L'avvocatessa, schiava del boss (parte 4)

di
genere
sadomaso

Fu svegliata da un rumore quando il rumore era ancora fuori dalla porta.
Come i cani (quale era diventata) aveva sviluppato un’alta soglia di attenzione alla minima alterazione dell’ambiente che la circondava.
Quando veniva chiamata, spesso passava serate incatenata in attesa del Padrone, accucciata in un angolo, a volte rinchiusa in cantina, lasciata lì tutta la notte, al buio, con rumori che la tenevano sveglia, nella speranza che arrivassero presto a prenderla, vedendo come una liberazione il percorso a 4 zampe verso il suo Padrone intento a fare colazione della quale, magari, qualcosa sarebbe finito in terra per lei.
“Chi cazzo è questa?”.
La voce che aveva pronunciato quella frase stupita ed eccitata era giovane come il corpo che la conteneva.
Avrà avuto 23-24 anni, l’età di sua figlia, quella per la cui salvezza si era condannata alla schiavitù.
Era vestita (o, meglio, svestita) come sua figlia non si era vestita mai.
“E’ stata la mia avvocatessa, è quella che mi ha tirato fuori dalla galera. Adesso è solo il mio cane”.
Il tono col quale questa frase era stata pronunciata era neutro, come se avesse specificato la marca della sua autovettura.
“Vado a farmi una doccia, poi ti scopo”.
La giovane donna si avvicinò a Magda, eccitatissima.
La toccò con un piede, come per accertarsi che fosse vera. Ne aveva avuti tanti di uomini e da tanti ne era stata scopata. Aveva anche fatto cose di gruppo e qualche volta il frustino aveva pure fatto la sua comparsa segnandole la schiena.
Una donna legata ad un guinzaglio come un cane però non lo aveva mai visto fuori dal gioco erotico. Anche lei era stata portata al guinzaglio, ma solo per il tempo di fare sesso, anche in gruppo.
Volle divertirsi e le pose la scarpa sul viso, eccitandosi nell’accertare la passività del cane.
Schiacciò anche un po’, portando il piede sul corpo e spingendo sul tacco, provando piacere nel vedere la schiava che tratteneva il dolore.
“Luca senti, ma mi ci posso divertire?”.
“Nell’armadio trovi qualcosa, quello dietro la mia scrivania”.
Ritenendo che una cagna non potesse non avere una coda, prese subito il plug con la coda attaccata.
Il calcio accompagnò l’ordine di mettersi a 4 zampe.
Si sedette cavalcioni sulla schiena e le infilò in bocca il plug.
“Cagna, ti conviene bagnarlo bene prima che decida di infilartelo dentro a secco”.
Magda sapeva a cosa stesse facendo riferimento la giovane donna e produsse una buona dose di saliva.
Non era la prima volta che il Padrone la faceva usare dalle sue amanti, tutte occasionali, lei era l’unica “donna fissa” che aveva.
I primi tempi le aveva dato molto fastidio essere sottomessa da una giovane donna. In realtà ancora le procurava disagio ma non avrebbe potuto fare altrimenti.
Non ne aveva mai parlato col Padrone. Con lui non parlava mai. Da quando l’aveva presa schiava avevano smesso di parlare. La usava e basta. Lei aveva però la sensazione che lui provasse piacere nel farle subire questa umiliazione.
Restando seduta cavalcioni, col viso rivolto verso il suo culo, la giovane donna le infilò dentro il plug, senza troppe attenzioni.
Si divertiva ed era eccitata.
Dopo un tempo che ritenne sufficiente, le tolse il plug dal culo per metterglielo in bocca.
Probabilmente sperava di trovarlo sporco per costringerla a pulirlo. Non sapeva evidentemente che lei, prima di recarsi dal Padrone, si puliva bene l’interno dell’ano.
Il plug ritornò dentro il suo corpo, nel posto che la giovane donna ritenne naturale.
“Chiudi gli occhi cagna”.
Ubbidì, come era ormai abituata a fare.
Adesso però aveva paura. Temeva cosa sarebbe potuto accadere. Sapeva che sarebbe accaduto quanto si aspettava.
A questo non ci si era ancora abituata e forse non lo avrebbe mai fatto.
Il primo colpo di scudiscio le arrivò sulla schiena. Il secondo sulle natiche.
Entrambi erano forti e si contorse molto, moltissimo, tanto che, dopo avere incurvato la schiena ed essersi abbassata sulle braccia, si era messa a terra, quasi in posizione fetale.
Fu raggiunta da un calcio.
“Rimettiti in posizione, puttana”.
Ubbidì tremando, impaurita.
Altri colpi la raggiunsero, tutti molto forti, e ancora si accasciò a terra, e ancora fu raggiunta da calci per farla rimettere in posizione.
Avrebbe potuto frustarla anche mentre era a terra, ma evidentemente si eccitava a costringerla a rimettersi in posizione.
Magda non vide nemmeno comparire il Padrone che, ancora in accappatoio, si era sistemato sulla poltrona.
La sua presenza, però, diede ulteriore coraggio alla giovane donna che continuò, soprattutto dopo che vide l’uomo con l'accappatoio aperto ed il cazzo duro.
Quando il dolore fu forte e troppo, si accasciò a terra e strisciò fino a raggiungere i piedi di quella ragazza.
Cominciò, piangendo, a supplicarla e a leccarle piedi, scarpe, caviglie, abbracciando queste ultime, umiliandosi anche verbalmente mostrando tutta la sua sottomissione, perché sapeva che questo comportamento eccita e può convincere a smettere per passare ad usi sessuali, meno dolorosi.
Non aveva più orgoglio. La prima volta le era costato tanto. Adesso non più, strisciava e leccava piedi e scarpe supplicando, portando il suo orgoglio sotto i piedi di quelle aguzzine eccitate.
“Dai Luca, vieni a scoparmi a pecorina su questa bestia”.
Con i piedi l’aveva fatta mettere stesa sulla schiena vicino alla poltrona. Si era tolta le scarpe per sentire il corpo umano sotto i piedi e le era salita sopra. Piegata, si era offerta al cazzo eccitato dell’uomo che la penetrò.
Era molto eccitato e non disdegnò di usare il frustino sulla schiena di quella giovane donna che, conoscendolo, sapeva che l’avrebbe usato ancor prima di entrare in quella stanza.
La tirò per i capelli nel momento in cui le godette dentro il culo, dove restò finché non fosse sicuro che tutto il liquido era uscito.
Non ci fu bisogno di dire nulla a quel corpo giovane appena scopato.
La giovane donna si sedette sul viso della cagna.
“Puliscimi il culo, bestia”.
Nemmeno a questo Magda si era mai abituata. A tante cose non si era mai abituata e mai lo avrebbe fatto.
Però leccò, leccò bene, mettendo anche la bocca intorno al culo e aspirando per fare uscire tutto il liquido.
Era infatti accaduto di avere fatto un lavoro non perfetto e la troia del momento aveva sporcato il letto col liquido seminale.
Le era costato molte frustate su un corpo già provato. La stronza, presala per i capelli, l’aveva portata a 4 zampe in bagno dove, nel piatto doccia, le si era accovacciata sopra per pisciarle addosso. Aveva pianto quella sera. Piangeva ancora quando era entrato in bagno il Padrone che la degnò appena di uno sguardo prima di lavarsi i denti.
“Dove passa la notte questa bestia?”.
“E’ indifferente, basta che fai in fretta perchè ho sonno”.
La giovane donna, divertita, si avvicinò alla schiava.
“Vieni cagna, mentre dormo comoda nel letto con lui, voglio saperti in cantina”.


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krugher.1863@gmail.com
di
scritto il
2022-11-11
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