L'universitaria fuori sede

di
genere
etero

L'UNIVERSITARIA FUORI SEDE
(Cap 1)

Sono Sonia una ragazza di ventisei anni studentessa fuori corso di economia e commercio, bionda, alta con gli attributi, almeno a detta degli altri, tutti al punto giusto. Debbo dire che tengo molto al mio aspetto fisico, quasi un'ora al giorno di palestra, delle buone nuotate in piscina mi aiutano a tenermi in forma, soda e muscolosa, ma elastica: i muscoli debbono essere piacevoli da carezzare. Ho il problema del mantenermi agli studi fuori sede: vengo da un paese della Ciociaria, trasferita a Roma per motivi di studio, appunto, i miei mi aiutano, ma a me non piace stringere la cinghia: palestra, aperitivi, cene fuori casa, vestiti e tutto quello che può piacere ad una ragazza della mia età. Per questo mi sono adattata a lavoretti che potessero permettere di arrotondare quello che i miei mi facevano avere ogni mese: baby sitter, dog sitter, dama di compagnia. Certo la resa non era eccezionale e sparsi la voce che cercavo un lavoro da svolgere nelle ore libere dallo studio, attaccando cartoncini nelle varie bacheche all'università ed in tutti gli altri posti frequentati. Una sera ricevetti un messaggino in cui mi si chiedeva un selfie del mio viso ed uno a figura intera; proveniva da una sedicente agenzia di modelle che cercava volti nuovi da lanciare nel mondo dello spettacolo e della moda. Non gli diedi peso non risposi e me ne dimenticai: una sera mentre stavo in casa di un ingegnere a guardare un pestifero bimbo di tre anni, il padrone di casa tornò prima della signora, che, mi disse, era rimasta con le sue amiche al circolo per una noiosissima partita a burraco; misi il pargolo a letto, aspettai che si addormentasse e poi tornai dall'ingegnere per ricevere il compenso e tornare a casa. Lui mi invitò a sedermi e a bere qualcosa : era un bell'uomo di una quarantina di anni, magro, scuro di carnagione e di capelli, con occhi penetranti ed un sottile sorriso di coloro che sanno di piacere all'altro sesso: mi versò del cognac preso da una bottiglia di cristallo lavorato e cominciò amabilmente a conversare interessandosi ai miei studi ed alla mia vita. Mi rilassai sul divano e non feci caso al fatto che, intanto, lui si era seduto accanto a me e mi lanciava sguardi che non lasciavano adito a dubbi: ora la situazione stava così: era da tempo che non stavo più con nessuno ed era innegabile che del sano sesso mi mancava; del resto lui non era da buttar via ed allora perché fare la ritrosa e la verginella,che del resto non ero più: gli sorrisi :”Ma sua moglie?” “Non ti preoccupare quando gioca con le sua amiche perde la cognizione del tempo, ma ti prego, dammi del tu, Sonia” e così dicendo mi passò la mano sui jeans, palpando le mie cosce e risalì al mio seno che mostrava attraverso la camicetta due capezzoli ritti per l'eccitazione che già mi stava prendendo. Ci baciammo con vicendevole esplorazione delle lingue, mi sdraiò sul divano, trafficò un poco con i bottoni della camicetta e con il reggiseno fino a quando i due seni sbocciarono in tutto il loro splendore e ci si tuffò baciandoli e leccandoli, mentre cercava, con scarsi risultati di slacciarmi i pantaloni: lo allontanai, mi alzai e con poche mosse languide, rimasi con gli slip, maledicendomi di non aver messo quelli sexy appena acquistati al posto di quelli di cotone che portavo; quasi avesse letto nei miei pensieri mi disse” Sei molto più eccitante con questi, vieni qui!” e, rimanendo seduto, mi passò la mano fra le gambe accarezzando le labbra della mia figa gonfie di desiderio e già bagnate. Mi inginocchiai davanti a lui, gli slacciai i pantaloni, glieli abbassai e liberai la sua virilità che già svettava verso l'alto con il glande ben definito e libero dal prepuzio, luccicante per le prime gocce di sperma. Lo presi in mano, lo sentii durissimo e fremente temendo che già fosse giunto all'orgasmo, ma mi sbagliavo, presi a segarlo dolcemente e lentamente sino a che lui non mi prese la nuca spingendo il mio viso verso il suo cazzo: non mi ci volle molto: aprii la bocca e lo introdussi tutto fino alla gola, cominciai a spompinarlo con gusto, riempendolo di saliva e tastando i suoi testicoli, che scesi poi a leccare. Andai avanti per circa cinque minuti fino a quando mi fece sedere sul divano, divaricare le gambe a si impossessò con la bocca della mia figa, qui, per fortuna, ero stata previdente e mi ero rasata, la penetrò con veloci movimenti ed intanto con le dita mi tintillava il clitoride facendomi salire al settimo cielo, tanto che, da lì a poco, gli scaricai in bocca il mio orgasmo da troppo tempo trattenuto. Fu il segnale della fine dei preliminari: mi girò, mi mise alla pecorina e mi penetrò da dietro strappandomi un mugolio di piacere; iniziò un bellissimo su e giù accompagnato dal rumore dovuto agli umori che si scaricavano nella mia figa: me lo tolse dalla figa e cominciò a puntare l'altro buco, che gli spalancavo oscenamente davanti:” Posso?” chiese e io, che naturalmente non nemmeno lì ero vergine, spinsi indietro le mie chiappe: lui, dopo avermelo leccato ed umettato, ci appoggiò la cappella e spingendo piano piano si fece strada; si capiva dai suoi movimenti, che aveva esperienza, ed infatti invece di sentire dolore, come altre volte mi era capitato, godetti come raramente in vita mia: il mio ano, pulsando, mi faceva sentire anche meglio il suo uccello, con la mano cercai la figa e mi penetrai venendo ancora una volta; ritrassi la mano fradicia e mela portai alla bocca ciucciando con voluttà, mi girai e lo baciai in bocca per fargli sentire il sapore del mio piacere e allo stesso tempo gli sussurrai: “ Ti prego vienimi in bocca, voglio anche il tuo sapore!!!” Prese a penetrarmi ancora più violentemente e quando mi accorsi che oramai era giunto allo stremo mi tolsi di sotto, mi voltai, aprii la bocca e ricevetti la sua sborra sulla lingua, una parte mi colpi sulla guancia, ma con la mano la ricondussi in bocca ed ingoiai il tutto, salvo poi chiudere le mie labbra sul suo cazzo per pulirlo ed assaporare anche le ultime gocce. Ci abbandonammo esausti sul divano:” Grazie, Sonia, era da tempo che non godevo in questa maniera. Mia moglie è brava, mi ama ma non si concede così. Grazie ancora” Sorrisi con fare quasi pudico, ma anche io avevo goduto come non mi capitava da tempo o forse non mi era mai capitato. Si alzò prese il portafogli e mi mise in mano cinquecento euro. Mi sentii una sgualdrina e cercai di rifiutare, ma lui mi disse che erano per aver guardato il bimbo; feci finta di crederci, mi rivestii e lo salutai con un bacio sulla guancia.
A casa pensai che in fondo mi ero divertita ed avevo anche guadagnato quello che guadagnavo in dieci serate da baby sitter.
scritto il
2018-10-08
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