La "Cartomante".
di
Sir Wilfred
genere
etero
Ai Lettori sembrerà, di certo, incredibile ma, nel luglio del 1991, le cose, tra me e "Lady Rowena", si trovavano in uno stato definibile come "di pre crisi".
A fronte di un suo atteggiamento di reticenza sul "cote'" vacanze, avevo saputo, da una terza persona le cui mire su di me erano tutt'altro che dissimulate, della sua partecipazione ad un viaggio all'estero, organizzato dalla nostra comune associazione.
Proprio da quella medesima associazione ove l'avevo conosciuta e dove, a prima vista, me ne ero innamorato, come un quindicenne.
La cosa mi aveva cagionato un intimo, sdegnato, dolore.
Fortuna volle che, avendo iniziato la pratica forense, il lavoro, come sette anni prima lo studio "matto e disperatissimo", offriva un superlativo analgesico.
Ed è proprio nell' ambito dell' "esercizio della professione", che avevo trascorso una buona metà di un fin troppo caldo pomeriggio, partecipando ad un'assemblea condominiale.
Conclusasi l'assemblea, mi ero ritrovato in strada, ove mi ero accorto di trovarmi nei pressi di una "casa allegra", a sua volta ubicata nelle immediatissime vicinanze della Stazione Centrale.
Mi recai sul posto, suonai alla porta e mi trovai di fronte una donna, sui quaranta anni, bionda - di lì a pochissimo avrei potuto constatare che quello "non" era il suo "colore naturale" - alta, con i tacchi, sul metro e settantacinque.
Mi accolse sorridendo e, dopo avermi detto che la "ragazza" sarebbe arrivata entrò una mezz'ora, mi fece accomodare in un salottino d'attesa.
A tutta prima, non aveva l'aspetto di una "maitresse", né quello di una cameriera, con il suo mini tubino color albicocca ed i bianchi sandaletti con tacchi a spillo.
Per diversi minuti, mi guardo' in viso, profondamente, ed, alla fine, pronunziò queste parole:
- Lei ha un'intima sofferenza...
- Già...ma...come...?
- ...Ha delle domande a cui cerca risposta...se permette, gliele darò io.
Ed estratto dalla borsetta un mazzo di carte piacentine, iniziò a mescolarlo.
Uno degli maggiori incerti della professione di cartomante è dato, a mio sommesso avviso, non tanto dalla "consecutio factotum" quanto dalla "consecutio temporum".
In altri termini, la Signora "de qua" mi snocciolò una serie di previsioni, quali il mio successo professionale ed il mio matrimonio, si noti proprio con "Lady Rowena", tutte, in seguito, puntualmente avveratesi.
L'unico neo, era la mancanza di certezza sui tempi: diversamente, le cose si sarebbero potute gestire in modo decisamente migliore.
Tuttavia, e senza il benché minimo dubbio, una cartomante è una cartomante ed il Capo dell'Ufficio Orario delle Ferrovie dello Stato è il Capo dell'Ufficio Orario delle Ferrovie dello Stato.
Comunque, psicologicamente parlando, quando ebbe finito, ero molto più sereno di quando ero entrato, mezz'ora prima, in quell'appartamento.
Il telefono suonò, la donna andò a rispondere e quando tornò mi disse:
- La ragazza tarderà ancora...
Feci per andarmene, ma guardatala, per un lunghissimo minuto, negli occhi, le dissi:
- Perché...no?
Mi sarei aspettato chissà quali reazioni, invece la donna si limitò a rispondere sorridendo:
- E perché no? Andiamo in camera.
Mi guidò sino ad una stanza da letto d'angolo, pulitissima ed ordinatissima, sia pure arredata con qualche civetteria che, ancora oggi, giudico eccessiva, e ove il sole estivo entrava, da padrone, dalle due finestre.
Si affrettò a chiudere le persiane, mettendo la stanza in una "invitante", e " complice", penombra, per poi iniziare ad abbassare la lampo del suo vestito...
- Se permette...potrei spogliarla io?...
- Prego...
Quando finii l'operazione, potei contemplare il suo corpo da modella, magro ma non scheletrico, con i
seni a "coppa di champagne" ed un paio di splendide gambe che potevano, tranquillamente, competere con quella della divina Marlene Dietrich.
Indossava un completo, perizoma e reggiseno, di colore bianco, che valorizzava, alla grandissima, il suo corpo.
Il reggiseno, dalle coppe semitrasparenti, "sottolineava", con la più totale leggerezza, la linea delle sue mammelle senza, tuttavia, dare alcuna
idea di un "forzato contenimento".
Sotto al minislip, si intravedeva, decisamente, un castano ciuffetto "birichino", mentre il laccetto posteriore divideva, ed evidenziava a meraviglia, due natiche alte e sode, rese tali da un esercizio fisico praticato con evidente diligenza, ma senza alcuna esasperazione.
Aveva assunto una posizione da danzatrice classica, con il piede destro leggermente in avanti, le braccia lungo i fianchi e le mani semiaperte.
Ci guardammo in viso e ci baciammo, profondamente, con la più totale naturalità, per diversi minuti, poi, a mia volta, mi spogliai ed andai in bagno.
Mentre provvedevo a "rinfrescarmi", passavo mentalmente in rassegna, alla velocità della luce, tutte le posizioni erotiche a mia conoscenza al fine di mettere in atto il mio fermissimo proposito di darle quel massimo godimento che si sarebbe, ampiamente, meritato.
Decisi di "andare sul classico", e trassi ispirazione da quel capolavoro della letteratura erotica intitolato "Emmanuelle".
Ci sdraiammo sul letto, la spogliai con la massima delicatezza, ed iniziai a carezzare il suo corpo.
Ad ogni tocco, la sua pelle, di seta, veniva percorsa da un brivido e dalle sue labbra mormoranti usciva una sola parola:
- Si.
La baciai, di nuovo, e nel baciarla le percorsi con le dita la schiena, dal collo alle natiche, all'orifizio anale, ove si infilarono, agevolmente, l'indice ed il medio della mia mano destra.
- Ancora, ancora...sii implacabile...entra nel mio corpo come un vincitore entra nella città espugnata...- implorava bisbigliando la donna.
Dopo una lunghissima "esplorazione rettale", con la massima delicatezza, la feci girare in posizione fetale ed, introdotta la mia gamba destra tra le sue, entrai in lei.
Mi fermai per un paio di minuti, ispirando ed espirando lentamente, poi, appoggiatele le mani sulle natiche, mi mossi.
Per i primi minuti resto' in silenzio ma, quando iniziai ad agire sul suo clitoride, la stanza risuonò della sua voce che sottolineava il piacere di cui le facevo omaggio.
- Si, si, non ti fermare, ancora, ancora, oooh, com'è grande il tuo sesso, avanti, avanti...
I suoi muscoli vaginali mi tenevano prigioniero allo stesso modo in cui, con l'aumentare del mio piacere, le mie mani, da un semplice appoggio, erano passate a stringere le sue natiche.
Fortunatamente, le secrezioni abbondavano, per cui potei, tranquillamente "commutare sul secondo canale", sempre senza interrompere l'omaggio alla sua "turgida gemma", fattasi dura come una sferetta da cuscinetto.
La Cartomante ebbe come un sussulto, un sussulto quasi mortale, si morse il labbro inferiore e disse:
- Impalami, impalami, non ti fermare...temo che cervello mi scoppi...ma tu non ti fermare...non ti fermare...ti prego...
Mi trattenevo, al massimo, per annientarla. Volevo portare il suo, ed il mio, piacere al parossismo per poi contemplare la mia preda, ridotta ormai ad un corpo quasi del tutto privo di forze, giacere sul letto come un antico gladiatore, vinto, sarebbe giaciuto sulla rena del circo.
Sentii, nel frattempo, salire il mio sperma: stavo decidendo di non interrompere il coito e di svuotarmi nel suo sfintere, quando la sentii implorare:
- Aspergimi, aspergimi con il tuo liquore come una vittima sacrificale viene aspersa dal sacerdote prima che le sue vene vengano aperte ed il suo sangue sparso...che il mio corpo di donna diventi olocausto sull'altare di Venere...
Obbedii, uscendo da quel corpo ardente e, nel contempo, facendole assumere la posizione supina ed, infine, le mie ondate proruppero su lei, su suo addome, mentre gridava, gutturalmente:
- Godo, godooo...aagh!!!
Quando la mia ultima goccia del mio seme uscì dalle mie chiuse, con una forza che mai avevo sentito in me dopo un coito, ed un coito così selvaggio, mi alzai dal letto.
ed in piedi, completamente, vittoriosamente, trionfalmente nudo, con il sesso ancora eretto, la contemplai.
Era bellissima, e disfatta.
La tenue luce, filtrante dalle persiane chiuse, sembrava accarezzare il suo corpo che spandeva, all'intorno, la sua regalità di Amazzone, vinta, ma, in realtà, assoluta trionfatrice, nel duello d'amore.
Sedetti su di una poltroncina e mi appisolai.
Quando mi riebbi, la donna giaceva ancora, prona; mi alzai dalla poltroncina e le baciai la schiena, in corrispondenza della spina dorsale.
Lei si destò, mi guardò negli occhi e mi disse:
- Non sono mai stata presa così...in te ho sentito, contemporaneamente, la forza selvaggia del maschio primitivo, che possiede per soddisfare i suoi istinti, e la dolcezza dell'uomo, che possiede anche e, forse, soprattutto, per scambiare piacere con la "partner".
Indi, si alzò dal letto e si diresse nel bagno.
La seguii, per andarmi a lavare anch'io e vidi, con piacere, che stava usando il "bidet" dando le spalle al muro, segno di femminilità calda, se non, addirittura, rovente.
- Ed in te ho sentito la "donna",
in cui il dolce calore "materno" si unisce all'infernale calore della femmina la cui voglia di piacere arde, come una fiamma inestinguibile, sino ad annientarla, il tutto, portato allo "zenith" dal tuo parlare "decadente"...nonostante il tuo essere una "donna del tuo tempo", ami D'Annunzio, non è vero?...
- Si...
Le carezzai il volto ed ella, in modo del tutto spontaneo, dopo avermi soppesato i testicoli, prese con la mano destra il mio sesso e se lo introdusse in bocca.
La "fellatio", lenta in modo quasi crudele, durò per diversissimi minuti per concludersi, ancora una volta, in un'eiaculazione oceanica, che la donna centellinò, integralmente, come un antico, prezioso liquore.
Una volta vestiti, ci guardammo ancora, negli occhi, e le dissi:
- Perché?
- Volevo "lasciarmi andare" e, nel contempo, vincere pur essendo vinta...capisci?...
Il fatto che avesse utilizzato il verbo "volere" denotava, inequivocabilmente, che ciò che era testé avvenuto, era avvenuto per la sua volontà, ferrea volontà.
Si, quella che avevo posseduta, era un'Amazzone, l'esponente di un popolo di donne oggi rarefatto, ma inestinguibile, perché guidato dalla loro libertà e volontà.
- Ma tu, tu, chi sei?
- Non lo vedi?
E mi indicò, posata su di una seconda poltroncina, una valigetta da medico.
- Ma...
- Sono un' amica della ragazza...e la pediatra di sua figlia...
A queste parole, notai, sul cassettone, una cornice contenente una fotografia che ritraeva la "Cartomante", con in braccio una bambina con una testina di capelli tutti ricci, come quella degli angeli, ed un altra donna.
Trasecolai, riconoscendo in lei una mia "vecchia conoscenza" degli ultimi tempi di "lager".
Domandai ancora:
- Amica...come?...Se non sono indiscreto...
- Amica...e qualcosa di più...mi spiego?
E volse lo sguardo al pavimento, con monacale pudore.
Sorrisi, e volto attorno, lo sguardo si posò sulla sua mano sinistra.
- Ma tu...sei sposata...
- Ma per lui sono soltanto "una delle tante"...e poi...e poi...solo pochi anni or sono, grazie anche alla ragazza che "lavora" qui, ho, veramente, "scoperto" me stessa...capisci?
Confesso che, il sapere di essere, in qualche modo, stato usato come "strumento di rappresaglia", sia pure nei confronti di un marito ben indegno di una tale "dea del sesso", mi urtava, e non poco, ma non lo detti a vedere.
- E pensare che neanche conosco il tuo nome...
- Lei scosse la testa ed, ancora una volta, l'abbasso' e sorrise, amaramente.
- Bene, te lo darò io un "nome d'arte", vediamo... ecco: ti chiamerò Roberta.
- Perché mai proprio Roberta?
- Perché ho conosciuto molte donne con quel nome, e tutte "bellissime", "caldissime" e liberissime, come antiche Amazzoni: come te.
In fondo, tu vivi la tua vita come un'antica Amazzone: lotti per affermarti e sei signora, assoluta, della tua libertà: non solo sessuale anche se, a quanto potei leggere ai tempi del liceo, moltissime Amazzoni sceglievano di vivere in castità, sia pure dopo aver adempiuto al dovere di dare una figlia al loro popolo.
Roberta è perfetto...
- E tu, come ti chiami?
- Diciamo...Mario...del resto Mario ha la stessa radice di "maschio", capisci?
- Ho la maturità classica...
Nel frattempo, ci eravamo rivestiti ed eravamo giunti alla porta:
- Allora...arrivederci?
- Chissa?...- e sorrise, ancora una volta, tristemente, prima di scambiarci un ultimo bacio.
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