai una serie di fazzolettini di carta in modo da non lasciare tracce su di me e sulla tappezzeria dell'auto. Calai la cerniera, me lo tirai fuori, chiusi gli occhi e partii con una sega che dopo pochi minuti mi fece esplodere tipo vulcano.
La cena finì verso la mezzanotte. Caterina uscì dal locale vistosamente brilla, per cui l'aiutai con maggiore premura a montare in auto. Una volta dentro, mentre ripartii verso casa, si tolse le scarpe, delle costose chanel a tacco basso, e distese le gambe grasse occupando l'intero sedile posteriore. Dallo specchietto potevo vedere i suoi bellissimi ed appetitosi piedi che incrociati si muovevano lenti e sensuali che me lo fecero tornare duro. Poi rilassata in quella posizione, emise due poderosi erutti e mi disse con la voce un po' alterata dall'alcool: “Senti tu...come cazzo ti chiami, nemmeno me lo ricordo...va beh, tu faccia di cazzo...ho saputo che Pina ti ha...battezzato per bene nel pomeriggio, vero?” e si mise a ridere.
“Si dottoressa...ehm, mi chiamo Antonio” le risposi un po' in imbarazzo
“Si, ma non me ne frega un cazzo di come ti chiami...per me resti faccia di cazzo...ecco, appena arriviamo a casa, ho una gran voglia di darti gli altri sacramenti...ti faccio la comunione...la cresima e l'estrema unzione quando avrò finito” riprese subito e scoppiando in una grassa risata.
“Si dottoressa...a sua totale disposizione, lei potrà abusare di me come e quando vorrà” le risposi cercando di frenare l'entusiasmo per ciò che già immaginavo, visto quello che avevo subito con Pina, che si stava per avverare e che avevo sempre sognato.
“Bravo ecco...” ribatté ed emise un altro erutto.
Arrivati a casa, Caterina scendendo dall'auto volle camminare scalza fino all'ascensore. Io dopo un po' la seguii portandole le scarpe e la borsa. Quando entrai, Pina mi afferrò violentemente per un braccio, mi strattonò fino al vano lavanderia e mi ordinò: “Adesso ti spogli e ti vai a fare una doccia perchè tutto il giorno in macchina puzzi e sei sporco! Ah, torna solo con le mutande addosso e nient'altro...capito verme!?”
Le dissi di si e mi andai a lavare. Non appena finito e in mutande, sempre strattonandomi per un braccio, Pina mi portò nel salone dove Caterina già in vestaglia, che esaltava il suo corpo grasso, era seduta su una poltrona con le gambe stese a piedi incrociati su un puff.
“Avvicinati” mi disse come mi vide davanti a lei
Mi avvicinai, ero eccitatissimo con un evidentissimo rigonfiamento degli slip. A quel punto Caterina me li abbasso con forza, mi afferrò il cazzo duro e me lo infilò in una gabbietta che chiuse con un lucchetto. Mi rialzò gli slip, mentre Pina rideva divertita, e con arroganza mi disse: “Da questo momento in poi, questo mi appartiene e se non serve a me lo userai solo per pisciare...e adesso vai leccarmi i piedi che ho camminato scalza, sbrigati!”
Quindi Pina, afferrandomi ancora per un braccio, mi strattonò fino a farmi mettere in ginocchio davanti i piedi incrociati di Caterina, le cui piante erano ricoperte da una patina grigiastra di polvere, e mi ordinò sprezzante: “Leccali e falli puliti...non finirai fino a quando questo sporco non te lo sarai ingoiato tutto!”
Iniziai, quindi, a leccare quel lerciume su quei piedi bellissimi, unghia lunghe smaltate di rosso, con ardore e felicissimo perchè il mio sogno era divenuto realtà. Eccitato alla massima potenza perchè, oltre a subire quella umiliazione, da quella posizione godevo della vista delle sue cosce grasse e flaccide per la cellulite, nonché per l'espressione di goduria ed arroganza con la quale mi guardava Caterina, che di tanto in tanto mi schiaffeggiava con un piede esortandomi a leccare meglio e col cazzo duro che premeva sulla gabbietta dandomi una sofferenza enorme. La voglia, infatti, di segarmi in questo contesto era incontenibile, ma non potevo. Non mi era concesso. Questa cosa amplificava sempre di più il mio piacere.
Pina, che seduta si guardava compiaciuta la scena, quando notò che ero riuscito a far tornare pulite e rosee le piante dei piedi della padrona, afferrandomi per i capelli mi spostò facendomi mettere completamente a terra. Si spogliò e, rimanendo in slip, reggiseno e autoreggenti, si avvicinò a lei, che la guardava con desiderio, allargò le gambe e le si sedette a cavalcioni sulle cosce. Quindi le due donne cominciarono a baciarsi e a toccarsi. Fu la prova del sentore che avevo già dal pomeriggio, che Pina per Caterina non fosse solo una colf.
Dopo un po', la padrona mi guarda e mi ordina: “Faccia di cazzo...invece di stare li a terra a non fare un cazzo...vieni qui sotto a leccarci, sbrigati!”
Cosi a quattro zampe mi avvicinai alle due donne che continuavano a limonare appassionatamente, mi posizionai sotto il culo di Pina in modo da avere a disposizione la sua fica ed anche quella di Caterina che stava a cosce aperte. Alternandomi tra l'una e l'altra, cominciai a leccare appassionatamente quelle fiche già aperte e bagnate. Il cazzo sempre più gonfio pressato in quel marchingegno metallico che mi faceva un male cane, in quanto la voglia di sborrare era incontenibile.
Alle mie leccate sentivo le due donne ansimare di piacere, per poi esortarmi, chiamandomi verme, a leccare con più intensità. Dopo un po', Pina mi assestò un ceffone facendomi capire che voleva leccassi le piante dei suoi piedi che pendevano dalle cosce di Caterina, cosa che feci subito mentre le due donne amoreggiavano. Poi mi riafferrò per i capelli e mi rimise sotto perchè continuassi a leccare le fiche fino a che raggiunsero quasi all'unisono l'orgasmo.
Rimasero abbracciate per alcuni minuti a rilassarsi, poi Pina scese dalle gambe di Caterina che si alzò, mi prese per i capelli e mi trascinò nella sua lussuosa stanza da letto. Mi fece stendere sul letto a baldacchino, si spogliò completamente nuda e, grassa e flaccida, si sedette col suo culone sulla mia faccia, ordinandomi di leccare buco e fica, mentre giocherellava col mio cazzo ingabbiato per darmi ulteriore tormento.
Leccai soffrendo schiacciato e soffocato da quella ciccia enorme fino a che le feci raggiungere un altro orgasmo. Quindi mi fece scendere dal letto, mi fece inginocchiare alla pediera con le braccia aperte e mi ammanettò i polsi ai due capi, di destra e sinistra, delle colonnine che reggevano il baldacchino. Mi infilò la testa in un collare che era già applicato al centro della sbarra, in modo da tenermela ferma sul materasso, e con Pina, che nel frattempo l'aveva seguita in camera, si distesero in modo da mettermi i piedi in faccia ed umiliarmi a piacimento.
Sghignazzando mentre mi sfottevano, alternandosi e anche tutt'e due assieme, si divertirono a strusciarmeli sul viso, a penetrarmeli in bocca e a farmeli leccare, per un bel po. I piedi di Pina senza calze erano anche loro bellissimi, curatissimi, smaltati color melanzana e gli anellini nei medi. Io ero letteralmente in paradiso per la goduria, anche se non potevo muovermi e quindi toccarmi, ma essere in balia di quelle due donne senza pietà alcuna nei miei confronti, che usavano godendo la mia faccia come fosse un insignificante cuscino per i loro piedi, era una cosa stupenda. Quindi, quando ritennero di avermi umiliato abbastanza si scambiarono delle altre effusioni fino a che si addormentarono, lasciandomi tutta la notte col cazzo in fiamme, legato in quella posizione.
Quando sopraggiunse l'alba ero sfinito. Stavo soffrendo da morire fermo legato così bloccato per tutta la notte. Prendere anche pochi momenti di sonno in quella posizione era impossibile. Le padrone invece con assoluta noncuranza dormivano beate. Anzi, di tanto in tanto mi appoggiavano ancora i piedi in faccia come nulla fosse. Poi quando notai Caterina aprire gli occhi per guardarmi, provai ad implorarle pietà. Lei per tutta risposta, mi rivolse un ghigno malefico e mi poggiò con forza entrambi i piedi sulla faccia strapazzandomela qualche secondo, poi scivolando agilmente sul letto, nonostante la stazza, gli si avvicinò col culo, alzò le gambe e gli scaricò un peto rumorosissimo e puzzolente, per poi scoppiare a ridere fragorosamente mentre risaliva.
La risata svegliò Pina che appresa quest'altra umiliazione che mi aveva inflitto la padrona, si mise a ridere fragorosamente pure lei. Poi mi guardo con divertito sdegno, mi mise anche lei i piedi in faccia, se li fece leccare un po e nel frattempo rivolgendosi a Caterina disse: “Dovrei pisciare, a questo punto sto pensando di usarlo come cesso...”
“Ma non qui, Pina che mi sporchi la stanza...slegalo e portatelo in bagno, così accogliamo pure la sua supplica per essere liberato...e che non si dica che siamo padrone senza cuore, eh!” rispose Caterina facendo seguire un'altra grassa risata alla quale si unì Pina.
Quindi, mi slegò e mi portò in bagno. Strattonandomi mi fece stendere nella vasca nudo senza le mutande, salì in piedi sui bordi, si accovacciò e ridendo mi spruzzò un fiotto di piscio caldo sulla faccia. Una volta finito, mi ordinò di asciugargli la fica con la lingua. Poi scese dai bordi e si andò a fare un bidet, lasciandomi dentro la vasca imbrattato di piscio.
“Adesso oltre che verme, sei anche cesso” disse ridendo mentre si lavava la fica. Nel frattempo entrò Caterina tutta nuda, una massa di rotoli di grasso e cellulite da paura, che come mi vide seduto dentro la vasca, mi si rivolse con un ghigno satanico e disse: “Ho voglia di pisciare pure io...distenditi di nuovo, faccia di cazzo!”
Così pure lei, con tutta la stazza, salì e si mise accovacciata sui bordi della vasca e mi inondò col suo piscio e anche lei, finito, si fece leccare la fica bagnata.
“Ora lavati, ti rivesti e ci vai a prendere la colazione...muoviti che ho una fame che mi sbranerei pure te!” mi ordinò Caterina, mentre con Pina, uscivano dal bagno per tornare in camera da letto. Risposi “si subito Dottoressa”, mi lavai e andai a prendere le colazioni.
Al mio ritorno, trovai le due donne in vestaglia stese ancora a letto, spalle appoggiate tra i cuscini, abbracciate a guardare la tv. Servii loro la colazione e mentre mangiavano mi costrinsero ancora a leccare loro i piedi. Una volta sazie, sia di cibo che di essere leccate, Caterina si alzò lentamente dal letto, andò versò il comò, aprì un cassetto, uscì una cartelletta che conteneva un contratto, si girò verso di me, che nel frattempo stavo mettendo le pantofole ai piedi di Pina, e mi disse con un sorrisetto sarcastico: “Leggi e poi lo firmi...il tuo periodo di prova è finito, te lo sei meritato!”
Lessi e rimasi esterrefatto. Non era un normale contratto di lavoro a tempo indeterminato. No. Era un contratto che attestava che da quel giorno in poi ero di proprietà di Caterina e della sua amante/colf Pina e che come tale mi dovevo pure trasferire per sempre in casa sua per essere a loro disposizione 24 ore su 24.
“Non sei contento? Era quello che volevi, no?” intervenne Pina cingendomi un braccio attorno al collo e Caterina aggiunse: “Avevi ragione al colloquio...lo devo ammettere...come ho potuto fare senza uno come te fino adesso?” e rise di gusto.
“Oh si! Si!...era quello che volevo. Ma qui si supera ogni mio sogno più bello! Essere suo Dottoressa, sua proprietà! Sua e della signora Pina! Ma cosa c'è di più bello per un schiavo verme come me!? Grazie mie padrone, grazie!” risposi ancora incredulo e con le lacrime agli occhi per la felicità, firmai!
sottomesso1966@gmail.com se vi piace
“Oh no, nessuno dottoressa...non oserei mai farle appunti del genere, nemmeno per scherzo...io sono qui al suo servizio e l'aspetto anche un giorno ed una notte intere se lei lo ritiene opportuno, io sono a sua totale e completa disposizione ad ubbidire ciecamente ad ogni suo ordine e non oserei mai contraddirla, mi creda!” le risposi col tono preoccupato.
“Ecco, bravo...allora invece di guardarmi con quella faccia di cazzo...muoviti che sono in ritardo!” mi esortò arrogante sedendosi definitivamente in macchina e partimmo.
Durante il tragitto pensai a quel “faccia di cazzo” detto spudoratamente, senza scrupolo e il minimo rispetto verso di me, soprattutto che sono nemmeno da un giorno al suo servizio e non immagini che così presto ci si possa prendere una tale libertà. Ma fu come se Caterina, in questo breve lasso di tempo, avesse già compreso da subito la mia natura, quella di colui che aspira ad essere uno schiavo, il suo schiavo! Che annulla qualsiasi anche minuscola forma di dignità davanti alla propria padrona, che per tanto può permettersi di stracciarla a suo piacimento. Fu un'erezione perenne fino a che arrivammo a destinazione.
Scesa dall'auto, prima di varcare la soglia del portone dello studio, Caterina mi ordina di tornare a casa sua perchè Pina aveva bisogno di me.
Tornato all'attico, la colf mi accolse col solito sorrisino sarcastico e poi facendosi fredda mi dice: “La dottoressa vuole cambiata la disposizione dei mobili di casa...ti dico io quali e come, datti da fare muoviti!”
“Si Pina come vuoi, subito” le risposi
“Signora Pina!...e dammi del lei!” mi riprese stizzita
“Si signora Pina, le chiedo scusa...” le dissi e il cazzo mi tornò duro.
Iniziai a lavorare. Pina mi fece fare un mazzo così. I mobili indicati erano pesanti e me li fece spostare più volte fino a quando non si riteneva soddisfatta, ma molto più probabilmente per il solo piacere di vedermi soffrire. Infatti seduta, gonna corta, collant neri velati a coprire le gambe sensualmente accavallate con ballerina dondolante dal piede sospeso, mi osservava con un sorrisetto di arrogante soddisfazione, algida ed implacabile, alternando attenzioni al suo cellulare. Compiacendosi nel darmi ordini una volta in maniera secca e in altre, mentre smanettava sul telefonino, come annoiata.
Questa situazione mi eccitò tanto, nonostante il sudore e la fatica. Ce l'avevo durissimo. L'immagine di Pina che mi stava divertendo a sfiancarmi di fatica con la ballerina dondolante al piede mi faceva impazzire.
Improvvisamente la ballerina cadde. Io mi bloccai a guardare. Lei non se ne curò più di tanto, assorta sul suo cellulare roteava lentamente e sensualmente il piede scalzo. Mi arrapai da morire. Così agii d'istinto seguendo la mia natura e osai. M'inginocchiai e gliela calzai con lentezza.
“Non è così che si fa!” reagì Pina con inaspettata calma e senza distogliere l'attenzione dallo schermo del telefonino, mentre rimanevo in ginocchio immobile ed incredulo per questa reazione.
Quindi dopo un istante posò il cellulare su un mobiletto accanto, si sfilò con la mano di nuovo la ballerina. Si chinò verso di me, mi afferrò dalla nuca e me la schiaffò sul viso per farmene sentire l'afrore misto di sudore e cuoio. Me la tenne schiacciata col piede per qualche minuto. Quando si ritenne soddisfatta, con un ghigno satanico la fece cadere e la sostituì con la pianta del piede, che prima schiacciò sul naso e sulla bocca e poi me la strusciò su tutta la faccia e pi fermandosi mi ordina secco: “Bacia e lecca!! Così si fa!!”
Non mi parve vero! Stavo sognando? No. Era reale, in pochi secondi erano divenute vere le mie fantasie. Quindi senza indugi baciai e leccai con ardore la pianta e le dita di quel bellissimo ed odoroso piede inguainato nel collant, mentre lei mi osservava con arrogante soddisfazione.
Dopo un po' che adoravo, cambiò piede e fece lo stesso di prima: ballerina sulla faccia e poi piede da baciare e leccare.
Dopo di che mi fece stendere completamente a terra e, lei sempre seduta, mi piantò entrambi i piedi sulla faccia come volesse soffocarmi. Ero eccitatissimo e l'erezione si notava nitida dalla patta dei pantaloni gonfia. Pina se ne accorse e con un piede, continuando a soffocarmi con l'altro, cercò di infilarlo sotto la vita facendomi intendere che dovevo togliere i pantaloni.
Così feci. Sfilai pure le mutande ed il cazzo mi saltò fuori a molla dritto e duro. A quel punto Pina si alzò, sfilò via collant e slip, e si sedette col culo nudo sulla mia faccia piegandosi in avanti sul cazzo che prese in bocca iniziando un lento e succulento pompino.
“Leccami il buco del culo e la fica!” mi ordinò eccitata mentre mi spompinava con lentezza. Leccai con avidità dove mi ordinò, mentre lei pompava lenta stando attenta che non arrivassi al punto da non poter più trattenere la sborrata, in modo da condannarmi in una sorta di limbo fra piacere e sofferenza. Fino a che, strusciando con decisione la fica aperta sul mio visto, arrivò lei all'orgasmo. Così mi lasciò il cazzo duro e voglioso frustrando il mio.
“Oh no signora, la prego mi faccia venire...” tentai la supplica
“Come osi chiedermi questo!? Rivestiti subito e vai a prendere la dottoressa, sbrigati verme!” fu la sua risposta piccata mentre si ricomponeva.
Tentai di fare da solo, ma mi assestò un calcio nei coglioni che dal dolore vidi le stelle ed i pianeti!
“Non osare! Ho detto non osare! Ubbidisci!! Ti ho detto rivestiti e vai a prendere la dottoressa, verme!! Muoviti!!” ribatté rabbiosa mentre mi contorcevo per gli spasmi di dolore. Quindi mi lasciò li a terra per sparire dietro la porta del bagno.
Così appena mi si calmò il dolore, mi rivestii e andai a prendere Caterina che scese dopo una mezz'ora circa che ero di nuovo davanti lo studio. Una volta in macchia mi comunicò che non andava a casa, ma dovevo accompagnarla in un noto e lussuoso ristorante della città dove era in programma una cena di lavoro.
“Dovrebbe essere superfluo dirti che devi rimanere qui in macchina a mia disposizione fino a quando finisce la cena e io decido di tornare a casa, ma è meglio che te lo ribadisca per il tuo bene...sia mai ti venga in mente di allontanarti anche di qualche metro senza il mio permesso. E quando parlo di bene non intendo solo il posto di lavoro, ma intendo che dopo aver finito di mangiare e soprattutto di bere, divento molto ma molto irascibile e se mi fai incazzare la tua incolumità fisica sarebbe molto a rischio...è chiaro?” mi ammonì Caterina non appena arrivammo al ristorante, poco prima che la facessi scendere dall'auto.
Quindi rimasto da solo in macchina in attesa, pensai ancora all'inaspettato trattamento che mi riservò Pina, al quale aggiunsi le minacce appena ricevute da Caterina. Per questo ero eccitatissimo. Ce l'avevo duro e teso che non resistetti. Così preparai una serie di fazzolettini di carta in modo da non lasciare tracce su di me e sulla tappezzeria dell'auto. Calai la cerniera, me lo tirai fuori, chiusi gli occhi e partii con una sega che dopo pochi minuti mi fece esplodere tipo vulcano.
La cena finì verso la mezzanotte. Caterina uscì dal locale vistosamente brilla, per cui l'aiutai con maggiore premura a montare in auto. Una volta dentro, mentre ripartii verso casa, si tolse le scarpe, delle costose chanel a tacco basso, e distese le gambe grasse occupando l'intero sedile posteriore. Dallo specchietto potevo vedere i suoi bellissimi ed appetitosi piedi che incrociati si muovevano lenti e sensuali che me lo fecero tornare duro. Poi rilassata in quella posizione, emise due poderosi erutti e mi disse con la voce un po' alterata dall'alcool: “Senti tu...come cazzo ti chiami, nemmeno me lo ricordo...va beh, tu faccia di cazzo...ho saputo che Pina ti ha...battezzato per bene nel pomeriggio, vero?” e si mise a ridere.
“Si dottoressa...ehm, mi chiamo Antonio” le risposi un po' in imbarazzo
“Si, ma non me ne frega un cazzo di come ti chiami...per me resti faccia di cazzo...ecco, appena arriviamo a casa, ho una gran voglia di darti gli altri sacramenti...ti faccio la comunione...la cresima e l'estrema unzione quando avrò finito” riprese subito e scoppiando in una grassa risata.
“Si dottoressa...a sua totale disposizione, lei potrà abusare di me come e quando vorrà” le risposi cercando di frenare l'entusiasmo per ciò che già immaginavo, visto quello che avevo subito con Pina, che si stava per avverare e che avevo sempre sognato.
“Bravo ecco...” ribatté ed emise un altro erutto.
Arrivati a casa, Caterina scendendo dall'auto volle camminare scalza fino all'ascensore. Io dopo un po' la seguii portandole le scarpe e la borsa. Quando entrai, Pina mi afferrò violentemente per un braccio, mi strattonò fino al vano lavanderia e mi ordinò: “Adesso ti spogli e ti vai a fare una doccia perchè tutto il giorno in macchina puzzi e sei sporco! Ah, torna solo con le mutande addosso e nient'altro...capito verme!?”
Le dissi di si e mi andai a lavare. Non appena finito e in mutande, sempre strattonandomi per un braccio, Pina mi portò nel salone dove Caterina già in vestaglia, che esaltava il suo corpo grasso, era seduta su una poltrona con le gambe stese a piedi incrociati su un puff.
“Avvicinati” mi disse come mi vide davanti a lei
Mi avvicinai, ero eccitatissimo con un evidentissimo rigonfiamento degli slip. A quel punto Caterina me li abbasso con forza, mi afferrò il cazzo duro e me lo infilò in una gabbietta che chiuse con un lucchetto. Mi rialzò gli slip, mentre Pina rideva divertita, e con arroganza mi disse: “Da questo momento in poi, questo mi appartiene e se non serve a me lo userai solo per pisciare...e adesso vai leccarmi i piedi che ho camminato scalza, sbrigati!”
Quindi Pina, afferrandomi ancora per un braccio, mi strattonò fino a farmi mettere in ginocchio davanti i piedi incrociati di Caterina, le cui piante erano ricoperte da una patina grigiastra di polvere, e mi ordinò sprezzante: “Leccali e falli puliti...non finirai fino a quando questo sporco non te lo sarai ingoiato tutto!”
Iniziai, quindi, a leccare quel lerciume su quei piedi bellissimi, unghia lunghe smaltate di rosso, con ardore e felicissimo perchè il mio sogno era divenuto realtà. Eccitato alla massima potenza perchè, oltre a subire quella umiliazione, da quella posizione godevo della vista delle sue cosce grasse e flaccide per la cellulite, nonché per l'espressione di goduria ed arroganza con la quale mi guardava Caterina, che di tanto in tanto mi schiaffeggiava con un piede esortandomi a leccare meglio e col cazzo duro che premeva sulla gabbietta dandomi una sofferenza enorme. La voglia, infatti, di segarmi in questo contesto era incontenibile, ma non potevo. Non mi era concesso. Questa cosa amplificava sempre di più il mio piacere.
Pina, che seduta si guardava compiaciuta la scena, quando notò che ero riuscito a far tornare pulite e rosee le piante dei piedi della padrona, afferrandomi per i capelli mi spostò facendomi mettere completamente a terra. Si spogliò e, rimanendo in slip, reggiseno e autoreggenti, si avvicinò a lei, che la guardava con desiderio, allargò le gambe e le si sedette a cavalcioni sulle cosce. Quindi le due donne cominciarono a baciarsi e a toccarsi. Fu la prova del sentore che avevo già dal pomeriggio, che Pina per Caterina non fosse solo una colf.
Dopo un po', la padrona mi guarda e mi ordina: “Faccia di cazzo...invece di stare li a terra a non fare un cazzo...vieni qui sotto a leccarci, sbrigati!”
Cosi a quattro zampe mi avvicinai alle due donne che continuavano a limonare appassionatamente, mi posizionai sotto il culo di Pina in modo da avere a disposizione la sua fica ed anche quella di Caterina che stava a cosce aperte. Alternandomi tra l'una e l'altra, cominciai a leccare appassionatamente quelle fiche già aperte e bagnate. Il cazzo sempre più gonfio pressato in quel marchingegno metallico che mi faceva un male cane, in quanto la voglia di sborrare era incontenibile.
Alle mie leccate sentivo le due donne ansimare di piacere, per poi esortarmi, chiamandomi verme, a leccare con più intensità. Dopo un po', Pina mi assestò un ceffone facendomi capire che voleva leccassi le piante dei suoi piedi che pendevano dalle cosce di Caterina, cosa che feci subito mentre le due donne amoreggiavano. Poi mi riafferrò per i capelli e mi rimise sotto perchè continuassi a leccare le fiche fino a che raggiunsero quasi all'unisono l'orgasmo.
Rimasero abbracciate per alcuni minuti a rilassarsi, poi Pina scese dalle gambe di Caterina che si alzò, mi prese per i capelli e mi trascinò nella sua lussuosa stanza da letto. Mi fece stendere sul letto a baldacchino, si spogliò completamente nuda e, grassa e flaccida, si sedette col suo culone sulla mia faccia, ordinandomi di leccare buco e fica, mentre giocherellava col mio cazzo ingabbiato per darmi ulteriore tormento.
Leccai soffrendo schiacciato e soffocato da quella ciccia enorme fino a che le feci raggiungere un altro orgasmo. Quindi mi fece scendere dal letto, mi fece inginocchiare alla pediera con le braccia aperte e mi ammanettò i polsi ai due capi, di destra e sinistra, delle colonnine che reggevano il baldacchino. Mi infilò la testa in un collare che era già applicato al centro della sbarra, in modo da tenermela ferma sul materasso, e con Pina, che nel frattempo l'aveva seguita in camera, si distesero in modo da mettermi i piedi in faccia ed umiliarmi a piacimento.
Sghignazzando mentre mi sfottevano, alternandosi e anche tutt'e due assieme, si divertirono a strusciarmeli sul viso, a penetrarmeli in bocca e a farmeli leccare, per un bel po. I piedi di Pina senza calze erano anche loro bellissimi, curatissimi, smaltati color melanzana e gli anellini nei medi. Io ero letteralmente in paradiso per la goduria, anche se non potevo muovermi e quindi toccarmi, ma essere in balia di quelle due donne senza pietà alcuna nei miei confronti, che usavano godendo la mia faccia come fosse un insignificante cuscino per i loro piedi, era una cosa stupenda. Quindi, quando ritennero di avermi umiliato abbastanza si scambiarono delle altre effusioni fino a che si addormentarono, lasciandomi tutta la notte col cazzo in fiamme, legato in quella posizione.
Quando sopraggiunse l'alba ero sfinito. Stavo soffrendo da morire fermo legato così bloccato per tutta la notte. Prendere anche pochi momenti di sonno in quella posizione era impossibile. Le padrone invece con assoluta noncuranza dormivano beate. Anzi, di tanto in tanto mi appoggiavano ancora i piedi in faccia come nulla fosse. Poi quando notai Caterina aprire gli occhi per guardarmi, provai ad implorarle pietà. Lei per tutta risposta, mi rivolse un ghigno malefico e mi poggiò con forza entrambi i piedi sulla faccia strapazzandomela qualche secondo, poi scivolando agilmente sul letto, nonostante la stazza, gli si avvicinò col culo, alzò le gambe e gli scaricò un peto rumorosissimo e puzzolente, per poi scoppiare a ridere fragorosamente mentre risaliva.
La risata svegliò Pina che appresa quest'altra umiliazione che mi aveva inflitto la padrona, si mise a ridere fragorosamente pure lei. Poi mi guardo con divertito sdegno, mi mise anche lei i piedi in faccia, se li fece leccare un po e nel frattempo rivolgendosi a Caterina disse: “Dovrei pisciare, a questo punto sto pensando di usarlo come cesso...”
“Ma non qui, Pina che mi sporchi la stanza...slegalo e portatelo in bagno, così accogliamo pure la sua supplica per essere liberato...e che non si dica che siamo padrone senza cuore, eh!” rispose Caterina facendo seguire un'altra grassa risata alla quale si unì Pina.
Quindi, mi slegò e mi portò in bagno. Strattonandomi mi fece stendere nella vasca nudo senza le mutande, salì in piedi sui bordi, si accovacciò e ridendo mi spruzzò un fiotto di piscio caldo sulla faccia. Una volta finito, mi ordinò di asciugargli la fica con la lingua. Poi scese dai bordi e si andò a fare un bidet, lasciandomi dentro la vasca imbrattato di piscio.
“Adesso oltre che verme, sei anche cesso” disse ridendo mentre si lavava la fica. Nel frattempo entrò Caterina tutta nuda, una massa di rotoli di grasso e cellulite da paura, che come mi vide seduto dentro la vasca, mi si rivolse con un ghigno satanico e disse: “Ho voglia di pisciare pure io...distenditi di nuovo, faccia di cazzo!”
Così pure lei, con tutta la stazza, salì e si mise accovacciata sui bordi della vasca e mi inondò col suo piscio e anche lei, finito, si fece leccare la fica bagnata.
“Ora lavati, ti rivesti e ci vai a prendere la colazione...muoviti che ho una fame che mi sbranerei pure te!” mi ordinò Caterina, mentre con Pina, uscivano dal bagno per tornare in camera da letto. Risposi “si subito Dottoressa”, mi lavai e andai a prendere le colazioni.
Al mio ritorno, trovai le due donne in vestaglia stese ancora a letto, spalle appoggiate tra i cuscini, abbracciate a guardare la tv. Servii loro la colazione e mentre mangiavano mi costrinsero ancora a leccare loro i piedi. Una volta sazie, sia di cibo che di essere leccate, Caterina si alzò lentamente dal letto, andò versò il comò, aprì un cassetto, uscì una cartelletta che conteneva un contratto, si girò verso di me, che nel frattempo stavo mettendo le pantofole ai piedi di Pina, e mi disse con un sorrisetto sarcastico: “Leggi e poi lo firmi...il tuo periodo di prova è finito, te lo sei meritato!”
Lessi e rimasi esterrefatto. Non era un normale contratto di lavoro a tempo indeterminato. No. Era un contratto che attestava che da quel giorno in poi ero di proprietà di Caterina e della sua amante/colf Pina e che come tale mi dovevo pure trasferire per sempre in casa sua per essere a loro disposizione 24 ore su 24.
“Non sei contento? Era quello che volevi, no?” intervenne Pina cingendomi un braccio attorno al collo e Caterina aggiunse: “Avevi ragione al colloquio...lo devo ammettere...come ho potuto fare senza uno come te fino adesso?” e rise di gusto.
“Oh si! Si!...era quello che volevo. Ma qui si supera ogni mio sogno più bello! Essere suo Dottoressa, sua proprietà! Sua e della signora Pina! Ma cosa c'è di più bello per un schiavo verme come me!? Grazie mie padrone, grazie!” risposi ancora incredulo e con le lacrime agli occhi per la felicità, firmai!
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