L'università fuori sede (2)

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genere
etero


L'UNIVERSITARIA FUORI SEDE
(Cap 2)

La mattina dopo, stesa a letto, soddisfatta della intensa notte di sesso, stavo cancellando i messaggini inutili dal mio smartphone, quando mi ricapitò sotto gli occhi l'invito della agenzia di modelle. Ero di buon umore, in pace con il mondo intero, e mi dissi: “Perché no?” Mi alzai, feci una doccia ed un abbondante colazione e poi telefonai al numero che era allegato al messaggio: mi rispose una voce femminile: “Studio Newmodel, sono Antonella in che cosa le posso esserle utile?”. Quello stile professionale mi piacque, le dissi del messaggio e la voce mi fissò un appuntamento per il giorno dopo alle diciotto, raccomandando la puntualità. Passai la giornata fra delle lezioni all'università e dello shopping favorito dal lauto compenso dell'ingegnere; la sera mi ritrovai a pensare all'avventura del giorno avanti e invece di sentirmi sporca per il mio comportamento da puttana, mi ritrovai a toccarmi sotto la corta gonna che indossavo: le mie dita si impossessarono sia della figa che del buchetto e presero ad entrare ed uscire ad un ritmo via via più veloce ed in modo sempre più profondo, fino all'orgasmo, poi portai le dita alla bocca e le leccai voluttuosamente. Mi addormentai tranquilla e felice come una bimba, stringendo a me il cuscino. Il giorno dopo mi svegliai nella tarda mattinata e passai il tempo a prepararmi per l'appuntamento del pomeriggio, cambiando un gran numero di mises, fino a che ritenni di essere perfetta: trucco leggero che metteva in risalto il mio ovale, capelli lasciati sciolti sulle spalle, lingerie nera di pizzo che sosteneva, anche se non ce ne era bisogno, il seno ed i glutei, pantaloni pinocchietto e scarpe tacco otto; mi guardai allo specchio che mi rimandò l'immagine di una fiorente ragazza, che dimostrava meno dell'età che aveva, con tutte le cosine al posto giusto. Arrivai all'indirizzo dell'agenzia che si trovava in un palazzo d'epoca del centro, salii al secondo piano ed entrai da una porta a vetri dove spiccava il logo della stessa con la figura stilizzata di una donna sdraiata; mi trovai in una sala d'aspetto ben arredata e fui subito accolta da una ragazza, molto bella ed elegante, che chiestomi il nome mi strinse la mano e mi invitò a sedermi, scusandosi per l'attesa: il “capo” era impegnato una riunione e si sarebbe liberato nel più breve tempo possibile. Mi sedetti e mi guardai intorno ricavando una impressione del tutto positiva sull'ambiente: alla parete erano appese foto di belle ragazze e qualche quadro astratto, ed un impianto di filodiffusione mandava una musica dolce e rilassante. Attesi quasi una mezz'ora e poi, sempre la ragazza di prima, scusandosi ancora per l'attesa, mi introdusse in una stanza arredata in modo austero: da dietro una imponente scrivania si alzò un uomo sulla quarantina, atletico, con i capelli neri appena brizzolati sulle tempie, occhi di un colore indefinibile, verdi tendenti al grigio, bocca carnosa, che le prese la mano e dopo un impeccabile baciamano si presentò: “Sono Giorgio, il “capo” di questa “baracca” disse sorridendo, mettendo in mostra una dentatura perfetta: insomma un gran bell'uomo. Mi invitò a sedermi e mi spiegò quali erano i servizi che forniva l'agenzia: “ Premesso che lei è bella ragazza e che quindi, credo, che non avremo nessuna difficoltà a metterla sotto contratto, le voglio spiegare come si svolgono qui le cose: noi forniamo modelle per sfilate, per servizi fotografici, insomma tutto quello che attiene la moda e le riviste ad essa collegate, ma forniamo anche accompagnatrici per uomini d'affari, politici o altri importanti personaggi che si trovino qui a Roma per affari, meeting o quant'altro. Le sue prestazioni saranno fornite in base alle richieste; per quanto riguarda il compenso esso è di competenza dell'agenzia che a lei fornirà un mensile in base al numero ed alla qualità delle stesse. Sono stato chiaro? Naturalmente saranno di sua competenza eventuali mance o liberalità dei clienti.” In quel momento si sentì parlare ad alta voce nell'ingresso, poi la porta dell'ufficio si spalancò facendo entrare una bellissima ragazza mora con gli occhi fiammeggianti, seguita dalla segretaria, che si scusava per non averla potuta fermare:” Chi mi hai mandato ieri sera! Un porco tuo amico? Non mi puoi trattare così!” Intanto era arrivata alla scrivania e si era appoggiata su di esse con le mani chiuse a pugno ed io, dalla mia posizione, potetti notare sotto la minigonna due bellissime gambe lunghe e perfette: “Ma che dici Vivi, non mi pare il momento, non vedi che sono impegnato? Aspettami un attimo e risolveremo il problema!” Si vedeva che cercava di mantenere la calma, ma gli occhi mandavano lampi che non facevano presagire niente di buono per il proseguo della discussione. Mi alzai e Giorgio prese la palla al balzo per congedarmi affidandomi alla segretaria per le incombenze materiali; Vivi si sedette immediatamente al mio posto accavallando le lunghe gambe che vennero messe in mostra dalla esiguità della gonna che non aveva nessuna speranza di coprirle, tamburellando con le dita sul ripiano della scrivania. Una volta richiusa la porta alle nostre spalle, venni condotta in un'altra stanza attrezzata a studio fotografico e fui fatta accomodare su una seggiola:” Attenda un attimo, ora arriverà Sergio, il nostro fotografo, con il quale prenderà accordi sul book!” Quasi subito entrò un personaggio che definire strano è dir poco: età indefinibile, un viso segnato da rughe profonde tipiche di chi aveva passato parecchio tempo per mare, occhi chiari mobilissimi, capelli bianchi lunghi raccolti in una coda di cavallo che gli scendeva sulle spalle, fisico asciutto e magro, coperto da blusa di lino larga e un paio di pantaloni anch'essi di lino bianco larghissimi e un paio di espadrilles nere. Con modi bruschi e con voce roca mi diede ordini per le pose che immortalava con una macchina professionale. Poi dopo circa venti scatti mi venne vicino e cominciò a trafficare con i bottoni della mia camicetta:” Che fa?” gli domandai ritraendomi; “Dai che bisogna far vedere tutto questo ben di dio! Scherzo, ma è prassi fare anche foto osè, e se te la senti anche nuda!” Detto così non avevo problemi, da ragazza, avevo permesso a i miei fidanzatini di fotografarmi in posizioni piccanti, perchè sapevo che poi ci sarebbero segati sopra e questo mi rendeva molto orgogliosa; allargai, quindi lo scollo della camicetta facendo vedere il reggiseno le due bocce che cercavano prepotentemente di uscirne; abbassai i calzoni mostrando il culo ed il sottile filo del tanga che divideva i glutei marmorei. Qui mi fermai, perché non volevo svelare tutto subito e ritenevo che, per quanto mi aveva spiegato Giorgio, quanto mostrato era più che sufficiente.
scritto il
2018-10-09
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