Donna Rebecca. II parte.

di
genere
etero

Il fatto di abitare in un condominio tutto sommato piccolo e, per di più, ubicato in un piccolo centro, aveva reso, per me, necessario, usufruire dell'"amicizia" di Donna Rebecca con la più totale circospezione.
Infatti, per una decina di giorni, mi ero astenuto dal farle visita, limitandomi ai più cordiali saluti in caso di incontro.
Fu un giovedì mattina che la incrociai nell'androncino di ingresso alla nostra scala.
Indossava un prendisole giallo, moderatamente traforato, sotto il quale si intuiva, tranquillamente, il "famoso" bikini carioca nero.
Ai suoi piedi, un paio di zoccoli da mare in legno, dal tacco alquanto pronunciato.
- I miei rispetti, Donna Rebecca, dove sta andando di bello?
- Vorrei andare al mercatino e poi al mare ma... - e qui abbassò la voce - potrei trovare qualcosa di meglio da fare...non vorresti salire?
- Perché no - risposi, ed entrammo in ascensore.
Trovo, a questo punto, necessario informare il lettore di quanto segue: sul pianerottolo del quarto piano, si apriva, e si apre tuttora, solo ed esclusivamente la porta dell'appartamento di Donna Rebecca, essendo questo il più grande della scala.
Appena avviato l'ascensore le dissi:
- Dai, spogliati completamente...
Lei obbedì e, giunti a destinazione, uscì sul pianerottolo, tutta nuda, avendomi dato da reggere gli abiti.
Aprì la porta e mi disse, a bassa voce:
- Vai in camera da letto, spogliati e mettiti sul letto.
Così feci.
Dopo qualche minuto, Donna Rebecca entrò. Pur continuando a rimanere completamente nuda, si era
rifatta il trucco ed aveva indossato un paio di sandali con l'ortopedico rivestito di corda ed i cui legacci, color crema, le arrivavano a metà delle gambe. Inoltre, aveva posto, intorno alla sua vita, una cintura metallica a rombi intervallati da brevi catenine. Detta cintura, dopo la chiusura, continuava con una ulteriore catenina metallica, lunga una quindicina di centimetri, e terminante con una sferetta che arrivava... proprio lì.
Tutta la "mise" conferiva, a Donna Rebecca, l'aspetto di una regina, ed, infatti, le dissi:
- Sembri una Regina delle Amazzoni che stia per concedersi al suo favorito...
- Si, oggi voglio essere la tua Regina Amazzone...e tu sarai il mio schiavo, addetto a darmi piacere...
Confesso, che quelle parole mi riuscirono inquietanti; ma ci fu qualche altra cosa, che mi risultò di gran lunga più inquietante: nella mano destra, aveva un "godemichet" di plastica trasparente semirigida; lo teneva nel lato interno dell'avambraccio, quasi a volerlo nascondere.
Non appena lo vidi, esclamai:
- Oooh! Finalmente hai trovato il coraggio di entrare in un sexy shop...
- L'ho comprato in novembre, a Parigi, al riparo da sguardi indiscreti...
Il Lettore deve essere, a questo punto, informato del fatto che, Donna Rebecca era, ed è tutt'ora, un'appassionata viaggiatrice e può vantarsi di aver visitato pressoché tutta l' Europa.
Si sdraiò sul letto ed io l'abbracciai con forza, baciandole le labbra alla francese. Poi, passai al resto del corpo: dal collo, al seno, al ventre tonico...ed oltre.
Quando giunsi alla zona pubica, in parte depilata, le dissi:
- Hai il corpo di una dea...ed una dea deve essere adorata...
E fu così che le allargai, dolcemente, le grandi labbra, i rosei petali di quel "fiore di carne" che sboccia nel corpo di ogni donna, e tuffai la lingua sul clitoride.
Donna Rebecca fu percorsa come da una scossa elettrica poi, ansimando, prese a dire:
- Dai, dai non ti fermare...sto impazzendo...continua...
Così feci, per una decina di minuti, fino a quando non dissi:
- Su, facciamo il "sessantanove"...
Non si fece pregare ed iniziò a succhiarmi lo scettro...
- Per caso, non sei cittadina onoraria di Bologna?... sei troppo brava - domandai ansimando.
Ella accennò ad una risata... compatibilmente con lo stato delle cose.
Ad un certo punto, mi fece mettere supino e mi salì sopra assumendo la posizione di Andromaca.
Fu allora che intuii come, con tutta probabilità, il matrimonio di Donna Rebecca fosse giunto a conclusione perché il marito aveva rivendicato, invano, spazi di comando.
Sua moglie era una dominatrice, a letto ed altrove, e l'uomo, puramente e semplicemente, ne aveva avuto le proverbiali tasche piene, nonostante le di lei, sconvolgenti, prestazioni sessuali.
Non appena impalatasi, Donna Rebecca agguantò il godemichet e se lo introdusse nell'ano per poi iniziare a muoversi, alternativamente, in senso longitudinale e latitudinale al mio corpo. Nel contempo, mi aveva ordinato di far andare avanti e indietro il godemichet.
Intuii che, quando la donna si muoveva lentamente, avrei dovuto muovere l'attrezzo velocemente e viceversa.
Intanto, le sue secrezioni vaginali, scorrendo lungo il mio scettro, andavano ad inondare i miei peli pubici.
Donna Rebecca aveva già avuto un paio di orgasmi quando le dissi:
- Sto per venire...sto per venire...
- Resisti, resisti ancora un pochino...resisti...
Passò più di mezzo minuto, poi gridò:
- Aaagh...godo...
- Anch'io... sborrooo...
E le esplosi dentro.
Poco dopo, si sfilò da me e mi si collocò accanto, in posizione fetale, dandomi tuttavia le spalle.
Ci assopimmo: quando mi risvegliai le iniziai a baciarle la schiena.
Lei inizio a stiracchiarsi, felinamente, poi si alzò.
La contemplai in tutta la sua bellezza; i suoi occhi risplendevano luminosi. Anche la sua pelle sembrava rifulgere.
- Ho avuto diverse donne: nessuna è come te...Se tra di noi non ci fosse questa differenza di età, diciannove anni, ti avrei chiesto di metterci insieme...
Lei non rispose; mi disse solo:
- Dai, facciamo una doccia!
Incredibilmente, la doccia si svolse in modo totalmente casto; quando, asciutti e rivestiti, ci trovammo in cucina per un caffè mi domando':
- Ma tu come mi giudichi?
- "Nolite judicare et non judicemini"...
- Eppure, sono capace di rimanere casta anche per lunghi periodi: quest'annata non ho toccato un uomo sino a maggio...
- E poi, cosa è successo?
- È successo che, un pomeriggio, ha suonato alla mia porta un venditore ambulante di colore.
- Ah...
- Lo feci entrare e, dopo avergli promesso centomila Lire, lo obbligai a prendere una doccia. Quando uscì dal bagno, completamente nudo, lo chiamai in camera da letto. Anch'io ero nuda, tranne che per i sandaletti con i tacchi a spillo, ed assisa su quella poltrona come su di un trono. Gli dissi:
- Da adesso, sarai il mio docile schiavo...
Lui si inginocchiò e mi baciò i piedi dicendo:
- Si mia Regina...
Lo feci alzare in piedi e gli domandai:
- Da quanto tempo che non hai rapporti sessuali?
- Da due settimane...
- Bugiardo! Ti sei masturbato tutte le notti - e gli colpii la coscia sinistra con il calzascarpe di bambù che usavo come "scettro".
- No, mia Signora, lo giuro, no...
- Comunque, lo vedremo: se fossero due settimane di astinenza, dovresti essere pieno da scoppiare - dissi alzandomi impiedi e prendendo nella mano destra le grosse uova scure dei suoi testicoli.
- Mmmh...sembrano effettivamente pieni...
Mi abbassai fino a dargli una leggera e rapidissima leccata al meato. Subito, una grossa, salata, goccia di "rujel di desire" mi cadde sulla lingua.
- Bene, schiavo, sdraiati sul letto.
Obbedì docilmente. Gli presi in bocca il sesso ed iniziai a succhiarlo, lentissimamente: una dolce tortura. Alternava gridi al digrignare dei denti: la cosa andò avanti per buoni venti minuti fino a quando, con un urlo, virilmente profondo, si liberò di una quantità incredibile di seme, che sorbii sino all'ultima goccia.
Il suo sesso rimase eretto ed io mi ci impalai sopra, scatenandomi. Ogni volta che stava per godere, passavamo alla "posizione del missionario" per farlo eiaculare sul mio corpo: questo per le tre ore successive.
Quando l' ebbi prosciugato, letteralmente,
il mio corpo, dal collo al pube, era coperto da chiazze del suo sperma, denso e pesante.
Mancava il "gran finale": tirai fuori dal cassetto del comodino un "godemichet", doppio, e, dopo essermene infilato una metà nella vagina, gli dissi:
- Mettiti a quattro zampe, schiavo!
Stranamente obbedì, senza dir verbo.
Lubrificai la seconda metà del "godemichet" con dell'olio abbronzante ed entrai in lui.
Subito di eresse di nuovo, orgoglioso, come se nulla fosse accaduto nelle tre ore precedenti.
- Ah, frocetto, dunque ti piace prenderlo in quel posto...
- Si, si, al mio paese...non facciamo poi tante distinzioni...
- Dimmi un po', frocetto, chi è stato il primo?
- Il mio professore di ginnastica, l'aveva anche più grosso del mio...siamo stati insieme per tre anni...
Intanto continuavo a penetrarlo, ed a bacchettargli le mani ogni volta che accennava a masturbarsi.
Quando mi disse che stava per godere gli dissi:
- Presto, schiavo, mettiti quel bicchiere di fronte al tuo sesso!
Obbedì per poi, subito dopo, cacciare un prolungato urlo e svuotarsi nel bicchiere, riempiendolo per i tre quarti.
- Ancora una volta, oggi, mi nutrirò di te - e bevvi, di nuovo, il suo nettare sino a vuotarlo, completamente.
Dopo qualche minuto gli diedi il denaro pattuito e gli ordinai:
- Vattene!
Parlava bene l'Italiano e, quando stava per uscire, barcollando alla grande, mi disse:
- Padrona, il tuo corpo e la tua bocca possono anche uccidere un uomo...
E scoppiammo a ridere.
Trovai, infine, il coraggio di domandarle:
- Ma, in questi frangenti, non ti senti "schiava"?...
- Tutt'altro!
Sono io che comando.
Sono io che decido a chi "Si" ed a chi "No", cosa "Si", cosa "No"!
Guai a chi mi sfiora, anche con un dito, senza il mio consenso.
E, sull'eco di queste parole, me ne andai.


scritto il
2022-05-25
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