La Conduttrice. IIIParte
di
Sir Wilfred
genere
etero
Anche l'ultima domenica arrivò.
Alle undici del mattino, facevo il mio ingresso nell'appartamento da me locato alla Signora Luisa, recando con me tutto l'occorrente per "rito pagano".
Ella mi accolse con uno smagliante sorriso e mi disse:
- Andiamo di là?
- No, andiamo in cucina, il rito si svolgerà sul tavolo.
- Come vuoi...
La cucina era immersa nella stessa penombra che regnava sull'intero ambiente. Luisa provvide ad allungare il tavolo poi mi chiese:
- E adesso?
- Adesso ti spoglierò e tu ti sdraierai sul tavolo. Luisa obbedì;
Quando fu sdraiata sul tavolo, mi denudai anch'io; ciò fatto, estrassi un paio di forbici di media lunghezza ed iniziai, con la più totale delicatezza a tagliare i riccioli del suo pube.
Luisa sorrise:
- Adesso capisco...lo sfiorare delle lame, mi sta già facendo colare...
Spruzzai della schiuma da barba su quanto non avevo potuto asportare con le forbici, indi usai il rasoio.
Compiuta l'opera, contemplai le sue grandi labbra, rosee come quelle di una bambina, dalle quali le secrezioni vaginali stillavano, ormai, copiose.
Estrassi il flacone di olio profumato e ne versai una buona dose in mezzo ai suoi seni, all'altezza dei capezzoli. Lo spalmai tutt'intorno con movimenti circolari; lo stesso feci intorno all'ombelico, su ognuna delle sue cosce, sino ai piedi, e sulle braccia, partendo dalle spalle e sino alle mani.
Quando ebbi finito, contemplai il corpo della Signora Luisa.
La luce del giorno, filtrando dalle tapparelle, andava a posarsi sulla sua pelle, donandole l'aspetto di una divinità, di una divinità giunta sulla terra per unirsi a me, nella ricerca del reciproco piacere.
Nel bearmi di tale visione, mi rendevo, una volta di più, conto, che nessuna delle "protagoniste" delle mie "avventure", mai aveva nutrito un "sentimento", perlomeno affettivo, nei miei confronti, tranne forse, "temporibus", l'"Amazzone".
La cosa era, ovviamente, reciproca, sia pure per motivi del tutto diversi:
le Signore Dina e Lina erano troppo "agee", come pure Donna Rebecca.
La Signora Tiziana, benché di soli quattro anni più grande di me, era già stata sposata, ed aveva una bambina, per giunta.
Le altre erano, addirittura, delle "cocottes" ed io ero, ormai, un affermato avvocato, il cui "ascensore sociale" aveva il suo ingresso nel salotto di "Lady Rowena", giammai nei "boudoir" di "lorsignore".
Cinismo? Ammetto, a cuor leggero, l'addebito, ricordando, altresì, ai Lettori due cose:
1) che la vita è una minestra da condirsi, appunto, con un pizzico di cinismo;
2) che, ne "Il Giuoco delle Parti", Luigi Pirandello fa fare al protagonista, Leone Gala, una consimile considerazione mediante il così detto "Monologo dell'Uovo Fresco".
Tornando al "rito", smisi di contemplare e mi introdussi, lentamente ma inesorabilmente, nel corpo della Signora Luisa.
Ella sospirò, poi, sorridendo, mormorò:
- Finalmente...ti aspettavo...
Iniziai il coito, alternando velocità e lentezza, mentre le mie mani passavano dai fianchi al seno della donna.
La Signora Luisa ha un seno di dimensioni medie, una seconda abbondante od una piccola terza, che, con i capezzoli eretti e dure come bilie di vetro dona, al "partner", non pochi "ulteriori" motivi di eccitazione.
Uscii da lei, la girai a pancia in giù, e subito ripresi la penetrazione, iniziando, nel contempo, l'azione sul clitoride.
Con mia somma sorpresa, dopo alcuni minuti, sentii la Signora Luisa implorare:
- Da dietro...prendimi da dietro...
Ovvio: la penetrazione anale, insieme all'azione sul clitoride, l'avrebbe portata ad un godimento non altrimenti qualificabile che come "estatico".
Penetrai lo sfintere, senza interrompere la masturbazione.
La Signora Luisa, ora, riempiva il silenzio di piccole grida di piacere, alternati al suo ansimare in preda ad un devastante orgasmo.
Il suo corpo, ricoperto dal mix di olio e sudore, baciato da quel solo raggio di sole sole che riusciva a penetrare la barriera della tapparella, riluceva, come se fosse stato d'oro.
Si avvicinava il momento di esplodere: uscii da lei e la feci voltare quando mi disse:
- No, no, ti voglio bere, voglio nutrirmi del tuo liquore, voglio gustare il sapore del tuo piacere...
Subito si inginocchiò e mi prese in bocca la verga: uno, due, tre, cinque minuti poi, ciò che vedevo di fronte a me, esplose, come se fosse esploso il tubo catodico di un televisore.
Sentivo scorrere, all'interno del mio pene, lunghe folate di sperma, di uno sperma denso, cremoso, da uomo ormai, decisamente, adulto.
Il tutto, con il cervello completamente "spento": uno stato di "vita - non vita" in cui, a malapena, soltanto il cuore ed i polmoni agivano, mentre tutte le altre funzioni erano "sospese", come per magia.
Quando tutto finì, stramazzai, letteralmente, su di una sedia della cucina.
Anche Luisa, con un fare degno delle migliori "mannequins", scese dal tavolo per sedere, anche lei, su di una sedia di cucina, assumendo una postura di assoluta eleganza.
La gamba sinistra era piegata, con il tallone poggiato sul piolo posto tra le zampe anteriori, ed il mento poggiato sulla coscia, mentre la sua gamba destra era completamente distesa, con le sole dita del piede poggiate sul pavimento.
Le sue chiome, castane, le discendevano fin quasi alle spalle, e, nei suoi profondi occhi, regnava, sovrana, una tristezza infinita.
- Di solito, sono i maschi ad essere tristi...
L'essere disfatta, dopo "la partita di sesso" portava, all'ennesima potenza, la sua bellezza muliebre.
Mi guardò e sorrise, tristemente.
- Tu non sai cosa io stia pensando di me stessa in questo momento...
- Non giudicate per non essere giudicati...
- Ma io mi giudico: sono una moglie, una madre e...mi comporto...mi comporto come una ninfomane, come una zoccola...o...forse, lo sono...davvero!
- ...E a chi devi dare conto?
A tuo marito? Ai tuoi figli? A Max, forse?
Tu sei una donna libera! Lo sei da quando hai scoperto la condotta di tuo marito: punto e basta.
Per quanto riguarda i tuoi figli, se sei conscia di assolvere tutti, ripeto, tutti i tuoi doveri di madre...non c'è altro che devi fare per loro.
Del resto, mi pare che i ragazzi stanno facendo le loro scelte in piena autonomia, infischiandosene, vieppiù, alla grande, dei manzoniani "discorsi del volgo", per cui...
Annuì, pur restando in silenzio.
- Vieni a prendere una doccia?
La seguii in bagno ed, incredibilmente, rimanemmo casti:
le grigie, tristi
ali dello spettro dell'addio, avevano preso a svolazzarci tutt'attorno.
- Allora...domani...
- Si, domani torneremo a Roma...e Max, quando tornerà?
- La prossima settimana...
- Allora...
- Allora...al prossimo anno...
- Al prossimo anno...
E ci baciammo, un ultima volta, e, sulle labbra della Signora Luisa, potei sentire, distintamente, un sentore di disperata solitudine.
Uscii ed, incredibilmente, arrivai in albergo in un baleno.
Mi sentivo colpevole, sommamente colpevole, verso "Lady Rowena", verso il suo infinito amore di donna che provava per me.
D'altra parte, però, in mancanza di "mutilazioni", o patologie, non avevo alcuna intenzione di gestire la mia vita intima "imitando" Abelardo ed Eloisa.
"Ex hoc, et ergo, propter hoc", per ogni moglie che non sa, o non vuole, cucinare, ci sono infiniti "punti di ristoro ", cui il malcapitato marito può "far riferimento".
Ancora cinismo?
Ai mali estremi estremi rimedi...
Mia moglie non era ancora tornata, per cui, entrato in camera, mi sdraiai sul letto, appisolandomi; quando lei bussò alla porta, mi precipitai ad aprirle, la baciai, ripetutamente, e le dissi:
- Rowena, Rowena, unico amore mio, amore mio infinito, mi sei mancata da morire...presto, sbrigati, pranziamo e trascorriamo tutto il pomeriggio assieme.
Così fu; dopo il pranzo, ci coricammo, mano nella mano: due corpi ed un'anima sola.
Quando mi destai, vidi il viso di mia moglie, ancora addormentata.
La sua regalità era assoluta: non potei resistere alla tentazione di baciarla.
Rispose al mio bacio, testimoniando con esso di donarmi, ancora una volta, tutto il suo amore.
Alle undici del mattino, facevo il mio ingresso nell'appartamento da me locato alla Signora Luisa, recando con me tutto l'occorrente per "rito pagano".
Ella mi accolse con uno smagliante sorriso e mi disse:
- Andiamo di là?
- No, andiamo in cucina, il rito si svolgerà sul tavolo.
- Come vuoi...
La cucina era immersa nella stessa penombra che regnava sull'intero ambiente. Luisa provvide ad allungare il tavolo poi mi chiese:
- E adesso?
- Adesso ti spoglierò e tu ti sdraierai sul tavolo. Luisa obbedì;
Quando fu sdraiata sul tavolo, mi denudai anch'io; ciò fatto, estrassi un paio di forbici di media lunghezza ed iniziai, con la più totale delicatezza a tagliare i riccioli del suo pube.
Luisa sorrise:
- Adesso capisco...lo sfiorare delle lame, mi sta già facendo colare...
Spruzzai della schiuma da barba su quanto non avevo potuto asportare con le forbici, indi usai il rasoio.
Compiuta l'opera, contemplai le sue grandi labbra, rosee come quelle di una bambina, dalle quali le secrezioni vaginali stillavano, ormai, copiose.
Estrassi il flacone di olio profumato e ne versai una buona dose in mezzo ai suoi seni, all'altezza dei capezzoli. Lo spalmai tutt'intorno con movimenti circolari; lo stesso feci intorno all'ombelico, su ognuna delle sue cosce, sino ai piedi, e sulle braccia, partendo dalle spalle e sino alle mani.
Quando ebbi finito, contemplai il corpo della Signora Luisa.
La luce del giorno, filtrando dalle tapparelle, andava a posarsi sulla sua pelle, donandole l'aspetto di una divinità, di una divinità giunta sulla terra per unirsi a me, nella ricerca del reciproco piacere.
Nel bearmi di tale visione, mi rendevo, una volta di più, conto, che nessuna delle "protagoniste" delle mie "avventure", mai aveva nutrito un "sentimento", perlomeno affettivo, nei miei confronti, tranne forse, "temporibus", l'"Amazzone".
La cosa era, ovviamente, reciproca, sia pure per motivi del tutto diversi:
le Signore Dina e Lina erano troppo "agee", come pure Donna Rebecca.
La Signora Tiziana, benché di soli quattro anni più grande di me, era già stata sposata, ed aveva una bambina, per giunta.
Le altre erano, addirittura, delle "cocottes" ed io ero, ormai, un affermato avvocato, il cui "ascensore sociale" aveva il suo ingresso nel salotto di "Lady Rowena", giammai nei "boudoir" di "lorsignore".
Cinismo? Ammetto, a cuor leggero, l'addebito, ricordando, altresì, ai Lettori due cose:
1) che la vita è una minestra da condirsi, appunto, con un pizzico di cinismo;
2) che, ne "Il Giuoco delle Parti", Luigi Pirandello fa fare al protagonista, Leone Gala, una consimile considerazione mediante il così detto "Monologo dell'Uovo Fresco".
Tornando al "rito", smisi di contemplare e mi introdussi, lentamente ma inesorabilmente, nel corpo della Signora Luisa.
Ella sospirò, poi, sorridendo, mormorò:
- Finalmente...ti aspettavo...
Iniziai il coito, alternando velocità e lentezza, mentre le mie mani passavano dai fianchi al seno della donna.
La Signora Luisa ha un seno di dimensioni medie, una seconda abbondante od una piccola terza, che, con i capezzoli eretti e dure come bilie di vetro dona, al "partner", non pochi "ulteriori" motivi di eccitazione.
Uscii da lei, la girai a pancia in giù, e subito ripresi la penetrazione, iniziando, nel contempo, l'azione sul clitoride.
Con mia somma sorpresa, dopo alcuni minuti, sentii la Signora Luisa implorare:
- Da dietro...prendimi da dietro...
Ovvio: la penetrazione anale, insieme all'azione sul clitoride, l'avrebbe portata ad un godimento non altrimenti qualificabile che come "estatico".
Penetrai lo sfintere, senza interrompere la masturbazione.
La Signora Luisa, ora, riempiva il silenzio di piccole grida di piacere, alternati al suo ansimare in preda ad un devastante orgasmo.
Il suo corpo, ricoperto dal mix di olio e sudore, baciato da quel solo raggio di sole sole che riusciva a penetrare la barriera della tapparella, riluceva, come se fosse stato d'oro.
Si avvicinava il momento di esplodere: uscii da lei e la feci voltare quando mi disse:
- No, no, ti voglio bere, voglio nutrirmi del tuo liquore, voglio gustare il sapore del tuo piacere...
Subito si inginocchiò e mi prese in bocca la verga: uno, due, tre, cinque minuti poi, ciò che vedevo di fronte a me, esplose, come se fosse esploso il tubo catodico di un televisore.
Sentivo scorrere, all'interno del mio pene, lunghe folate di sperma, di uno sperma denso, cremoso, da uomo ormai, decisamente, adulto.
Il tutto, con il cervello completamente "spento": uno stato di "vita - non vita" in cui, a malapena, soltanto il cuore ed i polmoni agivano, mentre tutte le altre funzioni erano "sospese", come per magia.
Quando tutto finì, stramazzai, letteralmente, su di una sedia della cucina.
Anche Luisa, con un fare degno delle migliori "mannequins", scese dal tavolo per sedere, anche lei, su di una sedia di cucina, assumendo una postura di assoluta eleganza.
La gamba sinistra era piegata, con il tallone poggiato sul piolo posto tra le zampe anteriori, ed il mento poggiato sulla coscia, mentre la sua gamba destra era completamente distesa, con le sole dita del piede poggiate sul pavimento.
Le sue chiome, castane, le discendevano fin quasi alle spalle, e, nei suoi profondi occhi, regnava, sovrana, una tristezza infinita.
- Di solito, sono i maschi ad essere tristi...
L'essere disfatta, dopo "la partita di sesso" portava, all'ennesima potenza, la sua bellezza muliebre.
Mi guardò e sorrise, tristemente.
- Tu non sai cosa io stia pensando di me stessa in questo momento...
- Non giudicate per non essere giudicati...
- Ma io mi giudico: sono una moglie, una madre e...mi comporto...mi comporto come una ninfomane, come una zoccola...o...forse, lo sono...davvero!
- ...E a chi devi dare conto?
A tuo marito? Ai tuoi figli? A Max, forse?
Tu sei una donna libera! Lo sei da quando hai scoperto la condotta di tuo marito: punto e basta.
Per quanto riguarda i tuoi figli, se sei conscia di assolvere tutti, ripeto, tutti i tuoi doveri di madre...non c'è altro che devi fare per loro.
Del resto, mi pare che i ragazzi stanno facendo le loro scelte in piena autonomia, infischiandosene, vieppiù, alla grande, dei manzoniani "discorsi del volgo", per cui...
Annuì, pur restando in silenzio.
- Vieni a prendere una doccia?
La seguii in bagno ed, incredibilmente, rimanemmo casti:
le grigie, tristi
ali dello spettro dell'addio, avevano preso a svolazzarci tutt'attorno.
- Allora...domani...
- Si, domani torneremo a Roma...e Max, quando tornerà?
- La prossima settimana...
- Allora...
- Allora...al prossimo anno...
- Al prossimo anno...
E ci baciammo, un ultima volta, e, sulle labbra della Signora Luisa, potei sentire, distintamente, un sentore di disperata solitudine.
Uscii ed, incredibilmente, arrivai in albergo in un baleno.
Mi sentivo colpevole, sommamente colpevole, verso "Lady Rowena", verso il suo infinito amore di donna che provava per me.
D'altra parte, però, in mancanza di "mutilazioni", o patologie, non avevo alcuna intenzione di gestire la mia vita intima "imitando" Abelardo ed Eloisa.
"Ex hoc, et ergo, propter hoc", per ogni moglie che non sa, o non vuole, cucinare, ci sono infiniti "punti di ristoro ", cui il malcapitato marito può "far riferimento".
Ancora cinismo?
Ai mali estremi estremi rimedi...
Mia moglie non era ancora tornata, per cui, entrato in camera, mi sdraiai sul letto, appisolandomi; quando lei bussò alla porta, mi precipitai ad aprirle, la baciai, ripetutamente, e le dissi:
- Rowena, Rowena, unico amore mio, amore mio infinito, mi sei mancata da morire...presto, sbrigati, pranziamo e trascorriamo tutto il pomeriggio assieme.
Così fu; dopo il pranzo, ci coricammo, mano nella mano: due corpi ed un'anima sola.
Quando mi destai, vidi il viso di mia moglie, ancora addormentata.
La sua regalità era assoluta: non potei resistere alla tentazione di baciarla.
Rispose al mio bacio, testimoniando con esso di donarmi, ancora una volta, tutto il suo amore.
1
voti
voti
valutazione
10
10
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
La Conduttrice. II Parteracconto sucessivo
La Bibliotecaria.
Commenti dei lettori al racconto erotico