Il prezzo della sottomissione (parte 8)
di
Kugher
genere
sadomaso
Il busto di Niccolò era aderente alla schiena di Simona, stesi a letto. Lui giocava coi suoi capezzoli e ogni tanto le accarezzava a mano piena il bel seno, ancora sodo, visto la sua età.
Le dita passavano anche sui segni della ormai immancabile frusta.
“Tesoro, l’altro giorno, al Golf Club, quando ci hai serviti e accarezzato il piede della nostra amica, ci siamo eccitati tutti. Ne abbiamo parlato il giorno dopo”.
“Per me è stato imbarazzante”.
“Anche questo ci ha eccitati molto, il tuo evidente imbarazzo e, nonostante questo, la tua sottomissione e ubbidienza”.
Il disinteresse di Niccolò per il suo stato che, invece, servì per eccitarli, le diede un campanello di allarme che sparì subito, più attratta dal riferimento alla sottomissione. Così quell’imbarazzo
in pubblico, che di fatto aveva creato un netto divario tra lei e gli altri del gruppo di amici, divenne sottomissione e questo le procurò una sorta di piacere, facendole dimenticare gli sguardi della gente che, a questo punto, divennero spettatori delle esigenze del suo corpo.
Non pensò più alla differenza che si era creata tra serva e serviti.
“Ne abbiamo parlato tra noi, e vogliamo che quel gioco continui e si approfondisca. Vogliamo che diventi la schiava del nostro gruppo di amici, quando saremo in privato”.
Silenzio da parte di lei. Era comunque una doccia fredda.
Quel divario tra serva e serviti si sarebbe ampliato sempre più, divenendo un baratro incolmabile. D’altro canto non erano mai stati sullo stesso piano. Lei era entrata nel gruppo col suo corpo e con le esigenze di sottomissione che Niccolò faceva respirare.
In realtà non era la prima volta che quel gruppo di persone potenti condivideva le schiave.
Niccolò da tempo aveva parlato a loro della predisposizione alla sottomissione di Simona e da tempo avevano prospettato la possibilità di averla schiava condivisa.
Anche per questo l’avevano sempre trattata con un leggero distacco che lei imputava alla differenza di età e all’essere introdotta da poco in quell’ambiente. In realtà già la volevano ai loro piedi per essere soddisfatti.
Quella giornata al Golf Club era stata costruita apposta, per testare la giovane donna. All’esito tutti sapevano che avrebbero avuto un nuovo giocattolo per i loro sessi.
“Vuoi condividermi? Pensavo fossi solo tua”.
“Tesoro, noi siamo un gruppo affiatato, lo avrai visto. Ciascuno di noi sta nel gruppo di amici per ciò che è. Tu sei una sottomessa, una schiava e vorremmo che tu stessi con noi per ciò che sei. Vogliamo solo che tu sia te stessa, solo in privato, tra noi. In pubblico sarai sempre
la donna che da mesi mi accompagna e che la gente mi invidia”.
Riusciva sempre a lanciarla in quell’altalena di adrenalina con continui cambi di velocità. Stava scoprendo cose di sé e del suo corpo, delle sue esigenze e desideri di sottomissione.
Avvertiva l’intimità del gruppo e la sua forza. Un nuovo aspetto del dominio e della sottomissione.
Sarebbe stato solo nel privato, dove si consuma la propria intimità.
Fu in quel momento che suo marito venne mandato a schiantarsi nell’auto dei propri desideri iniziali, non controllati e non fondati sulla coppia ma solo sul corpo e sull’eccitazione.
Al momento quanto proposto (ordinato) dal Padrone le sembrava un gioco. Solo tempo dopo, a sue spese, avrebbe scoperto che loro erano un gruppo che condivideva le schiave da anni e che lei non era “nel gioco” ma era “il gioco”.
Nel suo ruolo si sentiva esclusiva, parte di loro perché soddisfaceva quei desideri comuni benché contrastanti. Invece era la schiava del momento, il corpo del momento.
Concordarono la data della sera dedicata al suo debutto quale schiava del gruppo di Niccolò e dei suoi amici. Anzi, i Padroni la concordarono e a lei la comunicarono solamente.
Ormai lei aveva imparato ad essere disponibile a chiamata del Padrone.
Non sapendo come Niccolò l’avrebbe voluta presentare al gruppo di amici nella sua nuova veste di schiava, si preparò di tutto punto, con un vestito eccitante e, come ormai da quasi un anno accadeva, senza intimo.
Non disse niente a Giorgio, nemmeno che non sarebbe rientrata per dormire. Il Padrone non aveva fatto cenno di questo (non lo faceva mai) ma immaginava che i “festeggiamenti” sarebbero proseguiti fino a tardi e che non l’avrebbero lasciata andare presto, tanto più che era sabato sera.
Appena entrata in casa di Niccolò dovette spogliarsi.
Venne mandata a preparare la tavola per i Padroni. Le pietanze erano arrivate da un servizio di catering.
Non si prese certo la briga di chiedere quanti coperti avrebbe dovuto sistemare. Chiese invece la funzione di quella gabbia in sala. Invece della risposta le arrivò uno schiaffo.
“Prepara la tavola senza fare domande, schiava”.
Schiava.
Scoprì che da quella sera il suo nome nel gruppo sarebbe stato “schiava”.
In privato l’avrebbero sempre chiamata così, anche se si trovavano in luoghi pubblici non sentiti da altri.
Una schiava non fa domande, esegue e basta. Lei era una schiava, lo aveva voluto, era una sua pulsione e ci si era adagiata.
Intanto il Padrone era andato a farsi la doccia e a prepararsi. Era molto elegante, come eleganti sarebbero stati gli altri amici (ora suoi Padroni). L’abbigliamento era ricco, ricercato.
Le donne indossavano splendidi gioielli. Lei sarebbe stata nuda, evidenziando maggiormente la differenza di status e di ruolo.
Questo l'avrebbe scoperto dopo. Intanto stava preparando per il divertimento dei Padroni, condannata a preparare lei stessa la scenografia delle sue torture.
Al termine le venne ordinato di entrare nella gabbia, sulla cui porticina notò un lucchetto.
Restò incerta e questo le costò un altro schiaffo ed una presa forte per i capelli da parte di Niccolò.
“Se pensi di fare storie per ogni ordine che questa sera riceverai, hai fatto male i conti, schiava.
Vedi di eseguire tutto e subito, senza tentennamenti, altrimenti per noi il divertimento aumenta, per te non lo so”.
La spinse a terra e con un piede la diresse nella gabbia che chiuse col lucchetto.
Sopra la gabbia c’erano alcuni vassoi con bicchieri ed un paio di bottiglie di prosecco, ancora nel ghiaccio, oltre a stuzzichini tipici di un buon aperitivo che lei stessa aveva predisposto.
Aveva avuto il sospetto (il timore) che la gabbia non fosse solo ornamentale.
Dopodiché il Padrone si mise in poltrona a leggere e ad aspettare l’arrivo degli ospiti, quasi dimenticandosi di lei.
Le dita passavano anche sui segni della ormai immancabile frusta.
“Tesoro, l’altro giorno, al Golf Club, quando ci hai serviti e accarezzato il piede della nostra amica, ci siamo eccitati tutti. Ne abbiamo parlato il giorno dopo”.
“Per me è stato imbarazzante”.
“Anche questo ci ha eccitati molto, il tuo evidente imbarazzo e, nonostante questo, la tua sottomissione e ubbidienza”.
Il disinteresse di Niccolò per il suo stato che, invece, servì per eccitarli, le diede un campanello di allarme che sparì subito, più attratta dal riferimento alla sottomissione. Così quell’imbarazzo
in pubblico, che di fatto aveva creato un netto divario tra lei e gli altri del gruppo di amici, divenne sottomissione e questo le procurò una sorta di piacere, facendole dimenticare gli sguardi della gente che, a questo punto, divennero spettatori delle esigenze del suo corpo.
Non pensò più alla differenza che si era creata tra serva e serviti.
“Ne abbiamo parlato tra noi, e vogliamo che quel gioco continui e si approfondisca. Vogliamo che diventi la schiava del nostro gruppo di amici, quando saremo in privato”.
Silenzio da parte di lei. Era comunque una doccia fredda.
Quel divario tra serva e serviti si sarebbe ampliato sempre più, divenendo un baratro incolmabile. D’altro canto non erano mai stati sullo stesso piano. Lei era entrata nel gruppo col suo corpo e con le esigenze di sottomissione che Niccolò faceva respirare.
In realtà non era la prima volta che quel gruppo di persone potenti condivideva le schiave.
Niccolò da tempo aveva parlato a loro della predisposizione alla sottomissione di Simona e da tempo avevano prospettato la possibilità di averla schiava condivisa.
Anche per questo l’avevano sempre trattata con un leggero distacco che lei imputava alla differenza di età e all’essere introdotta da poco in quell’ambiente. In realtà già la volevano ai loro piedi per essere soddisfatti.
Quella giornata al Golf Club era stata costruita apposta, per testare la giovane donna. All’esito tutti sapevano che avrebbero avuto un nuovo giocattolo per i loro sessi.
“Vuoi condividermi? Pensavo fossi solo tua”.
“Tesoro, noi siamo un gruppo affiatato, lo avrai visto. Ciascuno di noi sta nel gruppo di amici per ciò che è. Tu sei una sottomessa, una schiava e vorremmo che tu stessi con noi per ciò che sei. Vogliamo solo che tu sia te stessa, solo in privato, tra noi. In pubblico sarai sempre
la donna che da mesi mi accompagna e che la gente mi invidia”.
Riusciva sempre a lanciarla in quell’altalena di adrenalina con continui cambi di velocità. Stava scoprendo cose di sé e del suo corpo, delle sue esigenze e desideri di sottomissione.
Avvertiva l’intimità del gruppo e la sua forza. Un nuovo aspetto del dominio e della sottomissione.
Sarebbe stato solo nel privato, dove si consuma la propria intimità.
Fu in quel momento che suo marito venne mandato a schiantarsi nell’auto dei propri desideri iniziali, non controllati e non fondati sulla coppia ma solo sul corpo e sull’eccitazione.
Al momento quanto proposto (ordinato) dal Padrone le sembrava un gioco. Solo tempo dopo, a sue spese, avrebbe scoperto che loro erano un gruppo che condivideva le schiave da anni e che lei non era “nel gioco” ma era “il gioco”.
Nel suo ruolo si sentiva esclusiva, parte di loro perché soddisfaceva quei desideri comuni benché contrastanti. Invece era la schiava del momento, il corpo del momento.
Concordarono la data della sera dedicata al suo debutto quale schiava del gruppo di Niccolò e dei suoi amici. Anzi, i Padroni la concordarono e a lei la comunicarono solamente.
Ormai lei aveva imparato ad essere disponibile a chiamata del Padrone.
Non sapendo come Niccolò l’avrebbe voluta presentare al gruppo di amici nella sua nuova veste di schiava, si preparò di tutto punto, con un vestito eccitante e, come ormai da quasi un anno accadeva, senza intimo.
Non disse niente a Giorgio, nemmeno che non sarebbe rientrata per dormire. Il Padrone non aveva fatto cenno di questo (non lo faceva mai) ma immaginava che i “festeggiamenti” sarebbero proseguiti fino a tardi e che non l’avrebbero lasciata andare presto, tanto più che era sabato sera.
Appena entrata in casa di Niccolò dovette spogliarsi.
Venne mandata a preparare la tavola per i Padroni. Le pietanze erano arrivate da un servizio di catering.
Non si prese certo la briga di chiedere quanti coperti avrebbe dovuto sistemare. Chiese invece la funzione di quella gabbia in sala. Invece della risposta le arrivò uno schiaffo.
“Prepara la tavola senza fare domande, schiava”.
Schiava.
Scoprì che da quella sera il suo nome nel gruppo sarebbe stato “schiava”.
In privato l’avrebbero sempre chiamata così, anche se si trovavano in luoghi pubblici non sentiti da altri.
Una schiava non fa domande, esegue e basta. Lei era una schiava, lo aveva voluto, era una sua pulsione e ci si era adagiata.
Intanto il Padrone era andato a farsi la doccia e a prepararsi. Era molto elegante, come eleganti sarebbero stati gli altri amici (ora suoi Padroni). L’abbigliamento era ricco, ricercato.
Le donne indossavano splendidi gioielli. Lei sarebbe stata nuda, evidenziando maggiormente la differenza di status e di ruolo.
Questo l'avrebbe scoperto dopo. Intanto stava preparando per il divertimento dei Padroni, condannata a preparare lei stessa la scenografia delle sue torture.
Al termine le venne ordinato di entrare nella gabbia, sulla cui porticina notò un lucchetto.
Restò incerta e questo le costò un altro schiaffo ed una presa forte per i capelli da parte di Niccolò.
“Se pensi di fare storie per ogni ordine che questa sera riceverai, hai fatto male i conti, schiava.
Vedi di eseguire tutto e subito, senza tentennamenti, altrimenti per noi il divertimento aumenta, per te non lo so”.
La spinse a terra e con un piede la diresse nella gabbia che chiuse col lucchetto.
Sopra la gabbia c’erano alcuni vassoi con bicchieri ed un paio di bottiglie di prosecco, ancora nel ghiaccio, oltre a stuzzichini tipici di un buon aperitivo che lei stessa aveva predisposto.
Aveva avuto il sospetto (il timore) che la gabbia non fosse solo ornamentale.
Dopodiché il Padrone si mise in poltrona a leggere e ad aspettare l’arrivo degli ospiti, quasi dimenticandosi di lei.
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