Venerdì, sabato e domenica - da praticante legale a schiavo - 3^parte

di
genere
dominazione

In tarda mattinata, si riaprì la porta segreta. Apparve Stefania in culotte e canottierina poco sopra l'ombelico che ne accentuavano la magrezza. Scalza. Occhiaie vistose. Viso ancor più scavato e pallido, perchè struccato. Capelli sciolti ed arruffati che le cadevano scomposti un po' sul viso e un po' sulla schiena, tipico di chi si è appena alzata dal letto.
Giorgio, stremato dalle torture e da una notte costretto in quella posizione, alzò lentamente la testa e vide davanti a se una strega!

“Padrona, pietà...la prego, non ce la faccio più! Mi liberi...abbia pietà!” provò ad implorare alla sua padrona che intanto avanzava verso di lui lentamente con un aria sadica che non prometteva nulla di buono.

Stefania non gli rispose. Lo guardo' con un sorrisetto mefistofelico. Prese in mano il frustino e con la punta prese ad accarezzargli tutto il corpo finendo l'ispezione sul cazzo floscio che sollevò e subito fece ricadere. Il tutto mentre Giorgio tremava di terrore perchè già immaginava una altra tornata di torture.
Invece la donna si sedette di nuovo sulla sedia che aveva messo di fronte al lui la sera prima, gli allungò le gambe sullo sterno e gli mise ancora i piedi nudi in faccia. Glieli sfregò un po e poi, abbassandoli, col tono come annoiata gli disse: “ Ma certo che ti libero. Certo...e ti faccio pure mangiare e distendere un po', così ti riposi. Ad uno schiavo non va dato solo il bastone...ma perchè ti serva con efficienza e ti faccia divertire abusandolo, gli si deve dare pure la carota affinché sia tenuto in buona salute...”

Quindi si alzò e mentre lo slegava aggiunse, alitandogli a pochi millimetri dalla faccia un alito misto di denti ancora non lavati e l'alcol della festa: “....e poi che non si dica che la tua padrona non è umana, no? Come si dice, schiavo di merda, alla padrona che ha pietà di un verme come te, come si dice!?”

“Grazie padrona, grazie!” rispose piagnucolando con un fil di voce Giorgio.

Una volta libero, il ragazzo si accasciò a terra, ai piedi della sua padrona. Stefania ridacchiando ne approfittò per mettergliene uno sulla testa e poi dopo un po', quando lo vide riprendersi, gli fece indossare solo le mutande, gli rimise il collare e col guinzaglio, sempre a mo di cane, se lo portò nel patio della villa, dove c'era la tavola apparecchiata, vista l'ora, per il pranzo.
Stefania vi si sedette al centro e chiamò la colf. Come Mary le si avvicinò, indicando Giorgio a quattro zampe accanto e passandogli il guinzaglio, le disse: “Prima di servirmi il pranzo, portatelo in cucina, fallo mangiare...poi me lo riporti qui, capito?”

Mary disse di si. Afferrò il guinzaglio e quando stava per far alzare il ragazzo, Stefania seccata la redarguì: “No in piedi! A quattro zampe te lo devi portare lo schiavo! E a quattro zampe me lo devi tornare! A quattro zampe! E' uno schiavo ti ho detto ieri! E' cosi deve essere trattato! A quattro zampe come un cane! E' più in basso di te in questa casa! Guarda, ti autorizzo io...lo puoi abusare anche tu e utilizzare come ti piace, ovviamente solo nei momenti che a me non serve! E' chiaro una volta per tutte!?”

Così vistosamente imbarazzata, la filippina obbedì e con Giorgio al guinzaglio a quattro zampe, guadagnò la via della cucina dove il povero ragazzo finalmente potè rifocillarsi.
Mary, per tutto il breve pranzo, osservava il ragazzo con aria incuriosita e non appena alzò gli occhi per incontrare i suoi, gli disse con un espressione dispettosa: “Allora, quando tu finire con signora, pulire mia cucina, pulire bagno, buttare spazzatura, va bene?”

“Si Mary, va bene...ma almeno tu un poco di pietà per me ce l'hai?” rispose Giorgio con tono di rassegnazione

“Dipende di te! Se tu fare bene pulizie, si! Si no io rifare fare tutto a te di nuovo fino a quando io dire che è pulito! Capito? (Giorgiò annuì) Ora tornare da signora prima che lei arrabbiare anche con me!” replicò Mary decisa. Quindi gli riattaccò il guinzaglio al collare e a quattro zampe lo ricondusse dalla padrona.
Quando giunse al tavolo, Stefania, gambe distese su un'altra sedia, colloquiava serenamente al cellulare. Come vide il suo schiavo di nuovo sotto di lei, salutò l'interlocutore posando il telefonino e disse a Mary che poteva servirle il pranzo. Poi rivolgendosi a Giorgio, con un paio di buffetti sulla guancia, in tono sarcastico gli disse: “Adesso che hai mangiato è giusto che ti stendi un po' per riposare! Poverino, tutta la notte in piedi legato alla croce, immagino sarai esausto, no?”

“Si...si...padrona!” rispose in tono sommesso Giorgio

“Ecco! Allora ora ti stendi qui (indicando una stuoia con un piccolo cuscino per la nuca stesa perpendicolarmente sotto al tavolo da pranzo), così ti riposi ed io mentre pranzo mi rilasso i miei bei piedini sulla tua faccia di cazzo! Muoviti!” disse Stefania tornando feroce.

Così, il ragazzo si posizionò supino per lungo con le gambe tra quelle della sedia e la testa sotto al tavolo sul cuscinetto. Quindi la sua padrona si sedette e gli piazzò subito i suoi pedi nudi e impolverati, per aver camminato tutta la mattinata scalza anche in giardino, sulla faccia a tormentarlo.
Per tutta la durata del pasto, Stefania non gli dava tregua. Strapazzava il viso del suo povero schiavo sfregandoglieli su guance, fronte, naso e infilandoglieli più volte in bocca senza tregua. Per poi, all'arrivo del caffè che segnava la fine del pranzo, ordinargli schiaffeggiandolo con un piede: “Usa sta cazzo di lingua! Non vedi che sono sporchi? Esci da li sotto solo quando me li avrai nettati alla perfezione! Non voglio vedere un solo granello di polvere! Vai muoviti!”

Quindi il ragazzo si mise all'opera. Passò la sua lingua su tutta la pianta del piede, fra le dita, che la sua padrona appositamente apriva a ventaglio, sui talloni e sulla monta. Fino a quando Stefania, controllandoseli uno ad uno, si ritenne soddisfatta e lo lasciò uscire da sotto il tavolo.
“Basta...tu adesso rimani a disposizione di Mary, quello che ti dice di fare, tu fai! Come se fossi io! Chiaro vero!?” gli intimò la donna, mentre si accingeva a lasciare il patio, e aggiunse: “Io salgo in camera mia mi stendo un po', poi mi vesto che più tardi verranno le mie amiche per il the delle cinque...per cui voglio trovare tutto in ordine e perfetto! Compreso tu, schiavo, pulito e vestito in livrea come ieri sera, perchè capiscano subito che sei al mio servizio. Poi spiegherò loro meglio chi sei per me e...non so tu...ma noi sicuramente dopo il the, ci divertiremo un mondo!” e andò via con una risata sarcastica, premonitrice di altri supplizi che pioveranno su Giorgio già ridotto uno straccio.

Mary, con quel bel sorrisino malizioso tipico delle donne indocinesi, colse al volo l'occasione di farsi aiutare da Giorgio. O meglio, più che aiutare, far fare tutto a Giorgio, mentre distesa mollemente sui cuscinoni bianchi di uno dei lettini prendisole, lo dirigeva con risolutezza: sparecchiare, lavare piatti e stoviglie, pulire la cucina e il bagno, spazzare e lavare il patio, riapparecchiare la tavola per il the.
Quando finì e poco prima che il ragazzo si rivestisse da maggiordomo, gli ordinò pure di massaggiare i suoi bei piedini filippini ben curati e smaltati di rosso, mentre lei rilassata con nonchalance parlava in videochiamata coi suoi parenti d'oltre oceano.

Quando Stefania riscese, era decisamente più presentabile perchè truccata, capelli in ordine lasciati lunghi, vestitino colorato con fantasie primaverili, lento, poco sopra le ginocchia e ballerine dorate ai piedi. Controllò che tutte fosse in ordine con l'espressione e le movenze di chi cercava un pretesto per punire Giorgio che infatti tremava di paura. Non trovandolo, diede disposizioni che si preparasse la spa e mentre lo schiavo e la colf scendevano sotto nelle cantine, si mise a suonare al pianoforte il suo amato Wagner.
Non appena i due risalirono per avvertire la padrona che nella spa era tutto pronto, arrivarono le due amiche del the: Giovanna e Mirella. Entrambe più o meno stessa età di Stefania, ma decisamente più formose di lei. Giovanna capelli nerissimi a caschetto stile Valentina, tailleur gessato con gonna corta al ginocchio e décolleté nere sexy tacco dodici ai piedi. Mirella montagna di capelli ricciolini rossi, kaftano in stile orientale poco sopra le caviglie abbellite da cavigliere in oro e ai piedi curatissimi, unghia lunghe smaltate di blu elettrico, sandali infradito con leggera zeppa.

Quando venne il momento di servire il the, ovviamente Stefania volle che se ne incaricasse Giorgio. Il ragazzo quando arrivò al tavolo col carrello, le due amiche se lo squadrarono con aria e sorrisetti sarcastici, segno che già la sua padrona gli aveva rivelato che non si trattava di un normale maggiordomo, ma era uno schiavo. Il suo schiavo.
Infatti per tutta la durata del the, le signore, incalzate da una sempre più sadica Stefania, si divertirono a fare del povero Giorgio, che subiva e serviva pazientemente, il loro oggetto di sfottò e scherno di ogni tipo. Fino a quando, finito the e pasticcini, la padrona esclamò alle amiche: “Diecimila euro mi è pure costato! Vi ho detto, no!? Mi pare che per una cifra simile non abbia il diritto di divertirmici e far divertire anche le mie più care amiche!?”

“Assolutamente si, Stefy!” risposero divertite quasi in coro, Giovanna e Mirella.

“Ecco...quindi, ragazze, scendiamo nella spa che ce lo godiamo!” esclamò ancora entusiasta Stefania e poi, rivolgendosi a Giorgio puntandogli il dito, aggiunse perentoria: “E tu, hai cinque minuti per mettere in ordine il tavolo e raggiungerci in spa! Ritarda di un solo secondo e un'altra nottata in croce non te la toglie nessuno, chiaro!?”

“Si padrona...” ebbe il tempo di rispondere Giorgio, che le tre donne guadagnarono la via per il piano cantinato.

Quando lo schiavo le raggiunse, le trovò completamente nude stese sui lettini a bordo vasca idromassaggio. Stefania come lo vide, guardò prima l'orologio e poi gli disse: “Ti sei salvato! Un altro minuto e la croce non te la toglieva nessuno! Spogliati adesso!”

Mentre Giorgio lentamente eseguiva, le tre donne si guardarono fra loro con la divertita complicità di chi ha già concordato come suppliziare quel povero schiavo. Infatti si alzarono contemporaneamente dai lettini e, una volta nudo, Stefania afferrò il giovane per i capelli e seguita dalle altre due amiche, lo ammanettò faccia al muro abbracciato ad una delle colonne della spa, in modo da avere a disposizione la schiena e le natiche. Quindi armate di frustini da fantino, iniziarono a fustigargliele, ridendo e sfottendolo sadicamente, in una gara a chi gli lasciava più strisce violacee sulla pelle.
Lo frustarono a turno per un bel po, mentre il ragazzo implorava pietà e la sua pelle si rigava come quella di una zebra, fino a quando, fra grida di giubilo, decretarono la vincitrice. Ovviamente la sua padrona, Stefania. In sadismo era ancora una volta imbattibile.

Dopo di che, lo slegarono e, sempre per i capelli, lo portarono davanti la vasca idromassaggio. La padrona lo ammanettò con le mani dietro la schiena. Lo fece inginocchiare in modo da fargli mettere la testa sul bordo della vasca. Le tre donne, poi, si immersero in acqua, sedendosi in modo da uscire i piedi e metterglieli in faccia in modo da strapazzargliela e poi farseli leccare. Anche qui partì una gara a chi lo strapazzava meglio e a chi si faceva leccare i piedi con maggiore passione, tanto che Giorgio riceveva sonori ceffoni a turno da tutt'e tre a mo di incitamento a leccare bene. Anche questo supplizio durò un bel po, fino a quando, con le solite urla di giubilo, venne decretata la vincitrice. Questa volta lo scettro passò a Giovanna e ai suoi bellissimi e curatissimi piedi dalle unghia smaltate di nero, che venne festeggiata dalle altre due amiche con un rapporto lesbico a tre, mentre il povero schiavo esausto, testa reclinata sul bordo, fu costretto a guardarle.

Uscite dalla vasca, mentre Stefania fece rimettere in piedi Giorgio per sciogliergli le manette, Mirella si fermò come in contemplazione del corpo nudo dello schiavo e dopo essersi soffermata particolarmente sul cazzo chiese: “Stavo pensando...ragazze, ditemi voi...ma un colpetto alla fregna, con quel bel pistolotto, non me posso far dare? Che dite?”

“Puoi farci quello che vuoi, Mirella...è uno schiavo” rispose Stefania che aggiunse: “Solo che io non lo farei mai...da quando è di mia proprietà, ed è quasi un anno che lo è, non gliel'ho mai concesso, anche se pure a me piace il cazzo. Sai perchè? Perchè altrimenti scopando gode! E lui non deve godere. Lui deve solo far godere me e basta! Ecco che allora quando sono particolarmente arrapata me la faccio solo leccare. Io godo e lui no, soffre...e la mia goduria aumenta!” concluse ridendo e suscitando pure l'ilarità della amiche.

Mirella non fu tanto convinta da quella spiegazione, così si tirò il ragazzo per se. Si mise seduta sul lettino, fece mettere il ragazzo in piedi fra le sue gambe e gli prese il cazzo in mano dicendo: “Gode o non gode, non me ne frega niente! A me il cazzo, soprattutto se è giovane e bello, mi fa impazzire e il suo cazzo è arrapantissimo...io non resisto!”

Così glielo masturbò per qualche minuto e non appena glielo fece diventare teso e duro, iniziò a spompinarlo, prima con dolcezza, passando la lingua sulla cappella sgusciata, e poi in crescendo. Giorgio chiuse gli occhi per il piacere, ma durò poco. Un pugno dolorosissimo ai reni e una mano che gli afferrava i capelli, lo fecero risvegliare. Era Stefania che gli spuntò da dietro e dopo averlo colpito, rabbiosa gli disse: “Stai osando godere, vero bastardo?”, mentre Mirella non smetteva di pompare.

“No padrona, non godo glielo giuro...padrona!” rispose in tono di supplica il ragazzo.

“Come non stai godendo!? E lo giuri pure!? Ma stai prendendo per il culo me, la tua padrona!!??” replicò arrabbiata Stefania.

Così, tenendolo per i capelli, con rabbia lo strappò via dalla bocca di Mirella, lo fece mettere a novanta gradi, appoggiato sul lettino dell'amica. Indossò uno strap-on con applicato un grosso fallo nero e cominciò a sodomizzare lo schiavo sculacciandolo, mentre le amiche se la ridevano.

“Ti insegno io ad osare godere...brutto porco, bastardo!” gli urlava Stefania mentre gli sfondava senza pietà il buco del culo. Come se non bastasse, Mirella si ridistese sul lettino e visto che Giorgio gli veniva davanti, ridendo gli mise entrambi i piedi in faccia. Così mentre quel cazzone di gomma gli tormentava l'ano, i piedi gli gli tormentavano la faccia.
La sodomizzazione durò parecchio, fino a quando la padrona decise di togliergli il cazzo di gomma dal culo, per puntare la fica di Mirella che non si fece pregare più di tanto. Aprì le cosce e lasciò che Stefania la penetrasse e la scopasse: “Così godi tu sola e non quel verme!” disse la padrona mentre si sbatteva l'amica.

Giovanna, che nel frattempo divertita si guardava la scena, chiamò a se Giorgio che era rimasto accasciato a terra col culo dolorante. Con lui, rientrò in vasca, lo fece sedere di fronte a se e gli mise i piedi sui pettorali e poi lentamente sulla faccia, divertendosi a schiacciargliela, come se non fosse bastato prima. Poi gliene mise uno sulla testa per spingerlo sott'acqua. Gli mise pure l'altro e lo tenne alcuni secondi fino quasi ad annegarlo. Così si divertì a ripetere questo supplizio più volte, ridendo sguaiatamente. Fino a che, quando vide il povero Giorgio stremato, lo prese per i capelli, lo fece appoggiare sul bordo della vasca e iniziò a spompinarlo, in modo che mano a mano lo fece riprendere, e quando il cazzo gli divenne duro e teso, gli si mise a cavalcioni sul torace e si fece scopare. E questa volta Giorgio se ne venne dentro la fica di Giovanna che urlava di piacere. E fu inevitabile, per tanto, che pure la sua padrona se ne accorgesse.

“Hai sborrato!!?? Hai osato godere!!??” gli urlò Stefania, entrando nella vasca vistosamente inferocita.

“Pietà padrona, pietà...non sono riuscito a resistere...padrona...pietà!” supplicando tentò di difendersi Giorgio, ma Stefania fu senza pietà. Era sempre stata chiara: il suo schiavo non doveva mai godere, deve solo soffrire, il suo godere deve essere solo far godere la sua padrona e guai a lui, perciò, se osa sborrare.
Quindi, non appena Giovanna si staccò, lo afferrò per un orecchio, lo trascinò fuori dalla vasca, lo fece mettere in ginocchio con le mani dietro la nuca, prese il frustino e insultandolo in mala maniera perchè aveva disobbedito, lo ricoprì di frustate fino a quando lo vide stramazzare per terra.
Dopo di che, sempre per un orecchio, se lo portò nel box del bagno turco e fu usato a quattro zampe come poggiapiedi anche dalle altre due donne.
Giorgio mezzo martoriato doveva stare li a soffrire tra il vapore caldo e i piedi delle tre donne che lo pressavano sulla schiena. Donne che si rilassavano beatamente, ma ogni tanto, a turno, con piccoli calci si divertivano a colpirlo nella pancia o nella faccia.

Finalmente, per il povero schiavo, arrivò la fine. Le donne ne avevano abbastanza e si era già fatto tardi, per cui si rivestirono e risalirono per andare a cena, lasciando solo Giorgio, stremato e martoriato nella mente e soprattutto nel corpo striato dalle frustate, che dovette sistemare e ripulire il cantinato.
Poi ebbe appena il tempo di rivestirsi e rifiatare un attimo, che tornò Stefania con collare e guinzaglio. Lo fece rimettere a quattro zampe, glieli applicò e se lo portò di nuovo nel dungeon.
Li, Giorgio supplicò la sua padrona di non metterlo ancora in croce e di avere pietà perchè era stremato e dolorante per le torture subite.

“Oh poverino...ma certo che la padroncina avrà pietà del suo schiavetto questa volta!” gli rispose Stefania in tono canzonatorio, vezzeggiando la voce a bambina come si fa coi cagnolini.

Così lo portò davanti una gabbia, quelle che si usano per i cani di grossa taglia, gli tolse collare e guinzaglio e con un calcio lo fece entrare. Poi gli lasciò due ciotole, una con l'acqua e l'altra con i resti della sua cena, chiuse lo sportello con un lucchetto e sempre con quel vezzeggiato gli disse:”Ecco ora da bravino, mangia...riposati e poi fai la ninna...che domani ti aspetta un'altra lunga giornata con la tua padroncina che ti farà tante, ma tante, altre coccole come quelle di oggi...eh! Sogni d'oro dunque!” e se ne andò.

Fine 3^ parte - sottomesso1966@gmail.com
scritto il
2025-04-24
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