Sottomissione al Dominio (parte 2)
di
Kugher
genere
sadomaso
Monica aveva avuto qualche rapporto lesbico e le era piaciuto. Trovava eccitante il corpo ed il tocco femminile.
Nei mesi successivi, dopo avere posto fine al rapporto con Maurizio, trovò il modo di frequentare Anna, anche oltre agli incontri, seppure non frequentissimi, che lei aveva con sua madre.
Non aveva mai avuto, però, un rapporto di sottomissione verso una donna, trovando più rude e deciso il piede dell’uomo, il suo guinzaglio, la sua forza fisica che la tiene giù, schiacciata o che la riconduce al suo posto con qualche cinghiata data senza scrupoli. Le piaceva sentirsi riempita dal cazzo dell’uomo che la possedeva, la usava, la scopava pensando solo al proprio orgasmo. La eccitava l’egoismo del Padrone, che la faceva sentire usata, schiava, “cosa”.
Eppure quella donna le piaceva, la eccitava, la faceva sentire in soggezione e ne percepiva l’autoritarietà. Provò ad immaginare la sottomissione priva della penetrazione senza riuscirvi, in quanto cosa nuova.
La eccitava il rischio rappresentato dall’amicizia della donna con sua madre, le dava il senso del proibito, di accesso ad un mondo non suo e a qualcosa che non aveva mai immaginato.
Pensava e si sentiva attratta dalla più forte complicità che sarebbe stata necessaria per reggere un rapporto simile, dal segreto che avrebbero dovuto condividere ed al divertimento di vederla in famiglia senza che gli altri nulla sospettassero.
La situazione la eccitava sempre più e sempre più era attratta da quella donna che maggiormente stava iniziando a frequentare, cercando un pertugio, una maglia rotta nella rete, un buco nel muro per poter entrare nella sua sessualità, la chiave di quella porta che la facesse accedere al rapporto che desiderava.
Galeotta fu una delle scuse più banali che si possano immaginare.
Quel giorno l’aveva accompagnata a fare shopping, come qualche altra volta era accaduto.
Dopo che Anna aveva acquistato un bel vestito, elegante ed austero, tipico della sua personalità ed al quale aveva associato un paio di scarpe con un tacco di 10 centimetri di un colore accesso, Monica le aveva chiesto di aiutarla a scegliersi un intimo.
Anna le sorrise con complicità femminile lasciando intuire il suo piacere nel sesso ed indirizzando la ricerca verso un intimo sexy.
Monica Lo volle provare, farle vedere come le stesse indosso, cosa strana nell’acquisto di un prodotto simile ma utile per vedere le sue reazioni.
Appena uscita dal camerino, anche alla vista di altri clienti, notò lo sguardo che per un attimo la donna ebbe nell’osservare il bel corpo giovane di una 25enne.
A casa, Monica si offrì di ritirare quanto acquistato invitando Anna a mettersi comoda, attese le sue lamentele per il dolore ai piedi che quelle scarpe nuove, seppur belle, le avevano procurato dopo una passeggiata non adatta a quelle calzature.
Nel corso di quei mesi, ogni tanto Monica aveva portato il discorso sul sesso, verificando una certa apertura mentale in quella donna che, però, non le aveva mai dato l’idea di avere provato il dominio, benché in lei avesse riconosciuto quella predisposizione.
Si era chiesta a lungo se quella sensazione fosse il frutto dei desideri, che ci portano a vedere le cose con gli occhi di ciò che vorremmo, e non di ciò che è nella realtà.
Decise di correre il rischio, di mettere a frutto la confidenza creatasi seppur con il distacco tipico dell’età ma con la vicinanza che l’ambiente famigliare, nel quale si erano conosciute, aveva creato.
La frequentazione di quei mesi aveva in parte costruito una confidenza nuova, non quella tipica delle amicizie tra coetanee, ma nemmeno quella formale dettata dalla differenza di età.
Dopo avere ritirato la spesa, si presentò in sala con indosso solo l’intimo acquistato, con la scusa di chiederle conforto per l’acquisto visto senza le luci forti del negozio che avrebbero potuto viziare la percezione visiva.
Entrando nel soggiorno dove si trovava Anna, cercò il suo sguardo nel momento in cui fu colta dalla sorpresa della vista del suo corpo, la cui nudità fu accentuata da quei piccoli pezzi di stoffa che cercavano di coprire ciò che in realtà evidenziavano.
Le si avvicinò con la sensualità tipica di colei che vuole sedurre senza che l’altra persona se ne accorga, se uomo, ma riconoscibile se la destinataria è persona che, a sua volta, aveva utilizzato la stessa forma per comunicare i propri desideri.
Forse lei eccitò Anna.
Anna, seduta in poltrona con la sua postura eretta, composta, autoritaria, con la gonna appena alzata sopra il ginocchio e le gambe accavallate, sicuramente eccitò lei.
Appena la vide, Anna posò la rivista che stava leggendo e poggiò le braccia sui braccioli, dando a Monica la sensazione di chi si mette comoda sul trono.
Le si avvinò, ancheggiando appena, fino a fermarsi davanti a lei.
“Vedo che hai ancora le scarpe che ti hanno procurato dolore”.
Non era una domanda, sapendo che non se le era tolte perché Anna non trovava elegante mettersi libera alla presenza di ospiti, anche se questi erano persone note e intime.
La donna le sorrise, senza rispondere a questa affermazione, mentre lo sguardo che le dedicava era indice di interesse fisico.
“Sei bellissima ed eccitante, hai un corpo che giova di una bellezza che va oltre a quella che la sola età può dare”.
Il complimento la convinse ancor di più nel perseguire l’obbiettivo che si era imposta, dandole maggior coraggio ed eccitazione, trovando ridicola la scusa che si era preparata tanto era banale ma dalla quale non si discostò, anche per l’ambiente e la situazione creatasi.
Si inginocchiò davanti a lei, abbassando contemporaneamente le ginocchia, in un gesto che aveva l’intenzione di trasmettere un senso di sottomissione.
Non ci fu bisogno di impegnarsi a tenere lo sguardo basso in quanto si accorse di non avere il coraggio di guardarla.
“Hai male ai piedi, fatti togliere le scarpe”.
Si sentiva ridicola e immaginava che Anna la stesse guardando tra il basito ed il divertito, forse ridendo di lei, ma non si fermò, registrando l’assenza di reazioni da parte di quella donna.
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krugher.1863@gmail.com
Nei mesi successivi, dopo avere posto fine al rapporto con Maurizio, trovò il modo di frequentare Anna, anche oltre agli incontri, seppure non frequentissimi, che lei aveva con sua madre.
Non aveva mai avuto, però, un rapporto di sottomissione verso una donna, trovando più rude e deciso il piede dell’uomo, il suo guinzaglio, la sua forza fisica che la tiene giù, schiacciata o che la riconduce al suo posto con qualche cinghiata data senza scrupoli. Le piaceva sentirsi riempita dal cazzo dell’uomo che la possedeva, la usava, la scopava pensando solo al proprio orgasmo. La eccitava l’egoismo del Padrone, che la faceva sentire usata, schiava, “cosa”.
Eppure quella donna le piaceva, la eccitava, la faceva sentire in soggezione e ne percepiva l’autoritarietà. Provò ad immaginare la sottomissione priva della penetrazione senza riuscirvi, in quanto cosa nuova.
La eccitava il rischio rappresentato dall’amicizia della donna con sua madre, le dava il senso del proibito, di accesso ad un mondo non suo e a qualcosa che non aveva mai immaginato.
Pensava e si sentiva attratta dalla più forte complicità che sarebbe stata necessaria per reggere un rapporto simile, dal segreto che avrebbero dovuto condividere ed al divertimento di vederla in famiglia senza che gli altri nulla sospettassero.
La situazione la eccitava sempre più e sempre più era attratta da quella donna che maggiormente stava iniziando a frequentare, cercando un pertugio, una maglia rotta nella rete, un buco nel muro per poter entrare nella sua sessualità, la chiave di quella porta che la facesse accedere al rapporto che desiderava.
Galeotta fu una delle scuse più banali che si possano immaginare.
Quel giorno l’aveva accompagnata a fare shopping, come qualche altra volta era accaduto.
Dopo che Anna aveva acquistato un bel vestito, elegante ed austero, tipico della sua personalità ed al quale aveva associato un paio di scarpe con un tacco di 10 centimetri di un colore accesso, Monica le aveva chiesto di aiutarla a scegliersi un intimo.
Anna le sorrise con complicità femminile lasciando intuire il suo piacere nel sesso ed indirizzando la ricerca verso un intimo sexy.
Monica Lo volle provare, farle vedere come le stesse indosso, cosa strana nell’acquisto di un prodotto simile ma utile per vedere le sue reazioni.
Appena uscita dal camerino, anche alla vista di altri clienti, notò lo sguardo che per un attimo la donna ebbe nell’osservare il bel corpo giovane di una 25enne.
A casa, Monica si offrì di ritirare quanto acquistato invitando Anna a mettersi comoda, attese le sue lamentele per il dolore ai piedi che quelle scarpe nuove, seppur belle, le avevano procurato dopo una passeggiata non adatta a quelle calzature.
Nel corso di quei mesi, ogni tanto Monica aveva portato il discorso sul sesso, verificando una certa apertura mentale in quella donna che, però, non le aveva mai dato l’idea di avere provato il dominio, benché in lei avesse riconosciuto quella predisposizione.
Si era chiesta a lungo se quella sensazione fosse il frutto dei desideri, che ci portano a vedere le cose con gli occhi di ciò che vorremmo, e non di ciò che è nella realtà.
Decise di correre il rischio, di mettere a frutto la confidenza creatasi seppur con il distacco tipico dell’età ma con la vicinanza che l’ambiente famigliare, nel quale si erano conosciute, aveva creato.
La frequentazione di quei mesi aveva in parte costruito una confidenza nuova, non quella tipica delle amicizie tra coetanee, ma nemmeno quella formale dettata dalla differenza di età.
Dopo avere ritirato la spesa, si presentò in sala con indosso solo l’intimo acquistato, con la scusa di chiederle conforto per l’acquisto visto senza le luci forti del negozio che avrebbero potuto viziare la percezione visiva.
Entrando nel soggiorno dove si trovava Anna, cercò il suo sguardo nel momento in cui fu colta dalla sorpresa della vista del suo corpo, la cui nudità fu accentuata da quei piccoli pezzi di stoffa che cercavano di coprire ciò che in realtà evidenziavano.
Le si avvicinò con la sensualità tipica di colei che vuole sedurre senza che l’altra persona se ne accorga, se uomo, ma riconoscibile se la destinataria è persona che, a sua volta, aveva utilizzato la stessa forma per comunicare i propri desideri.
Forse lei eccitò Anna.
Anna, seduta in poltrona con la sua postura eretta, composta, autoritaria, con la gonna appena alzata sopra il ginocchio e le gambe accavallate, sicuramente eccitò lei.
Appena la vide, Anna posò la rivista che stava leggendo e poggiò le braccia sui braccioli, dando a Monica la sensazione di chi si mette comoda sul trono.
Le si avvinò, ancheggiando appena, fino a fermarsi davanti a lei.
“Vedo che hai ancora le scarpe che ti hanno procurato dolore”.
Non era una domanda, sapendo che non se le era tolte perché Anna non trovava elegante mettersi libera alla presenza di ospiti, anche se questi erano persone note e intime.
La donna le sorrise, senza rispondere a questa affermazione, mentre lo sguardo che le dedicava era indice di interesse fisico.
“Sei bellissima ed eccitante, hai un corpo che giova di una bellezza che va oltre a quella che la sola età può dare”.
Il complimento la convinse ancor di più nel perseguire l’obbiettivo che si era imposta, dandole maggior coraggio ed eccitazione, trovando ridicola la scusa che si era preparata tanto era banale ma dalla quale non si discostò, anche per l’ambiente e la situazione creatasi.
Si inginocchiò davanti a lei, abbassando contemporaneamente le ginocchia, in un gesto che aveva l’intenzione di trasmettere un senso di sottomissione.
Non ci fu bisogno di impegnarsi a tenere lo sguardo basso in quanto si accorse di non avere il coraggio di guardarla.
“Hai male ai piedi, fatti togliere le scarpe”.
Si sentiva ridicola e immaginava che Anna la stesse guardando tra il basito ed il divertito, forse ridendo di lei, ma non si fermò, registrando l’assenza di reazioni da parte di quella donna.
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