Maturità e decadenza III
di
Heroindio
genere
feticismo
Stanotte, quando sono rincasato, erano le due meno un quarto.
Ho posato la bici in garage e ho abbassato la saracinesca. Per salire su all'appartamento, ho preferito non prendere la scorciatoia ma ho fatto il giro del palazzo perché avevo notato del movimento sul marciapiedi dello stradone. Sono risalito per la rampa e sono passato davanti alle scale che portano alla profumeria di mio cognato.
All’imbocco della traversa che porta sul retro del palazzo che si affaccia sul mare e dove ci sono le scale, ho incontrato Nadine che parlava con Antonella. Questa è la vicina di casa, ha quaranta anni e -si dice- fa i bocchini ai 20enni mentre il marito si spacca la schiena guidando i Tir.
Più che parlare, la pompinara dei ragazzini stava consolando Nadine.
-Buonanotte, care- ho detto.
-Ciao, Vi’- ha risposto Antonella. Che poi si è rivolta a Nadine:
-adesso pare che tu stia meglio-
Nadine ha guardato verso di me con gli occhi socchiusi, ha aggrottato le sopracciglia e ha detto:
-mi accompagni per le scale? Ho bevuto del vino rose’ e mi ha fatto male.
-Ne hai bevuto tanto?- ho chiesto.
-Non molto. È che di solito bevo birra e al vino non sono abituata-.
-Ok, dai, andiamo sopra, Ciao, Antone’-
-Buonanotte, Vince’. Buonanotte Na’-
L’ho presa per un braccio prima di iniziare le scale e le ho detto che, se aveva difficoltà a stare in piedi,poteva appoggiarsi a me.
A metà del tragitto, quando le ho mollato il braccio e le ho messo il mio dietro la schiena agguantandole il fianco, mi è salito un calore sul viso, allo stomaco e alla pancia e ho avuto i brividi alla schiena.
Quando siamo arrivati al secondo piano, lei si è messa a cercare le chiavi di casa nella borsa con la testa piegata a 90 gradi.
Mi sono reso conto che Dora, la figlia, non era ancora rincasata. Allora mi sono proposto di darle una mano a sistemarsi per andare a letto. Lei ha detto che per fortuna non avrebbe disturbato il sonno di Dora perché quella notte avrebbe dormito da un’amichetta. Ho interpretato la risposta come un sì e le ho consigliato che andasse in bagno a sciacquarsi il viso.
Ce l’ho accompagnata abbracciandola di nuovo al fianco. Ero infoiato.
Mentre lei si sciacquava il viso, le ho appoggiato la mano sulla spalla come per mantenerla. Mi ha confidato che, appena si era piegata per lavarsi, aveva avuto la nausea e i conati di vomito.
Le ho detto che, se avesse rigettato il miscuglio di vino e cibo che aveva dentro, si sarebbe sentita meglio e avrebbe dormito senza problemi.
-Ho i conati di vomito ma non riesco a buttare giù niente- mi ha risposto nervosa.
-Prova a metterti un dito in gola- le ho detto io.
-Non ci riesco, non ho il coraggio, Vince’-
-Se vuoi ti do una mano io-
-E come fai?- mi ha chiesto mentre si reggeva la fronte con una mano, teneva gli occhi chiusi e respirava forte.
-Te lo metto io il dito in gola- ho proposto e, mentre glielo dicevo, ho avuto un capogiro perché mi è sembrata una sfacciataggine nei suoi confronti.
-Ma no! Non lo pretendo. Ti farebbe schifo-
-Stai tranquilla, non ti preoccupare. Sei la sorella di Corinna e non potresti mai schifarmi-
-Che carinooo… Grazie!-
Le ho detto di piegarsi verso il cesso, io ero in piedi alla sua destra. Le ho infilato l’indice in gola. Lei ha chiuso gli occhi e ha emesso i versi di chi si sforza di vomitare. Ho sentito la mia mano dentro la sua bocca che era calda e umida. Sono venuto nei boxer.
Poi ho imposto a me stesso di non lasciarmi travolgere dal momento refrattario e ho continuato a muovere e roteare il polpastrello dell’indice in fondo alla bocca come se fosse dentro una fica. È venuto da rimettere anche a me ma, per fortuna, sono riuscito a trattenermi. Intanto mi ero abbassato i pantaloncini e i boxer e mi stavo toccando freneticamente con la sinistra per rieccitarmi. Nadine si è girata col capo a destra e mi ha guardato. Ovviamente non ha notato che i boxer, che mi ero calati alle caviglie sopra i pantaloncini, erano bagnati di sperma. Dopo si è voltata di nuovo verso il cesso, ha riabbassato le palpebre e mi ha chiesto se avessi bevuto pure io. Le ho risposto di sì e lei si è messa a ridere dicendo che allora ero da giustificare. Poi ha ricominciato ad emettere i versi del conato. Mi sono messo a mantenerla da dietro. Tenerla per la fronte in quella posizione era scomodo. Allora ho avvicinato col piede il tappeto che era a destra sotto il lavandino, l’ho preso, l’ho arrotolato e l’ho messo sulla vaschetta dello scarico. Ho appoggiato la fronte di Nadine sul rotolo e la ho afferrata per la pancia.
Adesso poteva buttare tutto, le ho detto, e le ho rimesso il dito in gola. L’ho tolto solo quando ha cominciato a rivomitare sporcandomi la mano fino al polso. Me la sono sfregata alla sua gonna. Poi le ho abbassato la veste e il reggiseno fino all’ombelico e le ho alzato la gonna. Le mutande le si erano infilate fra le natiche. Gliele ho abbassate e ho infilato l'indice, che avevo appena pulito sulla sua veste, nella figa. Le ho detto di rimanere appoggiata al rotolo di tappeto sullo sciacquone e l’ho rassicurata che, adesso che aveva rovesciato per la seconda volta, si sarebbe sentita meglio.
Mi sono piegato e ho messo la bocca e il naso nel suo culo. Vedevo da vicino i buchi di cellulite sfuocati. Ho dato una leccata all’ano e ho succhiato due o tre gocce di liquido che pendeva dalle grandi labbra.
Lei continuava a lamentarsi.
Mi sono rialzato e glielo ho messo a pecora mentre la tenevo per il collo. L’ho spinta un paio di volte con la testa sul tappeto arrotolato sopra lo sciacquone. Le tette facevano un balzo in avanti quando la sbattevo e poi tornavano indietro. Oscillavano come palloncini riempiti d’acqua a metà.
Dal water risaliva il tanfo che era un mix di candeggina e rovescio.
Nessuno dei due aveva pensato di scaricare.
Le ho chiesto di girarsi. Si è voltata. Ho cominciato a baciarle e leccare le pieghe del collo mentre mi segavo con una mano e la toccavo con l’altra. Mi ha stretto fra le sue braccia e ha cominciato a limonare. Ho pensato per un attimo che in bocca avesse ancora dei residui solidi di cibo che aveva rigurgitato e questo mi ha eccitato. Aveva gli occhi mezzi chiusi e mi ha abbracciato al collo per non perdere l’equilibrio. Ho sfregato il cazzo un paio di volte sulla pancetta poco sopra il Monte di Venere e mi sono chinato col capo per ciucciarle una tetta. Ma questa era troppo bassa per essere raggiunta con la lingua. Allora l’ho fatta inginocchiare. Le ho chiesto che mi guardasse mentre le venivo in faccia perché dopo l’avrei baciata e le avrei pulito il viso con la lingua. Quando ho sborrato, però, non l’ho baciata né leccata. Le ho detto di aspettarmi e di non toccarsi e sono andato in cucina. Sul piano cottura ho visto che c’era una bobina di carta asciuga-tutto. Ho strappato tre fogli. Uno di essi l’ho bagnato sotto il rubinetto.
Sono tornato da lei. Continuava a oscillare in ginocchio con la testa piegata di lato. Sembrava che si stesse addormentando.
Prima le ho strofinato sul volto un tovagliolo asciutto, poi ci ho passato quello bagnato e infine l’ho asciugata con il terzo. Ha aperto gli occhi per una manciata di secondi. Ho appoggiato il suo braccio alla mia spalla, l’ho levata su e l’ho portata in camera da letto, dove l’ho buttata sul materasso matrimoniale e ce l’ho lasciata accovacciata e girata di lato. Le ho rialzato la mutande fin dove ho potuto e ho coperto la zona del bacino abbassandole la veste. Ho riabbottonato il reggiseno e le ho rimesso le bretelle della veste sulle spalle. È stato ostico e mi si è indolenzita la schiena.
Mi sono assicurato che respirasse e sono andato in bagno a pisciare. Ho scaricato e sono uscito in terrazzo.
Ho chiuso la porta a vetrata scorrevole e sono rincasato. Sono andato a controllare in camera da letto, Corinna e il pargolo dormivano. Sono tornato in soggiorno, ho tirato giù il divano a click clack e mi sono disteso per dormire.
Ho posato la bici in garage e ho abbassato la saracinesca. Per salire su all'appartamento, ho preferito non prendere la scorciatoia ma ho fatto il giro del palazzo perché avevo notato del movimento sul marciapiedi dello stradone. Sono risalito per la rampa e sono passato davanti alle scale che portano alla profumeria di mio cognato.
All’imbocco della traversa che porta sul retro del palazzo che si affaccia sul mare e dove ci sono le scale, ho incontrato Nadine che parlava con Antonella. Questa è la vicina di casa, ha quaranta anni e -si dice- fa i bocchini ai 20enni mentre il marito si spacca la schiena guidando i Tir.
Più che parlare, la pompinara dei ragazzini stava consolando Nadine.
-Buonanotte, care- ho detto.
-Ciao, Vi’- ha risposto Antonella. Che poi si è rivolta a Nadine:
-adesso pare che tu stia meglio-
Nadine ha guardato verso di me con gli occhi socchiusi, ha aggrottato le sopracciglia e ha detto:
-mi accompagni per le scale? Ho bevuto del vino rose’ e mi ha fatto male.
-Ne hai bevuto tanto?- ho chiesto.
-Non molto. È che di solito bevo birra e al vino non sono abituata-.
-Ok, dai, andiamo sopra, Ciao, Antone’-
-Buonanotte, Vince’. Buonanotte Na’-
L’ho presa per un braccio prima di iniziare le scale e le ho detto che, se aveva difficoltà a stare in piedi,poteva appoggiarsi a me.
A metà del tragitto, quando le ho mollato il braccio e le ho messo il mio dietro la schiena agguantandole il fianco, mi è salito un calore sul viso, allo stomaco e alla pancia e ho avuto i brividi alla schiena.
Quando siamo arrivati al secondo piano, lei si è messa a cercare le chiavi di casa nella borsa con la testa piegata a 90 gradi.
Mi sono reso conto che Dora, la figlia, non era ancora rincasata. Allora mi sono proposto di darle una mano a sistemarsi per andare a letto. Lei ha detto che per fortuna non avrebbe disturbato il sonno di Dora perché quella notte avrebbe dormito da un’amichetta. Ho interpretato la risposta come un sì e le ho consigliato che andasse in bagno a sciacquarsi il viso.
Ce l’ho accompagnata abbracciandola di nuovo al fianco. Ero infoiato.
Mentre lei si sciacquava il viso, le ho appoggiato la mano sulla spalla come per mantenerla. Mi ha confidato che, appena si era piegata per lavarsi, aveva avuto la nausea e i conati di vomito.
Le ho detto che, se avesse rigettato il miscuglio di vino e cibo che aveva dentro, si sarebbe sentita meglio e avrebbe dormito senza problemi.
-Ho i conati di vomito ma non riesco a buttare giù niente- mi ha risposto nervosa.
-Prova a metterti un dito in gola- le ho detto io.
-Non ci riesco, non ho il coraggio, Vince’-
-Se vuoi ti do una mano io-
-E come fai?- mi ha chiesto mentre si reggeva la fronte con una mano, teneva gli occhi chiusi e respirava forte.
-Te lo metto io il dito in gola- ho proposto e, mentre glielo dicevo, ho avuto un capogiro perché mi è sembrata una sfacciataggine nei suoi confronti.
-Ma no! Non lo pretendo. Ti farebbe schifo-
-Stai tranquilla, non ti preoccupare. Sei la sorella di Corinna e non potresti mai schifarmi-
-Che carinooo… Grazie!-
Le ho detto di piegarsi verso il cesso, io ero in piedi alla sua destra. Le ho infilato l’indice in gola. Lei ha chiuso gli occhi e ha emesso i versi di chi si sforza di vomitare. Ho sentito la mia mano dentro la sua bocca che era calda e umida. Sono venuto nei boxer.
Poi ho imposto a me stesso di non lasciarmi travolgere dal momento refrattario e ho continuato a muovere e roteare il polpastrello dell’indice in fondo alla bocca come se fosse dentro una fica. È venuto da rimettere anche a me ma, per fortuna, sono riuscito a trattenermi. Intanto mi ero abbassato i pantaloncini e i boxer e mi stavo toccando freneticamente con la sinistra per rieccitarmi. Nadine si è girata col capo a destra e mi ha guardato. Ovviamente non ha notato che i boxer, che mi ero calati alle caviglie sopra i pantaloncini, erano bagnati di sperma. Dopo si è voltata di nuovo verso il cesso, ha riabbassato le palpebre e mi ha chiesto se avessi bevuto pure io. Le ho risposto di sì e lei si è messa a ridere dicendo che allora ero da giustificare. Poi ha ricominciato ad emettere i versi del conato. Mi sono messo a mantenerla da dietro. Tenerla per la fronte in quella posizione era scomodo. Allora ho avvicinato col piede il tappeto che era a destra sotto il lavandino, l’ho preso, l’ho arrotolato e l’ho messo sulla vaschetta dello scarico. Ho appoggiato la fronte di Nadine sul rotolo e la ho afferrata per la pancia.
Adesso poteva buttare tutto, le ho detto, e le ho rimesso il dito in gola. L’ho tolto solo quando ha cominciato a rivomitare sporcandomi la mano fino al polso. Me la sono sfregata alla sua gonna. Poi le ho abbassato la veste e il reggiseno fino all’ombelico e le ho alzato la gonna. Le mutande le si erano infilate fra le natiche. Gliele ho abbassate e ho infilato l'indice, che avevo appena pulito sulla sua veste, nella figa. Le ho detto di rimanere appoggiata al rotolo di tappeto sullo sciacquone e l’ho rassicurata che, adesso che aveva rovesciato per la seconda volta, si sarebbe sentita meglio.
Mi sono piegato e ho messo la bocca e il naso nel suo culo. Vedevo da vicino i buchi di cellulite sfuocati. Ho dato una leccata all’ano e ho succhiato due o tre gocce di liquido che pendeva dalle grandi labbra.
Lei continuava a lamentarsi.
Mi sono rialzato e glielo ho messo a pecora mentre la tenevo per il collo. L’ho spinta un paio di volte con la testa sul tappeto arrotolato sopra lo sciacquone. Le tette facevano un balzo in avanti quando la sbattevo e poi tornavano indietro. Oscillavano come palloncini riempiti d’acqua a metà.
Dal water risaliva il tanfo che era un mix di candeggina e rovescio.
Nessuno dei due aveva pensato di scaricare.
Le ho chiesto di girarsi. Si è voltata. Ho cominciato a baciarle e leccare le pieghe del collo mentre mi segavo con una mano e la toccavo con l’altra. Mi ha stretto fra le sue braccia e ha cominciato a limonare. Ho pensato per un attimo che in bocca avesse ancora dei residui solidi di cibo che aveva rigurgitato e questo mi ha eccitato. Aveva gli occhi mezzi chiusi e mi ha abbracciato al collo per non perdere l’equilibrio. Ho sfregato il cazzo un paio di volte sulla pancetta poco sopra il Monte di Venere e mi sono chinato col capo per ciucciarle una tetta. Ma questa era troppo bassa per essere raggiunta con la lingua. Allora l’ho fatta inginocchiare. Le ho chiesto che mi guardasse mentre le venivo in faccia perché dopo l’avrei baciata e le avrei pulito il viso con la lingua. Quando ho sborrato, però, non l’ho baciata né leccata. Le ho detto di aspettarmi e di non toccarsi e sono andato in cucina. Sul piano cottura ho visto che c’era una bobina di carta asciuga-tutto. Ho strappato tre fogli. Uno di essi l’ho bagnato sotto il rubinetto.
Sono tornato da lei. Continuava a oscillare in ginocchio con la testa piegata di lato. Sembrava che si stesse addormentando.
Prima le ho strofinato sul volto un tovagliolo asciutto, poi ci ho passato quello bagnato e infine l’ho asciugata con il terzo. Ha aperto gli occhi per una manciata di secondi. Ho appoggiato il suo braccio alla mia spalla, l’ho levata su e l’ho portata in camera da letto, dove l’ho buttata sul materasso matrimoniale e ce l’ho lasciata accovacciata e girata di lato. Le ho rialzato la mutande fin dove ho potuto e ho coperto la zona del bacino abbassandole la veste. Ho riabbottonato il reggiseno e le ho rimesso le bretelle della veste sulle spalle. È stato ostico e mi si è indolenzita la schiena.
Mi sono assicurato che respirasse e sono andato in bagno a pisciare. Ho scaricato e sono uscito in terrazzo.
Ho chiuso la porta a vetrata scorrevole e sono rincasato. Sono andato a controllare in camera da letto, Corinna e il pargolo dormivano. Sono tornato in soggiorno, ho tirato giù il divano a click clack e mi sono disteso per dormire.
1
voti
voti
valutazione
10
10
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Maturità e decadenza IIracconto sucessivo
Maturità e decadenza IV
Commenti dei lettori al racconto erotico