Novella boccaccesca
di
Idea Clito
genere
prime esperienze
Di mestiere faccio l’antiquario, ho molti contatti in giro per il paese e viaggio per raggiungerli, acquistando ogni tipo di oggetto che possa rivendere per trarne guadagno.
Qualche mese fa, al nord, ho comprato un secrétaire, l’ho portato nella mia bottega e aprendolo, ho scoperto un cassetto segreto, nel quale ho trovato un vecchio carteggio, risalente probabilmente al tardo medioevo, nel quale una serva e un cavaliere si messaggiavano prendendo appuntamenti e raccontandosi storie erotiche. Ho deciso di riportarlo fedelmente, senza filtro né correzioni.
Buona lettura.
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Dolce fiore, sono sensibile alle dita inzuppate, alle fesse umide ed i culi accoglienti.
E voi dite messera, accogliente lo siete davvero?
Il vostro sesso è ricoperto di riccioli boscosi, oppure è liscio come un prato inglese?
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Oh siii
Mio cavaliere, molto accogliente e bollente son io.
Il mio praticello è più un'aiuola. Bassa vegetazione, morbida al vostro tatto.
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Mia primula, sollazzar con lingua dita e verga su quel praticello morbido vorrei.
Labbra rosee schiuse tra le cosce spalancate.
Come sono messera le vostre colline sormontate da pistilli rosa?
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Che gaudiose e lascive parole, mi piacerebbe molto, non lo nego.
Le mie colline sono, ampie e morbide valli e i pistilli rosei, insolenti al minimo sentire odor di eccitazione, si ergono subito sull'attenti, pronti ad accogliere mani e labbra avide di godimento.
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Colline dite, mia cara messera, immagino il vostro décolleté mentre sparecchiate i tavoli.
Venite dunque, avanzate pure verso la patta dei miei calzoni, sentite quanto questa tumescenza prende vigore al tocco delle vostre dita?
Poi ricambierò assai volentieri scendendo tra le cosce a succhiare il vostro nettare.
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Grazie, siete molto gentil nel porgervi a me con questo linguaggio eccitante.
Si il mio décolleté a volte è d'imbarazzo e arrossire e gonfiar le patte fa.
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Or dunque non esitate, seguitemi sotto le scale, dovremmo trovare un bugigattolo buono per raccogliere i nostri corpi e mischiarli tra loro.
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Oh si, più tardi all'imbrunire.
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Quando la notte sarà completamente buia, vi verrò a raccogliere, nel frattempo vagheremo eccitati, voi bagnata e io tumescente.
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Vi aspetterò fremente, caro messere.
Qualche ora più tardi, attraverso un messo, fa giungere al cavaliere un altro messaggio.
Purtroppo, il mio lavoro alla cena di corte, si è prolungato più del previsto, molti ospiti, il signorone del castello ha invitato a cena e non vorrei togliervi il sonno, aspettandomi fuori al buio e freddo, immagino che voi abbiate il suon del gallo molto presto. Mi dispiace, ma se volete lasciarmi vostre missive, io domani ne prenderò carico, leggendo con ardore e poi vi risponderò, sicuramente.
Dolce riposo a voi.
Sognatemi ancor pria del desio.
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Vi vedo mentre servite i tavoli.
Sono fuori, coperto dal mio mantello di lana e dal cappello di feltro, ma sotto, tra le braghe, ho un calore che brucia.
Aspetterò il vostro segnale per insinuare la mia lingua nella vostra bocca, per saggiare la consistenza delle vostre colline di carne, per pizzicare i pistilli che le sormontano e infilare le dita nella fessura del vostro ardore umido.
In cambio vi offro la mia verga, dura come il legno dei boschi e calda come il fuoco della brace.
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Vi ho visto che mi osservaste fuori al freddo e al buio or ora troverò una scusa per uscir fuori.
Mentre riempivo la brocca alla fontana mi son piegata ed un gran calore ha alzato la mia sottana e mani grandi e sapienti hanno accarezzato la mia luna piena, senza veli alcuni, girai piano il viso ed eravate voi che mi intimavate di far silenzio, mentre vi infilavate sotto la mia gonna e con le vostre labbra morbide succhiavate il nettare dal mio bocciolo rosso e proibito e mi faceste ansimare e urlare fino a portare le vostre labbra a suggellar le mie per farmi silenziare e io nella vostra ugola ho gridato il mio primo piacere intenso.
Mi avete abbracciata, sollevata e portata in un punto del giardino nascosto a occhi indiscreti e là mi avete posseduto, con la vostra verga possente e apertomi il vestito sul petto gonfio e ansimante d'amore, le vostre sapienti mani e labbra, accarezzandomi e baciandomi, han reso turgidi gli steli rosei sulle mie colline prosperose e con colpi sempre più tenaci e poderose sferzate, della vostra verga dentro il mio bocciolo rosso, e ancor e ancor gridai i miei intensi godimenti.
Vi trattenni le mani al mio petto, per cercar di tenervi fermo e poter far arretrar la vostra verga, for dal mio bocciolo rosso e spalancar la via di mezzo della mia luna pallida e indirizzar il piccolo fiore roseo al centro, in virtù della vostra possente verga e voi con sapienti e delicate sferzate a riempir vi dedicaste.
Dentro e fora, di retro e di avanti ancora del tempo lungo ci sollazzammo e appieno ne godemmo, finché anche voi urlaste il vostro piacere intenso, insieme al mio.
----------
Nel frattempo messera le mie mani sono poggiate sui vostri fianchi tondi e accompagnano i colpi che la mia verga v'infligge con solerzia e profondità, fino a battere le palle sulle chiappe nude, mentre con la mano vi solletico la protuberanza del bocciol che avete gonfia.
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Ohhhhh siii!
vi immagino mentre vi appropinquate ad accarezzare la vostra verga dura e grossa e io tutta umida e languida mentre giro tra i signorotti che mi adocchiano le colline prosperose coi pistilli induriti dal vostro fraseggiare amoroso e passionale.
Mi inumidiste il cor ed il corpo insieme
Col sotterfugio sgattaiolar vorrei e correr da voi, ma troppo lontano ora siete, e io sola nel mio giaciglio col vostro pensiero e le mie sole appendici, un poco di godimento mi appresto ad arrivare, pensando solo a voi e alla vostra verga molto godereccia.
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La patta delle braghe ho calato, la verga dura impugnato e immaginando di affondarla nelle vostre bianche chiappe, profanando il bocciolo rosa che sento schiudersi umido al mio passaggio, mentre con le mani tambureggio sui teneri glutei.
Mi fermo e dopo aver leccato via il nettare dalle morbide labbra intime e succhiato il bottoncino posto alla loro sommità, vi bacio con passione e spingo la vostra bocca sul dardo di carne infuocato che vibra tra le mie gambe. Succhiatemelo messera e bevetene la crema.
Pensatemi duro e bagnatevi.
La voglia mi venne messera, difficile soddisfarla come avrei voluto, così vi scrivo ciò che in verità avrei voluto farvi.
Lo immaginate dunque?
Ma volete che ve lo dica a voce e badate che potrebbe essere una sorpresa per voi sentire la mia voce.
Nudi sul letto a baldacchino, tra lenzuola di lino, e cuscini di lana, la vostra bocca succhia avidamente la mia verga, presto indurita e pronta per essere usata come freccia di carne.
Salitemi dunque con le cosce sul volto ispido, che prima di fottervi, voglio leccarvi, bevendo il vostro miele e guardando da vicino la vostra fessa incorniciata da sottili peli neri.
Ora siete pronta per essere impalata, non esitate dunque, lasciate che la mia carne dura incontri la vostra morbida. Cavalcate mia amazzone, mentre i vostri seni dondolano davanti la mia bocca che li afferra e li succhia e le mani sono salde intorno alle chiappe.
Entraste e ed usciste,sulla mia verga,possente e dura fino a quando, vi rovesciai sull'alcova e messavi a pecorina, vi montai nel cul vostro con rinnovato vigore, fino a riempiervi col seme mio bollente,il buio pertugio.
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Una cosa messere è capitata alla cena ieri sera, ho timore a raccontarla ma sincera voglio essere.
Un giovane nipote del mio signore, è venuto a soggiornare per un periodo a casa del suo vecchio zio
Un uomo più giovane di me, occhi cerulei e capelli come il grano maturato al sole, spalle possenti come quelle statue nude, che ammiro quando il mio signore mi porta in sua compagnia, nelle grandi ville di poeti, autori e pittori.
Cerca di farmi assimilare più cultura io possa, mi ha insegnato a leggere perchè non potei far le scole.
Non credevo potessi essere degna dei pensieri di questo bel giovane, ma durante la cena, quando servito l'arrosto fumante a tutti i commensali, lasciando lui per ultimo, in quanto più giovane, lesto come quel felino dispettoso, che mi rubò i pesci che aveo messo in un piatto sul davanzale della cucineria facendolo frantumare a terra.
Allo stesso modo, mentre mi chinavo per miglior riempir di sughi il piatto, infilò la mano sotto le mie gonne e due appendici dentro il mio bocciolo rosso che umido trovò, a causa del fraseggio passionale che voi mi dedicaste.
Le estrasse, facendomi veder ammiccando, quanto le sue dita colassero del mio succo umoreo, prima d’infilarle nella sua bocca rossa e umida.
Guardandomi con lascivia, tutte le lecco, col suo verme rosso che danzava fora e dentro le labbra, sbavando.
Dicendomi: "dolce signorina il sugo del vostro arrosto è delizioso e credo che carne più tenera mai il mio palato assaggiò.”
Io arrossita in maniera esagerata, anche perché tutti i commensali lesti verso di me giraron gli occhi, guardai il piatto dove lui non aveva ancora addentato neanche un boccone
"Mio caro nipote, in questo periodo nel qual soggiornar potrai nella mia casa, tanti deliziosi manicaretti assaggerai.”
"Ne sono fermamente convinto, caro zio.”
Così dicendo mi guardò con manifesta passione liquida nei suoi occhi tanto belli.
Quando gli ospiti furono congedati il signore mi fece chiamare, mesta di turbamenti, pensando di aver sbaglio in qualcosa, mi avvicinai.
"Cos'è questo viso triste?”
"Ho paura di aver commesso sbagli senza accorgermi?”
"No cara ragazza, tu sei sempre perfetta. Volevo ragguagliarti su mio nipote, che resterà un po' con noi, per trovare ispirazione, per le varie arti dalla scrittura, poesia e pittura. Ancor non sa bene qual è la strada sua. Mi stava prospettando di guadagnar qualche danaro, per non stare al mio giogo e la sera, vorrebbe dividere la tua fatica nel rassettare cucina e sala. Gl’insegnerai l'arte del pulito e lui ti darà un po' della sua sapienza nelle arti e scienze, che tu ambisci molto a scoprir e farne tesoro. Cosa mi rispondi?"
"Sarebbe un onore, ma non so se sia adeguato che un vostro pari faccia umili lavori.”
"Mia cara, gli umili lavori innalzano lo spirito e ci rendono più consapevoli dei fatti del mondo.”
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Messera, mi state dicendo che ieri sera, mentre io attendevo un vostro cenno, un vostro messaggio, qualcuno ha messo le mani là dove solo le mie dovrebbero essere e sfruttando il piacere che le mie parole vi avevano dato, si è leccato il mio nettare. Scommetto che a breve vi mostrerà il suo baccello e voi lo sbuccerete strofinandovelo ovunque. Mentre è solo la mia di fava, che dovreste succhiare e dalla quale farvi montare.
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"Ora tornate pure in cucina a desinare e riposarvi, intanto che col nipote mio ingolliamo un altro po' di liquore, prima di lasciarlo alle faccende.”
"Come, non avete ancora desinato? Zio siete crudele lasciar tutta la sera una così laboriosa fanciulla a dimora.”
"Non preoccupatevi, son abituata e ogni tanto spizzico qualcosa, ora vi lascio soli.”
Dicendo codeste cose, gli occhi del ragazzo negli occhi miei mi lanciavano saette di passione per la serata che s'apprestavamo a passar tra le pulizie.
Dalla cucina, tendendo l’orecchio udii queste precise parole.
"Dunque nipote mio, mi raccomando a te, non pensar neanche per ischerzo di far soffrire quella fanciulla, o avrai una punizione come un qualunque servo.”
"Ma zio! Come potete pensare che io possa far soffrire una così bella donna. Semmai godere e divertir la farei.”
"Attento! Quella fanciulla ha sofferto tanto, ora ha un buon posto, è vogliosa d’ apprendere e imparare, dallo scritto al far di conto. Apprezza l'arte e la poesia, è ancora inesperta, ma molto volenterosa e ingorda d'imparare.”
"Ingorda di scoprire anche nuove amicizie non credete zio?”
Passato che fu il tempo suo, lo zio ci donò la buonanotte ritirandosi nella sua stanza
Cominciammo a rassettare i tavoli, pulire il pavimento e tutto quello che in cucina avevam da ripulir.
Quando affaccendata al lavatoio, da dietro mi sentii abbracciar e la gonna alzare.
"Cosa fate siete ammattito? Dissi bisbigliando.
"Si pazzo di voi! Da quando a cena ho saggiato il vostro nettare d'amore, non penso ad altro che al culo vostro.
Mi prese una mano poggiandola sulla patta gonfia, continuando ad infilarsi sotto la gonna, carezzar le cosce lisce e su, su, fin sotto la cotonina delle braghe, scoprendola sempre fradicia d'umori, le sue appendici inserì.
Quando furon zuppe, l'estrasse e me ne fece ossequi davanti agli occhi. “Quanti umori colano dalla vostra rosa morbida, avete anche voi la medesima voglia mia.”
Disse mettendosi le dita in bocca e suggendone il dolce nettare. Prendendomi la mano la portò nelle sue braghe, per farmi sentir quanto indurita avea la possente verga.
Fui presa dalla lascivia, mi chinai e nella bocca accolsi quella magnificenza.
Si sollevò lasciandomi a bocca asciutta, facendomi girar china sul lavatoio, in un sol colpo mi tolse le brachette e immerse la lingua nel fiore morbido e succoso da farmi gridare da tanto godimento, poi la verga tolse il posto all’appendice, facendomi gemere e gridare. Uscì la verga per potermi sollevare e portatomi alla tavola, con la schiena poggiata e le gambe piegate sulle spalle, mi riempì davanti, nel fiore umido e anche nell’orlo scuro della mia luna piena, gridando e ansimando tutta la notte godemmo appieno.
Caro messere mio, ho sentito la forte necessità di non mentirvi e vi ho scritto quel che è successo ier notte col nipote del signore mio.
Voi lo sapevate che ancor non son fatta per una verga solamente, tante ne vorrei saggiare, anche la vostra ancora anelo, che così tanto godimento mi donò.
Spero che la mia sincerità non v’indisponga e ancor ci ameremo.
Doman l'altro il mio signore mi porterà in città per un incontro con gente suoi pari, io mi farò concedere delle ore per far ozio nelle bancarelle, se voi ci sarete conosco un posto segreto per godere di noi e amarci ancor.
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Non immaginavo che la vostra fessa e gli altri vostri pertugi avessero così bisogno di essere riempiti, altrimenti avrei provveduto in qualche modo. Pensavo foste solo mia e non dovessi dividervi con altri uomini. Cercherò di non pensare a quello che mi avete raccontato, stanotte sotto il mio mantello, nel giaciglio di paglia che ho rimediato, godrò in solitudine, raccogliendo in una mano il seme della passione, caldo e denso. Sarò in città per seguirvi, ovunque vogliate portarmi messera, certo che potrò infilzarvi con la mia fava.
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Il mio signore stasera non avea ospiti e si è già ritirato nelle sue stanze, il nipote suo è fora con gli amici e io aspetterei una vostra gaia visita. Non vi mento, anche stasera il giovane nipote mentre servivo il desco, con mano lesta sotto la gonna, mi accarezzò e le sue appendici nel mio fiore rosso indugiò a lungo, lo zio stanco non s'accorse di queste intimità che tanto mi han fatto godere.
E oggi alle bancarelle mentre v'aspettavo invano, mi chinai per ammirare dei manufatti e un baldo giovine mi infilò le sue forti appendici sotto la gonna e dentro la cotonina bianca delle mie braghette, io di sottecchi lo vidi e feci finta di niente, era bravo, al godere in poco mi portò, poi mi alzai piano e lui si era scostato dietro un pertugio di un palazzo e io piena di lascivia lo seguì e della sua grossa verga godei assai.
Spero perdonerete questa mia leziosità.
Scusate ancor se ier al nostro incontro non vi raccontai di questo baldo giovine.
Il nostro incontro romantico e delicato, fu' mentre al banco mio preferito mi attardavo.
"Ma una così bella giovine dovrebbe oziare al banco d’oro e gioielli, non qui tra libri impolverati e vecchi quaderni."
"Oh ma per me libri, quaderni e inchiostro, son più preziosi dei gioielli, mi arricchiscono l'anima e la mente. "
"Una gran pila vedo, mi fate l'onore di portarveli ovunque siate diretta?"
E vi siete anche prodigato a pagar per me, un gran regalo, perché io di tutti non avrei potuto far acquisto.
C'incamminammo alla dimora vostra, io fino all'ora del desinare di sera potevo restar fora, prima di tornar alla casa dove ospite era il mio signore.
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Serberò sempre un indelebile ricordo del tempo che trascorremmo insieme.
Entrati nella mia piccola dimora, dove sovrano è il disordine, tra libri e vestiti, trovai appena il tempo per poggiare i vostri tesori di carta, prima di precipitare insieme a voi su un divanetto piccolo e scomodo, sul quale vi baciai con crescente passione, mentre le mani di entrambi cercavano il corpo dell’altro, tra le stoffe spesse. I primi centimetri di pelle li guadagnai alzando la gonna a campana, riuscendo a infilare le mani dentro la biancheria vostra.
Umida vi trovai, come immaginavo e accogliente. Il solletico del vostro bosco sulle dita, mentre risalivano la vostra riga verticale.
Oscenamente spalancate, le gambe finirono con l’avvolgermi, e afferraste la verga già dura come il legno, nella foga strappai il corpetto, raggiungendo i seni tondi e dai capezzoli sporgenti.
Li succhiai come fa un vitello con quelli della vacca. I gemiti si alzarono alti verso l’alto soffitto, fui costretto a sollevarmi e tapparvi la bocca col mio sesso, prima che qualcuno ci sentisse fornicare.
Da come cominciaste a leccare, mi sembrò che gradiste molto.
Lasciai che ve lo godeste, poi, quando la punta lucida vibrava di virilità, vi feci girare carponi, aggrappandovi alla spalliera del divano, portaste aventi il deretano bianco e liscio, offrendomelo. Strofinai la cappella all’imbocco della fessura colante, usandola per lubrificare la punta del dardo, che affondai nel buco del culo invitante e accogliente. Fottendolo come da tempo avrei voluto, accecato dal ricordo dei vostri racconti, lo spinsi in fondo, aggrappandomi ai fianchi generosi e godendo insieme del piacere che eruttai nelle calde viscere.
Poi ricaddi su di voi, addormentandomi.
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Giorni lieti e molto gaudenti ho vissuto con voi,ma vi scrivo or triste sorte per l’amor nostro
Il mio signore, deve lasciare lesto il paese e io con lui,appena a dimora nuova saremo,notizie certo vi farò recapitare
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Purtroppo non ho trovato altre lettere,non sapremo mai se si incontrarono ancora
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Giorni nostri
È un sabato di primavera, per le vie del piccolo paese è stato allestito un mercato coi prodotti migliori del luogo.
Da rigattiere, ho sistemato all’esterno del mio negozio i cimeli più piccoli, lasciando libero accesso ai mobili più grandi, rimasti all’interno.
Le vie sono addobbate con i colori rionali delle contrade. Si sente la musica dei banchi di dischi antichi e le musicassette, il profumo del cibo fritto.
La gente è riversata tra i vicoli. Voci di bambini festanti, coppie d’innamorati, persone solitarie che in mezzo al trambusto cercano qualcosa d’importante e unico da portare a casa.
Sono seduto dietro il mio banco, leggendo, distratto da tutto quel vociare.
Non sono abituato, il mio negozio è sempre molto silenzioso.
Mentre una vecchina mi chiede informazioni sui prezzi, con la coda dell’occhio vedo una splendida ragazza, sono diversi giorni che entra nel mio negozio, osservando curiosa, soprattutto il secrétaire dove ho trovato le lettere dei due amanti, ma non mi chiede né il suo prezzo, né quello di altri oggetti.
A volte l’ho sorpresa a fissarmi, senza aggiungere nulla al semplice saluto, anche oggi evita il banco per entrare direttamente in negozio.
Finito con l'anziana signora la seguo per darle assistenza, sta di nuovo guardando il secrétaire.
Ha aperto tutti i cassetti, ammirandone l’indubbia bellezza, sembra proprio che le piaccia molto.
Si accorge di me, si gira mostrandomi due fogli ingialliti, sono due ritratti a carboncino, un uomo e una donna.
La guardo stupito, senza capire, lei mi fissa con occhi sognanti, da innamorata dicendomi: “Somigliano a noi”.
Poi avvicina i ritratti ai nostri volti, il suo profumo mi confonde, le bacio delicatamente i capelli, ma lei si volta e posa le labbra sulle mie, cercando la mia lingua.
Fin
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Ringrazio MrGwyn per aver scritto con me questo racconto,cioè io l'ho scritto
insieme a lui
GRAZIE MrGwyn
Qualche mese fa, al nord, ho comprato un secrétaire, l’ho portato nella mia bottega e aprendolo, ho scoperto un cassetto segreto, nel quale ho trovato un vecchio carteggio, risalente probabilmente al tardo medioevo, nel quale una serva e un cavaliere si messaggiavano prendendo appuntamenti e raccontandosi storie erotiche. Ho deciso di riportarlo fedelmente, senza filtro né correzioni.
Buona lettura.
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Dolce fiore, sono sensibile alle dita inzuppate, alle fesse umide ed i culi accoglienti.
E voi dite messera, accogliente lo siete davvero?
Il vostro sesso è ricoperto di riccioli boscosi, oppure è liscio come un prato inglese?
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Oh siii
Mio cavaliere, molto accogliente e bollente son io.
Il mio praticello è più un'aiuola. Bassa vegetazione, morbida al vostro tatto.
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Mia primula, sollazzar con lingua dita e verga su quel praticello morbido vorrei.
Labbra rosee schiuse tra le cosce spalancate.
Come sono messera le vostre colline sormontate da pistilli rosa?
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Che gaudiose e lascive parole, mi piacerebbe molto, non lo nego.
Le mie colline sono, ampie e morbide valli e i pistilli rosei, insolenti al minimo sentire odor di eccitazione, si ergono subito sull'attenti, pronti ad accogliere mani e labbra avide di godimento.
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Colline dite, mia cara messera, immagino il vostro décolleté mentre sparecchiate i tavoli.
Venite dunque, avanzate pure verso la patta dei miei calzoni, sentite quanto questa tumescenza prende vigore al tocco delle vostre dita?
Poi ricambierò assai volentieri scendendo tra le cosce a succhiare il vostro nettare.
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Grazie, siete molto gentil nel porgervi a me con questo linguaggio eccitante.
Si il mio décolleté a volte è d'imbarazzo e arrossire e gonfiar le patte fa.
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Or dunque non esitate, seguitemi sotto le scale, dovremmo trovare un bugigattolo buono per raccogliere i nostri corpi e mischiarli tra loro.
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Oh si, più tardi all'imbrunire.
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Quando la notte sarà completamente buia, vi verrò a raccogliere, nel frattempo vagheremo eccitati, voi bagnata e io tumescente.
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Vi aspetterò fremente, caro messere.
Qualche ora più tardi, attraverso un messo, fa giungere al cavaliere un altro messaggio.
Purtroppo, il mio lavoro alla cena di corte, si è prolungato più del previsto, molti ospiti, il signorone del castello ha invitato a cena e non vorrei togliervi il sonno, aspettandomi fuori al buio e freddo, immagino che voi abbiate il suon del gallo molto presto. Mi dispiace, ma se volete lasciarmi vostre missive, io domani ne prenderò carico, leggendo con ardore e poi vi risponderò, sicuramente.
Dolce riposo a voi.
Sognatemi ancor pria del desio.
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Vi vedo mentre servite i tavoli.
Sono fuori, coperto dal mio mantello di lana e dal cappello di feltro, ma sotto, tra le braghe, ho un calore che brucia.
Aspetterò il vostro segnale per insinuare la mia lingua nella vostra bocca, per saggiare la consistenza delle vostre colline di carne, per pizzicare i pistilli che le sormontano e infilare le dita nella fessura del vostro ardore umido.
In cambio vi offro la mia verga, dura come il legno dei boschi e calda come il fuoco della brace.
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Vi ho visto che mi osservaste fuori al freddo e al buio or ora troverò una scusa per uscir fuori.
Mentre riempivo la brocca alla fontana mi son piegata ed un gran calore ha alzato la mia sottana e mani grandi e sapienti hanno accarezzato la mia luna piena, senza veli alcuni, girai piano il viso ed eravate voi che mi intimavate di far silenzio, mentre vi infilavate sotto la mia gonna e con le vostre labbra morbide succhiavate il nettare dal mio bocciolo rosso e proibito e mi faceste ansimare e urlare fino a portare le vostre labbra a suggellar le mie per farmi silenziare e io nella vostra ugola ho gridato il mio primo piacere intenso.
Mi avete abbracciata, sollevata e portata in un punto del giardino nascosto a occhi indiscreti e là mi avete posseduto, con la vostra verga possente e apertomi il vestito sul petto gonfio e ansimante d'amore, le vostre sapienti mani e labbra, accarezzandomi e baciandomi, han reso turgidi gli steli rosei sulle mie colline prosperose e con colpi sempre più tenaci e poderose sferzate, della vostra verga dentro il mio bocciolo rosso, e ancor e ancor gridai i miei intensi godimenti.
Vi trattenni le mani al mio petto, per cercar di tenervi fermo e poter far arretrar la vostra verga, for dal mio bocciolo rosso e spalancar la via di mezzo della mia luna pallida e indirizzar il piccolo fiore roseo al centro, in virtù della vostra possente verga e voi con sapienti e delicate sferzate a riempir vi dedicaste.
Dentro e fora, di retro e di avanti ancora del tempo lungo ci sollazzammo e appieno ne godemmo, finché anche voi urlaste il vostro piacere intenso, insieme al mio.
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Nel frattempo messera le mie mani sono poggiate sui vostri fianchi tondi e accompagnano i colpi che la mia verga v'infligge con solerzia e profondità, fino a battere le palle sulle chiappe nude, mentre con la mano vi solletico la protuberanza del bocciol che avete gonfia.
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Ohhhhh siii!
vi immagino mentre vi appropinquate ad accarezzare la vostra verga dura e grossa e io tutta umida e languida mentre giro tra i signorotti che mi adocchiano le colline prosperose coi pistilli induriti dal vostro fraseggiare amoroso e passionale.
Mi inumidiste il cor ed il corpo insieme
Col sotterfugio sgattaiolar vorrei e correr da voi, ma troppo lontano ora siete, e io sola nel mio giaciglio col vostro pensiero e le mie sole appendici, un poco di godimento mi appresto ad arrivare, pensando solo a voi e alla vostra verga molto godereccia.
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La patta delle braghe ho calato, la verga dura impugnato e immaginando di affondarla nelle vostre bianche chiappe, profanando il bocciolo rosa che sento schiudersi umido al mio passaggio, mentre con le mani tambureggio sui teneri glutei.
Mi fermo e dopo aver leccato via il nettare dalle morbide labbra intime e succhiato il bottoncino posto alla loro sommità, vi bacio con passione e spingo la vostra bocca sul dardo di carne infuocato che vibra tra le mie gambe. Succhiatemelo messera e bevetene la crema.
Pensatemi duro e bagnatevi.
La voglia mi venne messera, difficile soddisfarla come avrei voluto, così vi scrivo ciò che in verità avrei voluto farvi.
Lo immaginate dunque?
Ma volete che ve lo dica a voce e badate che potrebbe essere una sorpresa per voi sentire la mia voce.
Nudi sul letto a baldacchino, tra lenzuola di lino, e cuscini di lana, la vostra bocca succhia avidamente la mia verga, presto indurita e pronta per essere usata come freccia di carne.
Salitemi dunque con le cosce sul volto ispido, che prima di fottervi, voglio leccarvi, bevendo il vostro miele e guardando da vicino la vostra fessa incorniciata da sottili peli neri.
Ora siete pronta per essere impalata, non esitate dunque, lasciate che la mia carne dura incontri la vostra morbida. Cavalcate mia amazzone, mentre i vostri seni dondolano davanti la mia bocca che li afferra e li succhia e le mani sono salde intorno alle chiappe.
Entraste e ed usciste,sulla mia verga,possente e dura fino a quando, vi rovesciai sull'alcova e messavi a pecorina, vi montai nel cul vostro con rinnovato vigore, fino a riempiervi col seme mio bollente,il buio pertugio.
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Una cosa messere è capitata alla cena ieri sera, ho timore a raccontarla ma sincera voglio essere.
Un giovane nipote del mio signore, è venuto a soggiornare per un periodo a casa del suo vecchio zio
Un uomo più giovane di me, occhi cerulei e capelli come il grano maturato al sole, spalle possenti come quelle statue nude, che ammiro quando il mio signore mi porta in sua compagnia, nelle grandi ville di poeti, autori e pittori.
Cerca di farmi assimilare più cultura io possa, mi ha insegnato a leggere perchè non potei far le scole.
Non credevo potessi essere degna dei pensieri di questo bel giovane, ma durante la cena, quando servito l'arrosto fumante a tutti i commensali, lasciando lui per ultimo, in quanto più giovane, lesto come quel felino dispettoso, che mi rubò i pesci che aveo messo in un piatto sul davanzale della cucineria facendolo frantumare a terra.
Allo stesso modo, mentre mi chinavo per miglior riempir di sughi il piatto, infilò la mano sotto le mie gonne e due appendici dentro il mio bocciolo rosso che umido trovò, a causa del fraseggio passionale che voi mi dedicaste.
Le estrasse, facendomi veder ammiccando, quanto le sue dita colassero del mio succo umoreo, prima d’infilarle nella sua bocca rossa e umida.
Guardandomi con lascivia, tutte le lecco, col suo verme rosso che danzava fora e dentro le labbra, sbavando.
Dicendomi: "dolce signorina il sugo del vostro arrosto è delizioso e credo che carne più tenera mai il mio palato assaggiò.”
Io arrossita in maniera esagerata, anche perché tutti i commensali lesti verso di me giraron gli occhi, guardai il piatto dove lui non aveva ancora addentato neanche un boccone
"Mio caro nipote, in questo periodo nel qual soggiornar potrai nella mia casa, tanti deliziosi manicaretti assaggerai.”
"Ne sono fermamente convinto, caro zio.”
Così dicendo mi guardò con manifesta passione liquida nei suoi occhi tanto belli.
Quando gli ospiti furono congedati il signore mi fece chiamare, mesta di turbamenti, pensando di aver sbaglio in qualcosa, mi avvicinai.
"Cos'è questo viso triste?”
"Ho paura di aver commesso sbagli senza accorgermi?”
"No cara ragazza, tu sei sempre perfetta. Volevo ragguagliarti su mio nipote, che resterà un po' con noi, per trovare ispirazione, per le varie arti dalla scrittura, poesia e pittura. Ancor non sa bene qual è la strada sua. Mi stava prospettando di guadagnar qualche danaro, per non stare al mio giogo e la sera, vorrebbe dividere la tua fatica nel rassettare cucina e sala. Gl’insegnerai l'arte del pulito e lui ti darà un po' della sua sapienza nelle arti e scienze, che tu ambisci molto a scoprir e farne tesoro. Cosa mi rispondi?"
"Sarebbe un onore, ma non so se sia adeguato che un vostro pari faccia umili lavori.”
"Mia cara, gli umili lavori innalzano lo spirito e ci rendono più consapevoli dei fatti del mondo.”
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Messera, mi state dicendo che ieri sera, mentre io attendevo un vostro cenno, un vostro messaggio, qualcuno ha messo le mani là dove solo le mie dovrebbero essere e sfruttando il piacere che le mie parole vi avevano dato, si è leccato il mio nettare. Scommetto che a breve vi mostrerà il suo baccello e voi lo sbuccerete strofinandovelo ovunque. Mentre è solo la mia di fava, che dovreste succhiare e dalla quale farvi montare.
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"Ora tornate pure in cucina a desinare e riposarvi, intanto che col nipote mio ingolliamo un altro po' di liquore, prima di lasciarlo alle faccende.”
"Come, non avete ancora desinato? Zio siete crudele lasciar tutta la sera una così laboriosa fanciulla a dimora.”
"Non preoccupatevi, son abituata e ogni tanto spizzico qualcosa, ora vi lascio soli.”
Dicendo codeste cose, gli occhi del ragazzo negli occhi miei mi lanciavano saette di passione per la serata che s'apprestavamo a passar tra le pulizie.
Dalla cucina, tendendo l’orecchio udii queste precise parole.
"Dunque nipote mio, mi raccomando a te, non pensar neanche per ischerzo di far soffrire quella fanciulla, o avrai una punizione come un qualunque servo.”
"Ma zio! Come potete pensare che io possa far soffrire una così bella donna. Semmai godere e divertir la farei.”
"Attento! Quella fanciulla ha sofferto tanto, ora ha un buon posto, è vogliosa d’ apprendere e imparare, dallo scritto al far di conto. Apprezza l'arte e la poesia, è ancora inesperta, ma molto volenterosa e ingorda d'imparare.”
"Ingorda di scoprire anche nuove amicizie non credete zio?”
Passato che fu il tempo suo, lo zio ci donò la buonanotte ritirandosi nella sua stanza
Cominciammo a rassettare i tavoli, pulire il pavimento e tutto quello che in cucina avevam da ripulir.
Quando affaccendata al lavatoio, da dietro mi sentii abbracciar e la gonna alzare.
"Cosa fate siete ammattito? Dissi bisbigliando.
"Si pazzo di voi! Da quando a cena ho saggiato il vostro nettare d'amore, non penso ad altro che al culo vostro.
Mi prese una mano poggiandola sulla patta gonfia, continuando ad infilarsi sotto la gonna, carezzar le cosce lisce e su, su, fin sotto la cotonina delle braghe, scoprendola sempre fradicia d'umori, le sue appendici inserì.
Quando furon zuppe, l'estrasse e me ne fece ossequi davanti agli occhi. “Quanti umori colano dalla vostra rosa morbida, avete anche voi la medesima voglia mia.”
Disse mettendosi le dita in bocca e suggendone il dolce nettare. Prendendomi la mano la portò nelle sue braghe, per farmi sentir quanto indurita avea la possente verga.
Fui presa dalla lascivia, mi chinai e nella bocca accolsi quella magnificenza.
Si sollevò lasciandomi a bocca asciutta, facendomi girar china sul lavatoio, in un sol colpo mi tolse le brachette e immerse la lingua nel fiore morbido e succoso da farmi gridare da tanto godimento, poi la verga tolse il posto all’appendice, facendomi gemere e gridare. Uscì la verga per potermi sollevare e portatomi alla tavola, con la schiena poggiata e le gambe piegate sulle spalle, mi riempì davanti, nel fiore umido e anche nell’orlo scuro della mia luna piena, gridando e ansimando tutta la notte godemmo appieno.
Caro messere mio, ho sentito la forte necessità di non mentirvi e vi ho scritto quel che è successo ier notte col nipote del signore mio.
Voi lo sapevate che ancor non son fatta per una verga solamente, tante ne vorrei saggiare, anche la vostra ancora anelo, che così tanto godimento mi donò.
Spero che la mia sincerità non v’indisponga e ancor ci ameremo.
Doman l'altro il mio signore mi porterà in città per un incontro con gente suoi pari, io mi farò concedere delle ore per far ozio nelle bancarelle, se voi ci sarete conosco un posto segreto per godere di noi e amarci ancor.
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Non immaginavo che la vostra fessa e gli altri vostri pertugi avessero così bisogno di essere riempiti, altrimenti avrei provveduto in qualche modo. Pensavo foste solo mia e non dovessi dividervi con altri uomini. Cercherò di non pensare a quello che mi avete raccontato, stanotte sotto il mio mantello, nel giaciglio di paglia che ho rimediato, godrò in solitudine, raccogliendo in una mano il seme della passione, caldo e denso. Sarò in città per seguirvi, ovunque vogliate portarmi messera, certo che potrò infilzarvi con la mia fava.
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Il mio signore stasera non avea ospiti e si è già ritirato nelle sue stanze, il nipote suo è fora con gli amici e io aspetterei una vostra gaia visita. Non vi mento, anche stasera il giovane nipote mentre servivo il desco, con mano lesta sotto la gonna, mi accarezzò e le sue appendici nel mio fiore rosso indugiò a lungo, lo zio stanco non s'accorse di queste intimità che tanto mi han fatto godere.
E oggi alle bancarelle mentre v'aspettavo invano, mi chinai per ammirare dei manufatti e un baldo giovine mi infilò le sue forti appendici sotto la gonna e dentro la cotonina bianca delle mie braghette, io di sottecchi lo vidi e feci finta di niente, era bravo, al godere in poco mi portò, poi mi alzai piano e lui si era scostato dietro un pertugio di un palazzo e io piena di lascivia lo seguì e della sua grossa verga godei assai.
Spero perdonerete questa mia leziosità.
Scusate ancor se ier al nostro incontro non vi raccontai di questo baldo giovine.
Il nostro incontro romantico e delicato, fu' mentre al banco mio preferito mi attardavo.
"Ma una così bella giovine dovrebbe oziare al banco d’oro e gioielli, non qui tra libri impolverati e vecchi quaderni."
"Oh ma per me libri, quaderni e inchiostro, son più preziosi dei gioielli, mi arricchiscono l'anima e la mente. "
"Una gran pila vedo, mi fate l'onore di portarveli ovunque siate diretta?"
E vi siete anche prodigato a pagar per me, un gran regalo, perché io di tutti non avrei potuto far acquisto.
C'incamminammo alla dimora vostra, io fino all'ora del desinare di sera potevo restar fora, prima di tornar alla casa dove ospite era il mio signore.
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Serberò sempre un indelebile ricordo del tempo che trascorremmo insieme.
Entrati nella mia piccola dimora, dove sovrano è il disordine, tra libri e vestiti, trovai appena il tempo per poggiare i vostri tesori di carta, prima di precipitare insieme a voi su un divanetto piccolo e scomodo, sul quale vi baciai con crescente passione, mentre le mani di entrambi cercavano il corpo dell’altro, tra le stoffe spesse. I primi centimetri di pelle li guadagnai alzando la gonna a campana, riuscendo a infilare le mani dentro la biancheria vostra.
Umida vi trovai, come immaginavo e accogliente. Il solletico del vostro bosco sulle dita, mentre risalivano la vostra riga verticale.
Oscenamente spalancate, le gambe finirono con l’avvolgermi, e afferraste la verga già dura come il legno, nella foga strappai il corpetto, raggiungendo i seni tondi e dai capezzoli sporgenti.
Li succhiai come fa un vitello con quelli della vacca. I gemiti si alzarono alti verso l’alto soffitto, fui costretto a sollevarmi e tapparvi la bocca col mio sesso, prima che qualcuno ci sentisse fornicare.
Da come cominciaste a leccare, mi sembrò che gradiste molto.
Lasciai che ve lo godeste, poi, quando la punta lucida vibrava di virilità, vi feci girare carponi, aggrappandovi alla spalliera del divano, portaste aventi il deretano bianco e liscio, offrendomelo. Strofinai la cappella all’imbocco della fessura colante, usandola per lubrificare la punta del dardo, che affondai nel buco del culo invitante e accogliente. Fottendolo come da tempo avrei voluto, accecato dal ricordo dei vostri racconti, lo spinsi in fondo, aggrappandomi ai fianchi generosi e godendo insieme del piacere che eruttai nelle calde viscere.
Poi ricaddi su di voi, addormentandomi.
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Giorni lieti e molto gaudenti ho vissuto con voi,ma vi scrivo or triste sorte per l’amor nostro
Il mio signore, deve lasciare lesto il paese e io con lui,appena a dimora nuova saremo,notizie certo vi farò recapitare
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Purtroppo non ho trovato altre lettere,non sapremo mai se si incontrarono ancora
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Giorni nostri
È un sabato di primavera, per le vie del piccolo paese è stato allestito un mercato coi prodotti migliori del luogo.
Da rigattiere, ho sistemato all’esterno del mio negozio i cimeli più piccoli, lasciando libero accesso ai mobili più grandi, rimasti all’interno.
Le vie sono addobbate con i colori rionali delle contrade. Si sente la musica dei banchi di dischi antichi e le musicassette, il profumo del cibo fritto.
La gente è riversata tra i vicoli. Voci di bambini festanti, coppie d’innamorati, persone solitarie che in mezzo al trambusto cercano qualcosa d’importante e unico da portare a casa.
Sono seduto dietro il mio banco, leggendo, distratto da tutto quel vociare.
Non sono abituato, il mio negozio è sempre molto silenzioso.
Mentre una vecchina mi chiede informazioni sui prezzi, con la coda dell’occhio vedo una splendida ragazza, sono diversi giorni che entra nel mio negozio, osservando curiosa, soprattutto il secrétaire dove ho trovato le lettere dei due amanti, ma non mi chiede né il suo prezzo, né quello di altri oggetti.
A volte l’ho sorpresa a fissarmi, senza aggiungere nulla al semplice saluto, anche oggi evita il banco per entrare direttamente in negozio.
Finito con l'anziana signora la seguo per darle assistenza, sta di nuovo guardando il secrétaire.
Ha aperto tutti i cassetti, ammirandone l’indubbia bellezza, sembra proprio che le piaccia molto.
Si accorge di me, si gira mostrandomi due fogli ingialliti, sono due ritratti a carboncino, un uomo e una donna.
La guardo stupito, senza capire, lei mi fissa con occhi sognanti, da innamorata dicendomi: “Somigliano a noi”.
Poi avvicina i ritratti ai nostri volti, il suo profumo mi confonde, le bacio delicatamente i capelli, ma lei si volta e posa le labbra sulle mie, cercando la mia lingua.
Fin
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Ringrazio MrGwyn per aver scritto con me questo racconto,cioè io l'ho scritto
insieme a lui
GRAZIE MrGwyn
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